Trib. Foggia, sentenza 03/01/2025, n. 10
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Testo completo
N.R.G. 1195/2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di FOGGIA
Contenzioso - SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Foggia, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Antonella Cea, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1195/2015 promossa da:
NE FR PI e NE RO, rappresentati e difesi dall'Avv. GIANDONATO LA SALANDRA, giusta procura in atti;
attori in riassunzione contro
AVV. RINALDI PASQUALE, in proprio;
convenuto
CONCLUSIONI: come da note di trattazione scritta rassegnate all'udienza del 16.9.2024, trattata in forma scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Nei limiti della dovuta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione in termini succinti ed essenziali (artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.), le posizioni delle parti e l'iter del processo possono sinteticamente riepilogarsi come segue. Con atto di citazione ritualmente notificato, IG NG IA ha convenuto in giudizio l'Avv. Rinaldi Pasquale deducendo: 1) che a partire dal 1.5.2003, giusta provvedimento n. 670/2004, è stata percettrice di un assegno mensile di assistenza dell'importo di € 246,00;
2) che la Commissione Sanitaria degli Invalidi Civili della ASL/FG di Manfredonia, nella seduta del 18.11.2008, le ha attribuito un grado di invalidità del 60%, ritenendo così venuto meno il requisito per poter continuare a usufruire dell'assegno mensile;
3) che, a partire dal 1.12.2008, l'INPS ha sospeso il pagamento dell'assegno;
4) che la determinazione assunta dalla Commissione Sanitaria le è stato comunicata nel mese di febbraio 2009, con l'espresso avvertimento che entro e non oltre il termine di sei mesi, a pena di decadenza, avrebbe potuto proporre ricorso dinanzi all'A.G. competente ex art. 42 co. 3 D.L. pagina 1 di 7
269/2003 (conv. in L. 326/2003);
5) che nel maggio 2009, per il tramite del marito
SI UÈ, ha conferito il mandato al convenuto per promuovere il ricorso avverso il predetto verbale, consegnandogli la documentazione medica;
6) di aver, nel mese di novembre 2009, affidato al convenuto anche lo studio per l'accertamento della spettanza dell'indennità ex L. 210/1992;
7) di aver versato un acconto di € 2.000,00 in favore del convenuto;
8) di aver revocato il mandato nell'ottobre del 2012 e di aver scoperto che la domanda avverso il verbale non era stata proposta e che le indicazioni nelle more fornite dal convenuto attenevano ad altro (ed estraneo) procedimento;
9) di aver patito, a causa dell'inadempimento del convenuto, un danno complessivo di € 24.076,00, pari alla mancata percezione degli assegni;
somma così calcolata tenuto conto dell'aumento dell'assegno per il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età. Sulla scorta di tali premesse in fatto, ha dunque concluso chiedendo di accertare e dichiarare l'esistenza del contratto d'opera professionale, l'inadempimento del convenuto e il diritto alla percezione degli assegni, nonché di condannare il Difensore al risarcimento del danno patito di € 24.076,00 e al pagamento dell'importo periodico che avrebbe percepito a titolo di pensione sociale. Vinte le spese. Si è costituito in giudizio l'Avv. Rinaldi Pasquale che, nel contestare ogni avversa difesa siccome infondata in fatto e in diritto, ha in particolare eccepito di non aver ricevuto alcun incarico dall'attrice. Ha dunque concluso chiedendo di rigettare la domanda, con condanna dell'attrice al risarcimento del danno da lite temeraria ex art.
96 c.p.c. Il tutto con vittoria delle spese di lite. Istruita a mezzo di prova per testi, all'udienza del 8.2.2017 è stata dichiarata l'interruzione del giudizio per sopravvenuto decesso dell'attrice;
quindi la causa, tempestivamente riassunta da SI Francesco Pio e da SI Roberto, è pervenuta all'udienza del 16.9.2024, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., all'esito della quale, sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe, è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
La domanda è infondata e pertanto deve essere rigettata, difettando la prova del nesso causale tra la condotta omissiva addebitata al legale e il risultato derivatone nonché del danno asseritamente patito da parte attrice;
questioni, queste, il cui esame, in ossequio al principio della cd. ragione più liquida, può essere opportunatamente anteposto ed esaminato rispetto alle altre sorte nel contraddittorio delle parti.
