Trib. Ragusa, sentenza 19/04/2024, n. 430
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Testo completo
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI RAGUSA Giudice del lavoro
SENTENZA
Il giudice del lavoro, dott.ssa C M A C, esaminati gli atti relativi alla causa di lavoro n. 3636/2017 R.G. promossa da (rappr. Parte_1
e dif. dall'avv. G. V) contro (rappr. e dif. dall'Avvocatura CP_1
Distrettuale dello Stato di Catania), avente ad oggetto: retribuzione;
osserva
docente a tempo indeterminato immesso in ruolo con Parte_1 decorrenza dal 1° settembre 2015, premesso di avere svolto una serie di incarichi di supplenza con contratti a tempo determinato fino al termine delle attività didattiche (e comunque per più di 180 giorni per ogni anno di precariato, come analiticamente indicati in ricorso) dall' a.s. 2007-2008 all'a.s. 2014-2015, chiede che il giudice adito voglia “ritenere e dichiarare il diritto del ricorrente, ai fini della ricostruzione di carriera, all'integrale riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine intrattenuti con l'Amministrazione convenuta, per complessivi anni 7, con conseguente condanna di parte opposta a collocare il ricorrente nella posizione stipendiale maturata in seguito all'intero servizio pre-ruolo prestato;
per l'effetto, condannare il convenuto al pagamento, in favore del CP_2 ricorrente, delle differenze retributive al netto delle ritenute di legge, tra quanto effettivamente percepito e quanto gli sarebbe spettato per effetto dell'anzianità di servizio come sopra riconosciuta, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione di ciascun incremento retributivo fino al saldo”. Il tutto oltre spese di lite. L'amministrazione scolastica eccepisce la prescrizione delle pretese attrici, chiedendo comunque il rigetto del ricorso in quanto infondato. In ordine alla pretesa attrice, soccorre il tenore di numerosi precedenti della giurisprudenza di merito e di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. sent. n. 22558/2016, n. 23868/16, ord. n. 8945/17, sent. n. 20918/2019). È opportuno in questa sede richiamare testualmente il contenuto della citata sentenza n. 20918/2019, che – relativamente alla parte che qui interessa – chiarisce: “3. […]
orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte a partire dalle sentenze nn. 22558 e 23868 del 2016 secondo cui «nel settore scolastico, la clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.».
3.1. All'affermazione del principio di diritto, richiamato in numerose pronunce successive (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 28635, 26356, 26353, 6323 del 2018), la Corte è pervenuta sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia, la quale da tempo ha affermato che: a) la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C-
268/06, Impact;
13.9.2007, causa C-307/05, Del ;
8.9.2011, causa Persona_1
C-177/10 Rosado Santana);
b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell'art. 137 n. 5 del Trattato ( oggi 153 n. 5), "non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione" ( D C A, cit., punto 42);
c) le maggiorazioni retributive che derivano dall'anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva ( Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata);
d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55;
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