Trib. Vibo Valentia, sentenza 12/02/2025, n. 198
Sentenza
12 febbraio 2025
Sentenza
12 febbraio 2025
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Sul provvedimento
Testo completo
N. 2166/2023 Reg. Gen.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
Settore Lavoro e Previdenza
Il Giudice del Tribunale di Vibo Valentia, in funzione del Giudice del Lavoro, dott.ssa Angela Damiani, all'udienza del 12/02/2025, ha pronunciato la seguente
SENTENZA ex art. 429, I comma, c.p.c. nella causa
TRA
elettivamente domiciliata in Vibo Valentia, via Popilia, n. 5, presso lo studio Parte_1 dell'avv. Valerio Natale (PEC: che la rappresenta e difende giusta Email_1 procura in atti.
RICORRENTE
E
, in persona del del Controparte_1 CP_1 rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato presso la sede provinciale CP_2 di Vibo Valentia, via G. Fortunato, con i funzionari Sandra Maria Patanè e Francesco Pronestì (PEC:
che congiuntamente e disgiuntamente, lo rappresentano giusta procura Email_2 in atti.
RESISTENTE
Oggetto: Carta Docenti e Retribuzione Professionale Docenti.
Conclusioni: i procuratori delle parti concludevano come in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in cancelleria il 31/10/2023, parte ricorrente in epigrafe indicata, agiva in questa sede, chiedendo – in qualità di docente in servizio, al tempo dell'iscrizione a ruolo della causa, presso l'I.C. di OT (VV) – l'accertamento del diritto a ottenere la Carta Elettronica per l'Aggiornamento e la Formazione (ex l. 107/2015) per gli anni scolastici: 2021/2022 (in ragione dello svolgimento dell'attività lavorativa dal 13.09.2021 al 30.06.2022); 2022/2023 (in ragione dello svolgimento dell'attività lavorativa dal 02.09.2022 al 30.06.2023); 2023/2024 (in ragione dello svolgimento dell'attività lavorativa dal 01.09.2023 al 30.06.2024) e del diritto a ottenere la Retribuzione Professionale Docenti, per l' anno scolastico 2020/2021 , dopo aver rappresentato, di aver sottoscritto, con il resistente, contratti di supplenza a tempo determinato, per gli anni scolastici suindicati. CP_1 Tutto ciò premesso concludeva chiedendo all'intestato Tribunale: “A) in via principale, ACCERTARE E DICHIARARE il diritto alla “retribuzione professionale docenti” per i periodi indicati dell'AA.SS.
1
2020/2021 e CONDANNARE l'Amministrazione al pagamento di Euro 261,90 lordi a titolo di
“retribuzione professionale docenti” per l'anno indicato;
B) in via principale, ACCERTARE E DICHIARARE il diritto alla “Carta del Docente” per gli AA.SS. 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024 e CONDANNARE il alla corresponsione secondo le modalità Controparte_1 previste dalla legge (accredito su carta elettronica) di Euro 1.500,00 a titolo di “Carta del Docente”;
C) in subordine alla richiesta di cui al punto B, in merito ai periodi rivendicati per la carta del docente, qualora non fosse accolta la domanda per come qualificata nei punti 1 e 2 del presente ricorso,
ACCERTARE E DICHIARARE il diritto al risarcimento del danno in relazione alle spese effettuate per l'acquisto di beni ricompresi fra quelli acquistabili con la carta del docente, per i motivi di cui al punto 3 del presente ricorso, e CONDANNARE il a risarcire la somma di Euro 3.650,00; CP_1
D) CONDANNARE il al pagamento di spese, diritti ed onorari del presente Controparte_1 procedimento da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore costituito”.
Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si costituiva in giudizio , il quale aderiva alla CP_3 richiesta di parte ricorrente all'ottenimento della Carta Docenti per gli aa.ss. 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024, contestando, per il resto, le avverse pretese e chiedendone il rigetto con il favore delle spese di lite. La causa, istruita con la sola documentazione prodotta dalle parti, è stata decisa all'odierna udienza mediante lettura della sentenza con motivazione contestuale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La domanda è fondata.
2. Giova osservare che, la clausola 4 dell'Accordo quadro, attuato dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio dell'Unione Europea del 28.6.1999, disciplinando il “principio di non discriminazione”, prevede che “1. per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. (…) 3. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
3. La clausola 4 dell'Accordo quadro, dunque, enuncia un divieto di trattare, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto che lavorino sulla base di un contratto a termine, a meno che il diverso trattamento sia giustificato da ragioni oggettive.
4. Rispetto al citato punto 1 della clausola 4, la Corte di Giustizia ha ritenuto che “la nozione di 'condizioni di impiego' dev'essere interpretata nel senso che essa può servire da base ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all'attribuzione ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l'ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato”, come pure che la medesima clausola “dev'essere interpretata nel senso che essa osta all'introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato” (Corte di Giustizia, 13.9.2007, ). Persona_1
5. La Corte di Giustizia, come puntualmente evidenziato dalla S.C. di Cassazione nella recente sentenza n. 3473/2019, ha poi anche chiarito che:
- al fine di valutare se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile ai sensi dell'Accordo quadro, occorre, in conformità delle clausole in esso contenute, valutare se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro e le condizioni di impiego, si possa ritenere che si trovino in una situazione comparabile (Corte Giustizia 8.9.2011 causa Rosado C-177/10);
2
- la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia
15.4.2008, causa C- 268/06, Impact;
13.9.2007, causa C-307/05, ; 8.9.2011, causa Persona_1
C-177/10 Rosado Santana);
- il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell'art. 137 n. 5 del Trattato (oggi 153 n. 5), "non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione" (Del Ce.
Al., cit., punto 42);
- le maggiorazioni retributive che derivano dall'anzianità di servizio del lavoratore costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata) che – si aggiunge - dev'essere evidentemente allegata e comprovata dal datore di lavoro;
- a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento (tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato) sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate.
6. Infatti, si richiede che “la disparità di trattamento sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Detti elementi possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti questi ultimi, o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro”. (sentenza Del Cerro cit.; Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani, Corte di Giustizia 18.10.2012, cause
C302/11 e C305/11, Valenza;
7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi).
7. In tal senso si è recentemente espressa anche la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19270 resa il 17.7.2019, nella cui motivazione afferma solennemente che “I lavoratori a tempo determinato devono avere pari trattamento economico di quelli a tempo indeterminato, salvo che le mansioni non siano equiparabili. Si conferma la scelta giurisprudenziale di dare rilevanza differenziale solo a