Trib. Lecce, sentenza 25/06/2024, n. 2054

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Lecce, sentenza 25/06/2024, n. 2054
Giurisdizione : Trib. Lecce
Numero : 2054
Data del deposito : 25 giugno 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI LECCE
Il Giudice del Lavoro Lorenzo H. Bellanova ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n.7249.2021 R.A.C.L., promossa da:
Cosimo Poso
Avv. Insalata
Contro
Inps
avvocatura
Parte ricorrente ha adito in data 1.7.21 questo Tribunale chiedendo il riconoscimento del proprio diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico con conseguente condanna di Inps al pagamento dei ratei differenziali maturati nei limiti della decorrenza ex lege;
il tutto con vittoria di spese di lite da distrarsi alla difesa antistataria.
All'uopo espone di essere titolare di pensione Vo con decorrenza 7.09;
come le retribuzioni dei periodi di contribuzione figurativa (ds per gli anni 1995\1998, 2000\02;
2005, 2008\2009) non rispecchino i valori retributivi ex art.8 l.n. 155 del 1981.
Fissata l'udienza di discussione, si è costituita Inps eccependo la nullità del ricorso, la decadenza dall'azione, la prescrizione del diritto, la non computabilità delle extramensilità per il periodi successivi al 31.12.2004 ex art.40 l.183.2010 ed il difetto di prova per il periodo antecedente.
Nel corso del giudizio è stata assunta prova per testi da cui è emerso come in effetti gli emolumenti extramensili non sono stati conteggiati salvo dal 2003 in poi.


In merio alla validità del ricorso, valga quanto segue.
La Corte Suprema [Cass.25.7.01 n.10154] ha evidenziato come, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto che ne costituiscono il fondamento non è sufficiente che taluno di tali elementi non venga formalmente indicato, ma è necessario che ne sia impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto.
Il processo del lavoro pretende infatti che nella fase introduttiva del giudizio i fatti di causa siano esposti in modo chiaro e specifico, sì da consentire, da una parte, al giudice di avere una compiuta conoscenza del thema decidendum e, dall'altra, al resistente di svolgere tutte le sue eccezioni o difese.
Nè varrebbe a coonestare un assunto diverso il contenuto della documentazione il cui esame, operando nella fase di assunzione probatoria, sottintende l'esito positivo del vaglio di validità del ricorso. Appare opportuno sul punto alcune rapide considerazioni.Infatti, la Corte Suprema, intervenendo negli anni '90 su un indirizzo giurisprudenziale che appariva viceversa consolidato, ha evidenziato come secondo la regola prevista dall'art.414, n.4, cpc, i fatti su cui il ricorrente fonda le sue pretese debbano essere specificamente indicati, non potendo a tale obbligo supplire una produzione documentale che presuppone invece la preventiva estrinsecazione del fatto [Cass. Civ., sez. lav., 13.12.99 n.13984;
Cass. civ., Sez.lav., 18/10/2002, n.14817;
Cass. civ., Sez.lav.,
01/07/1999, n.6714].
Ebbene, ciò detto, rileva questo Decidente come, dalla lettura del ricorso, emerge immediatamente che la parte ricorrente ha fornito idonee indicazioni in ordine a causa petendi e petitum.
Ebbene, vale ricordare come l'art.47 del Decreto Presidente della Repubblica 30/04/1970, n. 639 reciti: “Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'azione dinanzi l'autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 459 e seguenti del codice di procedura civile.
Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all'articolo 24 della legge
9 marzo 1989, n. 88
, l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma.
Dalla data della reiezione della domanda di prestazione decorrono, a favore del ricorrente
o dei suoi aventi causa, gli interessi legali sulle somme che risultino agli stessi dovute.
L'Istituto nazionale della previdenza sociale è tenuto ad indicare ai richiedenti le prestazioni o ai loro aventi causa, nel comunicare il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, i gravami che possono essere proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini. È tenuto, altresì, a precisare i presupposti ed i termini per l'esperimento dell'azione giudiziaria.”
A lungo si è dibattuto in giurisprudenza in merito alla possibilità di applicare la decadenza de qua anche in caso di parziale riconoscimento del trattamento previdenziale. Che è quanto è stato escluso in giurisprudenza con numerose pronunzie della Suprema Corte
[Cassazione civile, sez. lav., 01/03/2010, n. 4900 e Cassazione civile, sez. un., 29/05/2009, n. 12720].
Tuttavia, è intervenuto il legislatore (art.38, dl n.98.2011) secondo cui:
"Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito.
In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte.
In particolare con riferimento alle differenze pensionistiche maturate dopo il 5 luglio 2011 ( la novella legislativa predetta è entrata in vigore il 6 luglio 2011), si applica il criterio della c.d. “decadenza mobile” già previsto in linea generale dall'art. 6 del D.L. n°103/91 conv. in legge n°166/91, considerato che il giudizio di primo grado è stato introdotto dopo l'entrata in vigore del citato art. 38;
viceversa per le differenze pensionistiche maturate prima del 6 luglio 2011, si ritiene vada applicato l'art. 252 disp. att. c.c ( secondo cui il termine di decadenza inizia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa che lo prevede), trattandosi della introduzione di un termine di decadenza ex novo ( cfr. Cass. sez. un. n°12720/2009;
Cass. Sez. Lav. 6959/2012). Per quanto concerna l'applicabilità dell'art. 252 att. c.c. anche nella ipotesi di introduzione di un termine di decadenza ex novo valga ricordare come “in materia di prescrizione e decadenza, l'entrata in vigore di una nuova normativa, che introduce un termine che prima non era previsto, ha efficacia generale, anche per chi già si trovava nella situazione prevista dalla legge per esercitare il diritto ora sottoposto a decadenza, con l'unica differenza - sulla base del disposto dell'art.
252 disp. att. cod. civ.
, espressione di un principio generale dell'ordinamento - consistente nella decorrenza del termine dall'entrata in vigore della legge che lo ha introdotto (v. anche Cass. n°7392/2014 e Cass. sez. un. n°15352/2015).
Ciò detto si deve ritenere la decadenza triennale dall'azione, pur considerando la sospensione dei termini decadenziali a seguito della emergenza covid (art.83 dl 18.2020).
Il che rende superfluo l'esame della eccepita prescrizione.
In tema di prova
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