Trib. Avellino, sentenza 10/06/2024, n. 615
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
Settore Lavoro e Previdenza
Il Giudice del lavoro, dott. D V, all'esito della discussione ex art. 127 ter
c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella controversia iscritta al R. G. n. 131/2021, introdotta
DA
(c.f.: , rappresentato e difeso, in virtù di Parte_1 C.F._1 procura in atti, dagli avv.ti N C e , presso cui è Parte_1 elettivamente domiciliato;
RICORRENTE
CONTRO
c.f.: ), in persona del l. r. p. t., rappresentata e Controparte_1 P.IVA_1 difesa, in virtù di procura in atti, dall'avv. C C, presso cui è elettivamente domiciliata.
RESISTENTE
CONCLUSIONI
PER PARTE RICORRENTE: condannare al pagamento della somma di € Controparte_1
40.755,97 o della diversa somma ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento del danno da usura psico-fisica per un importo pari ad € 10.000,00, oltre interessi legali e maggior danno ex art. 429 c.p.c.;
con vittoria di spese, con attribuzione;
PER PARTE RESISTENTE: rigettare il ricorso;
con vittoria di spese, con attribuzione.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con ricorso depositato in data 20.1.2021 il sig. esponeva di essere Parte_1 stato assunto, dal 27.1.2015, alle dipendenze di con contratto di Controparte_1 lavoro subordinato a tempo determinato, con orario part time all'87,50%, con
1
scadenza il 31.7.2015, con inquadramento nel livello 6° C.C.N.L. Vigilanza Privata fino al 31.1.2017 e nel livello 5° dall'1.2.2017, con qualifica di Guardia Particolare Giurata.
Rappresentava che il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato veniva trasformato in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in data 1.8.2015.
Riferiva che l'orario di lavoro veniva poi trasformato a tempo pieno (da ottobre 2015).
Lamentava di aver sempre osservato una turnazione di lavoro non articolata secondo il sistema contemplato dal C.C.N.L. di categoria.
Esponeva che il rapporto di lavoro era cessato in data 23.5.2019 a seguito di licenziamento collettivo.
Deduceva di aver ricevuto una retribuzione, come risultante dalle buste paga, non commisurata alla quantità di lavoro prestato, avendo svolto quotidianamente lavoro supplementare e straordinario, mai retribuito.
Precisava che, dal mese di giugno 2017, la società aveva iniziato a corrispondere per alcuni mesi una voce retributiva denominata “straordinario forfettizzato”, pur in assenza di un accordo.
Quantificava il proprio credito per lavoro straordinario e supplementare in €
32.484,89, a titolo di indennità notturna in € 3.559,17, a titolo di indennità domenicale in € 1.227,59, ed a titolo di indennità sostitutiva di ferie non godute in 3.484,32.
Lamentava altresì di non aver mai usufruito di permessi, né della pausa retribuita pari
a 10 minuti, né del giorno di riposo settimanale previsto dopo 5 giorni consecutivi di lavoro, con violazione della disciplina dei riposi settimanali e del diritto al riposo costituzionalmente protetto, e con produzione, a suo carico, di un danno da usura psicofisica, quale danno non patrimoniale, che quantificava in € 10.000,00.
Tanto premesso, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Controparte_1
Avellino, in funzione di giudice del lavoro, formulando le suesposte conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso.
Precisava che il ricorrente era stato assunto con contratto a tempo determinato part time per 35 ore settimanali, pari a sette ore al giorno, dal 27.1.2015 al 31.7.2015, e il contratto era stato trasformato a tempo indeterminato con decorrenza dall'1.8.2015.
Riferiva che il ricorrente era stato spesso adibito ai servizi notturni nell'orario dalle
23:00 alle 6:00, inizialmente per le 35 ore come da contratto a tempo parziale, e poi per 40 ore a seguito di trasformazione a tempo pieno dal 5.10.2015.
Sosteneva di aver sempre retribuito il lavoro straordinario.
2
Eccepiva l'illegittimità ed incongruità delle somme richieste e contestava i conteggi incorporati al ricorso. Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta ed espletata la prova orale, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., la causa veniva decisa come da sentenza.
