Trib. Napoli, sentenza 18/04/2024, n. 2875
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NAPOLI
SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
Il Tribunale di Napoli, in persona del giudice dott.ssa M V C, in funzione di Giudice del Lavoro, all' udienza del 18.4.2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta nel ruolo generale degli affari contenziosi della sezione lavoro, al n. 6426/23, vertente
TRA
Parte 1 rappresentata e difesa dall'avv. A F;ricorrente
E
Controparte_1
[...] in persona dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi ex art. 417 bis c.p.c.dal '
Dirigente dott. V R;resistente
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 30.3.2023, la ricorrente in epigrafe - premesso di prestare attualmente servizio presso l' Org_1 in Napoli e di essere stata definitivamente assunta con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato, nell'area professionale del personale docente scuola primaria, con decorrenza giuridica dall' 1.9.2015 ed economica dal 30.6.2016 - esponeva di aver prestato precedentemente servizio d'insegnamento, alle dipendenze del Controparte_1 in virtù di reiterati contratti a tempo determinato dall'a.s. 2006/07 ininterrottamente fino all'immissione in ruolo e precisava che tali servizi scolastici erano stati prestati per più di 180 giorni per anno scolastico oppure dal primo febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale e che, pertanto, andavano ricondotte ad annualità ai sensi dell'art. 527 D.Lgs. 297/94. La docente deduceva che con decreto di ricostruzione di carriera prot. n. 245 del18.2.2022, il dirigente
scolastico dell' Org_1 valutata l'anzianità del ricorrente, dichiarava che essa "alla data dell'
,
01/09/2016 è inquadrata nella seconda posizione stipendiale di cui alle tabelle contrattuali vigenti alla data, corrispondente all'anzianità di anni 9;la residua anzianitàndi anni 2 e giorni 0 è utile per il passaggio alla successiva posizione";lamentava, quindi, che se le fosse stata applicata la medesima progressione stipendiale spettante ai docenti assunti ab initio in ruolo, le sarebbe spettata una progressione economica migliore proprio a causa del mancato riconoscimento dell'anzianità di servizio e dei connessi aumenti retributivi;denunciava, quindi, l'illegittimità della previsione di cui all'art. 526 D.Lgs. n. 297/14 e la violazione della clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro, recepito dalla direttiva n. 99/70 che vieta la disparità di trattamento tra insegnanti a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato;chiedeva, quindi, l'applicazione della clausola di salvaguardia prevista dal CCNL del 19 luglio 2011 in favore dei soli docenti assunti a tempo indeterminato in servizio al primo settembre 2010. Agìva, quindi, in giudizio per sentir accertare il suo diritto al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell'anzianità di servizio maturata con i contratti a tempo determinato stipulati con il
[...] che la competenza in materia di ricostruzione di carriera del personale scolastico è propria dell'istituzione scolastica presso cui e' in servizio il dipendente ai sensi dell'art. 14, comma 1, del D.P.R. 275/99.
Nel merito, eccepita anche la prescrizione estintiva, argomentavano diffusamente sulla infondatezza della domanda di cui chiedevano il rigetto.
All'odierna udienza del 18.4.2016 la causa veniva decisa con la presente sentenza di cui si dava lettura in udienza e che veniva depositata telematicamente.
Va preliminarmente disattesa l'eccezione preliminare sollevata dalla amministrazione resistente di difetto di legittimazione passiva per essere legittimato a stare in giudizio l'istituto scolastico di appartenenza della ricorrente. CP 1 convenuto che è l'unico Deve, piuttosto, essere affermata la legittimazione passiva del soggetto legittimato a resistere nel presente giudizio. Sul punto, va richiamato il consolidato principio secondo cui “il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore - che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell'organizzazione statale si trova in rapporto organico con l'amministrazione della pubblica
-
istruzione dello Stato e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa per la realizzazione dei fini di istruzione pubblica. ... (Anche) gli istituti tecnici operano nell'ambito organizzatorio dello Stato con connotazione di enti strumentali perché istituiti per la realizzazione di fini che sono principalmente di interesse generale e costituiscono un'articolazione funzionale nell'ambito della amministrazione centrale della pubblica istruzione. Del resto è sufficiente richiamare il contenuto degli artt. 34 e segg. della legge 15 giugno 1931, n. 889, concernenti: a) l'estensione agli insegnati di ruolo degli istituti d'istruzione tecnica delle disposizioni sullo stato giuridico degli istituti di istruzione inedia, classica, scientifica e magistrale;b) la disciplina dei concorsi per l'accesso all'insegnamento;c) la disciplina della nomina e dei trasferimenti del suddetto personale;da dette norme risulta in modo non equivoco l'inserimento degli insegnanti degli istituti tecnici nella organizzazione statale, anche con riferimento al loro stato giuridico" (cfr. Cass. n. 6372/11;Cass. n.9742/1997, n. 9742).
