Trib. Messina, sentenza 14/06/2024, n. 1558
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Testo completo
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE ordinario di MESSINA
II Sezione Civile
Ufficio Procedure Concorsuali
Riunito in Camera di Consiglio e composto dai seguenti Magistrati:
Dott. Ugo Scavuzzo Presidente
Dott. Daniele Carlo Madia Giudice
Dott.ssa Maria Carmela D'Angelo Giudice rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 2555/2023 R.G., posta in decisione con riserva di collegialità all'udienza del 12 giugno 2024, vertente
TRA
FALL. ING. LI IZ COSTRUZIONI ED IMPIANTI S.A.S. DELL'ING.
LI IZ & GL (p.iva n. 01777860832) - n. 46/2013 RGF - Tribunale di Messina - corrente in Messina, via Palermo, 265, nonché del socio illimitatamente responsabile IZ
LI (c.f. [...]) in persona del suo Curatore, Avv. Maria Di Renzo (c.f.
[...]), rappresentato e difeso dall'Avv. Danilo Burgio
-parte attrice- nei confronti di
AN ZI, nato a [...] l'[...], c.f. [...],
- parte convenuta contumace -
Oggetto: giudizio di rendiconto ex art. 116 legge fall..
In fatto ed in diritto
Con sentenza n. 46/2013 del 11.12.2013 il Tribunale di Messina dichiarava il fallimento della Ing.
LI ZZ Costruzioni ed impianti s.a.s. dell'ing. LI ZZ & FI nonché del socio illimitatamente responsabile ZZ LI, nominando quale curatore il dott. Maurizio Lipani e il dott. Daniele Madia quale Giudice Delegato al fallimento. Con decreto del 16 ottobre 2019, veniva nominato quale curatore in sostituzione del dott. Lipani, l'Avv. Maria Di Renzo.
In data 14.04.2023, all'udienza per l'approvazione del conto di gestione, frattanto depositato dal dott. Lipani, il nuovo curatore, alla luce delle proprie osservazioni e del mancato riscontro alle stesse, insisteva nella non approvazione. Il G.D., visto l'art. 116 u.c. LF, fissava l'udienza del 15.11.2023 innanzi al Collegio successivamente autorizzando la curatela fallimentare a costituirsi nel relativo giudizio contenzioso.
La curatela quindi ha promosso il presente giudizio, chiedendo la non approvazione del rendiconto ed esercitando azione di responsabilità ex art. 38 legge fall., con il favore delle spese.
Nonostante la regolare notifica dell'atto introduttivo al dott. Lipani, lo stesso non si è costituito in giudizio.
Va ricordato in diritto che il rendiconto finale di gestione del curatore (e, analogicamente, del liquidatore giudiziale), come precisato dalla Suprema Corte, deve essere caratterizzato dalla completezza e chiarezza, essendo strumentale non solo alla verifica contabile, ma anche all'effettivo
controllo di gestione, cioè alla valutazione della correttezza dell'operato dell'organo gestorio, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l'esercizio della carica nonché agli esiti che ne sono conseguiti (v. ex multis, Cass. 21 ottobre 2010, n. 21653;
Cass.
23 gennaio 1985, n. 277). Ciò comporta, pertanto, che rendere il conto significa: a) esporre in modo ordinato e razionale le varie partite di dare ed avere, indicando una serie di fatti che hanno prodotto un'entrata o un'uscita in relazione all'attività gestoria del curatore (sezione strettamente contabile);
b) relazionare sull'andamento complessivo della gestione, anche sotto il profilo dell'opportunità e motivazioni delle scelte adottate e dei risultati raggiunti, nonché della durata della procedura, in rapporto a specifici fatti che – in ipotesi – hanno impedito una tempestiva chiusura della stessa;
c) allegare tutti i documenti giustificativi (anche mediante specifico richiamo di precedenti relazioni), comprensivi di copia del libro giornale e del libretto bancario o degli estratti del conto corrente, affinché il controllo funzionale all'approvazione del conto sia il più possibile completo ed approfondito. La Suprema Corte (Cass. 5 marzo 2019, n. 6377) ha altresì affermato che, in caso di mancata approvazione del conto della gestione del curatore, il giudizio che ne consegue ha ad oggetto oltre alla verifica contabile (e, quindi, errori materiali, le omissioni e i criteri di conteggio: così Cass.