MOTIVI della DECISIONE
1. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti appresso segnati.
L'esame di merito della domanda va preceduto dalla ricostruzione del riparto dell'onere probatorio, così come delineato dalla giurisprudenza.
L'attore che agisca per l'esatto adempimento, per la risoluzione del rapporto o per il risarcimento del danno, può limitarsi a provare la fonte dell'obbligazione, cioè del fatto costitutivo del rivendicato diritto di credito, allegando poi l'inadempimento (totale o parziale) del debitore;
a fronte, il convenuto sarà onerato di provare l'esatto adempimento ovvero l'impossibilità sopravvenuta, a lui non imputabile, della prestazione, ovvero ancora altro fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto.
Il generale criterio di ripartizione dell'onere probatorio, vigente in ambito contrattuale ed in tema di obbligazioni pecuniarie (Cass. S.U. n. 13533/2001: “il creditore che agisce in giudizio, sia per l'adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, su cui incombe l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall'adempimento”) non trova deroghe nel contesto del contratto di lavoro, trattandosi di contratto di diritto comune.
Da ciò deriva, con riferimento al rapporto di lavoro subordinato, che soltanto ove ne sia provata l'esistenza e, dunque, la sussistenza dell'obbligazione di pagamento, il lavoratore potrà limitarsi ad allegare l'inadempimento datoriale, a fronte del quale la parte resistente ha, a sua volta, l'onere di provare l'esatto adempimento o un evento idoneo a tenerla indenne da responsabilità (Cassazione civile, sez. lav., 27/10/2020, n.
23607: “Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto mentre non è tenuto a dare la prova, negativa, che il pagamento non sia avvenuto anche perché, quale fatto estintivo del diritto del presunto creditore, la prova del pagamento incombe sul debitore”).
Inoltre, il lavoratore dovrà provare l'effettivo espletamento dell'attività di lavoro straordinario o che, comunque, ritenga da retribuirsi in misura ulteriore rispetto a quella contabilizzata dal datore, ipotesi in cui l'onere ex art. 2697 c.c. è interamente gravante a suo carico, trattandosi di fatto costitutivo del diritto (Cassazione civile, sez. lav., 19/06/2018, n. 16150: “Sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro
3 straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice”;
Tribunale di Roma, sez. lav., 29/07/2021, n.
6326: “Sul lavoratore che agisca per la corresponsione di emolumenti relativi allo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario incombe il rigoroso onere di provare il numero di ore in cui ha effettivamente lavorato”).
È noto, del resto, che gli sconfinamenti in eccesso dall'orario di lavoro costituiscono
l'oggetto precipuo dell'onere probatorio a carico del lavoratore, il quale deduca di aver svolto la propria attività lavorativa oltre il normale orario, ai fini del pagamento della retribuzione per il lavoro straordinario.
Identico criterio trova applicazione in ordine al lavoro notturno, al lavoro festivo ed all'omessa fruizione dei permessi, giacché è il prestatore a dover dimostrare di aver lavorato anche durante i periodi in questione ed in misura superiore a quella eventualmente già remunerata.
Di contro, posta l'irrinunciabilità del diritto alle ferie, ove il lavoratore ne alleghi la mancata fruizione, dovrà essere il datore di lavoro a dimostrare la non imputabilità a sé di tale circostanza, allegando e provando di aver inutilmente invitato il lavoratore a chiedere di fruire delle ferie maturate, e solo laddove tale onere sia soddisfatto il lavoratore perderà il diritto alla correlata indennità sostitutiva risarcitoria, spettante alla conclusione del rapporto (Cassazione civile, sez. lav., 11/07/2023, n. 19659: “Le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro;
il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite;
è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite;
la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: - di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente;
- di averlo, nel contempo, avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”).
2. Ciò premesso, si osserva che certamente tra il ricorrente e la società
[...]
è intercorso un rapporto di lavoro subordinato, circostanza che si ricava per CP_1 tabulas dalla documentazione versata in atti (cfr. contratto di lavoro, modello UniLav, prospetti paga), oltre che dalle risultanze dell'istruttoria orale.