La materia del personale delle Amministrazioni scolastiche e, quindi, ciò che attiene alla assunzione, inquadramento e sviluppo professionale di detto personale, esula dall'ambito dell'autonomia organizzativa e didattica degli istituti scolastici per come riconosciuta dall'art. 21 1. n° 59/97 e dal d.P.R. n° 275/99 che, invece, riguarda la più limitata materia dell'utilizzazione delle risorse umane al fine di assicurare l'efficienza del servizio scolastico anche quanto alla preparazione della cd. offerta formativa dei singoli istituti.
Invece, in materia di assunzione, inquadramento e sviluppo professionale del personale scolastico i Dirigenti preposti alle singole Istituzioni Scolastiche agiscono quali come organi del [...] Controparte_4 e perciò deputati al compimento di atti esterni da imputarsi – in virtù del principio generale dell'immedesimazione organica - al CP 1 medesimo che, quindi, ne è responsabile.
Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato e va, pertanto, accolto per quanto di ragione.
Va osservato preliminarmente che la ricorrente non chiede la ricostruzione di carriera quale effetto riflesso della domanda di conversione dei contratti a termine in rapporto a tempo indeterminato che non è stata proposta nell'odierno giudizio.
La lavoratrice, piuttosto, ha fatto valere la diversa pretesa avente a oggetto la ricostruzione di carriera spettante al dipendente reiteratamente assunto a tempo determinato ponendo a fondamento della domanda la questione del contrasto della normativa nazionale in materia di riconoscimento del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione della carriera del personale scolastico, con il principio di non discriminazione espressamente sancito dall'articolo 4, punto 1 della direttiva comunitaria
99/70/CE (per la distinzione tra le due domande e per i diversi effetti ce ne discendono cfr, Cass.
n.23535/16;Cass.n. 28635/18).
Quanto alla difesa di parte resistente sul preteso contrasto della normativa nazionale con la clausola 4 dell'Accordo Quadro recepito dalla Direttiva 99/70/CE e attuato dal legislatore nazionale mediante il d.lgs. 368/01, il CP_1 osservava che la norma richiamata non esige che i lavoratori a tempo determinato siano sempre equiparati a quelli a tempo indeterminato: essa prevede, infatti, che, in presenza di “ragioni oggettive", il legislatore nazionale possa differenziare la posizione delle due categorie di soggetti.
'Ad avviso del CP 1 tali ragioni oggettive andavano individuate nel diverso sistema di reclutamento dei dipendenti a tempo indeterminato, in quanto vincitori di concorso, e di quelli a tempo determinato. Assumeva, quindi, parte resistente che il fatto che la ricorrente fosse stata assunta senza il previo svolgimento di una procedura concorsuale costituiva una ragione oggettiva, volta a giustificare un diverso trattamento rispetto ai dipendenti che avessero superato un concorso e pertanto, concludeva per il rigetto del ricorso. La questione oggetto dell'odierna controversia è stata affrontata ripetutamente dalla giurisprudenza di merito e da quella di legittimità, oltre che dalla Corte di Giustizia. Quest'ultima ha statuito che “….. la clausola 4 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un'autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l'anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell'ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia prestato detti periodi di servizio in base a un contratto o a un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere (sentenza del 18 ottobre 2012, Per_1 e a., da C- 302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 71).... per giustificare la differenza di trattamento allegata nel procedimento principale, il governo italiano sostiene che la misura in esame in tale procedimento, contrariamente a quella in discussione nella causa decisa dalla sentenza del 18 ottobre 2012, Per_1 e a. (da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646), riconosce interamente la carriera pregressa dei lavoratori a tempo determinato al momento della loro assunzione come dipendenti pubblici di ruolo. È vero che la normativa nazionale in esame nel procedimento principale riconosce integralmente tale carriera. Tuttavia, essa non lo fa in modo uniforme, dal momento che l'anzianità maturata dopo i primi quattro anni è computata solo per i due terzi. A tale riguardo, il governo italiano spiega una siffatta limitazione con la necessità di rispecchiare il fatto che l'esperienza dei docenti a tempo determinato non può essere interamente comparata a quella dei loro colleghi che sono dipendenti pubblici di ruolo assunti tramite concorso. Contrariamente a questi ultimi, i docenti a tempo determinato sarebbero spesso chiamati ad effettuare prestazioni di sostituzione temporanea e a insegnare svariate materie. Inoltre, essi sarebbero soggetti a un
