Trib. Cassino, sentenza 19/09/2024, n. 728

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Cassino, sentenza 19/09/2024, n. 728
Giurisdizione : Trib. Cassino
Numero : 728
Data del deposito : 19 settembre 2024

Testo completo

Tribunale Ordinario di Cassino
Sezione Lavoro
N.R.G. 1165/2021
Il Giudice A G, all'udienza del 19/09/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa proposta da
, ( ) rappresentata e difesa Parte_1 C.F._1
dall'Avv.to FATICONI MAURIZIO
ricorrente contro
( , rappresentata e difesa CP_1 C.F._2
dall'Avv.to SASSO GIANLUCA resistente
OGGETTO: accertamento rapporto di lavoro subordinato

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Cn atto di ricorso ex art. 414 c.p.c. ritualmente depositato in data
09.06.2021, la parte ricorrente in epigrafe indicata, rassegnava le seguenti conclusioni:
“Accertato che la ricorrente ha prestato la propria attività di lavoro subordinato alle dipendenze della signora dal CP_1
01.03.2014 al 31.07.2020 svolgendo mansioni di collaboratrice domestica , Voglia condannare la resistente, a corrispondere, in favore della ricorrente, a titolo di retribuzioni e accessori non percepite per il suddetto periodo lavorativo, oltre TFR, ai sensi degli artt. 2099 c.c. 36 Cst., nella misura di euro 14.378,05 e/o quella minore o maggiore che verrà accertata nel corso del giudizio con interessi e rivalutazione come per legge.
Cndannare altresì la resistente alla regolarizzazione CP_1
della posizione contributiva della ricorrente con pagamento in favore dell'INPS.
Cn vittoria di spese e competenze professionali da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario”.
A sostegno della propria richiesta, parte ricorrente in sintesi esponeva:
- di aver prestato la propria attività lavorativa in favore di CP_1
dall'01.03.2014 al 31.07.2020, presso l'abitazione sita in
[...]
Piazza S. Lorenzo nel comune di SS. Csma e D, senza contratto di lavoro e senza copertura assicurativa;

- di aver svolto le seguenti attività: spazzare e spolverare
l'appartamento;
lavare i pavimenti, gli infissi e il vano bagno;
avviare la lavatrice, sciorinare e stirare i panni;
prestare assistenza alla sig.ra , madre della resistente, aiutandola a Parte_2
lavarsi, vestirsi, mangiare e somministrandole anche i medicinali;

- di aver svolto mansioni di pulizia domestica e di aver provveduto alla cura della sig.ra anche presso l'abitazione del Parte_2
figlio quando la resistente, al fine di per recarsi nella Persona_1
propria abitazione di Milano (solitamente 20/30 giorni l'anno, dal
2014 al 2020), trasferiva la madre presso l'abitazione del fratello;

- che le mansioni svolte erano riconducibili al profilo di collaboratore domestico, livello A, del CCNL Settore Lavoro domestico;

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- che l'orario di lavoro osservato è stato dal lunedì alla domenica dalle ore 9:30 alle 11:30;

- che per tutto il rapporto di lavoro così come descritto la ricorrente veniva retribuita con euro 180,00 mensili, importo inferiore al minimo contrattualmente previsto;
- che non riceveva alcun emolumento per le festività non godute, per le ferie maturate e non godute, nonché per la tredicesima ed il TFR, lamentando altresì il mancato pagamento dei dovuti contributi previdenziali.
Tanto premesso, rassegnava le riportate conclusioni.
Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si costituiva tempestivamente in giudizio con memoria difensiva telematicamente CP_1
depositata in Cancelleria in data 6.12.2021, contestando la fondatezza delle pretese di parte ricorrente e deducendo in particolare:
- di vivere e risiedere da oltre trenta anni a Milano e di tornare nel suo paese di origine e D, un mese l'anno, solo in Parte_3
occasione delle vacanze estive;

