Trib. Velletri, sentenza 12/03/2024, n. 586

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Velletri, sentenza 12/03/2024, n. 586
Giurisdizione : Trib. Velletri
Numero : 586
Data del deposito : 12 marzo 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI VELLETRI
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. G G Presidente
Dott. ssa P P Giudice rel.
Dott.ssa C B G
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero R.G. 4250/2023 promossa da
(C.F. nato ad Aprilia (LT) il 01.04.2000 e residente ad Anzio (RM) in Parte_1 C.F._1
Via G. Marconi n.150, elettivamente domiciliato in Roma alla via Antonio Mordini n.14 presso lo studio dell'Avv. G G che lo rappresenta e difende giusta delega in calce all'atto introduttivo del giudizio
Parte attrice
nei confronti di
Pubblico Ministero, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri
Parte convenuta
OGGETTO: mutamento di sesso
CONCLUSIONI DELLA PARTE ATTRICE: --autorizzare a sottoporsi a trattamento medico- Parte_1 chirurgico per l'adeguamento dei suoi caratteri sessuali a quelli femminili;
-contestualmente, stante lo stato di avanzata femminilizzazione raggiunto dal ricorrente, ordinare all'Ufficiale di Stato Civile competente di effettuare la rettificazione nel relativo registro mediante l'indicazione del nuovo sesso, da maschile a femminile, e nome, che, a tal fine, egli intende sostituire dal proprio prenome “ con quello di Pt_1
“ ”. Persona_1
FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art. 473 bis e ss c.p.c. del 21 luglio 2023 deduceva: (i) che fin dall'infanzia ha Parte_1 sempre manifestato una sua natura psicologica e comportamentale tipicamente femminile pur essendo un individuo di sesso biologico maschile;
(ii) che, al fine di adeguare l'aspetto fisico alla sua psiche, ha ormai da tempo assunto l'aspetto e gli atteggiamenti di una donna;
(iii) che, sentendo soggettivamente propria
l'identità sessuale femminile, vive con sofferenza la propria condizione con notevoli problemi nell'integrazione sociale;
(iv) che ha interesse ad essere autorizzata ad un trattamento chirurgico al fine di adeguare i propri caratteri sessuali a quelli femminili;
(v) che a tal fine ha già da tempo preso contatti con il


Centro Clinico , nonché con gli psicologi e psichiatri del suddetto nosocomio, in particolare con Org_1 la Dott.ssa (vi) che quest'ultima ha redatto, sulla persona del ricorrente, esaustiva Persona_2 relazione psico-sessuale attestante la sua condizione di disforia di genere (DIG), più comunemente noto come transessualismo (All.3 all'atto introduttivo);
(vii) che l'attore è celibe e senza prole (All.1 bis all'atto introduttivo);
(viii) che l'attore, anche grazie alla somministrazione di una terapia ormonale femminilizzante, ha già da tempo assunto l'aspetto esteriore di una donna (All.4 all'atto introduttivo). Tutto ciò premesso,
chiedeva di essere autorizzato a sottoporsi al trattamento medico-chirurgico per Parte_1
l'adeguamento dei suoi caratteri sessuali a quelli femminili e contestualmente, stante lo stato di avanzata femminilizzazione raggiunto dall'attore, di ordinare all'Ufficiale di Stato Civile competente di effettuare la rettificazione nel relativo registro mediante l'indicazione del nuovo sesso e nome, che, a tal fine, egli intende sostituire il proprio nome “ ” con quello di “ ” . Pt_1 Persona_1
Disposto il mutamento del rito ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. n. 150/2011 e la comunicazione al P.M., all'udienza del 31 gennaio 2024, stante la natura documentale della causa e la mancata costituzione del P.M., il difensore chiedeva di trattenere la causa in decisione, riportandosi ai propri scritti difensivi e rinunciando ai termini ex art. 189 c.p.c. Il giudice rimetteva la causa al Collegio per la decisione.
La domanda è meritevole di accoglimento.
Posto che la legge 164 del 1982 che detta “norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso” attribuisce preminente rilevanza al cosiddetto sesso psicologico e comportamentale, va accordata
l'autorizzazione all'intervento medico chirurgico previsto dall'art. 3 della legge medesima, allorché il soggetto che lo richiede, pur presentando caratteristiche genetiche, anatomiche e sessuali del proprio sesso anagrafico, abbia manifestato sin dalla tenera età una naturale tendenza a comportarsi con se stesso e nella vita di relazione come appartenente all'altro sesso.
Ritiene infatti il Collegio che la transessualità irreversibile - intesa come situazione in cui un soggetto, pur presentando caratteristiche cromosomiche ed anatomiche di un certo sesso, avverte tuttavia di appartenere al sesso opposto- legittima la persona interessata a chiedere l'autorizzazione per
l'adeguamento anatomico del proprio corpo, mediante intervento medico chirurgico, alla personalità psico -sessuale effettiva.
Tale interpretazione risulta avvalorata dalla sentenza n. 161 del 1985 della Corte Costituzionale. Afferma, in tale sede, la Corte: "Nel transessuale (..) l'esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto, di norma, è indispensabile il ricorso all'operazione chirurgica. (...)
