Trib. Palermo, sentenza 10/12/2024, n. 5074
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PALERMO
Il Giudice del Lavoro, Dott. Dante Martino nella causa civile iscritta al
n°5427/2021 R.G.L., promossa
D A
, rappresentato e difeso dall'avv.to BRUNO FEDERICO ed Parte_1
elettivamente domiciliato presso il suo studio, sito in Via Jacopo Tintoretto n.4, a
Palermo.
- ricorrente -
C O N T R O
in persona del suo legale Controparte_1
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to LO VOI FERNANDO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in VIA MARIANO STABILE
N.200 a PALERMO.
in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, domiciliato CP_2
legalmente in Roma ed elettivamente in Palermo, Via Laurana n. 59, rappresentato e difeso dall'avv.to Rosaria Ciancimino, giusta procura generale in Notaio Per_1
- resistenti -
All'esito dell'udienza del 09/12/2024, trattata in forma scritta ai sensi dell'art.127- ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Con ricorso depositato in data 09/06/2021, il sig. convenne in Parte_1
giudizio la e, avendo premesso di Controparte_1
avere lavorato continuativamente alle sue dipendenze, dal 01.06.1999 al 30.09.2015
(seppur formalmente solo nei seguenti periodi : dal 04.03.2002 al 31.10.2003, dal
02.02.2004 al 27.02.2004, dal 15.04.2005 al 30.06.2005 ed infine, dal 1.03.2011 al
1
1.12.2014), rispettando un orario di lavoro che andava, dal lunedì al venerdì, dalle ore
7.30 alle ore 12.00 e dalle ore 13,30 alle ore 17,00 ed il sabato dalle ore 7,30 alle ore
12,30 per un totale di 45 ore settimanali, con mansioni di “ Parte_2
” o di “ ” (riconducibili al 3° livello del CCNL di categoria e
[...] Parte_3 quindi superiori rispetto al livello d'inquadramento riconosciutogli, prima di 1° e da ultimo di 2° livello), lamentò di avere percepito una retribuzione inferiore a quella dovuta, in relazione alle mansioni svolte ed all'orario di lavoro rispettato e chiese quindi condannarsi la convenuta al pagamento, a titolo di differenze retributive, di €
Euro 174.877,39, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali, regolarizzazione contributiva e col favore delle spese di lite.
Si costituì in giudizio la convenuta, eccependo la prescrizione delle pretese attoree
e contestando la fondatezza del ricorso di cui chiese il rigetto.
Disposta l'integrazione del contraddittorio, con ordinanza del 13.6.2023, è stato chiamato in giudizio l' che, costituendosi ha chiesto: “in caso di accertamento CP_2
positivo del rapporto di lavoro Accogliere la domanda del lavoratore di condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi non versati all'ente di previdenza nei limiti della prescrizione quinquennale oltre sanzioni dovute per legge”.
La causa, istruita mediante l'audizione dei testi indicati dalle parti, è stata decisa all'esito della suddetta udienza del 13/11/2023, trattata in forma scritta ai sensi dell'art.
127 ter c.p.c.
Il ricorso va respinto.
Va preliminarmente affrontata l'eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata da parte convenuta.
Al riguardo è necessario precisare come, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, non v'è prova che fra le parti sia intercorso un unico rapporto di lavoro, protrattosi ininterrottamente dal 01.06.1999 al 30.09.2015.
Tale allegazione, smentita dalla documentazione in atti (cfr. contratti di lavoro e licenziamenti, all. 3 produzione attorea), non ha trovato conferma nelle generiche dichiarazioni del teste che ha riferito di aver lavorato col ricorrente “per un arco Tes_1
temporale di circa 15 anni che però non so collocare nel tempo esattamente” aggiungendo che “non lavoravamo sempre insieme visto che io mi recavo nei cantieri dove mi dicevano di andare”.
2
In assenza di ulteriori prove che era onere del ricorrente fornire, non resta che affidarsi alla documentazione in atti e ritenere che fra le parti siano intercorsi quattro rapporti di lavoro: dal 04.03.2002 al 31.10.2003, dal 02.02.2004 al 27.02.2004, dal
15.04.2005 al 30.06.2005 ed infine, dal 1.03.2011 al 1.12.2014.
