Trib. Roma, sentenza 26/11/2024, n. 17987
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
così composto:
M I Presidente
C P Giudice rel.
S C Giudice
Riunito in camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado iscritta al n. 27897/2022 , vertente
TRA
con il patrocinio dell'avv. RINA IZZO;
Parte_1
ricorrente
E
(ROMA (RM), 16/03/1959), con il patrocinio dell'avv. CP_1
ANTONELLA FLORITA;
resistente
Con l'intervento del Pubblico Ministero.
OGGETTO: separazione personale.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Il collegio è chiamato a decidere delle condizioni della separazione tra i
2
coniugi e pronunciata con sentenza non Parte_1 CP_1
definitiva in data 28-6-2023;
i figli della coppia sono maggiorenni ed
autonomi entrambi, e i temi controversi attengono alle domande contrapposte
di addebito della separazione e della richiesta di mantenimento avanzata dalla
ricorrente.
addebita al marito la ripetuta e compulsiva violazione Parte_1
dell'obbligo di fedeltà;
il resistente a sua volta afferma che la moglie, affetta
da ossessioni e manie religiose, abbia tenuto un comportamento morboso nei
riguardi suoi e dei figli, allo stesso tempo negandogli ogni forma di intimità;
sottolinea inoltre che in prossimità della separazione, la moglie abbia
dismesso l'intero patrimonio immobiliare accumulato nel corso della vita
familiare, trattenendone l'intero ricavato. benché gli immobili fossero stati
acquistati in massima parte con risorse del marito.
La domanda di addebito formulata dal marito si fonda su circostanze che in
buona parte non presentano interferenza alcuna con i doveri che nascono dal
matrimonio;
si fa riferimento alle manie religiose della donna, alla sua
resistenza ad attendere alle faccende domestiche (il ricorrente si descrive
“costretto a mangiare panini anche di domenica” o a stirarsi le camicie, senza
spiegare perché non potesse egli stesso provvedere a preparare pietanze
cucinate, o perché ritenesse offensivo stirare i propri indumenti);
si accenna
poi all'ostilità della moglie per la famiglia di origine del marito, ed infine si
ipotizza che la ricorrente fosse affetta da schizofrenia;
vi è poi un accenno
piuttosto rapido ad una mancanza di intimità sessuale;
del resto il quadro
disegnato è quello che vede una donna in condizioni di rilevante disagio sul
piano psicologico, ed una relazione andata comprensibilmente degradandosi
3
nel tempo, senza che vi sia stata una consapevole violazione di doveri
connessi al matrimonio alla base di tale esito. Anche nella dismissione del
patrimonio immobiliare (peraltro intestato formalmente alla ricorrente) non
si ravvisa alcun nesso di causalità con la dissoluzione del rapporto,
evidentemente già in atto al momento delle vendite.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
così composto:
M I Presidente
C P Giudice rel.
S C Giudice
Riunito in camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado iscritta al n. 27897/2022 , vertente
TRA
con il patrocinio dell'avv. RINA IZZO;
Parte_1
ricorrente
E
(ROMA (RM), 16/03/1959), con il patrocinio dell'avv. CP_1
ANTONELLA FLORITA;
resistente
Con l'intervento del Pubblico Ministero.
OGGETTO: separazione personale.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Il collegio è chiamato a decidere delle condizioni della separazione tra i
2
coniugi e pronunciata con sentenza non Parte_1 CP_1
definitiva in data 28-6-2023;
i figli della coppia sono maggiorenni ed
autonomi entrambi, e i temi controversi attengono alle domande contrapposte
di addebito della separazione e della richiesta di mantenimento avanzata dalla
ricorrente.
addebita al marito la ripetuta e compulsiva violazione Parte_1
dell'obbligo di fedeltà;
il resistente a sua volta afferma che la moglie, affetta
da ossessioni e manie religiose, abbia tenuto un comportamento morboso nei
riguardi suoi e dei figli, allo stesso tempo negandogli ogni forma di intimità;
sottolinea inoltre che in prossimità della separazione, la moglie abbia
dismesso l'intero patrimonio immobiliare accumulato nel corso della vita
familiare, trattenendone l'intero ricavato. benché gli immobili fossero stati
acquistati in massima parte con risorse del marito.
La domanda di addebito formulata dal marito si fonda su circostanze che in
buona parte non presentano interferenza alcuna con i doveri che nascono dal
matrimonio;
si fa riferimento alle manie religiose della donna, alla sua
resistenza ad attendere alle faccende domestiche (il ricorrente si descrive
“costretto a mangiare panini anche di domenica” o a stirarsi le camicie, senza
spiegare perché non potesse egli stesso provvedere a preparare pietanze
cucinate, o perché ritenesse offensivo stirare i propri indumenti);
si accenna
poi all'ostilità della moglie per la famiglia di origine del marito, ed infine si
ipotizza che la ricorrente fosse affetta da schizofrenia;
vi è poi un accenno
piuttosto rapido ad una mancanza di intimità sessuale;
del resto il quadro
disegnato è quello che vede una donna in condizioni di rilevante disagio sul
piano psicologico, ed una relazione andata comprensibilmente degradandosi
3
nel tempo, senza che vi sia stata una consapevole violazione di doveri
connessi al matrimonio alla base di tale esito. Anche nella dismissione del
patrimonio immobiliare (peraltro intestato formalmente alla ricorrente) non
si ravvisa alcun nesso di causalità con la dissoluzione del rapporto,
evidentemente già in atto al momento delle vendite.
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