10 maggio 1974, n. 1334;
19 gennaio 2000, n. 547) anche l'effettivo controllo di gestione e può estendersi all'accertamento della sua personale responsabilità nel compimento di atti pregiudizievoli per la massa o per i singoli creditori;
in quest'ultimo caso le contestazioni rivolte al conto debbono essere dotate di concretezza e specificità, non potendo consistere in un'enunciazione astratta delle attività cui il curatore si sarebbe dovuto attenere, ma piuttosto indicare puntualmente gli atti di "mala gestio" posti in essere, nonché le conseguenze, anche solo potenzialmente dannose, che ne siano derivate, così da consentire la corretta individuazione della materia del contendere e l'efficace esplicazione del suo diritto di difesa. È stato, poi, chiarito che “con la mancata approvazione del conto si instaura un'autonoma fase contenziosa, nella quale è anche possibile cumulare l'azione volta al chiarimento dell'intero svolgimento della gestione e l'azione di responsabilità che tende, invece, all'accertamento dei danni che si assumono colposamente cagionati dal gestore nello svolgimento dei suoi compiti” (cfr. Cass. 14 ottobre 1997 n. 10028).
Ciò posto, premessa la legittimazione attiva in capo al nuovo curatore fallimentare (cfr. Cass. Civ., sent. 29 novembre 2004, n. 22472), l'art. 38 legge fall. prescrive che il curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio (avendo la novella ex d. lgs. n. 5/2006 ulteriormente specificato che deve trattarsi della “diligenza richiesta dalla natura dell'incarico”), con implicito richiamo all'art. 1176 c.c. (ed esclusione – ad opera della dottrina - della limitazione contenuta nell'art. 2236
c.c., in tema di professioni intellettuali), configurando un'ipotesi di responsabilità contrattuale, in quanto conseguente all'inadempimento di specifici obblighi relativi al rapporto che intercorre tra il curatore e la procedura (Cass. 5 aprile 2001, n. 5044;
Cass. 11 febbraio 2000, n. 1507). In generale, la responsabilità ex art. 38 l. fall. postula che il curatore abbia, con dolo o con colpa (anche lieve, nel vecchio sistema: Trib. Torino 17 ottobre 1995, Fall. 1996, 200), in violazione dei doveri che afferiscono al proprio ufficio, posto in essere una condotta, anche omissiva, da cui, in connessione eziologica, sia scaturito un pregiudizio per il patrimonio fallimentare.
Tanto più essendo la responsabilità del curatore, secondo l'orientamento espresso dalla Suprema
Corte, di tipo contrattuale siccome derivante dalla investitura di un munus pubblicum e dall'aver violato il dovere di diligenza nella realizzazione dell'interesse del Fallimento (v. CC n. 1507/2000;
n.
5044/2001. Più di recente, cfr. CC n. 13597/2020 secondo cui l'azione di responsabilità contro il curatore revocato, prevista dall'art. 38 L.F., ha natura contrattuale tenuto conto della natura del rapporto, equiparabile latu sensu al mandato e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti
dalla legge a carico dell'organo concorsuale. La Suprema Corte ricorda che si tratta di una posizione che trova conferma proprio in quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in forza della quale la responsabilità del debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta ex art. 1218 c.c. ha natura contrattuale non solo quando l'obbligo della prestazione derivi da un contratto, nell'accezione di cui all'art. 1321 c.c., ma anche ogniqualvolta essa dipenda dell'inesatto adempimento di un'obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte, potendo altresì discendere dalla violazione di obblighi nascenti da situazione di semplice “contatto sociale” tutte le volte che l'ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un “determinato comportamento”).
Ne deriva che, secondo i tradizionali criteri di riparto dell'onere probatorio, incombe sull'attore la prova dell'inadempimento da parte del precedente curatore agli obblighi imposti dalla legge, del nesso causale tra tale condotta e le conseguenze pregiudizievoli che ne sono derivate, nonché del danno subito dal Fallimento, mentre spetta al curatore convenuto dimostrare che tale inadempimento non è
a lui imputabile e che nella sua condotta non sono rinvenibili profili di negligenza (Cass. 5044 del
2001;
Cass. n. 1507 del 2000;
Cass. n. 8716 del 1996).
