Trib. Bologna, sentenza 06/11/2024, n. 2883
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Testo completo
N.R.G. 7309/2023
TRIBUNALE DI BOLOGNA
Sezione specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale
e Libera circolazione cittadini UE
il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Marco Gattuso Presidente Relatore dott.ssa Maria Cristina Borgo Giudice dott.ssa Rada Vincenza Scifo Giudice
Nella causa civile iscritta al n. r.g. 7309/2023, promossa da: con l'avv. LAURI ALESSIA Parte_1
RICORRENTE contro
, con l'avv. AVVOCATURA DELLO STATO Controparte_1
DI BOLOGNA, - Controparte_2 Controparte_3
RESISTENTE/I
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA ex art. 281 ai sensi degli artt. 281 undecies, terdecies, 275 bis c.p.c., 19 ter
D.lvo 150/2011
1.
Con ricorso tempestivamente presentato in data 26 maggio 2023, il ricorrente, cittadino del Benin nato nel 1994, ha impugnato il provvedimento del Questore di
Bologna del 26 aprile 2023, notificato in pari data, con il quale è stata rigettata la richiesta di protezione speciale di cui all'art. 19 D. L.vo 25 luglio 1998 n. 286, come modificato con il recente D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con L. 137/2020;
chiedeva altresì la sospensione dell'esecutorietà del provvedimento impugnato.
Il giudice ha fissato udienza per la comparizione delle parti al 20 settembre 2023, disponendo trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.. Il non si costituiva e per conseguenza ne veniva dichiarata la Controparte_1 contumacia.
Attesa la necessità di svolgere idonea istruttoria in ordine al radicamento della vita privata e familiare del ricorrente, il giudice ha rinviato la causa all'udienza collegiale del 23 ottobre 2024, la quale è stata sostituita con trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter
Pagina 1
c.p.c. con termine nella detta data alle ore 9,00 per il deposito di brevi note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni.
La causa veniva quindi rimessa al Collegio per la decisione ai sensi degli artt. 281 undecies e terdecies e 275 bis c.p.c..
2.
Al riguardo della richiesta del ricorrente di concessione della protezione speciale ex art. 19, comma 1.1. seconda parte D. L.vo 25 luglio 1998 n. 386, va osservato preliminarmente come il legislatore sia intervenuto nel 2020 riformando integralmente
(con l'art. 1 del D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con L. 137/2020) il comma 1.1 dell'art. 19 D.lgs 286/98, il quale nella nuova formulazione prevede adesso che «non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura
o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo
5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale
Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché' di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a
Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine».
Al comma 1.2, è stato quindi previsto che nei casi del comma 1 e comma 1.1 il
Questore rilasci, previo parere della Commissione Territoriale, un permesso denominato per «protezione speciale».
Infine, differentemente da quanto disposto in seguito al d.l. 113/2018, col d.l.
130/2020 il legislatore ha previsto che il permesso per protezione speciale abbia durata biennale (e non più annuale) e che sia convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Com'è altresì noto, il Decreto-Legge 10 marzo 2023, n. 20 (Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare), convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50, prevede all'art. 7, secondo comma che «per le istanze presentate fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero nei casi in cui lo straniero abbia già ricevuto
l'invito alla presentazione dell'istanza da parte della Questura competente, continua ad applicarsi la disciplina previgente», sicché non possono esservi dubbi in ordine all'applicabilità nella presente causa della forma di protezione complementare stabilita in forza del comma 1.1 dell'art. 19 D.lgs 286/98, come formulata in seguito all'art. 1 del
D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con L. 137/2020.
2.1.
Ciò posto, è evidente come la protezione speciale per il fondato timore di violazione
Pagina 2 della vita privata e familiare, contemplata nella normativa nella formulazione antecedente ai recenti interventi legislativi (dl 20/2023 e legge conv. 50/2023), configuri in buona misura l'esito del percorso di sistemazione interpretativa avente ad oggetto la precedente protezione umanitaria, elaborato prima dell'intervento legislativo del 2018 dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, sulla falsariga della giurisprudenza CEDU sul rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU, e, anzi, come per alcuni aspetti ne ampli la portata.
2.2.
Con riguardo al quadro normativo nella formulazione antecedente ai recenti interventi legislativi (dl 20/2023 e legge conv. 50/2023) le Sezioni unite, sul solco delle pronunce che hanno aperto ad un giudizio di comparazione attenuata (in particolare Sez.
U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019 e la fondamentale Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del
23/02/2018, per cui «il parametro dell'inserimento sociale e lavorativo dello straniero in
Italia può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale») e superando, dunque, le pregresse «oscillazioni interpretative registratesi nella giurisprudenza», di legittimità e di merito, hanno inteso da ultimo «definire più precisamente i contorni della comparazione che il giudice è chiamato a compiere, davanti ad una domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari, tra la situazione che il richiedente lascerebbe in Italia e quella che egli troverebbe nel suo Paese di origine», chiarendo la necessità di valorizzare il criterio del
«diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU, quale prerequisito di una "vita dignitosa";
diritto, va aggiunto, che inscindibilmente è connesso alla dignità della persona, riconosciuto nell'articolo 3 Cost., ed al diritto di svolgere la propria personalità nelle formazioni sociali, riconosciuto nell'articolo 2 Cost.» (Corte di cassazione Sez. U, Sentenza n. 24413 del 09/09/2021).
