Trib. Avellino, sentenza 27/09/2024, n. 885

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Avellino, sentenza 27/09/2024, n. 885
Giurisdizione : Trib. Avellino
Numero : 885
Data del deposito : 27 settembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
Settore Lavoro e Previdenza
Il Giudice del lavoro, dott. D V, all'esito della discussione ex art. 127 ter
c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella controversia iscritta al R. G. n. 444/2022, introdotta
DA
(c.f.: ), in persona del Presidente p. t., rappresentato e difeso, Parte_1 P.IVA_1 in virtù di procura in atti, dall'avv. G V, presso cui è elettivamente domiciliato;

RICORRENTE
CONTRO
(c.f.: , rappresentato e difeso, in virtù di Controparte_1 C.F._1 procura in atti, dagli avv.ti Fabio Giuseppe D'Ottavio e A P F, presso cui è elettivamente domiciliato.
RESISTENTE
CONCLUSIONI
PER PARTE RICORRENTE: dichiarare il diritto alla restituzione della somma netta di €
14.455,11 erogata con l'indennità di anzianità, in quanto quota riguardante l'indennità di specificità medica, a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ. e, per l'effetto, condannare il convenuto al pagamento, oltre interessi dalla diffida del 28.6.2021 o, in subordine, dalla data della domanda giudiziale;
con vittoria delle spese di lite;

PER PARTE RESISTENTE: dichiarare inammissibile ovvero rigettare il ricorso;
spese vinte.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con ricorso depositato in data 8.2.2022, l' esponeva che il dott. Parte_1 [...] era stato suo dipendente, con qualifica di dirigente medico 1° livello presso la CP_1
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sede di Avellino, dall'11.11.1982 sino al 31.10.2012, data in cui il rapporto di lavoro era cessato per raggiunti limiti di età, con una anzianità pensionistica utile di anni 29, mesi
11, giorni 21.
Riferiva che, nel calcolo del T.F.S., pari ad € 152.932,98 lordi, erano state considerate le seguenti voci per 13 mensilità: lo stipendio, la R.I.A., l'indennità di vacanza contrattuale, la retribuzione di posizione, fissa e variabile, e l'indennità di specificità medica.
Precisava che detta somma veniva corrisposta ratealmente in tre soluzioni.
Aggiungeva che il lavoratore aveva sottoscritto le tre missive di trasmissione delle liquidazioni, contenenti riserva di ripetizione per la quota erogata in relazione alla indennità di specificità medica
Rappresentava che, preso atto degli orientamenti giurisprudenziali, aveva inviato al dott. a mezzo racc. a.r. consegnata il 27.8.2019, un prospetto di CP_1 riliquidazione del T.F.S., depurato della indennità di specificità medica da questi percepita, ricalcolandolo nell'importo lordo di € 131.951,95, con maturazione di un importo da restituire pari ad € 20.981,03 lordi, corrispondenti ad € 14.455,11 netti, successivamente diffidando al pagamento con missiva ricevuta addì 28.6.2021.
Specificava che la richiesta di ripetizione riguardava le somme nette ai sensi dell'art.
10 co. 2 bis D.P.R. 917/1986 (T.U.I.R.), introdotto ex art. 150 D. L. 34/2020, conv. con mod. da L. 77/2020.
Lamentava di non aver ricevuto riscontro alla richiesta e che, anzi, il dott. CP_1
l'aveva contestata eccependo la decadenza ex art. 30 D.P.R. 1032/1973, l'infondatezza della pretesa ed il legittimo affidamento.
Sosteneva che l'azione era da qualificarsi come ripetizione d'indebito oggettivo ai sensi dell'art. 2033 c.c., con esclusione di qualsivoglia decadenza ed assoggettamento al solo termine di prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c..
Affermava che l'indennità di specificità medica, prevista dall'art. 18 C.C.N.L. 1997 e confermata dall'art. 103 C.C.N.L. 2006 quale elemento della retribuzione del personale medico e veterinario degli enti pubblici economici, erogata per 13 mensilità, è finalizzata a compensare la peculiarità delle funzioni svolte dai medici degli enti pubblici non economici.
Deduceva che la giurisprudenza di legittimità, in funzione nomofilattica (Cass. civ.,
SS.UU., n. 7154/2010 e 7158/2010), nell'interpretare la norma di disciplina del T.F.S., ossia l'art. 13 L. 70/1975, aveva ritenuto che dovessero essere escluse le voci retributive
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diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari, non potendosi ritenere delegata la relativa regolamentazione, inderogabile, sebbene in melius, sia dai contratti collettivi sia dai regolamenti interni degli enti pubblici (inclusi e , il tutto confermato CP_2 Parte_1 dagli orientamenti successivamente assunti.
Aggiungeva che il C.C.N.L. Area VI Dirigenti 2010, all'art. 42, aveva appunto previsto che, per il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato a partire dall'1.1.2001, ai fini della liquidazione della indennità di fine rapporto, possono essere considerati solo gli emolumenti anche fissi e continuativi già riconosciuti quiescibili dalle norme legislative e contrattuali.
Argomentava che, alla luce dei principi reiteratamente affermati dalla Cassazione, per
i dipendenti del parastato, ivi compresi i professionisti ed i medici, in servizio al
31.12.1995 (differito al 31.12.2000), l'indennità di anzianità spettante alla cessazione del rapporto di lavoro si riferisce al solo stipendio tabellare ed agli elementi similari, con esclusione di qualsiasi altra voce accessoria, senza possibilità di deroga alcuna.
Rivendicava, pertanto, il diritto alla restituzione della quota di T.F.S. versata al resistente e costituita dalla indennità di specificità medica, non a caso pagata con riserva di ripetizione.
Escludeva l'applicabilità della norma di cui all'art. 30 D.P.R. 1032/1973, considerandone la portata, delimitata ai dipendenti dello Stato e non già degli enti pubblici non economici, e la natura non previdenziale della prestazione.
Tanto premesso, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Controparte_1
Avellino, in funzione di giudice del lavoro, formulando le suesposte conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, il resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando l'avversa pretesa.
Eccepiva la decadenza ex art. 30 D.P.R. 1032/1973, norma secondo cui i provvedimenti di liquidazione del T.F.S. possono essere modificati, revocati o corretti da eventuali errori, anche di calcolo, entro un anno dalla loro emanazione, termine perentorio abbondantemente decorso nella fattispecie e da applicare anche nei confronti dei dipendenti degli enti di previdenza.
Eccepiva altresì la violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, come interpretato dalla Corte E.D.U., a tutela del legittimo affidamento del lavoratore in buona fede, tutelabile a fronte della costante attribuzione nel tempo senza riserva di un emolumento, avente carattere retributivo non
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occasionale, da parte della pubblica amministrazione datrice di lavoro, e tale da precluderne la ripetizione, specie se la richiesta restitutoria sopraggiunga dopo un tempo considerevole, in violazione del principio di proporzionalità.
Sosteneva l'evidenza dell'errore dell' che aveva disposto il pagamento della Parte_1 quota in controversia nonostante la consapevolezza delle sentenze succitate ed aveva lasciato decorrere sette anni prima di avanzare la pretesa restitutoria, durante i quali si era consolidato il proprio ragionevole convincimento circa la correttezza del calcolo
e la spettanza delle somme.
Evocava giurisprudenza favorevole ed insisteva nella tutelabilità del proprio affidamento circa il definitivo ingresso degli importi nel proprio patrimonio giuridico.
Affermava che la riserva di ripetizione apposta alle comunicazioni dette rappresentava una mera clausola di stile, normalmente contenuta negli atti amministrativi, e, come tale, del tutto inefficace, poiché inidonea a trasmettere nel destinatario la consapevolezza del fondamento giuridico della riserva stessa.
Riteneva che il silenzio e l'inerzia serbati dall' nel corso degli anni non Parte_1 rappresentassero un comportamento neutro e irrilevante ai fini giuridici, ma assumono un preciso valore in termini di manifestazione negoziale abdicativa del diritto ad ottenere la restituzione.
Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., la causa veniva decisa come da sentenza.
MOTIVI della DECISIONE