- che la Sig.ra è soggetto pienamente capace di Parte_4
provvedere alle proprie esigenze personali e vive nel fabbricato sito in Piazza San Lorenzo - Santi Csma e D ma in un appartamento distinto da quello in cui soggiorna la figlia Sig.ra
, quando torna da Milano;
CP_1
- che il Sig. convivente more uxorio della ricorrente ha Persona_2
cercato più volte di ottenere la remissione delle querele sporte dal
Sig. marito della resistente, per le quali è stato Parte_5
rinviato a giudizio per il reato di cui agli artt. artt. 81 e 612 c.p., in
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cambio della rinuncia alle rivendicazioni della sua compagna anche nei confronti della resistente;

- che durante il mese di permanenza a e D della Parte_3
Sig.ra la Sig.ra si è talvolta offerta di CP_1 Parte_1
svolgere qualche commissione, ma senza mai essere stata incaricata
e/o retribuita dalla resistente, trattandosi di normali cortesie di vicinato, posto che ella non aveva la detenzione delle chiavi dell'abitazione della ressitente;

- che , oltre al ricorso introduttivo del presente giudizio, ha Parte_1
contestualmente depositato, in data 09 giugno 2021, sempre dinanzi
a codesto Tribunale, altri due ricorsi, il primo, n. R.G. 1166/2021 nei confronti della Sig.ra sorella della resistente, il Parte_6
secondo, n. R.G. 1170/2021 nei confronti del Sig. , Parte_5
marito della resistente, prospettando l'esistenza di analoghi rapporti di lavoro e di assistenza ad anziani.
Tanto permesso in fatto, la resistente ha preliminarmente dedotto in diritto il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda avente ad oggetto la richiesta di spettanze retributive per l'assistenza che la ricorrente ha assunto di aver prestato al poichè soggetto del tutto Parte_4
autonomo, pienamente capace di intendere e di volere e residente in appartamento diverso da quello ove risiede la resistente;
nel merito ha chiesto il rigetto dell'avversa domanda in quanto infondata sia in fatto che in diritto con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, deducendo, in via subordinata, l'intervenuta prescrizione quinquennale del credito maturato in epoca antecedente all'anno 2016, per non avere il dedotto rapporto di lavoro carattere di stabilità, né tantomeno di continuità, posto che, come dedotto, la resistente si recava presso la propria abitazione sita in Santi Csma e D, un mese l'anno, solo in
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occasione delle vacanze estive, circostanza questa confermata anche dal fatto che sia la diffida che il successivo ricorso introduttivo sono stati notificati a Milano, ove la ressitente stabilmente risiede.
C memoria di costituzione depositata in data 2.12.2021, si costituiva in giudizio l eccependo in via preliminare la propria carenza di CP_2
legittimazione passiva rispetto alla domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro;
quanto alla domanda di regolarizzazione del periodo lavorativo eventualmente accertato, l convenuto, CP_3
ribadendo l'obbligatorietà dei versamenti contributivi conseguenti all'eventuale accoglimento della domanda azionata in ricorso, rilevava
l'intervenuta prescrizione quinquennale per i contributi richiesti antecedenti il quinquennio la data del ricorso introduttivo.
Il tutto con vittoria di spese competenze ed onorari.
Si osserva preliminarmente che la domanda della ricorrente trova il proprio fondamento nell'affermazione della natura subordinata del rapporto di lavoro intrattenuto con la parte resistente.
La domanda non può però trovare accoglimento.
Premesso che ogni attività in astratto configurabile come prestazione di lavoro può essere ricondotta ad un diverso istituto, ove ne sia provata la differente natura, vale osservare che nel caso di specie è necessario verificare se, in base alle risultanze di causa, possa dirsi intercorso fra le parti un rapporto lavorativo che presenti in concreto i caratteri della subordinazione, dall'1.03.2014 al 31.07.2020, incombendo sul lavoratore
l'onere di provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio.