A tale riguardo hanno quindi osservato che «in base alla normativa del testo unico sull'immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa
TRIBUNALE DI BOLOGNA
Sezione specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale
e Libera circolazione cittadini UE
il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Marco Gattuso Presidente Relatore dott.ssa Maria Cristina Borgo Giudice dott.ssa Rada Vincenza Scifo Giudice
Nella causa civile iscritta al n. r.g. 7309/2023, promossa da: con l'avv. LAURI ALESSIA Parte_1
RICORRENTE contro
, con l'avv. AVVOCATURA DELLO STATO Controparte_1
DI BOLOGNA, - Controparte_2 Controparte_3
RESISTENTE/I
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA ex art. 281 ai sensi degli artt. 281 undecies, terdecies, 275 bis c.p.c., 19 ter
D.lvo 150/2011
1.
Con ricorso tempestivamente presentato in data 26 maggio 2023, il ricorrente, cittadino del Benin nato nel 1994, ha impugnato il provvedimento del Questore di
Bologna del 26 aprile 2023, notificato in pari data, con il quale è stata rigettata la richiesta di protezione speciale di cui all'art. 19 D. L.vo 25 luglio 1998 n. 286, come modificato con il recente D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con L. 137/2020;
chiedeva altresì la sospensione dell'esecutorietà del provvedimento impugnato.
Il giudice ha fissato udienza per la comparizione delle parti al 20 settembre 2023, disponendo trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.. Il non si costituiva e per conseguenza ne veniva dichiarata la Controparte_1 contumacia.
Attesa la necessità di svolgere idonea istruttoria in ordine al radicamento della vita privata e familiare del ricorrente, il giudice ha rinviato la causa all'udienza collegiale del 23 ottobre 2024, la quale è stata sostituita con trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter
Pagina 1
c.p.c. con termine nella detta data alle ore 9,00 per il deposito di brevi note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni.
La causa veniva quindi rimessa al Collegio per la decisione ai sensi degli artt. 281 undecies e terdecies e 275 bis c.p.c..
2.
Al riguardo della richiesta del ricorrente di concessione della protezione speciale ex art. 19, comma 1.1. seconda parte D. L.vo 25 luglio 1998 n. 386, va osservato preliminarmente come il legislatore sia intervenuto nel 2020 riformando integralmente
(con l'art. 1 del D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con L. 137/2020) il comma 1.1 dell'art. 19 D.lgs 286/98, il quale nella nuova formulazione prevede adesso che «non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura
o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo
5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale
Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché' di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a
Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine».
Al comma 1.2, è stato quindi previsto che nei casi del comma 1 e comma 1.1 il
Questore rilasci, previo parere della Commissione Territoriale, un permesso denominato per «protezione speciale».
Infine, differentemente da quanto disposto in seguito al d.l. 113/2018, col d.l.
130/2020 il legislatore ha previsto che il permesso per protezione speciale abbia durata biennale (e non più annuale) e che sia convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Com'è altresì noto, il Decreto-Legge 10 marzo 2023, n. 20 (Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare), convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50, prevede all'art. 7, secondo comma che «per le istanze presentate fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero nei casi in cui lo straniero abbia già ricevuto
l'invito alla presentazione dell'istanza da parte della Questura competente, continua ad applicarsi la disciplina previgente», sicché non possono esservi dubbi in ordine all'applicabilità nella presente causa della forma di protezione complementare stabilita in forza del comma 1.1 dell'art. 19 D.lgs 286/98, come formulata in seguito all'art. 1 del
D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con L. 137/2020.
2.1.
Ciò posto, è evidente come la protezione speciale per il fondato timore di violazione
Pagina 2 della vita privata e familiare, contemplata nella normativa nella formulazione antecedente ai recenti interventi legislativi (dl 20/2023 e legge conv. 50/2023), configuri in buona misura l'esito del percorso di sistemazione interpretativa avente ad oggetto la precedente protezione umanitaria, elaborato prima dell'intervento legislativo del 2018 dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, sulla falsariga della giurisprudenza CEDU sul rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU, e, anzi, come per alcuni aspetti ne ampli la portata.
2.2.
Con riguardo al quadro normativo nella formulazione antecedente ai recenti interventi legislativi (dl 20/2023 e legge conv. 50/2023) le Sezioni unite, sul solco delle pronunce che hanno aperto ad un giudizio di comparazione attenuata (in particolare Sez.
U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019 e la fondamentale Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del
23/02/2018, per cui «il parametro dell'inserimento sociale e lavorativo dello straniero in
Italia può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale») e superando, dunque, le pregresse «oscillazioni interpretative registratesi nella giurisprudenza», di legittimità e di merito, hanno inteso da ultimo «definire più precisamente i contorni della comparazione che il giudice è chiamato a compiere, davanti ad una domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari, tra la situazione che il richiedente lascerebbe in Italia e quella che egli troverebbe nel suo Paese di origine», chiarendo la necessità di valorizzare il criterio del
«diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU, quale prerequisito di una "vita dignitosa";
diritto, va aggiunto, che inscindibilmente è connesso alla dignità della persona, riconosciuto nell'articolo 3 Cost., ed al diritto di svolgere la propria personalità nelle formazioni sociali, riconosciuto nell'articolo 2 Cost.» (Corte di cassazione Sez. U, Sentenza n. 24413 del 09/09/2021).
A tale riguardo hanno quindi osservato che «in base alla normativa del testo unico sull'immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa
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