Ciò chiarito, in punto di fatto, va poi ricordato come le pretese creditorie nascenti dai rapporti di lavoro subordinato sono per pacifico indirizzo giurisprudenziale assoggettate al termine prescrizionale breve previsto dall'art. 2948 c.c.
Si sottraggono a tale regola gli altri diritti (di norma non qualificabili come diritti di credito in senso stretto) nascenti dal rapporto di lavoro come il diritto al riconoscimento della qualifica superiore acquisita per l'espletamento di mansioni superiori, il quale si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 c.c.,
“mentre le azioni dirette ad ottenere le differenze retributive derivanti dal riconoscimento della superiore qualifica si prescrivono nel termine quinquennale previsto dall'art. 2948 c.c.” (cfr. tra le altre Cassazione civile, sez. lav., 23 agosto 1997,
n. 7911e Cassazione civile, sez. lav., 29 maggio 1990, n. 4996). Appurato ciò, occorre, adesso, stabilire la data di decorrenza del suddetto termine.
In ordine al decorso dei suddetti termini prescrizionali giova distinguere a seconda che il rapporto di lavoro fonte dei crediti sia o meno assistito dalla garanzia della stabilità, ovvero sia assoggettato alla disciplina prevista dall'art. 18 dello Statuto dei
Lavoratori: ove ciò sia provato il termine prescrizionale comincia a decorrere, secondo le regole generali, nel momento in cui il relativo diritto può essere fatto valere (e quindi anche durante il rapporto di lavoro), ove tale prova non sia fornita, il medesimo termine comincia a decorrere solo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Tale consolidata impostazione va, peraltro, aggiornata in conseguenza delle modifiche introdotte al succitato art. 18 della L. 330/1970 dalla c.d. Legge Fornero, ovvero dalla L. 92/2012. Deve, infatti, condividersi l'orientamento che si sta affermando nella più recente giurisprudenza di merito (cfr. per primo Tribunale di
Milano sentenza n. 3460 del 16.12.2015) secondo cui “..l'entrata in vigore dal 18/07/12 della legge n. 92/12..ha modificato la tutela reale di cui all'articolo 18 SL, prescrivendo, al comma cinque di tale norma, delle ipotesi nelle quali, anche a fronte di un licenziamento illegittimo, la tutela resta solo di tipo indennitario, senza possibilità di reintegrazione, in modo analogo che nella tutela obbligatoria (seppur con
3 importi risarcitori maggiori)”. Discendendone dunque che “da tale data i lavoratori, pur dipendenti da azienda sottoposta all'art. 18 SL, potessero incorrere per la durata della relazione lavorativa – nel timore del recesso nel far valere le proprie ragioni, a fronte della diminuita resistenza della propria stabilità”.
Osserva il giudicante, infatti, che dalla data suddetta (18.07.2012) in concreto sussiste il metus dei lavoratori, impiegati presso datori di lavoro privati, nei confronti di questi ultimi, inclusi quelli cui trova applicazione l'art. 18 St. Lav. e succ. mod: il timore della perdita del posto di lavoro in tempi di crisi economica, che comporta sempre più spesso l'intimazione del licenziamento per motivo oggettivo, tutelato solo in via indennitaria ad eccezione delle ipotesi di manifesta infondatezza dei motivi, dal
18.07.2012 appare reale e idoneo ad impedire al lavoratore di proporre rivendicazioni retributive nei confronti del datore di lavoro, per timore di subire un provvedimento espulsivo, poiché contro il medesimo, in ipotesi di illegittimità, egli può non venire più tutelato in maniera forte, bensì solo con il pagamento di una somma di denaro, insufficiente alle sua stabili esigenze di vita, particolarmente in una realtà come quella siciliana, in cui è notoria l'estrema difficoltà di reperimento di altra attività lavorativa.