Condotte poste in essere con negligenza o, comunque, prive del grado della diligenza
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE ordinario di MESSINA
II Sezione Civile
Ufficio Procedure Concorsuali
Riunito in Camera di Consiglio e composto dai seguenti Magistrati:
Dott. Ugo Scavuzzo Presidente
Dott. Daniele Carlo Madia Giudice
Dott.ssa Maria Carmela D'Angelo Giudice rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 2555/2023 R.G., posta in decisione con riserva di collegialità all'udienza del 12 giugno 2024, vertente
TRA
FALL. ING. LI IZ COSTRUZIONI ED IMPIANTI S.A.S. DELL'ING.
LI IZ & GL (p.iva n. 01777860832) - n. 46/2013 RGF - Tribunale di Messina - corrente in Messina, via Palermo, 265, nonché del socio illimitatamente responsabile IZ
LI (c.f. [...]) in persona del suo Curatore, Avv. Maria Di Renzo (c.f.
[...]), rappresentato e difeso dall'Avv. Danilo Burgio
-parte attrice- nei confronti di
AN ZI, nato a [...] l'[...], c.f. [...],
- parte convenuta contumace -
Oggetto: giudizio di rendiconto ex art. 116 legge fall..
In fatto ed in diritto
Con sentenza n. 46/2013 del 11.12.2013 il Tribunale di Messina dichiarava il fallimento della Ing.
LI ZZ Costruzioni ed impianti s.a.s. dell'ing. LI ZZ & FI nonché del socio illimitatamente responsabile ZZ LI, nominando quale curatore il dott. Maurizio Lipani e il dott. Daniele Madia quale Giudice Delegato al fallimento. Con decreto del 16 ottobre 2019, veniva nominato quale curatore in sostituzione del dott. Lipani, l'Avv. Maria Di Renzo.
In data 14.04.2023, all'udienza per l'approvazione del conto di gestione, frattanto depositato dal dott. Lipani, il nuovo curatore, alla luce delle proprie osservazioni e del mancato riscontro alle stesse, insisteva nella non approvazione. Il G.D., visto l'art. 116 u.c. LF, fissava l'udienza del 15.11.2023 innanzi al Collegio successivamente autorizzando la curatela fallimentare a costituirsi nel relativo giudizio contenzioso.
La curatela quindi ha promosso il presente giudizio, chiedendo la non approvazione del rendiconto ed esercitando azione di responsabilità ex art. 38 legge fall., con il favore delle spese.
Nonostante la regolare notifica dell'atto introduttivo al dott. Lipani, lo stesso non si è costituito in giudizio.
Va ricordato in diritto che il rendiconto finale di gestione del curatore (e, analogicamente, del liquidatore giudiziale), come precisato dalla Suprema Corte, deve essere caratterizzato dalla completezza e chiarezza, essendo strumentale non solo alla verifica contabile, ma anche all'effettivo
controllo di gestione, cioè alla valutazione della correttezza dell'operato dell'organo gestorio, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l'esercizio della carica nonché agli esiti che ne sono conseguiti (v. ex multis, Cass. 21 ottobre 2010, n. 21653;
Cass.
23 gennaio 1985, n. 277). Ciò comporta, pertanto, che rendere il conto significa: a) esporre in modo ordinato e razionale le varie partite di dare ed avere, indicando una serie di fatti che hanno prodotto un'entrata o un'uscita in relazione all'attività gestoria del curatore (sezione strettamente contabile);
b) relazionare sull'andamento complessivo della gestione, anche sotto il profilo dell'opportunità e motivazioni delle scelte adottate e dei risultati raggiunti, nonché della durata della procedura, in rapporto a specifici fatti che – in ipotesi – hanno impedito una tempestiva chiusura della stessa;
c) allegare tutti i documenti giustificativi (anche mediante specifico richiamo di precedenti relazioni), comprensivi di copia del libro giornale e del libretto bancario o degli estratti del conto corrente, affinché il controllo funzionale all'approvazione del conto sia il più possibile completo ed approfondito. La Suprema Corte (Cass. 5 marzo 2019, n. 6377) ha altresì affermato che, in caso di mancata approvazione del conto della gestione del curatore, il giudizio che ne consegue ha ad oggetto oltre alla verifica contabile (e, quindi, errori materiali, le omissioni e i criteri di conteggio: così Cass.
