Trib. Siracusa, sentenza 12/01/2024, n. 14
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Testo completo
Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE DI SIRACUSA
SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA in persona del Dott. F F, in funzione di giudice del lavoro, all'esito del deposito di note di trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c., in sostituzione dell'udienza del 10.01.2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa di lavoro di I grado n. 933/2021 R.G. e vertente
TRA
(C.F. ), e Parte_1 C.F._1 Parte_2
(C.F. ), ammessi al patrocinio a spese dello Stato giuste
[...] C.F._2 delibere del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Siracusa nn. 1132/2021 e 1131/2021 del
20.04.2020, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. M B del Foro di Ragusa
Ricorrenti
E
(P.IVA. ), Controparte_1 P.IVA_1 in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. P
Riscica
Resistente
OGGETTO: differenze retributive.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso ritualmente notificato i ricorrenti e Parte_1 Parte_2
esponevano: - di aver lavorato alle dipendenze di n.q. di titolare
[...] CP_1 dell'azienda agricola “ ”, con contratti a tempo determinato dal Controparte_1
mese di maggio 2019 a tutto il mese di maggio 2020;- che, in data 01.07.2020, venivano invitati telefonicamente a presentarsi il giorno seguente, presso i locali dell'azienda, in C.da
Belliscala a Noto, per comunicazioni;- che il giorno 02.07.2020 si recavano nei locali aziendali, insieme ad altri lavoratori, alla presenza dell'Avv. P Riscica, in rappresentanza dell'azienda datrice, della dott.ssa , consulente del lavoro aziendale, e della Persona_1
rappresentante sindacale - che, in quella sede, veniva comunicato agli ex Persona_2 lavoratori che l' aveva cessato l'attività e veniva offerta agli Controparte_1
stessi la possibilità di essere riassunti alle dipendenze di altra azienda, di cui la CP_1
era socia;- che i ricorrenti, bisognosi di riprendere a lavorare, sottoscrivevano, come tutti i
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presenti, quello che era ritenuto come il contratto di assunzione già predisposto, la cui lettura veniva inibita per motivi di tempo;- che, successivamente, i ricorrenti reclamavano, a mezzo del proprio difensore, il diritto a vedersi riconoscere la corretta retribuzione, avendo lavorato per ore otto al giorno con paga giornaliera di € 41,00, oraria di € 5,12, in luogo della paga da
CCNL pari a € 8,91/ora;- che l'azienda datrice replicava asserendo di non dover nulla, in quanto i lavoratori avevano sottoscritto un verbale di conciliazione sindacale ove dichiaravano
“di nulla più avere a pretendere dalla medesima per qualsiasi ragione o causa, connessa e in relazione agli intercorsi rapporti di lavoro subordinato”: - che, pertanto, agivano in giudizio al fine di impugnare preliminarmente il verbale di conciliazione suddetto, deducendo di non essere decaduti dal diritto di impugnazione, nonostante il decorso dei sei mesi previsto dall'art. 2133 c.c., in quanto la conciliazione e i relativi verbali erano nulli e/o invalidi perché privi dei requisiti essenziali e degli elementi tipici del negozio.
Deducevano, altresì, in particolare: - con espresso riferimento al verbale di conciliazione in sede sindacale, l'assenza di una reale lite da transigere e l'insussistenza di un accordo tra lavoratore e datore contenente lo scambio di reciproche concessioni su diritti determinati o determinabili;- con riferimento alle differenze retributive richieste, di aver ricevuto una paga oraria inferiore a quella stabilita dal CCNL di riferimento, evidenziando che dalle buste paga
l'importo lordo orario risultava corretto e che, invece, le ore lavorate erano state ridotte artificiosamente al fine di ridurre la paga netta spettante.