sistema di computo del tempo effettuato che differisce da quello applicabile ai dipendenti pubblici di ruolo. Alla luce di tali differenze, sia da un punto di vista qualitativo sia da un punto di vista quantitativo, e al fine di evitare qualsiasi discriminazione alla rovescia a danno dei dipendenti pubblici assunti mediante concorso, il governo italiano ritiene giustificato applicare un coefficiente di riduzione al momento di computare l'anzianità di servizio maturata nell'ambito di contratti di lavoro a tempo determinato. Occorre ricordare che gli Stati membri, in considerazione del margine di discrezionalità di cui dispongono per quanto riguarda l'organizzazione delle loro amministrazioni pubbliche, possono, in linea di principio, senza violare la direttiva 1999/70 o l'accordo quadro, stabilire le condizioni per l'accesso alla qualifica di dipendente pubblico di ruolo nonché le condizioni di impiego di siffatti dipendenti di ruolo, in particolare qualora costoro fossero in precedenza impiegati da dette amministrazioni nell'ambito di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 57). Tuttavia, nonostante tale margine di discrezionalità, l'applicazione dei criteri che gli Stati membri stabiliscono deve essere effettuata in modo trasparente e deve poter essere controllata al fine di impedire qualsiasi trattamento sfavorevole dei lavoratori a tempo determinato sulla sola base della durata dei contratti o dei rapporti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale (sentenza del 18 ottobre 2012, Per 1 e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 59). Qualora un simile trattamento differenziato derivi dalla necessità di tener conto di esigenze oggettive attinenti all'impiego che deve essere ricoperto mediante la procedura di assunzione e che sono estranee alla durata determinata del rapporto di lavoro che intercorre tra il lavoratore e il suo datore di lavoro, detto trattamento può essere giustificato ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro (v., in tal senso, sentenza dell'8 settembre 2011, Persona 2 C-177/10, EU:C:2011:557, punto '
79). A questo proposito, la Corte ha già riconosciuto che talune differenze di trattamento tra i dipendenti pubblici di ruolo assunti al termine di un concorso generale e quelli assunti dopo aver acquisito un'esperienza professionale sulla base di contratti di lavoro
a tempo determinato possono, in linea di principio, essere giustificate dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui i predetti devono assumere la responsabilità (sentenza del 18 ottobre 2012, Per_1 e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 60). Pertanto, gli obiettivi invocati dal governo italiano consistenti, da un lato, nel rispecchiare le differenze nell'attività lavorativa tra le due categorie di lavoratori in questione e, dall'altro, nell'evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia nei confronti dei dipendenti pubblici di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso generale, possono essere considerati come configuranti una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro, nei limiti in cui essi rispondano a una reale necessità, siano idonei a conseguire l'obiettivo perseguito e siano necessari a tale fine (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Per 1 e a., da C-302/11 a C- 305/11, EU:C:2012:646, punto 62). Inoltre, si deve constatare che la mancata verifica iniziale delle competenze mediante un concorso e il rischio di svalutazione di tale qualifica professionale non impone necessariamente di escludere una parte dell'anzianità maturata a titolo di contratti di lavoro a tempo determinato...." (cfr. Corte di Giustizia UE Sez. VI n.466/2018)
Già con sentenza precedente la Corte di Giustizia aveva chiarito che le clausole di cui all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 che figura nell'allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, si applicano a tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato, salvo esclusioni disposte dagli Stati membri (ai sensi dalla clausola 2, punto 2, dell'accordo quadro);che detto accordo trova, pertanto, applicazione anche a docenti o collaboratori amministrativi che effettuano supplenze annuali in scuole statali.
