Trib. Savona, sentenza 23/04/2024, n. 353

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Savona, sentenza 23/04/2024, n. 353
Giurisdizione : Trib. Savona
Numero : 353
Data del deposito : 23 aprile 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Savona
FAMIGLIA SEPARAZIONE E DIVORZI GIUDIZIALI riunito in camera di consiglio e composto dai sigg.ri Magistrati:
Dott. L C Presidente
Dott.ssa E P Giudice rel.
Dott.ssa D M Giudice ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella causa iscritta al n. 182 del Registro Generale Affari Contenziosi Civili dell'anno 2024 rimessa in decisione all'udienza del 17.4.2024 vertente tra
(C.F. ), nato a STELLA (SV) il 25/10/1930, rappresentato e Parte_1 C.F._1
difeso dall'Avv. N R ed elettivamente domiciliato presso il di lui studio in VIA PALEOCAPA,
8/4 17100 SAVONA, giusta delega in atti
-ricorrente-
e
(C.F. ), nata a SANTA CRISTINA D'ASPROMONTE (RC) il Parte_2 C.F._2
04/08/1965, rappresentata e difesa dall'Avv. S S ed elettivamente domiciliata presso il di lui studio in VIA CAVOUR, 3/3 17025 LOANO, giusta delega in atti
-resistente –
Con l'intervento della Procura della repubblica – Sede.
Oggetto: Divorzio - Scioglimento matrimonio.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
All'udienza del 17.4.2024 le parti hanno precisato le conclusioni come in atti.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO
per il tramite del proprio amministratore di sostegno pro tempore, previa autorizzazione Parte_1
del Giudice Tutelare, ha adito il Tribunale di Savona per ivi sentire dichiarare lo scioglimento del matrimonio civile contratto con in data 3.9.2020 a Savona e trascritto nel Registro degli Atti Parte_2
di Matrimonio del Comune di Savona n. 43, parte 1, anno 2020.
Il ricorrente ha proposto una domanda di divorzio, senza condizioni.


si è costituita, non formulando alcuna domanda in punto economico, ma contestando in Parte_2
radice l'avverso ricorso.
In particolare, la resistente ha eccepito: che il ricorso risulta proposto dall'amministratore di sostegno e non dal Sig. ragione per cui “risulta … proposto da soggetto sprovvisto di legittimazione Parte_1
ad agire”;
che l'amministratore di sostegno in carica è in conflitto d'interessi con il beneficiario;
che il beneficiario sarebbe affetto da incapacità di intendere e di volere e, quindi, non sarebbe realmente consapevole dell'attuale causa di divorzio.
La ha chiesto: “piaccia al Tribunale Ill. mo, disattesa ogni diversa istanza, Pt_2
– accertare e dichiarare il difetto di legittimazione processuale e/o di agire in capo alla amministratrice di sostegno Sig ra in ordine alla azione proposta, con conseguente dichiarazione di CP_1
improcedibilità e/o inammissibilità di tale azione
– accertare e dichiarare la sussistenza di conflitto di interesse ( con riferimento al legame di parentela ed alle implicazioni di carattere successorio, nel caso concreto, dell' eventuale accoglimento delle conclusioni contenute in ricorso ) in capo alla amministratrice di sostegno Sig ra in ordine alla azione CP_1
proposta, con conseguente dichiarazione di improcedibilità e/o inammissibilità di tale azione
– accertare e dichiarare allo stato improcedibile e/o inammissibile la azione proposta con il ricorso introduttivo del giudizio stante la incertezza in ordine alla capacità del Sig , con riferimento Parte_1
alla natura personalissima della azione proposta ed alla luce della documentazione versata in atti e delle circostanze esposte dalla Sig ra in merito alle condizioni psicofisiche del ricorrente Parte_2
– in ogni caso, respingersi in toto la richiesta declaratoria di scioglimento degli effetti civili del matrimonio contratto tra i signori e , in quanto infondata in fatto ed in diritto Parte_1 Parte_2
– Vittoria di spese e competenze del giudizio”.
