Trib. Pisa, sentenza 03/06/2024, n. 738

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Pisa, sentenza 03/06/2024, n. 738
Giurisdizione : Trib. Pisa
Numero : 738
Data del deposito : 3 giugno 2024

Testo completo

N. R.G. 1610/2022

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di PISA
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa S S Presidente Relatore dott.ssa G L Giudice dott.ssa I G Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1610/2022 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. VIVO FELICE Parte_1 C.F._1
ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto Email_1
difensore, via Borra, n. 26, Livorno
e da
(C.F. , Parte_2 C.F._2
con intervento del PM in sede con ad oggetto: separazione giudiziale
CONCLUSIONI: per parte ricorrente (l'unica costituita): “Voglia L'On.le Tribunale adito dichiarare la separazione personale tra i coniugi e con addebito alla Parte_1 Parte_2
sig.ra , con la precisazione che tale richiesta è giustificata dalla circostanza Parte_2
che la stessa ha intrattenuto più di una volta una relazione extraconiugale e che tale relazione è stata causa della frattura dell'armonia coniugale;
2) che siano confermati i provvedimenti del

Tribunale per i Minorenni di Firenze relativi ai figli. Voglia altresì ordinare all'Ufficiale dello
Stato Civile del Comune di Livorno di annotare la emananda sentenza nel Registro, Atto n. 31 parte
I, anno 2015”.
Con vittoria di spese ed onorari di causa.
Il P.M. nulla ha opposto. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
In data 2 maggio 2022, ricorreva all'intestato Tribunale chiedendo pronunciarsi la Parte_1
separazione personale dalla coniuge, con cui aveva contratto matrimonio con Parte_2
rito civile a Livorno, il 26 marzo 2015 e dall'unione con la quale erano nate le figlie, il 29 Per_1
giugno 2018 e (o ), il 22 agosto 2020. Chiariva come la decisione di richiedere Per_2 Per_3
la separazione fosse maturata a seguito del venir meno dell'affectio coniugalis, ascrivibile alle condotte della moglie tenute in violazione degli obblighi di cui alla previsione normativa dell'art. 143
c.c. Le figlie minori erano, già prima dell'introduzione del presente giudizio (con ordinanza del
Tribunale per i Minorenni del 26/27.08.2020), state affidate al Servizio Sociale e, poi, a seguito di un procedimento aperto ai sensi dell'art. 12, legge n. 184/93 presso il Tribunale per i Minorenni di
Firenze, (erano) state oggetto di una dichiarazione di adottabilità e di affido preadottivo a due differenti famiglie, previa sospensione della responsabilità genitoriale di tutt'e due i genitori e interruzione di ogni rapporto (delle minori) con gli stessi genitori (si veda sentenza del Tribunale per
i Minorenni di Firenze, n. 24/2022).
Nella fase presidenziale, non si costituiva in giudizio né compariva Parte_2
personalmente all'udienza del 28 settembre 2022, all'esito della quale, acquisiti gli atti, tutti, del procedimento che era stato introdotto avanti al Tribunale per i minorenni territorialmente competente,
e le dichiarazioni della tutrice nominata in quella sede, avv. R P, i coniugi venivano autorizzati a vivere separati serbandosi reciproco rispetto e il procedimento trasmigrava innanzi al
Giudice istruttore.
La causa veniva istruita per il tramite delle prove orali ammesse richieste dal ricorrente in seno alla propria memoria integrativa, laddove avanzava, anche, richiesta di addebito. Espletata l'istruttoria del caso, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
-.-.-.-.-
Preliminarmente, occorre dichiarare la contumacia di la quale, Parte_2
regolarmente vocato in ius, (raggiunto anche dalla rituale notifica dell'ordinanza presidenziale), non si è costituita in giudizio (Cass. civ., sezione II, n. 20406, 5 settembre 2013: non essendo la mancanza di un provvedimento formale di dichiarazione di contumacia di per sé causa di nullità del procedimento o della sentenza, quando risulti che il contraddittorio sia stato comunque ritualmente costituito nei confronti della parte non costituita, neppure è imposto dal codice di rito un termine perentorio per la relativa declaratoria.
Premesso tanto, la domanda di separazione merita accoglimento, in quanto alla luce delle allegazioni e degli altri elementi desumibili dagli atti oltre che dalla stessa domanda di addebito
proposta da parte ricorrente (l'unica costituita) e dalla separazione di fatto, non vi è dubbio circa