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Cme noto, l'elemento centrale del rapporto di lavoro subordinato, desumibile dall'art. 2094 c.c., è ravvisabile nella collaborazione nell'impresa alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro. La collaborazione, peraltro comune anche ad altre tipologie contrattuali, descrive il fenomeno della partecipazione del lavoratore all'attività del datore di lavoro e si concretizza nell'inserimento del primo nell'organizzazione del secondo. L'elemento essenziale della subordinazione consiste, invece, nel vincolo di soggezione del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore che deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici oltre che nell'esercizio
(ancorché potenziale) di una assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative. L'elemento della subordinazione è da ricercare mediante un accertamento compiuto esclusivamente con riguardo alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. (Cfr. Cass. n. 15949/2024, Cass. n. 18943/2021,
Cass. n. 16849/2011, Cass. n. 26986/2009, Cass. n. 4500/2007, Cass. n.
5534/2003, Cass. n. 4889/2002 Cass. n. 7608/1991).
Orbene, intesa come etero-determinazione spaziale e temporale della prestazione lavorativa, la subordinazione non è, nella pratica, sempre agevolmente individuabile. Ecco perché la giurisprudenza ha individuato una serie di indici sussidiari, rivelatori della natura subordinata del rapporto di lavoro, quali la vincolatività dell'orario, l'esclusività del rapporto, la retribuzione fissa a tempo, l'assenza di rischio in capo al lavoratore,
l'inerenza della prestazione al ciclo produttivo del datore (Cfr. Cass. n.
25711/2018, Cass. n. 9256/2009, Cass. n. 4500/2007, Cass. n. 849/2004,
Cass. n. 2970/2001 e Cass. n. 224/2001).
Peraltro, va detto che i suddetti indici hanno natura sussidiaria perché svolgono una funzione di natura complementare e secondaria, meramente
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indiziaria rispetto all'unico elemento probante della subordinazione, rappresentato dalla dimostrazione della permanente disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro, con assoggettamento gerarchico al potere di direzione e controllo di quest'ultimo (Cfr. Cass. n.
1095/2023, Cass. n. 18943/2021, Cass. n. 3745/1995, nonché Cass. n.
326/1996, Cass. n. 7796/1993).
Allo stesso modo, chi chiede il compenso di prestazioni eseguite nell'ambito di un rapporto di c.d. parasubordinazione (art. 409 n. 3 c.p.c.) non può limitarsi a provare l'esistenza del rapporto, ma deve dimostrare le prestazioni che del diritto al corrispettivo rappresentano i fatti costitutivi, nonché le modalità di esplicazione che devono risultare caratterizzate dall'impiego prevalente di attività personale non subordinata ricadente nell'ambito di una collaborazione continuativa e coordinata.
Bisogna precisare, altresì, che il principio della retribuzione sufficiente di cui all'art. 36 Cst. riguarda soltanto il lavoro subordinato, mentre per tutte le altre prestazioni un intervento del Giudice per la determinazione del compenso può ammettersi solo se specificamente previsto da disposizioni legislative;
peraltro, in tema di lavoro autonomo in generale, compreso il lavoro autonomo c.d. parasubordinato, è previsto dall'art. 2225 c.c. che il
Giudice possa determinare il corrispettivo in relazione al risultato ottenuto ed al lavoro normalmente necessario per ottenerlo, ma soltanto nel caso in cui questo non sia stato convenuto dalle parti e non possa esser stabilito secondo le tariffe professionali o gli usi.
Dunque, la parte ricorrente che intende contestare la corrispondenza di tale schema tipologico con la realtà del lavoro asseritamente svolto in forma subordinata deve dedurre nell'atto introduttivo il tipo di ordini ricevuti ed il loro contenuto, le peculiari circostanze in cui essi sarebbero stati impartiti e
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da chi, le modalità del loro adempimento e del loro controllo.