Per tali ragioni, chiedevano all'adito Giudice del Lavoro: previa declaratoria dell'invalidità
e/o nullità della conciliazione sindacale del 02.07.2020, ritenere e dichiarare la resistente obbligata a versare le differenze retributive spettanti ai ricorrenti, per le causali indicate in ricorso e, per l'effetto, condannare a corrispondere le differenze retributive pari CP_1
a € 4.388,17 lorde (492,50 ore) in favore di e pari a € 5.283,63 lorde Parte_1
(593 ore) in favore di . Parte_2
Istauratosi il contraddittorio si costituiva l' (in Controparte_1
persona del legale rappresentante ), la quale contestava il ricorso e ne chiedeva CP_1 il rigetto, in quanto infondato sia in fatto che in diritto;in particolare, l'azienda agricola resistente contestava le deduzioni avversarie ed eccepiva, preliminarmente, la decadenza dei ricorrenti dalla possibilità di impugnare il verbale di conciliazione singolarmente sottoscritto in data 02.07.2020 per aver fatto trascorrere infruttuosamente il termine perentorio e decadenziale di mesi sei previsto dall'art. 2113 c.c., non essendo ammissibile l'impugnazione tardiva ex art. 1326 c.c. in quanto l'accordo era valido e completo di tutti i requisiti essenziali, oltre che stipulato con l'assistenza del rappresentante sindacale al fine di definire
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l'insorgenda controversia in ordine ad alcune mensilità di retribuzione (nello specifico
Maggio 2020), con corresponsione delle somme spettanti mediante bonifico bancario contestuale e dichiarazione reciproca di non aver null'altro da pretendere per qualsiasi ragione
o causa in relazione agli intercorsi rapporti di lavoro subordinato dal 2.04.2019 al 31.05.2020 compreso.
In subordine, in merito alle richieste differenze retributive, rilevava di aver sempre regolarmente retribuito i lavoratori rispettando i parametri indicati nel contratto provinciale di lavoro per gli operai agricoli e che i ricorrenti, regolarmente assunti con contratti a tempo determinato, avevano lavorato per le ore indicate in busta paga e per gli orari indicati nel
Calendario Presenze Assenze e avevano ricevuto la retribuzione in base alla paga oraria di €
8,91 contrattualmente prevista dalle Tabelle salariali concordate dalla Controparte_2
Siracusa;aggiungeva che il rapporto di lavoro era stato regolare dal punto di vista previdenziale ed assistenziale, contestava i prospetti riepilogativi allegati al ricorso ed evidenziava la mancanza di prova sulle circostanze dedotte dai ricorrenti.
Acquisita tutta la documentazione agli atti, la causa veniva decisa con sentenza all'esito del deposito di note di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c., concesse in sostituzione dell'udienza del 10.01.2024
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Preliminarmente va rilevato, con riferimento alle modalità di svolgimento dell'udienza di discussione, che il disposto di cui di cui all'art. 3 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.
149, comma 10, nel prevedere <<Modifiche al codice di procedura civile >>, ha aggiunto al predetto codice di rito l'art. 127 ter (Deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza) del seguente tenore: <L'udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice… Con il provvedimento con cui sostituisce l'udienza il giudice assegna un termine perentorio … per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione…>>, precisando che il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note prende il luogo dell'udienza (“è considerato data di udienza a tutti gli effetti”) e disponendo che <<Il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note >>;tale norma è in vigore dall'1 gennaio 2023 ed è da ritenersi applicabile anche al processo del lavoro.
Nel merito, giova evidenziare che l'oggetto del giudizio concerne l'accertamento della nullità, per mancanza dei requisiti essenziali, dei verbali di accordo di conciliazione in sede sindacale
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singolarmente sottoscritti dai ricorrenti in data 02.07.2020 e del conseguente diritto dei ricorrenti al pagamento delle differenze retributive per il maggior orario lavorativo osservato
(rispetto a quello indicato e retribuito nelle buste paga), alle dipendenze dell'
[...]
presso i locali aziendali in c.da Belliscala a Noto (Sr) Controparte_1
dal maggio 2019 sino alla fine di maggio 2020, con contratti a tempo determinato a tempo pieno e con qualifica di braccianti agricoli, dagli stessi quantificate, per in € 4.388,17 Pt_1
lorde (ore 492,50) e per in 5.283,63 lorde (ore 593). Per_3
Ciò posto, giova sottolineare che su analoghe fattispecie si è già pronunciato recentemente questo Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro con le sentenze nn. 694/2022 (del
28/06/2022 resa nel procedimento R.G. n. 900/2021) e 691/2022 (del 28/06/2022 resa nel procedimento R.G. n. 1002/2021), aventi ad oggetto la risoluzione delle medesime questioni di diritto del presente giudizio tra la stessa e Controparte_1
altri 2 ex dipendenti, le cui argomentazioni e motivazioni risultano pienamente condivisibili e devono intendersi integralmente richiamate e trascritte nella presente sede, in quanto frutto di un'accurata ricostruzione normativa e giurisprudenziale della questione.