l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Va, pertanto, pronunciata la separazione personale dei coniugi, non potendo dubitarsi del venir meno di qualsivoglia rapporto di affezione tra gli stessi e dell'ormai avvenuta disgregazione del rapporto di coniugio. Anche l'atteggiamento processuale ed extraprocessuale delle parti dimostra, infatti, l'impossibilità di ricostituire tra loro la comunione materiale e spirituale, così, pertanto, ricorrendo le condizioni di legge per l'accoglimento della domanda. Si ritengono sussistere, allora, senza dubbio, le condizioni previste dall'art. 151 c.c.
e, conseguentemente, pronunziarsi la separazione personale delle parti.
Parte ricorrente ha domandato addebitarsi la separazione alla moglie, sul presupposto che la stessa avesse tenuto comportamenti violativi della disposizione dell'art. 143 c.c., avendo trascurato di occuparsi delle figlie e della famiglia.
Va detto, intanto, che la pronuncia di addebito non può fondarsi sull'allegazione generica di una sostenuta violazione dei doveri di cui all'art. 143 c.c., esigendo un accertamento sulla causalità di siffatta violazione nella crisi del rapporto coniugale (ex multis, Cassazione civile sez. I, 03/07/2023,
n.18725;
Cass. n. 40795 del 20/12/2021).
Nel caso, il Collegio ritiene che la domanda di addebito non possa trovare accoglimento.
In via generale si ricorda che l'art. 151 c.c. prevede la possibilità di dichiarare, su richiesta, l'addebito della separazione al coniuge che, con i suoi comportamenti, abbia violato i doveri matrimoniali, rendendo perciò intollerabile la convivenza o recando grave pregiudizio all'educazione della prole.
I comportamenti riferibili ad un coniuge variano dall'aver adoperato maltrattamenti, all'omissione dell'assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge richiedente l'addebito, all'ipotesi dell'infedeltà coniugale cui dovrà però accompagnarsi una modalità particolarmente offensiva (ad esempio la divulgazione pubblica tra i consociati comportante discredito o umiliazione). Alla pronuncia di addebito conseguono effetti che attengono alla sfera patrimoniale e che determinano la perdita del diritto all'assegno di mantenimento e dei diritti successori (art. 548 del c.c.) in capo al coniuge al quale viene addebitata la separazione. La pronuncia di addebito della separazione postula che la situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza o di grave pregiudizio per la prole sia imputabile ai comportamenti coscienti e volontari di uno dei coniugi: l'addebito, dunque, presuppone la prova rigorosa non solo del comportamento oggettivamente riprovevole e dell'imputabilità dello stesso al coniuge assertivamente colpevole, ma anche del rapporto eziologico tra la condotta contraria ai doveri del matrimonio ed il suo fallimento. Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità “in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi essendo, invece, necessario, accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale. L'accertamento dell'efficacia causale delle violazioni dei doveri coniugali sul fallimento della convivenza coniugale postula una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, ben potendo la prova di determinati comportamenti di un coniuge influire sulla valutazione dell'efficacia causale dei comportamenti dell'altro” (cfr., fra le tante, Cass. Civ. Sez. I,
25/3/2003 n. 4367). Ne consegue che il contegno contrario ai doveri nascenti dal matrimonio ex art.
143 c.c., per essere fonte di addebitabilità della separazione, deve essere la causa della cessazione dell'affectio coniugalis e non invece il suo effetto (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 25/3/2003 n. 4367 e Cass.
Civ., Sez. I, 7/9/99 n. 9472), “... essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale o sia invece intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza e in conseguenza di essa ...” (cfr.
Cass. Civ., Sez. I, 29/10/2002 n. 15223 e Cass. Civ., Sez. I, 29/9/2001 n. 12130).
Il giudice può dichiarare la separazione con addebito a carico di uno dei coniugi soltanto laddove la violazione dei doveri previsti dall'art. 143 c.c. sia stata causa ma non effetto della crisi familiare e della intollerabilità della convivenza, tenuto conto del comportamento precedente anche nei confronti dei figli e avuto riguardo alla condotta dell'altro coniuge, irrilevante solo in caso di aggressione ai diritti fondamentali, quali l'integrità e l'incolumità fisica, sociale o morale.
Al contrario invece, il giudice dovrà necessariamente astenersi dal pronunciare la separazione con addebito qualora non si raggiungesse la piena prova del fatto che la condotta contraria ai doveri del matrimonio, posta in essere da uno dei coniugi o da entrambi, sia stata causa diretta del fallimento della convivenza. Per quanto attiene poi all'onere della prova, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che: “grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda” (Cass. civ., Sez. I, 14/02/2012 n. 2059).
