Trib. Nola, sentenza 17/07/2024, n. 1289
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Nola, dott. ssa Daniela Ammendola ha pronunziato all'udienza di discussione del 5.6.2024 a seguito di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al N° 4349/2022 R.G. sez. LAVORO/PREVIDENZA
TRA
ES IA rappresentata e difesa dall'avv.to Improta Emanuele
Ricorrente
E
INPS in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv.to Anna Oliva
Resistente
Ragioni in fatto e di diritto della decisione
Con ricorso depositato in data 14.08.2022 la parte ricorrente in epigrafe, deduceva: di essere titolare di assegno sociale con decorrenza dal 1.18.2011;
che con provvedimento di riliquidazione TE08 del 4.11.2021 l'Inps le comunicava il ricalcolo
d'ufficio della pensione AS dal 1.01.2019 sulla base della comunicazione dei redditi dell'anno 2019, dal quale emergeva dal 1.1.2020 al 30.11. 2021 un pagamento superiore
a quanto dovuto pari ad euro 15.634,56 (di cui euro 8468,72 per l'anno 2020 ed euro
7165,84 per l'anno 2021;
che l'erogazione della prestazione assegno sociale veniva
sospesa;
che con successiva comunicazione di riliquidazione d'ufficio datata 30.12.2021
l'INPS comunicava che l'assegno sociale era stato nuovamente oggetto di ricalcolo a decorrere da gennaio 2017 e da tale ricalcolo era derivato fino a gennaio 2022 un credito in favore della ricorrente pari ad euro 9.129,90 (e precisamente euro 8469,93 dovuti per il 2021 ed euro 660,27 per il 2022);
in pari data riceveva dall'INPS un'ulteriore comunicazione avente ad oggetto “recupero somme indebitamente erogate su assegno sociale” con la quale le si richiedeva la restituzione per il periodo dal
1.1.2020 al 30.11.2021 dell'importo di euro 6504,66, a seguito di ricostituzione e per maggiorazione sociale e aumento sociale delle pensione non spettante a causa del possesso di redditi superiori ai limiti di legge , con contestuale comunicazione di una trattenuta in misura pari ad euro 65,00 sui ratei dell'assegno sociale;
che a decorrere da febbraio 2022 la prestazione veniva ripristinata;
che al fine di comprendere il contraddittorio agire dell'Inps la parte ricorrente presentava nuova domanda di ricostituzione in data 12.10.2022 che non sortiva alcuno effetto e con provvedimento di riliquidazione del 25.10.2022 l'Inps confermava il suo operato.
Tutto ciò premesso, eccepiva il difetto e la contraddittorietà della motivazione dei provvedimenti comunicati dall'Inps;
evidenziava che la somma indebita di euro 6504,66 richiesta con la comunicazione del 30.12.2021 era pari alla differenza tra la somma indebita indicata nella comunicazione di riliquidazione del 4.11.2021 e quella indicata come spettante per l'anno 2021 nella prima comunicazione del 30.12.2021 (15.634,56
–7165,84) , che pertanto l'indebito residuo atteneva all'importo erogato nell'anno 2020 pari ad euro 8468,72.
Deduceva di possedere per l'anno 2020 i requisiti reddituali richiesti dalla legge per la percezione dell'assegno sociale, non avendo posseduto alcun reddito nell'anno 2020, atteso che il reddito da prendere in considerazione ai fini dell'erogazione delle prestazioni assistenziali era quello relativo all'anno in corso di liquidazione e non quello afferente l'anno precedente, richiamando vari precedenti giurisprudenziali. In ogni caso eccepiva l'irripetibilità dell'indebito assistenziale, avendo la parte ricorrente dichiarato i propri redditi all'Agenzia delle Entrate.
Concludeva per l'annullamento dell'indebito relativo all'anno 2020 per un importo pari ad euro 8469,93 e per la condanna dell'Inps alla restituzione delle somme trattenute, con vittoria delle spese di lite, con attribuzione al procuratore della parte
ricorrente antistatario.
Ritualmente instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio l'Inps eccependo
l'infondatezza della domanda ed insistendo per il suo rigetto per le motivazioni diffusamente illustrate in memoria .
All' udienza del 5.06.2024 a seguito di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c. la causa è stata decisa con dispositivo le cui motivazioni di seguito si illustrano.
Orbene, come si evince dalla documentazione prodotta in giudizio dalla parte ricorrente, quest'ultima in data 4.11.2021 riceveva un provvedimento di riliquidazione
TE08 con il quale l'Inps le comunicava il ricalcolo d'ufficio della pensione AS dal
1.01.2019, sulla base della comunicazione dei redditi dell'anno 2019, dal quale emergeva un pagamento non dovuto relativamente al periodo dal 1.1.2020 al
30.11.2021 pari ad euro 15. 634,56, e precisamente euro 8468,72 per l'anno 2020 ed euro 7165,84 per l'anno 2021.
In data 30.12.2021 veniva effettuato un nuovo ricalcolo della prestazione e l'Inps comunicava alla ricorrente che ne era derivato un credito in suo favore di euro 9129,90 corrispondente nel dettaglio ad euro 8469,23 per l'anno 2021 ed euro 660,27 per l'anno
2022.
Con comunicazione di pari data l'Inps comunicava alla ricorrente che per il periodo dal 1.1.2020 al 30.11.2021 l'importo non dovuto a titolo di assegno sociale e maggiorazione sociale era, dunque, pari ad euro 6504,66 .
Dall'esame di tali comunicazioni appare evidente che la somma indebita indicata nella missiva del 30.12.2021 deriva da una compensazione tra l'indebito originario comunicato in data 4.11.2021 pari ad euro 15.634,56 e la somma a credito pari ad euro
9129,00 di cui alla prima comunicazione del 30.12.2021
Ne discende che la prestazione indebita erogata alla parte ricorrente e di cui si discute nel presente giudizio – come si evince anche dalle difese dell'INPS – attiene ai ratei di assegno sociale e relativa maggiorazione sociale erogati nell'anno 2020 e che
l'Inps assume non spettanti in ragione della percezione da parte della ricorrente nell'anno 2019 di un reddito da lavoro autonomo pari a 6250,00, riscontrato a seguito di controlli all'Agenzia delle Entrate.
Appare assorbente l'eccezione di irripetibilità di tale indebito.
Occorre anzitutto rilevare che alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali (cfr.
Cassazione 2021 n. 3195) l'indebito in questione avente ad oggetto sia il diritto alla percezione dell'assegno sociale che della maggiorazione sociale su tale prestazione relativamente all'anno 2020 va qualificato come indebito assistenziale.
Invero, la Suprema Corte in tale recente arresto ha chiarito che “in linea generale, può affermarsi che sono prestazioni assistenziali quelle riconducibili all'art. 38, comma 1, laddove è disposto che quanti siano privi dei mezzi necessari per vivere hanno diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. Inoltre, per il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art.
128, richiamato dalla L. n. 328 del 2000, art. 1, le prestazioni sociali constano di interventi configurabili quali attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della vita.
All'interno di questo riferimento generale, che fornisce i parametri positivi di qualificazione delle prestazioni economiche pubbliche, va esaminata l'ipotesi di maggiorazione di cui si discute prevista dalla L. n. 448