Tali conclusioni hanno trovato un recente avallo da parte della Corte di Cassazione
(sentenza n. 26246 del 6.9.2022) secondo
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PALERMO
Il Giudice del Lavoro, Dott. Dante Martino nella causa civile iscritta al
n°5427/2021 R.G.L., promossa
D A
, rappresentato e difeso dall'avv.to BRUNO FEDERICO ed Parte_1
elettivamente domiciliato presso il suo studio, sito in Via Jacopo Tintoretto n.4, a
Palermo.
- ricorrente -
C O N T R O
in persona del suo legale Controparte_1
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to LO VOI FERNANDO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in VIA MARIANO STABILE
N.200 a PALERMO.
in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, domiciliato CP_2
legalmente in Roma ed elettivamente in Palermo, Via Laurana n. 59, rappresentato e difeso dall'avv.to Rosaria Ciancimino, giusta procura generale in Notaio Per_1
- resistenti -
All'esito dell'udienza del 09/12/2024, trattata in forma scritta ai sensi dell'art.127- ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Con ricorso depositato in data 09/06/2021, il sig. convenne in Parte_1
giudizio la e, avendo premesso di Controparte_1
avere lavorato continuativamente alle sue dipendenze, dal 01.06.1999 al 30.09.2015
(seppur formalmente solo nei seguenti periodi : dal 04.03.2002 al 31.10.2003, dal
02.02.2004 al 27.02.2004, dal 15.04.2005 al 30.06.2005 ed infine, dal 1.03.2011 al
1
1.12.2014), rispettando un orario di lavoro che andava, dal lunedì al venerdì, dalle ore
7.30 alle ore 12.00 e dalle ore 13,30 alle ore 17,00 ed il sabato dalle ore 7,30 alle ore
12,30 per un totale di 45 ore settimanali, con mansioni di “ Parte_2
” o di “ ” (riconducibili al 3° livello del CCNL di categoria e
[...] Parte_3 quindi superiori rispetto al livello d'inquadramento riconosciutogli, prima di 1° e da ultimo di 2° livello), lamentò di avere percepito una retribuzione inferiore a quella dovuta, in relazione alle mansioni svolte ed all'orario di lavoro rispettato e chiese quindi condannarsi la convenuta al pagamento, a titolo di differenze retributive, di €
Euro 174.877,39, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali, regolarizzazione contributiva e col favore delle spese di lite.
Si costituì in giudizio la convenuta, eccependo la prescrizione delle pretese attoree
e contestando la fondatezza del ricorso di cui chiese il rigetto.
Disposta l'integrazione del contraddittorio, con ordinanza del 13.6.2023, è stato chiamato in giudizio l' che, costituendosi ha chiesto: “in caso di accertamento CP_2
positivo del rapporto di lavoro Accogliere la domanda del lavoratore di condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi non versati all'ente di previdenza nei limiti della prescrizione quinquennale oltre sanzioni dovute per legge”.
La causa, istruita mediante l'audizione dei testi indicati dalle parti, è stata decisa all'esito della suddetta udienza del 13/11/2023, trattata in forma scritta ai sensi dell'art.
127 ter c.p.c.
Il ricorso va respinto.
Va preliminarmente affrontata l'eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata da parte convenuta.
Al riguardo è necessario precisare come, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, non v'è prova che fra le parti sia intercorso un unico rapporto di lavoro, protrattosi ininterrottamente dal 01.06.1999 al 30.09.2015.
Tale allegazione, smentita dalla documentazione in atti (cfr. contratti di lavoro e licenziamenti, all. 3 produzione attorea), non ha trovato conferma nelle generiche dichiarazioni del teste che ha riferito di aver lavorato col ricorrente “per un arco Tes_1
temporale di circa 15 anni che però non so collocare nel tempo esattamente” aggiungendo che “non lavoravamo sempre insieme visto che io mi recavo nei cantieri dove mi dicevano di andare”.
2
In assenza di ulteriori prove che era onere del ricorrente fornire, non resta che affidarsi alla documentazione in atti e ritenere che fra le parti siano intercorsi quattro rapporti di lavoro: dal 04.03.2002 al 31.10.2003, dal 02.02.2004 al 27.02.2004, dal
15.04.2005 al 30.06.2005 ed infine, dal 1.03.2011 al 1.12.2014.