Applicando i principi sopraricordati al caso in esame si ritiene che non siamo emersi in corso di causa elementi sufficienti per giustificare pronuncia di addebito a carico della moglie.
Nel corso dell'istruttoria la testimone ascoltata, madre del ricorrente, ha detto Testimone_1
di essere a conoscenza del fatto che la signora ha avuto storie con altri uomini in costanza Parte_2 di matrimonio (si veda verbale udienza del 20 aprile 2023, così “Sono a Testimone_1
conoscenza del fatto che ha avuto un'altra storia perché successivamente lei espressamente lo riconobbe a mio figlio ... ;
e ancora ... quando stavamo a Coltano ci fu una discussione tra la signora
e mio figlio e si pensava che fosse scappata;
io la cercai a Coltano e la trovai in un gazebo che parlava con un uomo. Durante una festa di compleanno questo signore uscì e lei lo seguì ma poi vide
che la stavo guardando. Ricordo che la signora veniva vista in compagnia di quest'altro uomo e che al tempo dormiva vicino ai ca-valli e che quest'uomo andava lì a portarle del cibo”).
Tuttavia, le dichiarazioni rese dalla teste, restano relegate al rango della genericità ed Tes_1
indeterminatezza. Il fatto poi che la signora e lo stesso siano stati dichiarati, Parte_2 Pt_1 entrambi, dal Tribunale per i Minorenni sospesi nell'esercizio della responsabilità genitoriale sulle figlie minori (dichiarate in stato di abbandono e oggetto di pronuncia di affidamento preadottivo), in ragione dell' ”abbandono materno“ e del “disimpegno paterno” costituisce un altro elemento di valutazione, per cui, in assenza di altri elementi di prova, le storie “adulterine” della signora siano da collegarsi ad una crisi coniugale già manifestata nel rapporto tra le parti (anche verosimilmente in conseguenza dello scarso impegno del nella coppia e come genitore) non addebitabile a Pt_1
specifiche pregresse condotte della sola con conseguente rigetto della domanda di Parte_2
addebito.
Tra l'altro, la teste, è madre del Testimone_1 Parte_3
Come noto, non sussiste (per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 248 del 1994) un divieto di testimoniare per i parenti ex art. 247 c.p.c.;
tanto non consente, tuttavia, al giudice di merito una aprioristica valutazione di non credibilità delle deposizioni rese dalle persone indicate da detta norma, ma neppure esclude che l'esistenza di uno dei vincoli in essa indicati possa, in concorso con ogni altro utile elemento, essere considerato ai fini della verifica della maggiore o minore attendibilità delle deposizioni stesse, dal giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass. n. 17630/2010;
così anche Cass. n.
17384/2004, secondo cui l'insussistenza (per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 248 del 1994, come richiamate da Cassazione civile sez. VI, 04/01/2019, n. 98).
E nel caso, il Tribunale valutando le dichiarazioni rese dalla teste madre (come detto) Tes_1
del e consistenti, essenzialmente, in dichiarazioni rese per esserle state a lei riferite da altri (ed Pt_1
in particolar dallo stesso figlio-ricorrente) non ritiene le stesse atte a fondare la pronuncia di addebito richiesta.
Il tra l'altro, a ben vedere, dapprima afferma che ... nel corso del tempo il rapporto coniugale Pt_1
si era logorato irrimediabilmente per divergenze sul progetto familiare e sulla cura dei figli ... per poi parlare di ripetuti comportamenti della signora contrari agli obblighi coniugali ex art. 143 c.c. senza tuttavia specificare le citate condotte che, poi, comunque, nel corso del procedimento non sono risultate adeguatamente supportate da idonea base probatoria.
La domanda di addebito deve, pertanto, essere rigettata.
Riguardo alle figlie minori, si rimanda alla pronuncia resa col n. 24/2022 dal Tribunale per i
Minorenni di Firenze, che ha sospeso entrambe le parti dall'esercizio della responsabilità genitoriale
sulle figlie minori, interrotto ogni rapporto tra loro (minori/genitori) e, quindi, dichiarato adottabili le minori stesse e previsto, per le stesse, un affido preadottivo a due differenti famiglie.
Non residuano questioni accessorie da esaminare, attesa l'assenza di domande ulteriori.
Quanto alle spese del procedimento, considerata la natura del procedimento, l'esito dello stesso, la natura degli interessi coinvolti, osservato, altresì, che il ricorso al giudice era necessario, non potendo la separazione essere statuita che per via giudiziaria e che non vi è, però, stata resistenza da parte del resistente si ritiene di dichiararle non ripetibili.
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