Nessuna delle parti si è avvalsa della facoltà di depositare le memorie di cui all'art. 473bis.17 c.p.c. e all'udienza del 17.4.2024 è comparso personalmente il solo ricorrente.
La difesa della convenuta ha, infatti, depositato certificato medico del 16.4.2024 a firma della Dott.ssa Per_1
del nel quale si dà atto che “per motivi di salute si
[...] Organizzazione_1
ritiene opportuno che la paziente non presenzi all'udienza prevista per il giorno 17.4.2024”.
In ragione di detto certificato, la difesa della convenuta ha chiesto un differimento dell'udienza affinché il
Giudice relatore procedesse, in altra data, a sentire la Sig.ra . Parte_2
A tale riguardo il Collegio osserva che, a norma dell'art. 473bis.21 c.p.c. “le parti devono comparire personalmente, salvo gravi e comprovati motivi”.
Nel caso di specie, come correttamente rilevato dal Giudice relatore, non paiono sussistenti i “gravi e
comprovati motivi” che soli possono giustificare la mancata comparizione di una parte.
Ed invero nel certificato medico prodotto non si attesta l'impossibilità della Sig.ra di Parte_2
presenziare all'udienza, ma soltanto che la sua partecipazione potrebbe essere non opportuna.
Correttamente, dunque, l'udienza non è stata differita dal Giudice relatore.
D'altra parte, il Collegio non può esimersi dal rilevare che la richiesta di rinvio formulata dalla difesa della convenuta è apparsa ispirarsi ad un evidente intento dilatorio, non solo perché la mancata comparizione della non è risultata giustificata, ma anche perché la non ha formulato alcuna domanda Pt_2 Pt_2
in punto economico nei confronti del coniuge, ma ha eccepito sotto svariati profili
l'inammissibilità/improcedibilità della domanda da lui proposta in punto status. Intento dilatorio che traspare anche dal fatto che, in alternativa al differimento d'udienza, la difesa della ha richiesto un Pt_2
termine per non meglio precisate memorie, non previste dal rito unificato famiglia, precisando proprio che non sussistono ragioni d'urgenza per mandare subito la causa in decisione. Il Collegio osserva sommessamente che ha oggi 93 anni. Parte_1
All'udienza del 17.4.2024 il ricorrente è stato sentito. Ha declinato puntualmente le proprie generalità e ha risposto in modo adeguato, malgrado la sua grave ipoacusia, alle domande del Giudice relatore, dando atto di aver sempre vissuto separato dalla moglie, di volere il divorzio, di essere attualmente accudito e curato da una badante ucraina.
La causa è stata, quindi, rimessa in decisione al Collegio.
In questa sede il Collegio rappresenta di condividere la scelta del Giudice relatore di non procedere all'attività istruttoria richiesta dalla resistente.
La difesa della ha chiesto “disporsi accertamento peritale sulle attuali condizioni cognitive e volitive Pt_2
del Sig. nonché acquisire ogni utile documentazione dalle strutture sanitarie e dal medico Parte_1
di base”.
Sennonché il ricorrente risulta già sottoposto ad una misura di protezione e segnatamente ad amministrazione di sostegno, senza che in atti vi sia evidenza alcuna dell'inadeguatezza di tale misura. La richiesta della difesa della resistente appare generica ed esplorativa ed animata dall'intento dilatorio di cui già si è detto sopra.
Tanto premesso, il Collegio ritiene necessario affrontare preliminarmente le eccezioni in rito dedotte da parte convenuta.
Ebbene, tali eccezioni appaiono prive di fondamento.