10 maggio 1974, n. 1334;
19 gennaio 2000, n. 547) anche l'effettivo controllo di gestione e può estendersi all'accertamento della sua personale responsabilità nel compimento di atti pregiudizievoli per la massa o per i singoli creditori;
in quest'ultimo caso le contestazioni rivolte al conto debbono essere dotate di concretezza e specificità, non potendo consistere in un'enunciazione astratta delle attività cui il curatore si sarebbe dovuto attenere, ma piuttosto indicare puntualmente gli atti di "mala gestio" posti in essere, nonché le conseguenze, anche solo potenzialmente dannose, che ne siano derivate, così da consentire la corretta individuazione della materia del contendere e l'efficace esplicazione del suo diritto di difesa. È stato, poi, chiarito che “con la mancata approvazione del conto si instaura un'autonoma fase contenziosa, nella quale è anche possibile cumulare l'azione volta al chiarimento dell'intero svolgimento della gestione e l'azione di responsabilità che tende, invece, all'accertamento dei danni che si assumono colposamente cagionati dal gestore nello svolgimento dei suoi compiti” (cfr. Cass. 14 ottobre 1997 n. 10028).
Ciò posto, premessa la legittimazione attiva in capo al nuovo curatore fallimentare (cfr. Cass. Civ., sent. 29 novembre 2004, n. 22472), l'art. 38 legge fall. prescrive che il curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio (avendo la novella ex d. lgs. n. 5/2006 ulteriormente specificato che deve trattarsi della “diligenza richiesta dalla natura dell'incarico”), con implicito richiamo all'art. 1176 c.c. (ed esclusione – ad opera della dottrina - della limitazione contenuta nell'art. 2236
c.c., in tema di professioni intellettuali), configurando un'ipotesi di responsabilità contrattuale, in quanto conseguente all'inadempimento di specifici obblighi relativi al rapporto che intercorre tra il curatore e la procedura (Cass. 5 aprile 2001, n. 5044;
Cass. 11 febbraio 2000, n. 1507). In generale, la responsabilità ex art. 38 l. fall. postula che il curatore abbia, con dolo o con colpa (anche lieve, nel vecchio sistema: Trib. Torino 17 ottobre 1995, Fall. 1996, 200), in violazione dei doveri che afferiscono al proprio ufficio, posto in essere una condotta, anche omissiva, da cui, in connessione eziologica, sia scaturito un pregiudizio per il patrimonio fallimentare.
Tanto più essendo la responsabilità del curatore, secondo l'orientamento espresso dalla Suprema
Corte, di tipo contrattuale siccome derivante dalla investitura di un munus pubblicum e dall'aver violato il dovere di diligenza nella realizzazione dell'interesse del Fallimento (v. CC n. 1507/2000;
n.
5044/2001. Più di recente, cfr. CC n. 13597/2020 secondo cui l'azione di responsabilità contro il curatore revocato, prevista dall'art. 38 L.F., ha natura contrattuale tenuto conto della natura del rapporto, equiparabile latu sensu al mandato e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti
dalla legge a carico dell'organo concorsuale. La Suprema Corte ricorda che si tratta di una posizione che trova conferma proprio in quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in forza della quale la responsabilità del debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta ex art. 1218 c.c. ha natura contrattuale non solo quando l'obbligo della prestazione derivi da un contratto, nell'accezione di cui all'art. 1321 c.c., ma anche ogniqualvolta essa dipenda dell'inesatto adempimento di un'obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte, potendo altresì discendere dalla violazione di obblighi nascenti da situazione di semplice “contatto sociale” tutte le volte che l'ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un “determinato comportamento”).
Ne deriva che, secondo i tradizionali criteri di riparto dell'onere probatorio, incombe sull'attore la prova dell'inadempimento da parte del precedente curatore agli obblighi imposti dalla legge, del nesso causale tra tale condotta e le conseguenze pregiudizievoli che ne sono derivate, nonché del danno subito dal Fallimento, mentre spetta al curatore convenuto dimostrare che tale inadempimento non è
a lui imputabile e che nella sua condotta non sono rinvenibili profili di negligenza (Cass. 5044 del
2001;
Cass. n. 1507 del 2000;
Cass. n. 8716 del 1996).
Condotte poste in essere con negligenza o, comunque, prive del grado della diligenza
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