Trib. Velletri, sentenza 03/07/2024, n. 1046
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VELLETRI
SEZIONE LAVORO in persona del giudice, dott. Claudio Silvestrini, all'esito dell'udienza sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c.
(introdotto dall'art. 3, co. 10, del D. Lgs. n. 149/2022) – fissata per il 19 giugno 2024 – ha pronunciato in data 1 luglio 2024, previa lettura delle note scritte depositate dalle parti costituite, la seguente
S E N T E N Z A ex art. 127-ter c.p.c. nella causa iscritta al n. 4236, del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno
2023, pendente
T R A
FE GI, con l'avv. GRASSI ANTONIO,
- ricorrente -
E
TRE GI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. LUCCHESE PIER PAOLO,
- convenuta -
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 03.08.2023 la parte ricorrente FE
GI ha chiamato in giudizio la parte convenuta TRE GI S.R.L. e –
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premessi i fatti costitutivi delle proprie domande – ha presentato le conclusioni di cui alla pag. 5 del ricorso, qui di seguito integralmente riportate e trascritte:
- accertare e dichiarare che il licenziamento comminato alla ricorrente è nullo in quanto privo di forma scritta e, per l'effetto, ordinare alla società la reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro nonché condannare la società resistente in p.l.r.p.t. al risarcimento del danno subito dalla ricorrente per la nullità del licenziamento stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR (€ 1.678,23 doc 2 buste paga) , corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione. In ogni caso la misura del risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Condannare altresì la resistente per il medesimo periodo al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali il tutto ai sensi dell'art. 2 Dlgs 23 del 2015 per i motivi di cui in premessa;
-accertare e dichiarare il mancato pagamento del TFR e delle retribuzioni da gennaio 2022
a 9 maggio 2022 per l'effetto condannare la resistente al pagamento di € 15.779,63 a titolo di TFR e delle retribuzioni da gennaio 2022 a 9 maggio 2022 per i motivi di cui in premessa come da conteggio che si intende parte integrante del presente atto ovvero a quella maggior o minore somma che risulterà dovuta in corso di causa anche in relazione all'art.
2099 c.c., liquidando la somma dovuta alla parte ricorrente, se del caso, con valutazione equitativa, a mente dell'art. 432 c.p.c.. Il tutto con rivalutazione monetaria, ai sensi del combinato disposto degli artt. 429 c.p.c. e 150 disp. Att. C.p.c., con decorrenza dalla data di maturazione dei singoli crediti accolti oltre agli interessi legali maturate maturandi sulle somme via via rivalutate.
Si è costituita in giudizio la parte convenuta, contestando le affermazioni della parte ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza del 30.04.2024 è stata disposta, ai sensi degli artt. 103, co.
2, e 441-bis, co. 4, c.p.c. la separazione delle domande presentate dalla parte ricorrente e non connesse con l'impugnazione del licenziamento, nonché la separazione della domanda riconvenzionale presentata dalla parte convenuta: per effetto di tale ordinanza l'oggetto del presente procedimento è stato
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circoscritto alle sole domande attoree riguardanti l'asserita invalidità e/o inefficacia del licenziamento impugnato, mentre le domande stralciate sono confluite in un ulteriore e distinto procedimento.
La presente controversia – nella conformazione di essa risultante dalla predetta ordinanza di stralcio – è stata istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti ed è stata decisa in data odierna, previa lettura delle note sostitutive di udienza ex art. 127-ter c.p.c. depositate dalle parti costituite.
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Il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni indicate appresso.
Va premesso, in punto di fatto, che in base alla documentazione in atti e alle affermazioni delle parti non specificamente contestate ex adverso (dunque da ritenersi pacifiche ex art. 115 c.p.c.) risulta, nel caso di specie, che:
- la parte ricorrente ha prestato attività lavorativa in favore della società convenuta, in forza di regolare contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno, a partire dal 3.07.2018 (all. 2, 9 al fascicolo di parte ricorrente);
- la società convenuta ha riconosciuto alla parte ricorrente la qualifica di addetta al rapporto con i clienti e il livello 3° del CCNL Turismo
Confcommercio (all. 2 al fascicolo di parte ricorrente).
La parte ricorrente ha dedotto (a) di essere stata assente dal lavoro, per alcuni periodi, per maternità e per cassa integrazione, (b) che, al termine di tali periodi, la società convenuta (nella persona dell'amministratore FE
GABRIELE) le avrebbe impedito la ripresa dell'attività lavorativa a partire dal
1.01.2020 e (c) di essere stata licenziata dalla medesima società, in data
9.05.2022, per asserito motivo oggettivo e, in ogni caso, in assenza di forma scritta.
In punto di diritto occorre ricordare che l'art. 2 della L. n. 604/1966 e
s.m.i. stabilisce che “
1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.
2. La comunicazione del
3 licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.
3. Il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace. […]”.
L'art. 18, co. 1/3, della L. n. 300/1970 e s.m.i. prevede, in relazione all'ipotesi del licenziamento inefficace per mancanza di forma scritta, la tutela reintegratoria piena in favore del lavoratore licenziato, indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro: in tale ipotesi il lavoratore ha quindi diritto (1) alla riammissione nel posto di lavoro, salva la facoltà dello stesso di optare per l'indennità risarcitoria di cui al comma 3 della disposizione in esame, nonché (2) al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto l'aliunde perceptum, e in ogni caso non inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto, e (3) al versamento, a carico del datore di lavoro, dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al periodo di illegittima estromissione dal lavoro.
Analoga disciplina è prevista dall'art. 2, co. 1/3, del D. Lgs. n. 23/2015 e
s.m.i. – applicabile ratione temporis al caso di specie (essendo il rapporto di lavoro intercorso tra le parti sorto dopo il 7 marzo 2015) – il quale stabilisce che “
1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità […] previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al comma 3. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
2. Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno
4 subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l'inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell'ultima
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