In particolare, nella citate sentenze di questo Tribunale, con espresso riferimento al verbale di accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti in sede sindacale oltre che al diritto all'impugnazione tardiva, si legge testualmente che “Preliminarmente, va osservato che il lavoratore può volontariamente rinunciare ai propri diritti disponibili scaturenti dalla legge
o dal contratto collettivo, attraverso le conciliazioni effettuate in sedi protette, che presuppone l'obbligo di assistenza qualificata al lavoratore al momento della sottoscrizione
(art. 2113 c.c.). Affinché un verbale di conciliazione in sede sindacale sia giuridicamente valido ed efficace, è necessario che abbia una serie di requisiti e/o elementi tipici, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che devono necessariamente risultare, in maniera chiara, inequivocabile e con assoluta certezza dal relativo verbale sottoscritto (cfr. Cass. Civ.
10963/2000):
- l'effettiva rappresentanza del lavoratore, affinché le rinunce/transazioni siano valide, è necessario che il lavoratore sia assistito da un sindacalista in modo effettivo e regolare (cfr.
Cass. Civ. Sez. Lav. 24024/2013), il che significa che il rappresentante sindacale riscuota la fiducia del medesimo lavoratore (cfr. Cass. Civ. Sez. Lav. 13217/2008);
- la res litigiosa, il verbale di conciliazione deve fare riferimento ad una questione effettivamente controversa tra le parti, alla quale deve farsi riferimento nel medesimo atto
(cfr. Cass. Civ. Sez. Lav. 20590/2017);
4 - la reciprocità delle concessioni, la transazione è “il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite in corso o prevengono una lite che può sorgere” (cfr. Cass. Civ. Sez. Lav. 28448/2018);
- la specificità dell'oggetto, dal verbale di conciliazione deve evincersi un oggetto determinato o, comunque, determinabile;non è ammissibile quindi un verbale di conciliazione contenente “una mera quietanza, recte dichiarazione di scienza” (cfr. Cass.
Civ. Sez. Lav. 28448/2018).
Tali elementi devono sussistere congiuntamente, ai fini della validità della conciliazione sindacale;viceversa, nella vicenda in esame risulta dagli atti e non è contestato dalle parti che l'assistenza sindacale non è stata invocata dalla lavoratrice ma è stata richiesta dalla CP_
resistente, la quale non ha fornito alcuna prova in ordine all'assistenza sindacale ricevuta dalla ricorrente;parimenti, risulta genericamente formulata l'eccezione della resistente, secondo cui: “Alla fine del rapporto erano sorte problematiche in ordine all'entità dei compensi dovuti” non essendo specificato, nel medesimo verbale, quali fossero le pretese avanzate dalla lavoratrice e non essendo stata formulata, in questa sede, alcuna richiesta di prova a supporto delle deduzioni della resistente.
Alla luce delle considerazioni che precedono, non risulta che tra la lavoratrice e la datrice di lavoro sussistesse una lite reale o una pretesa (di carattere patrimoniale e non);inoltre, dal verbale impugnato non emerge lo scambio di reciproche concessioni, essendo riportato solamente che la parte ricorrente “si dichiara integralmente soddisfatto di ogni sua pretesa patrimoniale e non patrimoniale nei confronti della società Controparte_4 CP_1
dichiarando di nulla avere a che pretendere dalla medesima per qualsiasi ragione o
[...]
causa, connessa e in relazione agli intercorsi rapporti di lavoro subordinato dal 29/08/2019 al 31/05/2020 compreso”, senza nessuna menzione delle reciproche concessioni effettuate dalle parti che hanno sottoscritto il verbale di conciliazione.
Di conseguenza, l'impugnazione del verbale di conciliazione, effettuata dalla lavoratrice va dichiarata tempestiva, in quanto non sottoposta al termine di decadenza semestrale ex art.
