Trib. Bologna, sentenza 01/07/2024, n. 1928
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Testo completo
N. R.G. 4443/2024
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione cittadini UE
il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Marco Gattuso Presidente Relatore
dott. Maria Cristina Borgo Giudice
dott. Sabrina Bosi Giudice
all'esito della discussione all'udienza del 24 giugno 2024, sostituita con trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. senza alcuna opposizione dalle parti, ha pronunciato ex art. 275 bis c.p.c. la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4443/2024 promossa da:
, con l'avv. CIMAGLIA ALESSANDRO Parte_1
RICORRENTE contro
Controparte_1
RESISTENTE CONTUMACE
Motivi della decisione
1.
Con ricorso presentato ai sensi dell'art. 281 undecies c.p.c. il ricorrente chiedeva al Tribunale di «annullare il provvedimento di inammissibilità adottato dal Questore della Provincia di comunicato in data 26.02.2024 ed ogni eventuale ulteriore CP_1 provvedimento presupposto e/o conseguente in quanto viziato da eccesso di potere, inesistente, nullo, illegittimo, immotivato, infondato o come meglio e comunque accertare e dichiarare, ai sensi dell'art.19 comma 1.1 del D.Lgs.n.286/98 il diritto del ricorrente a formulare in via autonoma, al di fuori della procedura di protezione internazionale, domanda di protezione speciale e conseguentemente accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad ottenere un permesso di soggiorno per protezione speciale e per l'effetto ordinare al Questore della Provincia di il rilascio del CP_1 predetto permesso in favore del ricorrente. Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari di causa, oltre IVA, CPA e maggiorazione come per legge».
Tenuta la prima udienza, con ordinanza riservata, dato atto della regolarità della notifica e della mancata costituzione della parte resistente, ne è stata dichiarata la contumacia e la causa è stata quindi rinviata per la discussione orale e la decisione
Pagina 1
collegiale. L'udienza è stata sostituita con trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter
c.p.c. e le parti nulla hanno opposto al riguardo.
2.
Come si evince dalla lettura degli atti e dei documenti versati dalla parte ricorrente, appare documentale che il ricorrente, con una pec in data 24 febbraio 2024 abbia richiesto alla Questura di il riconoscimento dei presupposti della CP_1 protezione speciale ai sensi dell'art. 19, D. L.vo 25 luglio 1998, n. 286 nel testo attualmente vigente (doc. 2, ricorrente).
2.1.
In particolare, dalla lettura della detta istanza si rileva come il ricorrente abbia rappresentato in dettaglio le sue condizioni personali, a suo avviso configuranti una condizione di radicamento nel contesto italiano, e abbia argomentato in diritto in ordine alla permanenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione complementare anche dopo i noti interventi legislativi del marzo e maggio 2023, chiedendo per conseguenza alla Questura di «di fissare appuntamento presso i Vs. Uffici al fine CP_1 di consentire al richiedente di depositare la richiesta del permesso in oggetto».
La Questura resistente in data 26 febbraio 2024 ha comunicato al procuratore del ricorrente la negazione della richiesta di appuntamento, assumendo che la legge n.
50/2023 abbia comportato la «abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale» (si riporta il testo integrale della comunicazione della
Questura: «la prego di rileggere quanto stabilito, e confermato, dalla legge 5 maggio
2023, nr. 50, che ha convertito in legge il decreto-legge 10 marzo 2023, nr. 20. Le anticipo che questi richiami normativi fanno riferimento all'abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale. Il suo cliente non può fare richiesta del citato permesso, potendo unicamente richiedere "protezione internazionale" ai fini della propria regolarizzazione»).
Per conseguenza il ricorrente ha presentato in data 26 marzo 2024 ricorso in sede giurisdizionale.
2.2.
La comunicazione della Questura, con cui viene espresso il rifiuto di dare un appuntamento al fine di presentare la domanda, qualificato dalla parte ricorrente come
«provvedimento di inammissibilità», concreta, al di là della sua qualificazione come atto amministrativo (come provvedimento di irricevibilità o di inammissibilità), o come mero comportamento, una univoca manifestazione di volontà dell'ente amministrativo di impedire la presentazione della domanda e come tale legittima il cittadino straniero a convenire la PA in giudizio al fine di vedere accertato il proprio diritto soggettivo di presentare la domanda.
La giurisdizione dell'AGO in materia di diritto soggettivo alla protezione speciale
è pacifica, così come deve assumersi la competenza funzionale della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione cittadini UE, in forza dell'art. 3, primo comma lettera d), D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con L. 13 aprile 2017 n. 46 (come modificato dall'art. 1, terzo comma lett. a) del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018,
n. 132) relativo alle «controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e
Pagina 2 di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui all'articolo
32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25».
Vertendosi in materia di protezione complementare, la causa ha natura collegiale.