A tal fine, non è sufficiente allegare una generica soggezione al potere organizzativo, direttivo e disciplinare di chi si avvale dell'ausilio altrui, senza alcuna indicazione storica circa i tempi, i modi ed i contenuti peculiari delle attività rese in favore dell'asserito datore di lavoro che per dirsi tale - ribadiamolo - deve avere esercitato il potere di imporre al soggetto subordinato presenze fisse, orari determinati, mansioni precise, divieti di allontanamento non previamente concordato ed autorizzato, possibilità di godere solo ferie già maturate.
Il principio generale della specificità e della completezza delle domande che devono essere supportate da deduzioni, allegazioni e prove tutte mirate
a dimostrarne il fondamento, preclude in radice la possibilità di avanzare pretese generiche e cumulative nei confronti di più soggetti al solo scopo di contenere il rischio di soccombenza nel giudizio.
In altri termini, le pretese correlate all'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente o di una collaborazione continuativa richiedono l'individuazione puntuale dei soggetti che ne sono direttamente coinvolti in ragione di comportamenti espliciti, concludenti nonché giuridicamente rilevanti che siano riferibili a costoro.
Sulla scorta di queste premesse, l'istruttoria svolta non consente di avvalorare l'assunto secondo cui il ricorrente avrebbe intrattenuto con la resistente un rapporto di lavoro subordinato con le mansioni di collaboratrice domestica, nel periodo indicato.
Le testimonianze si suddividono, come spesso accade in contenziosi di questo genere, in due filoni: i testi di parte ricorrente legati da rapporti di amicizia alla ricorrente ( da 15 anni e Tes_1 Persona_3
dal 2018) hanno riferito di aver visto la ricorrente svolgere
[...]
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faccende domestiche in casa della resistente ed in casa della mamma della resistente sena nulla riferire in merito agli orari osservati ed alle direttive impartite (teste ““Non so riferire con precisione l'orario di Tes_1
lavoro della ricorrente. Ho visto svolgere la le mansioni che ho già Pt_1
riferito, ma non ho sentito dare le direttive alla stessa da parte della
), ovvero unicamente in casa di , della resistente CP_1 Parte_2
(teste ), senza però nulla saper riferire in merito Persona_3
alle attività di accudimento asseritamente svolte in favore della sig.ra
, come anche sulle direttive impartite dal . Parte_2 Parte_6
Invero la teste ha reso dichiarazioni contrastanti anche con quanto dalla stessa indicato in ricorso: la ricorrente infatti ha dedotto di aver Pt_1
svolto attività lavorativa unicamente presso l'abitazione della madre della resistente, ubicata al primo piano di Piazza san Lorenzo, mentre la testimone ha riferito di aver visto la (peraltro già dal 2014, quando Pt_1
neppure la conosceva) svolgere incombenze domestiche anche nell'abitazione della resistente (“La signora non abitava insieme CP_1
alla madre abitava in altra abitazione a via Randaccio. La la Pt_1
Vedevo lavorare a S. Lorenzo al primo piano. Ho visto lavorare la a Pt_1
san Lorenzo ed a via Randaccio”), presso un indirizzo che alcuna delle parti ha dedotto in atti.
I testi di parte resistente, legati da rapporto di parentela o amicizia, hanno invece reso dichiarazioni di opposto tenore: la teste Testimone_2
cugina acquisita della resistente, dopo aver riferito di conoscere la ricorrente di vista, ha dichiarato di non averla vista svolgere lavori domestici presso l'abitazione della madre della resistente, aggiungendo:
Non so se la sig.ra si sia offerta o abbia svolto delle commissioni Pt_1
gratuitamente”;
di analogo tenore è la testimonianza della teste Tes_3
anch'essa cugina della resistente, la quale ha riferito. “non ho
[...]
Pag. 9 di 17 mai visto e non conosco la sig.ra e non sono al corrente se Parte_1
svolgesse qualche commissione in favore di mia cugina. Mia zia aveva quattro figli che si occupavano di lei , se ne occupava CP_1
meno perché era a Milano;
mia zia aveva anche tanti nipoti che andavano

