Trib. Viterbo, sentenza 12/11/2024, n. 631

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Viterbo, sentenza 12/11/2024, n. 631
Giurisdizione : Trib. Viterbo
Numero : 631
Data del deposito : 12 novembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI VITERBO
in funzione di giudice del lavoro, in persona del Dr. Mauro Ianigro, ha pronunciato la seguente SENTENZA
(Emessa ai sensi dell'art. 132 c.p.c. come modificato dall'art. 45 co. 17 della L. 69/09) nella causa iscritta al n. 661 del R.G. Contenzioso Lavoro e Previdenza per l'anno 2024 vertente TRA (C.F. = ) Parte_1 C.F._1
(C.F. = ) Parte_2 C.F._2
) Parte_3 C.F._3
(C.F. = ) Parte_4 C.F._4 esi con ente dagli avv.ti Massimo Pistilli (codice fi- scale ;
fax 0761/322595, indirizzo di posta certificata C.F._5 [...]
e Stefania Reho (codice fiscale Email_1 C.F._6
06/88937383, indirizzo di posta certificata come da procure autentica- Email_2 te in calce al ricorso introduttivo, ed eletti o lo studio del primo in Vi- terbo, via Belluno n. 69 RICORRENTE E
(C.F. = ) Controparte_1 P.IVA_1
, Controparte_2 ura Generale dello Stato, domiciliato con sede legale in Roma, viale Trastevere n 76/A RESISTENTE OGGETTO: Retribuzione Professionale Docenti (RPD). CONCLUSIONI: i procuratori delle parti hanno concluso come in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 24.4.2024 le ricorrenti in epigrafe indicate hanno adito questo Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro, per fare accertare il loro diritto a percepire la voce retributiva denominata RPD (Retribuzione Professionale Docenti), così come percepita dai propri colleghi a tempo determinato incaricati per l'intero anno scolastico o dagli incaricati a tempo indeterminato. A sostegno del proprio ricorso ha esposto
- di aver lavorato come docente in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato non aven- ti durata annuale, cd. supplenza breve, presso diversi istituti della Provincia di Viterbo negli aa.ss. per ciascuno indicati;

- che il mancato pagamento della RPD nelle supplenze brevi viola la clausola 4 dell'accordo quadro alla direttiva 1990/70/CE circa la parità di trattamento dei dipendenti pubblici.
Hanno quindi concluso chiedendo "accertare il servizio prestato a seguito di contratti a tempo determinato, da ciascun ricorrente alle dipendenze del resistente;
dichiarare il diritto di parte ricorrente alla Retribu- CP_1
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zione professionale docenti per il servizio in atti;
condannare il a corrispon- Controparte_1 dere la Retribuzione professionale docenti maturata, oltre inte . Con vitto- ria di spese, competenze ed onorari, da distrarsi in favore dei difensori che si dichiarano, sin da ora, antistatari". Il si è costituito resistendo alla domanda e ciedendone il Controparte_1 rigetto. La causa, istruita con prove documentali, è stata decisa in data odierna con motivazione conte- stuale, previa sostituzione dell'udienza con note scritte ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.. Il ricorso è fondato e, pertanto, merita di trovare accoglimento. Preliminarmente, giova osservare come, secondo l'orientamento consolidato della Suprema Corte, sia necessario riconoscere, anche nel pubblico impiego, la parità di trattamento economi- co a fronte della eguaglianza della prestazione lavorativa resa dal dipendente, alla luce della clau- sola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18/3/1999, la quale, regolando il “principio di non discriminazione” ed enunciando, difatti, che “1. per quanto riguarda le condizio- ni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determina- to, a meno che non sussistano ragioni oggettive. (…)”, prevede espressamente il divieto di discriminare i lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto che svolgano la prestazione lavorativa sulla base di un contratto a termine, salvo che la di- sparità di trattamento sia giustificata da ragioni oggettive. La Corte di Giustizia ha ritenuto che la clausola citata “dev'essere interpretata nel senso che essa osta all'introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato” (Corte di Giustizia, 13.9.2007, ). Persona_1
La giurisprudenza di legittimità, nella recente ordinanza n. 3473/2019, ha sottolineato come la Corte di Giustizia abbia ulteriormente affermato che: “a) la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno(Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact;
13.9.2007, causa C-307/05, Del Persona_1 8.9.2011, causa C-177/10 Rosado Santana);
b) il principio di non discriminazione non può es in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell'art. 137 n. 5 del Trattato ( oggi 153 n. 5), "non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione" ( Del Cerro Alonso, cit., punto 42)”. Per quanto riguarda la nozione di ragione oggettiva di cui al punto 1 della suddetta clausola, la Corte di Giustizia ha ritenuto che non sia giustificata una diversità di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a termine per il solo fatto che tale differenza sia contemplata da una legge o da un contratto collettivo, vale a dire da una norma interna generale ed astratta, poiché è necessario che “la disparità di trattamento sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Detti elementi possono risultare segnata- mente dalla particolare natura delle mansioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti questi ultimi, o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima fi- nalità di politica sociale di uno Stato membro” (sentenza Del Cerro cit.;
Corte di Giustizia 9.7.2015, causa C177/14, Regojo Dans;
Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valen- za;
7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi). Nello stesso senso si è recentemente pronunciata la Suprema Corte, mediante l'ordinanza n. 19270/2019, nella cui motivazione viene ribadito che “I lavoratori a tempo determinato devono avere
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pari trattamento economico di quelli a tempo indeterminato, salvo che le mansioni non siano
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