La giurisprudenza ha reiteratamente chiarito che “in via pregiudiziale deve ritenersi sussistente la legittimazione processuale dell'amministratore di sostegno a promuovere il giudizio
di separazione personale del beneficiario dal proprio coniuge. Mette conto muovere da un excursus in ordine alla sperimentabilità di giudizi di separazione o divorzio da parte del tutore, in nome e per conto dell'interdetto. La Suprema Corte ha, da tempo, affermato che il tutore dell'interdetto possa compiere nell'interesse dello stesso atti personalissimi e che opinare diversamente condurrebbe a ritenere perduto, in concreto, il diritto che l'incapace non possa più esercitare (si veda Cass. 5652/1989 per cui “L'incapacità di provvedere ai propri interessi, contemplata dall'art. 414 cod. civ. al fine dell'interdizione dell'infermo di mente, va riguardata anche sotto il profilo degli interessi non patrimoniali, sempre che si tratti di interessi che possano subire pregiudizio da Atti giuridici, e per la cui difesa, pertanto, sia configurabile una supplenza del tutore (come nel caso in cui si debba ovviare ai pericoli derivanti dal rifiuto, per infermità psichica, di cure od interventi medici)”). Ai sensi dell'art. 4, comma 5, della L. n. 898/1970, l'interdetto o l'infermo di mente che siano convenuti nel giudizio di divorzio sono rappresentati da un curatore speciale nominato dal
Presidente del Tribunale. In un'ottica costituzionalmente orientata la disposizione è stata però ritenuta analogicamente applicabile dalla Corte di Legittimità (Cass. 9582/2000) anche all'ipotesi in cui interessato ad ottenere il divorzio sia il soggetto incapace, al quale è stata perciò riconosciuta la legittimazione ad agire
e a promuovere il relativo giudizio per il tramite di un curatore speciale, nominato su istanza del tutore. In particolare i Giudici della Corte hanno sottolineato che i) nell'ordinamento è configurabile il diritto di ciascun coniuge a chiedere ed ottenere il divorzio nei casi previsti dalla legge;
ii) l'interesse al divorzio può sussistere per l'interdetto infermo di mente, indipendentemente dalla posizione assunta dall'altro coniuge, ovvero qualora quest'ultimo non sia d'accordo con il divorzio o non intenda avviare la relativa iniziativa giudiziale;

iii) il divorzio può realizzare una forma di protezione per l'interdetto rispetto al mantenimento del vincolo coniugale: iv) lo stato di interdizione per infermità di mente non esclude che la tutela degli specifici interessi dell'interdetto in tema di divorzio possa essere rimessa ad altro soggetto. I detti principi, secondo la
Suprema Corte (si veda sent. 14669/2018 in parte motiva), “non possono ritenersi inapplicabili alla separazione per il solo fatto che l'ordinamento, non contempla, in materia, un'espressa previsione, analoga a quella dettata per il divorzio. (…) Deve pertanto concludersi, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 357 e 414 c.c., che all'interdetto è consentito, per il tramite del rappresentante legale, il compimento di tali atti (a meno che, come nel caso dell'art. 85 c.c., non gli siano espressamente vietati), ben potendo l'esercizio del corrispondente diritto rendersi necessario per assicurare la sua adeguata protezione”. Rileva evidenziare anche che la Suprema Corte si è occupata, altresì, di chiarire la necessità o meno della nomina del curatore speciale, affermando, nella pronuncia Cass. 14669/2018 (già cit. innanzi nella parte motiva), che “Il tutore può compiere in nome e per conto dell'interdetto anche un atto personalissimo (sempre che ne sia accertata la conformità alle esigenze di protezione), sicché la designazione