a casa ;
tutti i parenti a turno si occupavano di fare la spesa per mia zia oppure di cucinare, di pulire la sua casa”;
la teste figlia Testimone_4
della resistente, ha infine riferito cheOgni anno mi capita di venire a trovare mia nonna a e D nel periodo estivo quando c'è Parte_3
mia madre e posso escludere di aver visto mia madre dare le direttive dietro compenso alla signora . Non ho mai visto la sig.ra Pt_1 Pt_1
svolgere mansioni a seguito di direttive di mia madre, non ho mai visto la
effettuare delle commissioni per mia nonna.”;
la teste Pt_1 Tes_5
non ha invece dichiarato nulla di nulla di rilevante.
[...]
Tutti i testi di parte resistente hanno altresì concordemente riferito che era solita stabilire il proprio domicilio a Milano durante CP_1
l'anno, rientrando nel paese di S.S. Csma e D unicamente durante il periodo estivo e per le festività natalizie.
Invero, nessuno dei testi escussi ha saputo riferire in merito alle direttive – anche di carattere generale – la sig.ra abbia impartito alla CP_1
ricorrente.
A ciò aggiungasi che la ricorrente, la quale riferisce di aver prestato assistenza alla madre della resistente anche quando ella veniva accompagnata presso l'abitazione del fratello della convenuta, non abbia indicato in ricorso l'esatto indirizzo di residenza del fratello, dove ella riferisce di aver proseguito nell'attività lavorativa di assistenza alla sig.ra
. Parte_2
Vanno infine esaminate le dichiarazioni rese dal teste . Persona_2
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Le stesse debbono ritenersi inattendibili non tanto per il vincolo affettivo con la ricorrente, con la quale convive, ma per le documentate ragioni di inimicizia con il marito della resistente, il sig. : Parte_5
quest'ultimo, infatti, in data 31 agosto 2019 e 29 giugno 2020, ha sporto querela ex artt. 81 e 612 c.p. nei confronti del sig. a seguito Persona_2
delle quali è seguito un rinvio a giudizio per i reati di cui alle richiamate norme.
Giova rammentare che, secondo la giurisprudenza, “La valutazione sull'attendibilità del teste afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, etc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all'eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità. Il che significa che la valutazione va fatta, caso per caso, in concreto.” (Crte Cass., n. 7763/2010).
Nel caso in esame, seppure la dichiarazione testimoniale presenta i caratteri di precisione e completezza, la stessa non ha trovato adeguati riscontri esterni con riferimento specifico alle direttive impartite;
alle modalità di determinazione e di corresponsione del compenso ed alle mansioni concretamente svolte, mentre, dal punto di vista soggettivo i conclamati rapporti di inimicizia tra il testimone ed il marito della resistente depongono per ritenere la testimonianza inattendibile: invero il teste è stato rinviato a giudizio per i reati di cui agli artt. artt.
81 e 612 c.p.
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Infine, pervenendo ad un concetto più ampio di subordinazione, la cd. subordinazione attenuata, la giurisprudenza ha affermato che non rileva solamente l'esercizio di un potere direttivo continuo e dettagliato da parte del datore di lavoro sul lavoratore, ma ciò che conta è anche la disponibilità
e l'impiego da parte del lavoratore delle proprie energie lavorative con continuità, fedeltà e diligenza a favore del datore di lavoro, nell'ambito di semplici direttive programmatiche emesse da quest'ultimo in un momento genetico della prestazione, soprattutto in relazione a prestazioni lavorative dotate di maggiore elevatezza e di contenuto intellettuale e creativo, nonché con riferimento a mansioni estremamente elementari, ripetitive e predeterminata nelle modalità di esecuzione, le quali, proprio per la loro natura, non richiedono l'esercizio di quel potere gerarchico che si estrinseca nelle direttive di volta in volta preordinate ad adattare la prestazione alle mutevoli esigenze di tempo e di luogo dell'organizzazione imprenditoriale e nei controlli sulle modalità esecutive della prestazione lavorativa (si veda Cass. n. 8569/2004, Cass. n. 9167/2001).