1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Reputa il giudicante che debba essere integralmente condivisa l'impostazione interpretativa, assunta dalla giurisprudenza di legittimità in sede nomofilattica ed evocata da parte ricorrente, secondo cui va esclusa la computabilità dell'indennità di specificità medica ai fini della determinazione della base di calcolo del T.F.S. del pubblico dirigente (Cassazione civile, SS.UU., n. 7154, 25/03/2010: “L'art. 13 l. n. 70/1975 detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 2005 che non abbiano optato per il t.f.r. di cui all'art.
2120 c.c.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un'indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all'autonomia regolamentare dei singoli enti solo l'eventuale disciplina delle facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico- giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari e devono ritenersi abrogate o illegittime, e
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CP_ comunque, non applicabili, le disposizioni di regolamenti, come quello dell prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo”).
Attraverso l'enunciazione di tale criterio ermeneutico, la Suprema Corte ha risolto il contrasto d'orientamenti sorto in materia, definitivamente sancendo la natura inderogabile, anche in melius, della norma di cui all'art. 13 L. 70/1975, e così escludendo la possibilità di introdurre, in sede di contrattazione collettiva o individuale, specifiche modificazioni alla disciplina legale del T.F.S..
In tal modo, è stata denegata la legittimità delle previsioni negoziali statuenti
l'inclusione, ad esempio, di ulteriori elementi retributivi nella base di computo del
T.F.S., base la quale può e deve ricomprendere esclusivamente le voci retributive costituite dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità
o componenti retributive similari.
Risulta, dunque, preclusa la computabilità di competenze a carattere fisso e continuativo, diverse da quelle succitate, anche se eventualmente prevista da disposizioni regolamentari.
La Suprema Corte ha optato, quindi, per l'estensione del principio di inderogabilità della normativa di legge da parte della contrattazione collettiva, originariamente affermato con riferimento alla sola indennità di buonuscita dei dipendenti statali, anche a quella dei dipendenti del “parastato”, in cui senz'altro rientra, quale ente pubblico non economico, l' ricorrente. Pt_2
Ebbene, in applicazione di tale criterio, deve ritenersi, come anticipato, che l'indennità di specificità medica percepita dal dott. nel corso del rapporto non poteva CP_1 essere computata ai fini della determinazione del quantum del T.F.S., sicché il corrispondente segmento non spettava in pagamento al resistente.
Peraltro, non può revocarsi in dubbio che l'indennità percepita dal lavoratore convenuto consista in una voce stipendiale prevista in favore dei dirigenti medici in ragione della peculiarità delle funzioni svolte;
essa è stata, dunque, correlata allo svolgimento di determinate mansioni e non già all'anzianità maturate, sicché neppure la sua concreta natura può valere a configurarla in termini di posta retributiva compresa nello stipendio tabellare.
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