di un curatore speciale è necessaria solo nel caso di conflitto di interessi tra il tutore ed il rappresentato, non evincendosi dal sistema una generale e tassativa preclusione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del rappresentante legale dell'incapace. Sussiste la legittimazione attiva dell'interdetto infermo di mente, tramite il proprio rappresentante legale, a promuovere il giudizio di separazione personale, in applicazione analogica di quanto stabilito dal legislatore - con riferimento al divorzio - dall'art. 4, comma 5, d.lgs. 898/70, che espressamente disciplina la sola ipotesi in cui l'incapace abbia il ruolo di convenuto. Trattasi di opzione ermeneutica costituzionalmente orientata, volta ad evitare che l'interdetto sia privato in fatto di un diritto personalissimo di particolare rilievo, che la legge attribuisce ad entrambi i coniugi senza disparità di trattamento, nei casi previsti, ed il cui esercizio può rendersi necessario per assicurare l'adeguata protezione del soggetto incapace”. Venendo all'amministrazione di sostegno (e seguendo il ragionamento svolto dalla Suprema Corte nella parte motiva della recente ord. 8247/2022), deve rilevarsi che l'istituto, a tutela e protezione del beneficiario, ha un contenuto meno afflittivo dell'interdizione, in quanto è volto a preservare per quanto è possibile l'autonomia
e la libera autodeterminazione del beneficiario (art.409 cod. civ., in tema di effetti dell'amministrazione di sostegno). Per tale motivo il decreto di nomina adottato dal Giudice tutelare deve essere specifico ed individualizzato, sia mediante l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e degli atti che
l'amministratore di sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario (art.405, quarto comma,
n.3, cod. civ.), sia degli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno (art.405, quarto comma, n.4, cod. civ.). Inoltre, alla disciplina prevista dall'art.404 cod. civ. e ss. si affianca parte di quella prevista in tema di tutela. Segnatamente, è applicabile l'art.374 cod. civ. – in quanto espressamente richiamato dall'art.411, primo comma, cod. civ. – che elenca gli atti per il compimento dei quali il tutore necessita dell'autorizzazione del Giudice tutelare;
tra questi è indicato, al n. 5, il promovimento di giudizi, tranne che per poche eccezioni.
Con Da ciò si deduce che “l'assistenza dell' non esclude che il beneficiario possa promuovere personalmente Con un giudizio, se ciò non è espressamente escluso dal decreto di nomina dell' come, ad esempio, può
Con avvenire se l'assistito sia afflitto solo da problemi fisici;
tuttavia, quando ciò sia escluso ovvero quando l' Con ritenga necessario promuovere un giudizio, anche in dissenso dal beneficiario, l non può procedervi a meno che non sia stato autorizzato dal Giudice tutelare ex art.374 cod. civ. ed art.410 cod. civ., perché il Con decreto di nomina non può prevedere una autorizzazione generale a promuovere giudizi in favore dell' ciò, invero, sarebbe in inconciliabile contrasto con la rigorosa disciplina prevista per il tutore, che richiede
l'accertamento in concreto, a cura del Giudice tutelare, della conformità dell'iniziativa giudiziaria alle esigenze di protezione. Ne consegue che per promuovere procedimenti giudiziari ex novo, successivi
all'apertura dell'amministrazione di sostegno, ove il beneficiario non possa procedere in proprio per le
Con specifiche limitazioni impostegli, l' deve munirsi dell'autorizzazione rivolgendosi al Giudice tutelare, sia nel caso in cui il beneficiario, pur non autorizzato a procedere personalmente, vi consenta, sia nel caso in cui il beneficiario dissenta, ipotesi alla quale va equiparata quella in cui il beneficiario non sia in grado di esprimere né dissenso, né consenso” (Cass. cit. ord. 8247/2022).
Deve aggiungersi che anche in caso di giudizio di separazione o divorzio attivato dall'amministratore di sostegno la nomina del Curatore speciale diventa necessaria solo in caso di conflitto di interessi (si veda ancora Cass. ord. 8247/2022, che richiama sul punto, in parte motiva, i principi affermati dalla, pure innanzi citata, Cass. 14669/2018, dandovi continuità)” (Trib. Frosinone, 3.1.2023, n. 22 che costituisce applicazione di principi ben più risalenti).