4
Oggetto di contestazione è l'effettiva modalità, anche tempistica, di espletamento del
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
Settore Lavoro e Previdenza
Il Giudice del lavoro, dott. D V, all'esito della discussione ex art. 127 ter
c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella controversia iscritta al R. G. n. 131/2021, introdotta
DA
(c.f.: , rappresentato e difeso, in virtù di Parte_1 C.F._1 procura in atti, dagli avv.ti N C e , presso cui è Parte_1 elettivamente domiciliato;
RICORRENTE
CONTRO
c.f.: ), in persona del l. r. p. t., rappresentata e Controparte_1 P.IVA_1 difesa, in virtù di procura in atti, dall'avv. C C, presso cui è elettivamente domiciliata.
RESISTENTE
CONCLUSIONI
PER PARTE RICORRENTE: condannare al pagamento della somma di € Controparte_1
40.755,97 o della diversa somma ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento del danno da usura psico-fisica per un importo pari ad € 10.000,00, oltre interessi legali e maggior danno ex art. 429 c.p.c.;
con vittoria di spese, con attribuzione;
PER PARTE RESISTENTE: rigettare il ricorso;
con vittoria di spese, con attribuzione.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con ricorso depositato in data 20.1.2021 il sig. esponeva di essere Parte_1 stato assunto, dal 27.1.2015, alle dipendenze di con contratto di Controparte_1 lavoro subordinato a tempo determinato, con orario part time all'87,50%, con
1
scadenza il 31.7.2015, con inquadramento nel livello 6° C.C.N.L. Vigilanza Privata fino al 31.1.2017 e nel livello 5° dall'1.2.2017, con qualifica di Guardia Particolare Giurata.
Rappresentava che il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato veniva trasformato in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in data 1.8.2015.
Riferiva che l'orario di lavoro veniva poi trasformato a tempo pieno (da ottobre 2015).
Lamentava di aver sempre osservato una turnazione di lavoro non articolata secondo il sistema contemplato dal C.C.N.L. di categoria.
Esponeva che il rapporto di lavoro era cessato in data 23.5.2019 a seguito di licenziamento collettivo.
Deduceva di aver ricevuto una retribuzione, come risultante dalle buste paga, non commisurata alla quantità di lavoro prestato, avendo svolto quotidianamente lavoro supplementare e straordinario, mai retribuito.
Precisava che, dal mese di giugno 2017, la società aveva iniziato a corrispondere per alcuni mesi una voce retributiva denominata “straordinario forfettizzato”, pur in assenza di un accordo.
Quantificava il proprio credito per lavoro straordinario e supplementare in €
32.484,89, a titolo di indennità notturna in € 3.559,17, a titolo di indennità domenicale in € 1.227,59, ed a titolo di indennità sostitutiva di ferie non godute in 3.484,32.
Lamentava altresì di non aver mai usufruito di permessi, né della pausa retribuita pari
a 10 minuti, né del giorno di riposo settimanale previsto dopo 5 giorni consecutivi di lavoro, con violazione della disciplina dei riposi settimanali e del diritto al riposo costituzionalmente protetto, e con produzione, a suo carico, di un danno da usura psicofisica, quale danno non patrimoniale, che quantificava in € 10.000,00.
Tanto premesso, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Controparte_1
Avellino, in funzione di giudice del lavoro, formulando le suesposte conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso.
Precisava che il ricorrente era stato assunto con contratto a tempo determinato part time per 35 ore settimanali, pari a sette ore al giorno, dal 27.1.2015 al 31.7.2015, e il contratto era stato trasformato a tempo indeterminato con decorrenza dall'1.8.2015.
Riferiva che il ricorrente era stato spesso adibito ai servizi notturni nell'orario dalle
23:00 alle 6:00, inizialmente per le 35 ore come da contratto a tempo parziale, e poi per 40 ore a seguito di trasformazione a tempo pieno dal 5.10.2015.
Sosteneva di aver sempre retribuito il lavoro straordinario.
2
Eccepiva l'illegittimità ed incongruità delle somme richieste e contestava i conteggi incorporati al ricorso. Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta ed espletata la prova orale, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., la causa veniva decisa come da sentenza.
MOTIVI della DECISIONE
1. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti appresso segnati.