2113 c.c., ma piuttosto all'ordinario termine di prescrizione decennale, conseguente alla declaratoria di nullità ex art. 2946 c.c., per mancanza di causa”.
Le argomentazioni di questo Tribunale nelle sopra citate sentenze nn. 691/2022 e 694/2022 non possono che essere condivise in quanto i verbali di accordo di conciliazione sindacale sottoscritti in data 02.07.2020 risultano essere i medesimi per tutti i lavoratori, così come identiche sono le difese della datrice di lavoro;dunque, l'impugnazione del verbale di conciliazione effettuata dai ricorrenti e va dichiarata tempestiva, in quanto Pt_1 Per_3
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non sottoposta al termine di decadenza semestrale ex art. 2113 c.c., ma piuttosto all'ordinario termine di prescrizione decennale, conseguente alla declaratoria di nullità ex art. 2946 c.c., per mancanza di causa.
Ciò posto, quanto alle richieste differenze retributive sul maggior orario di lavoro osservato, si precisa che il lavoratore che agisce per il pagamento delle differenze retributive legate all'osservanza di un maggior orario lavorativo rispetto a quello effettivamente retribuito ed indicato nelle buste paga ha l'onere di allegare e provare l'esistenza del rapporto di lavoro, la sua natura, la durata, le mansioni esplicate e l'orario di lavoro osservato.
Nella fattispecie non è contestata l'esistenza del rapporto lavorativo, né le mansioni svolte dai ricorrenti, in quanto regolarmente contrattualizzati (con orario full-time) e provato dalla documentazione versata in atti (cfr. certificati UNILAV e buste paga).
Le doglianze dei ricorrenti riguardano, invece, l'orario di lavoro osservato e conseguentemente la retribuzione maturata, ritenendo questi di aver lavorato, rispettivamente, il 492,50 ore in più (1364 ore di lavoro complessive in luogo delle 871,50 ore Pt_1
indicate e retribuite nelle buste paga 2019 e 2020) e la 593 ore in più (1484 ore di Per_3
lavoro complessive in luogo delle 891 ore indicate e retribuite nelle buste paga 2019 e 2020).
Invero, i ricorrenti si sono limitati a dedurre in maniera generica di aver osservato per un orario maggiore di quello riconosciuto, senza tuttavia indicare l'effettiva articolazione oraria di svolgimento del lavoro, l'orario di ingresso e di uscita, eventuali pause godute, turni di lavoro e giornate di riposo.
In assenza di tali indicazioni, pur essendo ammesso il ricorso a presunzioni semplici, è escluso che il giudice possa ovviare alle carenze probatorie facendo utilizzo di valutazioni equitative (v. Cass., sent. n. 1389/2013).
Al giudice dovrà essere, quindi, fornita non già genericamente la prova dell'an, di avere cioè svolto una qualche attività lavorativa in favore della resistente in eccedenza rispetto a quella per la quale i lavoratori sono stati retribuiti, ma anche la prova, sia pure in termini minimali, dell'esatta collocazione cronologica delle prestazioni rese e la continuità del lavoro supplementare svolto con carattere costante e sistematico (Cass. 5411/1981, 57/1984,
4508/1987, 5620/1988, 1389/2003). Una volta che sia stata fornita tale prova, graverà sul datore di lavoro l'onere di contraddire provando il suo assunto difensivo;ciò potrà avvenire o negando l'esistenza del rapporto o affermando che lo stesso si è svolto con differenti modalità rispetto a quelle indicate in ricorso ovvero deducendo di aver pagato il dovuto.
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In ricorso tali elementi non sono stati forniti in modo puntuale e specifico, mentre, di contro,
n.q. ha affermato di aver sempre correttamente retribuito i ricorrenti per CP_1
l'orario di lavoro effettivamente svolto come indicato nelle buste paga.