La Corte aveva, inoltre, evidenziato come, pur essendo consentito agli Stati membri prevedere ipotesi di contratti a termine senza precisi limiti di durata, ciò è ammissibile solo laddove vengano precisamente indicate le esigenze di carattere provvisorio che giustifichino tale normativa e che la
normativa italiana in materia personale scolastico, in assenza di un termine preciso per
l'organizzazione e l'espletamento delle procedure concorsuali che pongono fine alla supplenza e quindi del limite effettivo con riguardo al numero di supplenze annuali effettuato da uno stesso lavoratore per coprire il medesimo posto vacante, era tale da consentire, in violazione della clausola 5, punto 1, lettera a), dell'accordo quadro, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze che hanno un carattere non già provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, (Corte di Giustizia UE sez. III n. 22 del 26.11.2014
Ne consegue la conclusione che la normativa italiana in materia di reclutamento del personale scolastico con contratto a tempo determinato, pur se astrattamente compatibile con l'accordo quadro, risulta, in concreto idonea a consentire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato in quanto priva di misure di prevenzione. Il principio di non discriminazione sancito dalla normativa comunitaria ed in particolare in applicazione di quanto stabilito dai punti 1 e 4 della “clausola 4” dell'Accordo Quadro attuato con la Direttiva CE 1999/70 - deve ritenersi prevalente su eventuali diverse disposizioni di diritto interno, e di immediata applicabilità in ragione del suo contenuto sufficientemente preciso da consentire la immediata applicazione nel diritto interno dello Stato membro.
Tale clausola 4, punto 1, dispone infatti che: "Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive".che, come si è detto, non si rinvengono nel caso in esame.
Il successivo punto 4 della medesima clausola 4 dispone poi che “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive". La clausola 4 vieta un trattamento relativo all'anzianità meno favorevole dei lavoratori a termine rispetto al trattamento accordato ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto a termine.
Alla luce delle considerazioni svolte, deve concludersi che i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato (a meno che non sussistano ragioni oggettive) e i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato.
Conclusivamente, come ha recentemente ribadito la Corte di Cassazione, “In applicazione della clausola 4 dell'Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, i docenti a tempo determinato hanno diritto, a parità di condizioni di impiego, alla piena equiparazione del proprio trattamento retributivo a quello del personale assunto con contratto a tempo indeterminato ed alla conseguente ricostruzione della carriera agli effetti economici, con condanna dell'Amministrazione scolastica a provvedere ai relativi adeguamenti retributivi e a corrispondere le differenze stipendiali riconosciute dal contratto collettivo di comparto in base all'anzianità maturata per il periodo effettivamente lavorato ..." (Cass. 29.12.2022 n. 38100).
Il CCNL 19.7.2011 ha introdotto una norma transitoria a salvaguardia delle posizioni di coloro che, già in ruolo alla data dell'1/9/2010, avessero maturato la legittima aspettativa ad una progressione secondo il precedente c.c.n.l. più favorevole;. La ricorrente, essendo stata immessa in ruolo in data 1/9/2016, non rientrerebbe nella sfera di applicabilità della norma derogatoria. Tuttavia, muovendo dal presupposto della piena comparabilità degli assunti a tempo determinato con il personale stabilmente immesso nei ruoli dell'amministrazione, con il conseguente riconoscimento ad ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell'amministrazione, dell'intero servizio effettivo prestato, in ossequio al principio di non discriminazione, deve affermarsi la necessità di disapplicare una norma contrattuale che, transitoriamente, salvaguardi il
mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento ad personam, fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva solo per il personale assunto a tempo indeterminato. Una tale disposizione, dunque, per essere conforme alla clausola 4 dell'Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE non può che essere considerata applicabile
a tutto il personale. Va, pertanto, accolta la domanda di riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata con i contratti a tempo determinato che hanno i requisiti di durata prescritti, con conseguente diritto della ricorrente ad essere inserita nella fascia stipendiale corrispondente all'anzianità di servizio maturata con i predetti contratti.
Spettano, quindi, alla ricorrente le differenze retributive maturate nel periodo precedente all'immissione in ruolo con decorrenza dal 20.9.2011, atteso che l'eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta è parzialmente fondata essendo stato il decorso del termine prescrizionale interrotto la prima volta con racc. AR. di Agosto 2016 ed essendo, quindi, prescritti i crediti retributivi maturati fino all'Agosto 2011. Ai fini della quantificazione possono recepirsi i conteggi depositati da parte ricorrente, in quanto svolti con criteri tecnici e logici corretti e non specificamente contestati, depurandoli dai crediti coperti da prescrizione con conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di euro 6.605,27, oltre interessi legali dalla data di maturazione dei crediti al saldo.
L'Amministrazione va, altresì, condannata al pagamento delle differenze retributive spettanti per il periodo successivi all'1.9.2015 dovute sulla base del disposto riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata con i contratti a termine.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con attribuzione.