Trib. Roma, sentenza 12/07/2024, n. 8302
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA 2^ SEZIONE LAVORO
Il Giudice designato dr.ssa Maria Teresa Consiglio, lette le note scritte ex art. 127 ter c.p.c., ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al numero 9777 del ruolo generale dell'anno 2023 promossa
DA DO NZ, rappresentata e difesa dall'Avv. Maurizio Aloise come in atti
RICORRENTE CONTRO INPS, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore
CONVENUTO CONTUMACE
FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 22.3.2023 IN ME ha convenuto in giudizio l'Inps innanzi al Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro esponendo (lo si riporta in sintesi): di essere titolare della ditta individuale “La Cicala e la Formica di ME IN”, esercente attività di asilo nido;
di essere iscritta, sin dall'inizio della sua attività, alla gestione commercianti;
di aver chiesto, in data 10.9.2021, l'autorizzazione a non versare i contributi “ex CUAF” e la ripetizione di quanto sino a quella data versato a tale titolo;
che l'Inps ha inizialmente comunicato l'accoglimento dell'istanza, richiedendo però una dichiarazione sostitutiva attestante lo svolgimento dell'attività con carattere abituale e prevalente;
che, nonostante l'invio di quanto richiesto, l'Inps ha rigettato la richiesta, ritenendo che “l'impresa non rientra tra quelle che possono beneficiare dell'agevolazione in oggetto” in forza della Circolare Inps 190/2000;
che il ricorso amministrativo proposto avverso tale decisione è stato respinto. Argomentando diffusamente in ordine al proprio diritto alla riduzione dell'aliquota CUAF e alla restituzione delle maggiori somme versate nel corso degli anni per effetto del diniego dell'Inps, ha rassegnato le seguenti conclusioni: “Voglia, l'On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, accertare e dichiarare il diritto della ricorrente, in virtù dell'attività svolta, ad usufruire della riduzione dell'aliquota dei contributi ex CUAF e per l'effetto, accertata, altresì, la violazione del principio del legittimo affidamento da parte dell'INPS per le ragioni esposte in premessa, condannare l'INPS in persona del legale rapp.te p.t. al pagamento in favore della ricorrente della somma di € 21.155,00, o della diversa maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa o ritenuta di giustizia, con interessi come per legge, a titolo di restituzione di indebito oggettivo dovuto alla differenza versata in eccedenza rispetto all'aliquota ridotta cui aveva diritto, o, comunque, a titolo di risarcimento del danno per violazione del principio del legittimo affidamento. Il tutto con vittoria di spese e compensi di lite da distrarsi in favore del sottoscritto difensore che si dichiara antistatario”. L'Inps, ritualmente citato, non si è costituito restando contumace. La causa, istruita con la documentazione prodotta da parte ricorrente, è stata rinviata per decisione all'udienza del 10 luglio 2024, sostituita ex art. 127 ter c.p.c. dal deposito di note scritte e decisa con la presente sentenza.
La domanda è fondata. Come risulta dalla documentazione allegata al ricorso, la ricorrente, in data 10.9.2021, ha inoltrato all'Inps tramite intermediario richiesta del “codice di autorizzazione 3v in quanto la titolare è iscritta alla gestione commercianti a partire dall'iscrizione”;
l'Inps ha riscontrato la richiesta evidenziando che “il soggetto risulta titolare di cariche/partecipazioni anche in altre società. Occorre pertanto una dichiarazione ai sensi del d.p.r. 445/2000 da parte sua accompagnata dal documento di identità nella quale indichi che svolge l'attività con carattere abituale e prevalente
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