Anche nel caso della subordinazione attenuata è però fondamentale provare il momento storico in cui sono state impartite le direttive, seppur generiche.
All'esito dell'istruttoria non è stato possibile desumere nessuna specifica circostanza atta a comprovare la soggezione al potere direttivo, anche se attenuato, del datore di lavoro. Nessuno dei testi di parte ricorrente ha fornito elementi concreti in ordine alla soggezione della ricorrente al potere direttivo dell'asserito datore di lavoro.
Non è emerso, infatti, alcun elemento sintomatico della sussistenza di tale relazione di soggezione, quale ad esempio il fatto che la convenuta desse specifiche indicazioni sulla conduzione della casa, sulla spesa da effettuare, ovvero intervenisse con eventuali rimproveri per compiti non svolti, ovvero ancora il fatto che la ricorrente avesse l'obbligo di giustificare le assenze
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oppure che avesse richiesto giorni di ferie o di permesso.
Non è dato comprendere, in altre parole, né il concreto contenuto delle direttive, generiche o meno, né le circostanze e le modalità in cui venivano eventualmente impartite.
Non risulta quindi comprovato l'elemento centrale della subordinazione, che consiste, come detto, nella soggezione al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, e che deve esplicarsi nell'emanazione di ordini e direttive specifici e pregnanti da valutarsi con riferimento all'incarico conferito ed alle modalità concrete della sua attuazione (si veda Cass. n.
26986/2009 cit.). Vanno, in particolare, ritenute assolutamente inette a suffragare gli assunti di parte attrice (onerata, come detto, della prova dei fatti costitutivi dei diritti azionati) le deposizioni dei testi escussi.
È d'uopo, tuttavia, precisare che nell'elaborazione giurisprudenziale in tema di subordinazione, quando l'assoggettamento del lavoratore ai poteri datoriali non sia facilmente evincibile, in virtù della difficoltà di fornirne una prova diretta o della peculiarità delle mansioni svolte, come nel caso di mansioni meramente elementari e standardizzate, occorre fare riferimento a criteri sussidiari o complementari, che possono assurgere a indici rivelatori della subordinazione, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore
(così, da ultimo, Cass. n. 15949/24).
Orbene, dall'istruttoria espletata, non solo non sono emerse chiare ed univoche manifestazioni tangibili di soggezione personale della ricorrente ai poteri di direzione e disciplina dell'asserito datore di lavoro, ma non può neppure evincersi con tranquillante certezza la prova di ulteriori elementi
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sintomatici sufficientemente concludenti, come l'osservanza consueta del medesimo orario lavorativo predeterminato e costante nel tempo, come anche l'inserimento stabilizzato e continuo nel contesto datoriale esteso a compiti costanti e predeterminati che ne attestino il pieno inserimento nell'organizzazione di vita della resistente.
La teste ha riferito di aver visto la ricorrente Persona_3
svolgere faccende domestiche, come pulire i vetri o annaffiare le piante, “al primo piano a Piazza San Lorenzo mentre portavo il cane a spasso verso le ore 09, 09,30”. La stessa riferisce altresì “alle volte la vedevo mentre prendevo la macchina e passavo sotto la casa in piazza san Lorenzo, ho visto la ricorrente anche di domenica, cioè quattro domeniche al mese, mentre andavo a Piazza SLorenzo.” Cn riferimento all'orario di lavoro, la teste ha dichiarato “Cnfermo l'orario di lavoro che mi viene letto. Vedevo la ricorrente intorno alle ore 09,30 ed anche alle ore 11,30 ogni giorno”.
Inoltre, la teste dichiara che Prima del 2018 andavo a fare le pulizie dal sig. non ricordo il cognome tutte le mattine. La casa del sig. CP_4
si trova di fronte alla casa della sig.ra e di lato c'è la casa CP_4 Pt_1
della sig.ra . La signora non abitava insieme alla CP_1 CP_1
madre abitava in altra abitazione a via Randaccio. La la Vedevo Pt_1
lavorare a S. Lorenzo al primo piano. Ho visto loavorare la a san Pt_1
Lorenzo ed a via Randaccio”.