L'esame di merito della domanda va preceduto dalla ricostruzione del riparto dell'onere probatorio, così come delineato dalla giurisprudenza.
L'attore che agisca per l'esatto adempimento, per la risoluzione del rapporto o per il risarcimento del danno, può limitarsi a provare la fonte dell'obbligazione, cioè del fatto costitutivo del rivendicato diritto di credito, allegando poi l'inadempimento (totale o parziale) del debitore;
a fronte, il convenuto sarà onerato di provare l'esatto adempimento ovvero l'impossibilità sopravvenuta, a lui non imputabile, della prestazione, ovvero ancora altro fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto.
Il generale criterio di ripartizione dell'onere probatorio, vigente in ambito contrattuale ed in tema di obbligazioni pecuniarie (Cass. S.U. n. 13533/2001: “il creditore che agisce in giudizio, sia per l'adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, su cui incombe l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall'adempimento”) non trova deroghe nel contesto del contratto di lavoro, trattandosi di contratto di diritto comune.
Da ciò deriva, con riferimento al rapporto di lavoro subordinato, che soltanto ove ne sia provata l'esistenza e, dunque, la sussistenza dell'obbligazione di pagamento, il lavoratore potrà limitarsi ad allegare l'inadempimento datoriale, a fronte del quale la parte resistente ha, a sua volta, l'onere di provare l'esatto adempimento o un evento idoneo a tenerla indenne da responsabilità (Cassazione civile, sez. lav., 27/10/2020, n.
23607: “Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto mentre non è tenuto a dare la prova, negativa, che il pagamento non sia avvenuto anche perché, quale fatto estintivo del diritto del presunto creditore, la prova del pagamento incombe sul debitore”).
Inoltre, il lavoratore dovrà provare l'effettivo espletamento dell'attività di lavoro straordinario o che, comunque, ritenga da retribuirsi in misura ulteriore rispetto a quella contabilizzata dal datore, ipotesi in cui l'onere ex art. 2697 c.c. è interamente gravante a suo carico, trattandosi di fatto costitutivo del diritto (Cassazione civile, sez. lav., 19/06/2018, n. 16150: “Sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro
3 straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice”;
Tribunale di Roma, sez. lav., 29/07/2021, n.
6326: “Sul lavoratore che agisca per la corresponsione di emolumenti relativi allo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario incombe il rigoroso onere di provare il numero di ore in cui ha effettivamente lavorato”).
È noto, del resto, che gli sconfinamenti in eccesso dall'orario di lavoro costituiscono
l'oggetto precipuo dell'onere probatorio a carico del lavoratore, il quale deduca di aver svolto la propria attività lavorativa oltre il normale orario, ai fini del pagamento della retribuzione per il lavoro straordinario.
Identico criterio trova applicazione in ordine al lavoro notturno, al lavoro festivo ed all'omessa fruizione dei permessi, giacché è il prestatore a dover dimostrare di aver lavorato anche durante i periodi in questione ed in misura superiore a quella eventualmente già remunerata.
Di contro, posta l'irrinunciabilità del diritto alle ferie, ove il lavoratore ne alleghi la mancata fruizione, dovrà essere il datore di lavoro a dimostrare la non imputabilità a sé di tale circostanza, allegando e provando di aver inutilmente invitato il lavoratore a chiedere di fruire delle ferie maturate, e solo laddove tale onere sia soddisfatto il lavoratore perderà il diritto alla correlata indennità sostitutiva risarcitoria, spettante alla conclusione del rapporto (Cassazione civile, sez. lav., 11/07/2023, n. 19659: “Le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro;
il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite;
è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite;
la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: - di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente;
- di averlo, nel contempo, avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”).
2. Ciò premesso, si osserva che certamente tra il ricorrente e la società
[...]
è intercorso un rapporto di lavoro subordinato, circostanza che si ricava per CP_1 tabulas dalla documentazione versata in atti (cfr. contratto di lavoro, modello UniLav, prospetti paga), oltre che dalle risultanze dell'istruttoria orale.
4
Oggetto di contestazione è l'effettiva modalità, anche tempistica, di espletamento del
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