2.3.
La complessiva domanda giudiziale si articola in verità in due diverse domande, avente l'una ad oggetto il diritto di presentare la domanda di protezione speciale (e, in modo più specifico, verosimilmente anche le modalità di trattazione in sede amministrativa, ossia se la domanda debba essere trattata necessariamente nell'ambito della protezione internazionale o se possa essere tuttora trattata in via autonoma anche dalla Questura, seppure verosimilmente con acquisizione di un parere obbligatorio della
Commissione territoriale, avendo il ricorrente richiesto l'accertamento del «diritto del ricorrente a formulare in via autonoma, al di fuori della procedura di protezione internazionale, domanda di protezione speciale»), e l'altra avente quindi ad oggetto l'accertamento in questa sede dei presupposti della detta protezione speciale («accertare
e dichiarare il diritto del ricorrente ad ottenere un permesso di soggiorno per protezione speciale e per l'effetto ordinare al Questore della Provincia di il CP_1 rilascio del predetto permesso in favore del ricorrente»).
Rispetto a tali due, diverse, domande giudiziali, si deve osservare quanto segue.
3.
La domanda diretta all'accertamento del diritto del ricorrente di presentare la domanda di protezione speciale, con conseguente ordine alla Questura resistente di riceverla e di procedere alla sua istruttoria e decisione, è meritevole di accoglimento per le ragioni, e con le precisazioni, che seguono.
3.1.
È del tutto fallace e non condivisibile l'affermazione della contenuta CP_1 nella pec prodotta in atti, per cui un appuntamento al fine di formalizzare la domanda potrebbe essere negato perché, come si legge nella risposta della resistente, la CP_1 legge n. 50/2023 avrebbe comportato la «abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale» sicché il cittadino straniero non potrebbe «fare richiesta del citato permesso, potendo unicamente richiedere "protezione internazionale" ai fini della propria regolarizzazione».
A tale riguardo si deve osservare, innanzitutto, come appaia palese che
l'abrogazione della terza e quarta parte dell'art. 19 comma 1.1. D. L.vo 25 luglio 1998,
n. 286 (per cui: «non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché' di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali
Pagina 3 dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine») abbia lasciato in vigore la parte residua di tale articolo.
In disparte dalle ulteriori disposizioni relative a fattispecie specifiche di protezione speciale (artt. 19, secondo comma, 20, 20 bis…), rileva dunque il primo comma dell'art. 19 cit. nella formulazione oggi vigente, per cui «in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro
Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione cittadini UE
il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Marco Gattuso Presidente Relatore
dott. Maria Cristina Borgo Giudice
dott. Sabrina Bosi Giudice
all'esito della discussione all'udienza del 24 giugno 2024, sostituita con trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. senza alcuna opposizione dalle parti, ha pronunciato ex art. 275 bis c.p.c. la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4443/2024 promossa da:
, con l'avv. CIMAGLIA ALESSANDRO Parte_1
RICORRENTE contro
Controparte_1
RESISTENTE CONTUMACE
Motivi della decisione
1.
Con ricorso presentato ai sensi dell'art. 281 undecies c.p.c. il ricorrente chiedeva al Tribunale di «annullare il provvedimento di inammissibilità adottato dal Questore della Provincia di comunicato in data 26.02.2024 ed ogni eventuale ulteriore CP_1 provvedimento presupposto e/o conseguente in quanto viziato da eccesso di potere, inesistente, nullo, illegittimo, immotivato, infondato o come meglio e comunque accertare e dichiarare, ai sensi dell'art.19 comma 1.1 del D.Lgs.n.286/98 il diritto del ricorrente a formulare in via autonoma, al di fuori della procedura di protezione internazionale, domanda di protezione speciale e conseguentemente accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad ottenere un permesso di soggiorno per protezione speciale e per l'effetto ordinare al Questore della Provincia di il rilascio del CP_1 predetto permesso in favore del ricorrente. Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari di causa, oltre IVA, CPA e maggiorazione come per legge».
Tenuta la prima udienza, con ordinanza riservata, dato atto della regolarità della notifica e della mancata costituzione della parte resistente, ne è stata dichiarata la contumacia e la causa è stata quindi rinviata per la discussione orale e la decisione
Pagina 1
collegiale. L'udienza è stata sostituita con trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter
c.p.c. e le parti nulla hanno opposto al riguardo.
2.
Come si evince dalla lettura degli atti e dei documenti versati dalla parte ricorrente, appare documentale che il ricorrente, con una pec in data 24 febbraio 2024 abbia richiesto alla Questura di il riconoscimento dei presupposti della CP_1 protezione speciale ai sensi dell'art. 19, D. L.vo 25 luglio 1998, n. 286 nel testo attualmente vigente (doc. 2, ricorrente).
2.1.