Richiamando quanto già dedotto sulla ritenuta inattendibilità della teste, deve ulteriormente rilevarsi che con riferimento al periodo che precede
l'anno 2018, la testimone non conoscesse la ricorrente, di talché appare poco probabile che ella lavorando all'interno dei locali di altra abitazione posta di fronte a quella della ricorrente, potesse constatare personalmente tutti i giorni gli orari di uscita e di ingresso della ricorrente dalla abitazione.
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Le stesse considerazioni posso essere fatte anche per il periodo successivo all'anno 2018, poiché risulta inverosimile per una persona che svolge un'attività lavorativa o che risiede nelle vicinanze dell'abitazione della ricorrente o della resistente, possa aver personalmente verificato – tutti i giorni con continuità - gli esatti orai di lavoro, considerando che essa stessa
è impegnata con la propria attività lavorativa – da svolgersi necessariamente all'interno di altra abitazione - durante quegli stessi orari.
È certamente più probabile quindi che la testimone abbia riferito di circostanza apprese direttamente de relato actoris.
Le dichiarazioni degli ulteriori testi citati sono del tutto insufficienti a costituire prova degli elementi propri della subordinazione: valutando le deposizioni nel loro complesso, infatti, non è in alcun modo possibile desumere la prova del rapporto di lavoro subordinato allegato in ricorso anche vagliando gli ulteriori indici sussidiari idonei a provare la subordinazione.
Dall'istruttoria non sono emersi elementi concreti riguardo la subordinazione della ricorrente all'autorità direttiva della sig.ra CP_1
, evocata in giudizio quale asserito datore di lavoro.
[...]
I testi hanno semmai riferito che la ricorrente svolgesse mansioni prevalentemente per la madre della resistente (cfr. verbali di causa) non evocata in giudizio.
Ed infatti, non sono state provate manifestazioni tangibili di soggezione personale della ricorrente ai poteri di direzione e disciplina del ritenuto datore di lavoro.
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In virtù di quanto sinora esposto, dunque, si ritiene che, in mancanza di prove relative alla subordinazione nell'espletamento delle prestazioni di natura domestica, la domanda proposta non possa trovare accoglimento.
Le spese di lite seguono il principio di soccombenza e sono poste a carico della parte ricorrente nella misura indicata in dispositivo, liquidate in favore di con riferimento al valore minimo dello scaglione CP_1
di riferimento, stante l'impossibilità della qualità di “soggetto più debole” della parte che agisce (o resiste) nel giudizio di costituire, di per sé sola, ragione sufficiente per derogare al generale canone di par condicio processuale quanto all'obbligo di rifusione delle spese processuali a carico della parte interamente soccombente (Crte cost. n. 77/2018).
Non trova invero applicazione l'art. 152 disp att c.p.c. pacificamente applicabile ai giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, ritenendosi con tale locuzione che sia “necessario che il diritto alla prestazione sia l'oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento” (Crte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza n. 16676 del
04/08/2020).
Secondo la Suprema Crte invero “non può sfuggire che la disciplina in parola è, comunque, espressione di diritto singolare, che non si presta dunque ad essere applicato a casi non espressamente indicati. Per tale ragione, si è affermato nella giurisprudenza di questa Crte di cassazione
(Cass. n. 25759 del 2008), con riferimento all'art. 152 att. c.p.c. nel testo vigente prima della modifica di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326, ma con considerazioni estensibili anche alla versione attuale, che l'esonero dal pagamento delle spese processuali
Pag. 16 di 17 non è posto in riferimento a tutti i giudizi previdenziali, ma solo in relazione a quelli promossi per ottenere prestazioni previdenziali”.
Le spese di lite nei confronti dell possono integralmente CP_2
compensarsi, in ragione della posizione processuale dell . CP_3
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