Ciò chiarito, in punto di fatto, va poi ricordato come le pretese creditorie nascenti dai rapporti di lavoro subordinato sono per pacifico indirizzo giurisprudenziale assoggettate al termine prescrizionale breve previsto dall'art. 2948 c.c.
Si sottraggono a tale regola gli altri diritti (di norma non qualificabili come diritti di credito in senso stretto) nascenti dal rapporto di lavoro come il diritto al riconoscimento della qualifica superiore acquisita per l'espletamento di mansioni superiori, il quale si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 c.c.,
“mentre le azioni dirette ad ottenere le differenze retributive derivanti dal riconoscimento della superiore qualifica si prescrivono nel termine quinquennale previsto dall'art. 2948 c.c.” (cfr. tra le altre Cassazione civile, sez. lav., 23 agosto 1997,
n. 7911e Cassazione civile, sez. lav., 29 maggio 1990, n. 4996). Appurato ciò, occorre, adesso, stabilire la data di decorrenza del suddetto termine.
In ordine al decorso dei suddetti termini prescrizionali giova distinguere a seconda che il rapporto di lavoro fonte dei crediti sia o meno assistito dalla garanzia della stabilità, ovvero sia assoggettato alla disciplina prevista dall'art. 18 dello Statuto dei
Lavoratori: ove ciò sia provato il termine prescrizionale comincia a decorrere, secondo le regole generali, nel momento in cui il relativo diritto può essere fatto valere (e quindi anche durante il rapporto di lavoro), ove tale prova non sia fornita, il medesimo termine comincia a decorrere solo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Tale consolidata impostazione va, peraltro, aggiornata in conseguenza delle modifiche introdotte al succitato art. 18 della L. 330/1970 dalla c.d. Legge Fornero, ovvero dalla L. 92/2012. Deve, infatti, condividersi l'orientamento che si sta affermando nella più recente giurisprudenza di merito (cfr. per primo Tribunale di
Milano sentenza n. 3460 del 16.12.2015) secondo cui “..l'entrata in vigore dal 18/07/12 della legge n. 92/12..ha modificato la tutela reale di cui all'articolo 18 SL, prescrivendo, al comma cinque di tale norma, delle ipotesi nelle quali, anche a fronte di un licenziamento illegittimo, la tutela resta solo di tipo indennitario, senza possibilità di reintegrazione, in modo analogo che nella tutela obbligatoria (seppur con
3 importi risarcitori maggiori)”. Discendendone dunque che “da tale data i lavoratori, pur dipendenti da azienda sottoposta all'art. 18 SL, potessero incorrere per la durata della relazione lavorativa – nel timore del recesso nel far valere le proprie ragioni, a fronte della diminuita resistenza della propria stabilità”.
Osserva il giudicante, infatti, che dalla data suddetta (18.07.2012) in concreto sussiste il metus dei lavoratori, impiegati presso datori di lavoro privati, nei confronti di questi ultimi, inclusi quelli cui trova applicazione l'art. 18 St. Lav. e succ. mod: il timore della perdita del posto di lavoro in tempi di crisi economica, che comporta sempre più spesso l'intimazione del licenziamento per motivo oggettivo, tutelato solo in via indennitaria ad eccezione delle ipotesi di manifesta infondatezza dei motivi, dal
18.07.2012 appare reale e idoneo ad impedire al lavoratore di proporre rivendicazioni retributive nei confronti del datore di lavoro, per timore di subire un provvedimento espulsivo, poiché contro il medesimo, in ipotesi di illegittimità, egli può non venire più tutelato in maniera forte, bensì solo con il pagamento di una somma di denaro, insufficiente alle sua stabili esigenze di vita, particolarmente in una realtà come quella siciliana, in cui è notoria l'estrema difficoltà di reperimento di altra attività lavorativa.
Tali conclusioni hanno trovato un recente avallo da parte della Corte di Cassazione
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