Deve, altresì, rilevarsi che i ricorrenti in ricorso avevano chiesto ammettersi prova testimoniale, formulando tuttavia degli articolati di prova generici, lacunosi e inidonei al fine di accertare lo svolgimento della prestazione lavorativa concretamente resa da Pt_1 [...]
e alle dipendenze della ditta individuale in Pt_1 Parte_2 CP_1
quanto gli articolati 1 e 2 vertono esclusivamente sul verbale di accordo sindacale sottoscritto,
l'art. 3 su circostanze non contestate e i restanti due articolati (“Vero che la giornata lavorativa era sempre di otto ore” e “Vero che la paga giornaliera era di € 41,00 al giorno pari ad € 5,12 l'ora”) risultano generici e suggestivi.
Il Giudice della sentenza n. 694/2022, con riferimento a tali due ultimi articolati (proposti in maniera del tutto identica in entrambi i procedimenti), ha difatti correttamente osservato che
“Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Lav. 12.10.2011 n. 20997) 'il fatto deve essere adeguatamente collocato nel tempo e nello spazio per poter formare oggetto della prova per testi. La richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato ma anche che sia collocato unitamente nel tempo e nello spazio… E' pertanto inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare un fatto quando non siano indicati il luogo in cui l'atto venne compiuto, la data e le relative modalità' (cfr Cass. 22.4.2009 n. 9547).
Nella vicenda in esame, viceversa, parte ricorrente rivendica il proprio diritto alla corresponsione delle maggiori retribuzioni per le ore di lavoro effettivamente svolte e ad un numero di giorni maggiori, rispetto a quelli riportati in busta paga e per i quali è stata retribuita, sulla base di un procedimento matematico meramente deduttivo, basato sul rapporto tra ore riportate in busta paga e retribuzione effettivamente percepita, dividendo il lordo in busta paga per il compenso giornaliero effettivamente percepito (paga giornaliera €
41,00 pari a € 5,12/ora), al fine di ricavare il numero di ore mensilmente lavorate, per poi richiedere il pagamento delle differenze retributive maturate moltiplicando detto risultato, ottenuto dal suddetto frazionamento, per la retribuzione prevista dal CCNL di categoria
(paga giornaliera € 71,28 pari ad € 8,91/ora), senza alcuna indicazione dei giorni in cui è stata prestata l'asserita attività lavorativa e senza indicazione concreta dell'articolazione della prestazione lavorativa svolta nell'arco della giornata, mancando, quindi, del tutto, gli elementi di fatto su cui si fonda la pretesa retributiva azionata dalla lavoratrice, che impone alla ricorrente l'indicazione dell'orario di inizio e di cessazione del lavoro e dei giorni di
7 lavoro svolti in eccedenza rispetto a quelli retribuiti. In definitiva, sulla scorta dei citati principi giurisprudenziali – anche ritenendo nulla la conciliazione sindacale per genericità ed indeterminatezza degli accordi stipulati, insussistenza del diritto controverso, mancanza di concreta ed effettiva assistenza sindacale – i predetti capitoli di prova, su cui parte ricorrente rivendica il proprio diritto al pagamento delle differenze retributive, vanno dichiarati inammissibili, in quanto carenti degli elementi che consentano di accertare la corretta esecuzione dell'attività lavorativa, individuando compiutamente la collocazione temporale della prestazione resa, non essendo prospettati, in ricorso, gli orari di inizio e conclusione di ciascuna giornata lavorativa né i giorni di lavoro svolti in eccedenza rispetto a quelli retribuiti ed indicati in busta paga, se non attraverso il richiamo al c.d. “prospetto riepilogativo” che costituisce un documento formato, tra l'altro, da parte ricorrente, la quale non può trarre dallo stesso elementi di prova a proprio favore”.
In accordo con le superiori motivazioni, si ritiene che i ricorrenti, non avendo indicato gli elementi costitutivi della pretesa economica avanzata e non avendo formulato specifiche istanze istruttorie che consentano a questo Giudice di poter valutare la fondatezza della domanda, sono incorsi in decadenza insanabile dalle prove istruttorie, non essendo normativamente prevista la possibilità di riproporle entro un termine giudizialmente assegnato.
Alla luce delle superiori argomentazioni, dunque, non possono essere riconosciute le differenze retributive richieste dai ricorrenti e il ricorso va rigettato in quanto infondato.
Avuto riguardo alla condizione soggettiva delle parti ed alla limitata complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate si ritengono sussistenti giustificate ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.