Nello stesso senso anche:
- Trib. Milano, 7.5.2014 per cui “in tema di amministrazione di sostegno, il coniuge che ne beneficia può proporre domanda di separazione giudiziale personalmente o, in caso di impedimento mentale, a mezzo dell'amministratore di sostegno medesimo, su autorizzazione del giudice tutelare, senza necessità della designazione di un curatore speciale, salvo che, in caso di conflitto di interessi, il giudice non provveda diversamente (nella specie, il tribunale ha dichiarato non luogo a provvedere sull'istanza di nomina di un curatore speciale per la proposizione del giudizio di separazione, dovendo l'amministratore di sostegno o la parte beneficiaria proporre l'istanza di autorizzazione al giudice tutelare)”;

- Trib. Milano, 19.2.2014 secondo cui “giova ricordare che la giurisprudenza più recente, a partire dall'arresto Cass. Civ., sez. I, 9 ottobre 2007 n. 21099, ha collocato il "diritto alla separazione" nell'ambito delle situazioni giuridiche soggettive che realizzano la personalità dell'individuo (Cass. Civ., sez. I, sentenza 30 gennaio 2013 n. 2183) e, dunque, si tratta di una posizione di vantaggio che risponde all'esercizio di un diritto personalissimo. In regime di amministrazione di sostegno è comune alla
Dottrina e alla giurisprudenza l'idea che il beneficiario, attraverso il suo amministratore, possa compiere anche atti personalissimi poiché "se non vi è esercizio non vi è neppure titolarità". Come gli Autori hanno ben messo in evidenza, se si sostenesse che l'incapace non può farsi sostituire dall'amministratore nel porre in essere gli atti personalissimi allora si dovrebbe accettare, di fatto, che i soggetti vulnerabili perdono, in concreto, quei diritti, in quanto non ne hanno più l'esercizio. Ecco perché la Suprema Corte di Cassazione ha ammesso l'incapace anche alla promozione del giudizio di divorzio, in veste di parte attrice e non solo convenuta (Cass. Civ., sez. I, 21 luglio 2000 n. 9582);
pronuncia che ha trovato applicazione anche per il giudizio di separazione, per evidente omogeneità di situazioni su cui innestare il medesimo principio di diritto. La pronuncia citata ha giudicato necessaria, per la instaurazione del
giudizio di divorzio/separazione, la nomina di un curatore speciale. Si tratta, tuttavia, di pronuncia resa prima dell'entrata in vigore della Legge 6/2004. Nel vigore del regime di amministrazione di sostegno, la giurisprudenza tutelare si è orientata nel senso di ritenere doverosa la designazione di un curatore speciale solo nel caso di conflitto di interessi (anche solo potenziale) tra rappresentante e incapace: come nel caso in cui l'amministratore di sostegno sia un parente del beneficiario. In tal senso, la citata giurisprudenza tutelare (v. Trib. Roma, sez. I-bis, decreto 10 marzo 2009) ha affermato che la esigenza della nomina di un "curatore speciale" dell'incapace, legittimato ad agire per la proposizione del ricorso per separazione personale/divorzio dei coniugi, non può essere "fondata sull'assiomatica prospettazione di un potenziale conflitto di interessi tra Tutore/Amministratore ed incapace in ordine all'esercizio dei diritti cd. personalissimi" ma deve muovere da un accertamento in concreto condotto dal G.T. all'esito del quale ben può il giudice tutelare autorizzare lo stesso amministratore alla promozione del giudizio di separazione/divorzio. In particolare, la giurisprudenza tutelare maggioritaria (Trib. Cagliari, decreto
15 giugno 2010;
Trib. Modena, 26 ottobre 2007) reputa che l'Amministratore di sostegno – per la struttura morfologica assegnatagli dalla Legge 6/2004 - dove non sia coniuge dell'incapace, ben possa svolgere il ruolo di rappresentante del beneficiario nella separazione e "ben può svolgere in parte qua la medesima funzione del curatore speciale che l'art. 4 comma 5 legge n. 898/1970 prevede sia nominato nel giudizio di divorzio all'interdetto. Quanto alle modalità secondo cui l'amministratore di sostegno può svolgere detta funzione nell'attuazione del suo compito con particolare riferimento alla
"cura degli interessi non patrimoniali", sempre la giurisprudenza tutelare afferma la necessità di una imprescindibile valutazione del giudice tutelare che: 1) deve verificare la rispondenza dell'azione di separazione/divorzio all'effettiva volontà del beneficiario;