Ciò che conta (..) è che l'intervento chirurgico e la conseguente rettificazione anagrafica riescono nella grande maggioranza dei casi a ricomporre l'equilibrio tra soma e psiche".
La Corte, dopo aver affermato che il legislatore ha accolto una concezione di identità sessuale che non conferisce più esclusivo rilievo agli organi sessuali, ma anche ad elementi di carattere psicologico e sociale, e che il transessuale, più che compiere una scelta, obbedisce al suo vero istinto, aggiunge: "...il legislatore ha preso atto di una simile situazione, nei termini prospettati dalla scienza medica, per dettare le norme idonee, quando necessario, a garantire gli accertamenti del caso ovvero a consentire l'intervento chirurgico risolutore e dare, quindi, corso alla conseguente rettificazione anagrafica del sesso".
Esaminando, quindi, la domanda di autorizzazione all'intervento chirurgico richiesto, devono essere valutati due distinti aspetti: quello delle condizioni psico-sessuali del richiedente e quello della necessità dell'intervento chirurgico ai fini dell'adeguamento dei caratteri sessuali.
Dalla documentazione in atti risulta che si è sottoposto ad approfonditi esami medici Parte_1 psichiatrici dai quali è emersa la diagnosi di disturbo di identità di genere, la necessità che l'interessato
prosegua e completi il percorso di transizione da uomo a donna anche attraverso i necessari interventi chirurgici, la correttezza della terapia ormonale in atto.
Nel corso del giudizio è stato inoltre assunto il libero interrogatorio della parte attrice che, presentandosi con una caratterizzazione femminile sicura e convincente, ha insistito per l'accoglimento della domanda.
Alla luce di quanto emerge dalla documentazione medica e delle dichiarazioni rese dall'interessato in sede di interrogatorio, ritiene il Collegio che debba essere autorizzato l'intervento richiesto e che sia superfluo, in considerazione della completezza delle indagini effettuate e della durata del periodo di osservazione compiuto, procedere all'espletamento di apposita CTU.
Va altresì riconosciuta, come richiesto, la rettificazione dell'atto di nascita e di ogni altro atto dello stato civile, contestualmente all'autorizzazione all'intervento chirurgico.
Invero recenti pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale hanno chiarito che
l'intervento chirurgico volto alla modificazione dei caratteri sessuali primari dell'individuo non è da ritenersi prodromico e dunque necessario, rispetto alla modificazione degli atti anagrafici.
In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15138/2015, ha stabilito che “alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata e conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell'art. 1 legge 164 del 1982, nonché del successivo articolo 3 della medesima legge, attualmente confluito nell'art. 31 comma 4 del decreto legislativo n. 150 del 2011, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile, deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale”.
Inoltre la Corte Costituzionale con la sentenza n. 221/2015 ha così stabilito: “Il ricorso alla modificazione dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. La prevalenza della tutela della salute dell'individuo sulla corrispondenza tra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione –come prospettato dal rimettente-, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico” .
Va, pertanto, accolta la domanda di rettificazione dell'atto di nascita e di ogni altro atto dello stato civile, avanzata da parte attrice, ancor prima ed a prescindere dalla effettuazione degli interventi chirurgici, che pure intende affrontare. Parte_1
Anche la correlata domanda di variazione del nome deve essere accolta.
Pur in assenza di una apposita previsione normativa nel corpus della legge che disciplina la rettificazione dell'attribuzione di sesso, deve ritenersi che ciò sia ammissibile in quanto normale conseguenza della nuova assegnazione, attesa l'importanza che il nome ha nella individuazione e qualificazione del soggetto come appartenente all'uno piuttosto che all'altro sesso, e che ciò possa operarsi con la sentenza di rettificazione.
Ciò è imposto, oltre che da ragioni logiche, anche da ragioni di carattere sistematico, ossia di non far permanere nell'unico atto di stato civile elementi che possano dar luogo ad un'equivoca e contraddittoria interpretazione del carattere sessuale della persona, come appunto un nome sicuramente maschile in soggetto femminile.
La rettificazione dell'atto di stato civile a seguito della riassegnazione del sesso deve consentire una completa ridefinizione dei dati anagrafici del soggetto conseguenti a quella modificazione e non limitarsi alla sola nuova attribuzione del carattere, pena, oltre alla già ricordata contraddittorietà dell'atto, una valenza di possibilità discriminatoria o denigratoria del soggetto, sicuramente contraria alla legge del 1982.
Un argomento letterale di conferma di tale interpretazione è offerto dalla menzione, nell'art. 5 della legge, al fatto che le attestazioni di stato civile debbono recare la sola indicazione del nuovo sesso e nome, con ciò facendo chiaramente intendere della possibilità di variazione di questo legata alla nuova attribuzione senza che si debba chiedere l'avvio di nuove procedure sicché, data l'assenza di indicazioni di potestà spettanti ad altri organi, tutti i nuovi dati devono essere disposti dal Giudice che procede.
In definitiva, deve disporsi che a venga attribuito non solo il nuovo sesso, ma anche il nuovo Parte_1 nome, dallo stesso indicato, di , con le conseguenti variazioni. Persona_1
Nulla va disposto riguardo alle spese di lite, non essendo ravvisabile una soccombenza di parti processuali.
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