A tal proposito, occorre soffermarsi sulle condizioni che devono sussistere ai fini del riconoscimento della responsabilità professionale dell'Avvocato e sui criteri di riparto dell'onere della prova. Come è noto, le obbligazioni inerenti l'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non al suo conseguimento. Ne deriva che l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto ipso facto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, del dovere di pagina 2 di 7
diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del tradizionale criterio della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'art. 1176, comma 2, c.c. da commisurarsi alla natura dell'attività esercitata. Più dettagliatamente, la responsabilità professionale dell'Avvocato presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile con riguardo alla natura dell'attività esercitata (cfr. Cass. n. 12127/2020), adeguata alla contingenza, così da assicurare che la scelta professionale cada sulla soluzione che meglio tuteli il cliente (cfr. Cass. n. 4790/2014). La responsabilità dell'Avvocato sussiste, ad esempio, se il legale abbia omesso di prospettare al cliente tutte le questioni di diritto e di fatto atte ad impedire l'utile esperimento dell'azione, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi (cfr. Cass. n. 19520/2019), e, dunque, anche per consentirgli di valutare i rischi insiti nell'iniziativa giudiziale (cfr. Cass. n. 8494/2020). In particolare, l'Avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di FOGGIA
Contenzioso - SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Foggia, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Antonella Cea, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1195/2015 promossa da:
NE FR PI e NE RO, rappresentati e difesi dall'Avv. GIANDONATO LA SALANDRA, giusta procura in atti;
attori in riassunzione contro
AVV. RINALDI PASQUALE, in proprio;
convenuto
CONCLUSIONI: come da note di trattazione scritta rassegnate all'udienza del 16.9.2024, trattata in forma scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Nei limiti della dovuta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione in termini succinti ed essenziali (artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.), le posizioni delle parti e l'iter del processo possono sinteticamente riepilogarsi come segue. Con atto di citazione ritualmente notificato, IG NG IA ha convenuto in giudizio l'Avv. Rinaldi Pasquale deducendo: 1) che a partire dal 1.5.2003, giusta provvedimento n. 670/2004, è stata percettrice di un assegno mensile di assistenza dell'importo di € 246,00;
2) che la Commissione Sanitaria degli Invalidi Civili della ASL/FG di Manfredonia, nella seduta del 18.11.2008, le ha attribuito un grado di invalidità del 60%, ritenendo così venuto meno il requisito per poter continuare a usufruire dell'assegno mensile;
3) che, a partire dal 1.12.2008, l'INPS ha sospeso il pagamento dell'assegno;
4) che la determinazione assunta dalla Commissione Sanitaria le è stato comunicata nel mese di febbraio 2009, con l'espresso avvertimento che entro e non oltre il termine di sei mesi, a pena di decadenza, avrebbe potuto proporre ricorso dinanzi all'A.G. competente ex art. 42 co. 3 D.L. pagina 1 di 7
269/2003 (conv. in L. 326/2003);
5) che nel maggio 2009, per il tramite del marito
SI UÈ, ha conferito il mandato al convenuto per promuovere il ricorso avverso il predetto verbale, consegnandogli la documentazione medica;
6) di aver, nel mese di novembre 2009, affidato al convenuto anche lo studio per l'accertamento della spettanza dell'indennità ex L. 210/1992;
7) di aver versato un acconto di € 2.000,00 in favore del convenuto;
8) di aver revocato il mandato nell'ottobre del 2012 e di aver scoperto che la domanda avverso il verbale non era stata proposta e che le indicazioni nelle more fornite dal convenuto attenevano ad altro (ed estraneo) procedimento;
9) di aver patito, a causa dell'inadempimento del convenuto, un danno complessivo di € 24.076,00, pari alla mancata percezione degli assegni;
somma così calcolata tenuto conto dell'aumento dell'assegno per il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età. Sulla scorta di tali premesse in fatto, ha dunque concluso chiedendo di accertare e dichiarare l'esistenza del contratto d'opera professionale, l'inadempimento del convenuto e il diritto alla percezione degli assegni, nonché di condannare il Difensore al risarcimento del danno patito di € 24.076,00 e al pagamento dell'importo periodico che avrebbe percepito a titolo di pensione sociale. Vinte le spese. Si è costituito in giudizio l'Avv. Rinaldi Pasquale che, nel contestare ogni avversa difesa siccome infondata in fatto e in diritto, ha in particolare eccepito di non aver ricevuto alcun incarico dall'attrice. Ha dunque concluso chiedendo di rigettare la domanda, con condanna dell'attrice al risarcimento del danno da lite temeraria ex art.
96 c.p.c. Il tutto con vittoria delle spese di lite. Istruita a mezzo di prova per testi, all'udienza del 8.2.2017 è stata dichiarata l'interruzione del giudizio per sopravvenuto decesso dell'attrice;
quindi la causa, tempestivamente riassunta da SI Francesco Pio e da SI Roberto, è pervenuta all'udienza del 16.9.2024, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., all'esito della quale, sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe, è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
La domanda è infondata e pertanto deve essere rigettata, difettando la prova del nesso causale tra la condotta omissiva addebitata al legale e il risultato derivatone nonché del danno asseritamente patito da parte attrice;
questioni, queste, il cui esame, in ossequio al principio della cd. ragione più liquida, può essere opportunatamente anteposto ed esaminato rispetto alle altre sorte nel contraddittorio delle parti.
A tal proposito, occorre soffermarsi sulle condizioni che devono sussistere ai fini del riconoscimento della responsabilità professionale dell'Avvocato e sui criteri di riparto dell'onere della prova. Come è noto, le obbligazioni inerenti l'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non al suo conseguimento. Ne deriva che l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto ipso facto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, del dovere di pagina 2 di 7
diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del tradizionale criterio della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'art. 1176, comma 2, c.c. da commisurarsi alla natura dell'attività esercitata. Più dettagliatamente, la responsabilità professionale dell'Avvocato presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile con riguardo alla natura dell'attività esercitata (cfr. Cass. n. 12127/2020), adeguata alla contingenza, così da assicurare che la scelta professionale cada sulla soluzione che meglio tuteli il cliente (cfr. Cass. n. 4790/2014). La responsabilità dell'Avvocato sussiste, ad esempio, se il legale abbia omesso di prospettare al cliente tutte le questioni di diritto e di fatto atte ad impedire l'utile esperimento dell'azione, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi (cfr. Cass. n. 19520/2019), e, dunque, anche per consentirgli di valutare i rischi insiti nell'iniziativa giudiziale (cfr. Cass. n. 8494/2020). In particolare, l'Avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni
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