2) deve verificare l'interesse e la realizzazione del best interest del soggetto fragile nell'attuazione (o non) di detta scelta. Particolare importanza, assume la verifica giudiziale circa la rispondenza dell'iniziativa assunta dall'amministratore di sostegno alla volontà del beneficiario: valutazione che compete, naturalmente e fisiologicamente, al
Giudice Tutelare. L'impianto di protezione del soggetto incapace, così risultante per effetto della applicazione delle norme di cui agli artt. 404 c.c. e ss., risulta gravemente vulnerato ove, invece, si applichi tout court il modulo procedimentale di cui all'art. 78 c.p.c. che rimette al Collegio di designare, su istanza, il curatore speciale, sottraendo al G.T. quella valutazione imprescindibile che si è messa in evidenza. Questa interpretazione – che demanda al G.T. di accertare caso per caso l'esigenza della designazione del curatore – sembra più coerente con i principi enucleati nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall'Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18. Il trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del
preambolo) "l'importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte" (collocati nel novero dei "principi generali",
v. art. 3 della convenzione). La Convenzione, all'art. 12 ("uguale riconoscimento dinanzi alla legge), comma IV, chiaramente statuisce, poi: "Gli Stati devono assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona". Vi è di più. Non è affatto vero che si rende sempre necessaria la intermediazione del rappresentante: il beneficiario ben potrebbe porre in essere da sé le attività di promozione del giudizio di separazione, ove il G.T. non ritenesse necessaria alcuna assistenza o rappresentanza (409 c.c.).
Quanto è probabile (e non solo possibile), posto che la misura di protezione ex art. 404 c.c. può germinare anche solo da un impedimento fisico e non mentale” (così pure Trib. Catania, 15.1.2015);
- Trib. Cagliari, 15.6.2010 per cui “giova prendere le mosse dalla pronuncia della Cassazione (Corte cass.
I sez. civile 21.7.2000 n. 9582) che, ribadito il principio secondo cui il tutore non è titolare dei poteri sostitutivi dell'incapace in tema di atti ed. personalissimi, ha ritenuto - con interpretazione analogica, costituzionalmente orientata, dell'art. 4, 5 comma della L. n. 898/1970 in relazione agli artt. 78 e 79
c.p.c. - che "la regola stabilita per l'ipotesi in cui l'interdetto infermo di mente sia convenuto in un giudizio di divorzio, offre il modello applicabile per la ricorrenza della stessa ratio anche nel caso in cui
l'interessato al divorzio assuma la veste di attore", giungendo, pertanto, alla conclusione che "in mancanza di una specifica disposizione normativa che prevede il relativo potere, il tutore dell'interdetto per infermità di mente non può proporre domanda di divorzio per l'interdetto...ma può solo chiedere la nomina di un curatore speciale ai finì della proposizione della domanda di divorzio da parte di quest'ultimo". Premesso che la fattispecie sottoposta all'esame della Corte concerneva ipotesi analoga a quella oggetto di esame nella presente sede, in cui la condizione di incapacità riguarda la Sig.ra ...., soggetta ad amministrazione di sostegno, nel cui interesse la sorella, odierna reclamante, ha chiesto al
Giudice Tutelare l'autorizzazione alla proposizione del ricorso per separazione per conto della beneficiaria, deve in primo luogo osservarsi che l'esigenza della nomina di un "curatore speciale" dell'incapace, legittimato ad agire per la proposizione del ricorso per separazione personale ovvero di divorzio dei coniugi, appare fondata sulla presunzione di un potenziale conflitto di interessi tra il tutore e l'incapace in ordine all'esercizio dei diritti cd personalissimi. Tuttavia detto conflitto non è necessariamente sempre sussistente: invero, l'esistenza del conflitto di interessi tra incapace e tutore se indubbiamente deve ritenersi sussistente nel caso in cui l'ufficio di tutore (o amministratore di sostegno) sia rivestito dal coniuge non incapace, deve - per
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi