Trib. Napoli, sentenza 11/04/2024, n. 2684

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Napoli, sentenza 11/04/2024, n. 2684
Giurisdizione : Trib. Napoli
Numero : 2684
Data del deposito : 11 aprile 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Napoli
SEZIONE LAVORO
Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. G
P
Alla udienza del 11/04/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa lavoro di I grado iscritta al N 16445/2022 R.G. promossa da:
con il patrocinio dell'avv. GRAZIANI VIVIANA, con Pt_1 elezione di domicilio in VIA GREGORIO VII, N.474, ROMA, come da procura in atti;

RICORRENTE

contro

:
, Controparte_1
Controparte_2
RESISTENTI CONTUMACI
OGGETTO: cessione credito lavoro
CONCLUSIONI: come in atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 21-9-2022, la società in epigrafe, premesso che in data 16-6-2008, aveva stipulato un CP_1 contratto di finanziamento con per la somma di € 19.944,00 con Parte_2 delegazione di pagamento a carico dell'allora datore di lavoro, Org_1 di S G, nella misura di n. 72 rate da € 277,00 da detrarre dalla retribuzione mensile e che, a garanzia del prestito per l'ipotesi di perdita del posto di lavoro, aveva stipulato contratto di assicurazione Parte_2 con esponeva che, in data 16-1-2009, era cessato il Org_2 rapporto di lavoro con e aveva liquidato Org_1 Organizzazione_2
l'indennizzo nella misura di € 10.730,57 in favore di Parte_2 surrogandosi nel credito della società finanziaria e richiedendo il pagamento dell'importo liquidato alla lavoratrice che, CP_1 tuttavia, nulla aveva corrisposto;
che, in data 18-6-2021, in virtù di


cessione di credito, ex l. 52/1991, aveva acquistato pro-soluto anche il credito vantato da nei confronti della lavoratrice;
che Org_2 aveva notificato, in data 1-3-2022, alla società nuovo Controparte_2 datore di lavoro, il contratto di finanziamento per la prosecuzione delle trattenute mensile sullo stipendio e la richiesta era stata rimasta senza esito;
che sia la lavoratrice che il nuovo datore di lavoro non avevano provveduto al pagamento della somma residua per l'estinzione del debito, nella misura di € 8630,57;
che la cessione del credito, ai sensi dell'art. 1264 c.c.e delle specifiche pattuizioni del contratto di finanziamento, era opponibile al nuovo datore di lavoro dalla data della notifica del contratto, fermo restando la persistente responsabilità solidale del lavoratore cedente.
Tanto premesso adiva il giudice del lavoro del tribunale di Napoli affinchè, previo accertamento dell'inadempimento contrattuale, CP_1 fosse condannata al pagamento della somma di € 8630,57 oltre
[...] accessori di legge;
chiedeva, altresì, che la in via Controparte_2 solidale, fosse condannata al pagamento in unica soluzione delle trattenute mensili sullo stipendio maturate dalla data di notifica del contratto di finanziamento, nonchè al pagamento delle trattenute mensili sino alla concorrenza del credito residuo e, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, al pagamento dell'importo maturato a titolo di tfr, sino alla concorrenza del credito residuo.
Ritualmente instaurato il contraddittorio le parti convenute non si costituivano, restando contumaci.
***
Sussiste la competenza del giudice adito.
Il credito ceduto si trasferisce, invero, con tutte le sue caratteristiche, ivi compresa l'eventuale competenza speciale stabilita dalla legge per le controversie che lo abbiano ad oggetto. Pertanto la competenza a conoscere della lite tra il cessionario di un credito di lavoro ed il debitore ceduto va individuata in base alle regole dettate dall'art. 413 cod. proc. civ. per le controversie di lavoro;
l'eventuale incompetenza del giudice adìto resta, tuttavia, irrilevante se nessuna delle parti la eccepisca, né il giudice la rilevi d'ufficio nel termine di cui all'art. 38 c.p.c.. (cfr, ex multis Cass. n.
1118 del 26/01/2012;
v. anche Cass. n. 15229 del 01/06/2021).
Nella specie la sede legale della società convenuta, Controparte_2
novo datore di lavoro della lavoratrice è in Napoli.
[...]
In punto di fatto è documentato che:
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in data 16-6-2008, ha sottoscritto contratto di CP_1 finanziamento per l'importo di € 19.944,00, con la società , da CP_3 restituire in n.72 rate, dell'importo di € 277,00 mensili, delegando il pagamento al terzo datore di lavoro (c. contratto di Org_1 finanziamento in atti);
in data 1-7-2008 la ha stipulato con un CP_3 Org_2 contratto di assicurazione per il rimborso del prestito in caso di perdita del posto di lavoro (v. polizza in atti);
il rapporto di lavoro in essere al tempo del finanziamento è cessato in data 16-1-2009 (v. lettera di licenziamento del 6-5-2009 da parte di
;
Org_1 ha liquidato, in virtù della polizza assicurativa, Org_2
l'importo di € 10.730,57, in favore di (v. atto di quietanza del CP_3
16-8-2011) e ha notificato alla lavoratrice la surrogazione nel suddetto credito ;
in data 18-6-2021, è intervenuto atto di cessione dei crediti pro soluto tra e comprensivo anche del credito vantato nei Org_2 Pt_1 confronti di (v. contratto di cessione e accettazione in CP_1 atti).
Ciò posto, va, innanzitutto, rigettata la domanda di condanna formulata nei confronti della lavoratrice.
Risulta preliminare la qualificazione della cessione del credito contenuta nel contratto di finanziamento.
In linea generale, la cessione del credito può avere una causa variabile, pertanto, può perseguire una funzione di pagamento o anche in via esclusiva di garanzia, sicché l'effettiva funzione solutoria della cessione pro solvendo di un credito va accertata in concreto, in base al contesto oggettivo e soggettivo della cessione stessa (Cass. 23261/2014,
12736/2011, 17683/2009, 1617/2009, 17590/2005, 15955/2005).
Dall'esame del contratto di finanziamento risulta espressamente che la cessione del credito retributivo sia stato previsto dalle parti contraenti quale forma estintiva satisfattiva della prestazione originaria, anche detta datio in solutum. Tale specifica forma di cessione del credito è prevista dall'art. 1198 cc., quale prestazione in luogo dell'adempimento, e individua la cessione solutoria, ossia la cessione che avviene con lo scopo di estinguere un debito del cedente verso il cessionario.
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La cessione si presume pro solvendo, ossia il cedente non è liberato finché il creditore cessionario non ottiene la prestazione.
Diversamente dalla cessione solutoria di cui sopra, vi è la cessione a scopo di garanzia, la quale non persegue lo scopo di soddisfare il debitore del cedente verso il cessionario, ma quello di garantire la propria esposizione debitoria nei confronti del cessionario. Si tratta di un istituto autonomo, che non serve ad estinguere l'obbligazione originaria ma a rafforzarla.
Proprio rimarcando la differenza tra le due ipotesi di cessione la
Suprema Corte (v. sent. n. 10092 del 28/05/2020) ha chiarito che solo in caso di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ex art.
1198 cod. civ., ma esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad agire sia nei confronti del debitore ceduto che nei confronti dell'originario debitore cedente senza essere gravato, in quest'ultimo caso, dall'onere di provare
l'infruttuosa escussione del debitore ceduto.
Secondo il ragionamento della giurisprudenza di legittimità. nella cessione pro solvendo ex art. 1198 cod. civ. l'acquisto della titolarità del credito da parte del cessionario tiene luogo dell'adempimento del cedente, realizzando direttamente l'effetto satisfattorio sull'oggetto della diversa prestazione, mentre il profilo della garanzia emerge solo nell'ipotesi di inadempimento del debitore ceduto, a tal fine essendo previsto che
«l'obbligazione si estingue con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti».
Nella cessione con funzione di garanzia, invece, il trasferimento del credito al cessionario è destinato solo in via sussidiaria ed eventuale a realizzare l'obbligazione principale, mediante l'escussione del debito ceduto oggetto della garanzia.
Risultano, pertanto corretti i principi espressi da Cass. 29608/2018 e
15677/2009 (cui può aggiungersi Cass. 15080/2018) e cioè: i) che in caso di «cessione del credito in luogo dell'adempimento (art. 1198 cod. civ.)»
(ossia di cessione con funzione solutoria e non di garanzia) «grava sul cessionario, che agisca nei confronti del cedente, dare la prova dell'esigibilità del credito e dell'insolvenza del debitore ceduto»;
ii) che «la
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cessione del credito, quale negozio a causa variabile, può essere stipulata anche a fine di garanzia e senza che venga meno l'immediato effetto traslativo della titolarità del credito tipico di ogni cessione, in quanto è proprio mediante tale effetto traslativo che si attua la garanzia».
Preme, peraltro, precisare che il rinvio dell'art. 1198 c. 2 all'art. 1267
c. 2 c.c. ove si fa riferimento al fatto che il cedente abbia garantito la solvenza del debitore, non inferisce sulla natura della cessione.
La garanzia a cui si fa cenno nella disposizione richiamata è ben diversa dallo “scopo di garanzia”. Infatti la cessio pro solvendo (o salvo buon fine) consiste nel garantire la solvenza del debitore ceduto ed è diversa dalla cessio in securitatem che attiene alla cessione del credito con funzione di garanzia.
Alla stregua dei su esposti principi, considerato che la prospettazione della domanda si fonda sull'errato presupposto della solidarietà della lavoratrice senza necessità di preventivo esito infruttuoso dell'azione nei confronti del debitore ceduto, tale capo della domanda va, senz'altro, rigettata, non essendo in alcun modo dedotto, né, tanto meno provato, che la società ricorrente abbia esperito alcuna iniziativa per la realizzazione del credito nei confronti del debitore ceduto.
Relativamente all'individuazione di quest'ultimo, è rimasto, poi, senza riscontro il fondamento normativo o pattizio della responsabilità della società convenuta con la quale la lavoratrice ha sottoscritto nuovo contratto di lavoro.
Secondo la prospettazione attorea, il radicamento della responsabilità del nuovo datore di lavoro risiederebbe nella previsione di cui all'art. 1264 del c.c., per il quale “la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell'avvenuta cessione” e nella disposizione di analogo tenore di cui al DM n. 133 del 2006.
Al riguardo è sufficiente osservare che le disposizioni richiamate regolano unicamente l'aspetto della vincolatività della cessione nei
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confronti del debitore ceduto ma nulla dicono circa il soggetto passivo della cessione.
In altri termini la cessione del credito in tanto è efficace dal momento in cui è notificata al debitore ceduto in quanto quest'ultimo sia il titolare dal lato passivo della cessione.
Secondo la poi, all'art 3 del contratto di finanziamento Parte_1 sarebbe stato espressamente previsto che “ In caso di mutamento del debitore ceduto, il cedente qualora passasse alle dipendenze di atro datore di lavoro autorizza sin d'ora la cessionaria a notificare il presente contratto al nuovo datore di lavoro/ ente pensionistico affinchè questo operi sullo stipendio/ salario/pensione od assegno, che gli corrisponderà sino all'estinzione del prestito, la ritenuta mensile oggetto della cessione”.
Di tale pattuizione non vi è invero alcuna traccia nel contratto di finanziamento.
A ciò deve aggiungersi che, dall'esame dello stesso emerge, anzi, che l'allora datore di lavoro, aveva accettato la cessione Org_1 specificamente impegnandosi, per il caso di cessazione del rapporto di lavoro, al versamento del tfr, all'epoca ammontante ad oltre diciasettemila euro, e di quant'altro spettasse fino alla concorrenza del residuo del finanziamento.
Dall'altra parte, la lavoratrice risulta, in quella sede, avere conferito mandato irrevocabile all'azienda a trattenere l'intero trattamento di fine rapporto.
Il debitore ceduto e obbligato al pagamento alla società finanziaria delle rate del prestito attraverso la trattenuta mensile sulle retribuzioni e, quindi, del tfr, risulta, quindi, essere unicamente la società e Org_1 non già il nuovo datore di lavoro del tutto estraneo alla cessione.
La domanda va, pertanto, integralmente rigettata.
Nulla per le spese attesa la contumacia delle parti convenute.
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