In particolare, dalla lettura della detta istanza si rileva come il ricorrente abbia rappresentato in dettaglio le sue condizioni personali, a suo avviso configuranti una condizione di radicamento nel contesto italiano, e abbia argomentato in diritto in ordine alla permanenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione complementare anche dopo i noti interventi legislativi del marzo e maggio 2023, chiedendo per conseguenza alla Questura di «di fissare appuntamento presso i Vs. Uffici al fine CP_1 di consentire al richiedente di depositare la richiesta del permesso in oggetto».
La Questura resistente in data 26 febbraio 2024 ha comunicato al procuratore del ricorrente la negazione della richiesta di appuntamento, assumendo che la legge n.
50/2023 abbia comportato la «abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale» (si riporta il testo integrale della comunicazione della
Questura: «la prego di rileggere quanto stabilito, e confermato, dalla legge 5 maggio
2023, nr. 50, che ha convertito in legge il decreto-legge 10 marzo 2023, nr. 20. Le anticipo che questi richiami normativi fanno riferimento all'abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale. Il suo cliente non può fare richiesta del citato permesso, potendo unicamente richiedere "protezione internazionale" ai fini della propria regolarizzazione»).
Per conseguenza il ricorrente ha presentato in data 26 marzo 2024 ricorso in sede giurisdizionale.
2.2.
La comunicazione della Questura, con cui viene espresso il rifiuto di dare un appuntamento al fine di presentare la domanda, qualificato dalla parte ricorrente come
«provvedimento di inammissibilità», concreta, al di là della sua qualificazione come atto amministrativo (come provvedimento di irricevibilità o di inammissibilità), o come mero comportamento, una univoca manifestazione di volontà dell'ente amministrativo di impedire la presentazione della domanda e come tale legittima il cittadino straniero a convenire la PA in giudizio al fine di vedere accertato il proprio diritto soggettivo di presentare la domanda.
La giurisdizione dell'AGO in materia di diritto soggettivo alla protezione speciale
è pacifica, così come deve assumersi la competenza funzionale della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione cittadini UE, in forza dell'art. 3, primo comma lettera d), D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con L. 13 aprile 2017 n. 46 (come modificato dall'art. 1, terzo comma lett. a) del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018,
n. 132) relativo alle «controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e
Pagina 2 di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui all'articolo
32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25».
Vertendosi in materia di protezione complementare, la causa ha natura collegiale.
2.3.
La complessiva domanda giudiziale si articola in verità in due diverse domande, avente l'una ad oggetto il diritto di presentare la domanda di protezione speciale (e, in modo più specifico, verosimilmente anche le modalità di trattazione in sede amministrativa, ossia se la domanda debba essere trattata necessariamente nell'ambito della protezione internazionale o se possa essere tuttora trattata in via autonoma anche dalla Questura, seppure verosimilmente con acquisizione di un parere obbligatorio della
Commissione territoriale, avendo il ricorrente richiesto l'accertamento del «diritto del ricorrente a formulare in via autonoma, al di fuori della procedura di protezione internazionale, domanda di protezione speciale»), e l'altra avente quindi ad oggetto l'accertamento in questa sede dei presupposti della detta protezione speciale («accertare
e dichiarare il diritto del ricorrente ad ottenere un permesso di soggiorno per protezione speciale e per l'effetto ordinare al Questore della Provincia di il CP_1 rilascio del predetto permesso in favore del ricorrente»).
Rispetto a tali due, diverse, domande giudiziali, si deve osservare quanto segue.
3.
La domanda diretta all'accertamento del diritto del ricorrente di presentare la domanda di protezione speciale, con conseguente ordine alla Questura resistente di riceverla e di procedere alla sua istruttoria e decisione, è meritevole di accoglimento per le ragioni, e con le precisazioni, che seguono.
3.1.
È del tutto fallace e non condivisibile l'affermazione della contenuta CP_1 nella pec prodotta in atti, per cui un appuntamento al fine di formalizzare la domanda potrebbe essere negato perché, come si legge nella risposta della resistente, la CP_1 legge n. 50/2023 avrebbe comportato la «abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale» sicché il cittadino straniero non potrebbe «fare richiesta del citato permesso, potendo unicamente richiedere "protezione internazionale" ai fini della propria regolarizzazione».
A tale riguardo si deve osservare, innanzitutto, come appaia palese che
l'abrogazione della terza e quarta parte dell'art. 19 comma 1.1. D. L.vo 25 luglio 1998,
n. 286 (per cui: «non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché' di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali
Pagina 3 dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine») abbia lasciato in vigore la parte residua di tale articolo.
In disparte dalle ulteriori disposizioni relative a fattispecie specifiche di protezione speciale (artt. 19, secondo comma, 20, 20 bis…), rileva dunque il primo comma dell'art. 19 cit. nella formulazione oggi vigente, per cui «in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro
Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere
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