Trib. Lamezia Terme, sentenza 31/01/2024, n. 88

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Lamezia Terme, sentenza 31/01/2024, n. 88
Giurisdizione : Trib. Lamezia Terme
Numero : 88
Data del deposito : 31 gennaio 2024

Testo completo

n. 613/2023 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LAMEZIA TERME
Sezione Unica Civile
Il Tribunale di Lamezia Terme, Sezione Unica Civile, composto dai Magistrati:
- dott. G G Presidente
- dott.ssa T V G Giudice
- dott.ssa T G Giudice relatore/estensore ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 613 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2023, pendente tra
(c.f. ), Parte_1 C.F._1 elettivamente domiciliato in Reggio Calabria alla via Sant'Anna II tronco n. 18/i, presso lo studio dell'avv. M A, che lo rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente all'avv. S M, giusta procura alle liti in atti;
attore contro
PUBBLICO MINISTERO presso la Procura della Repubblica di Lamezia Terme;
convenuto
OGGETTO: altri istituti relativi allo stato della persona ed ai diritti della personalità - rettificazione di attribuzione di sesso.
CONCLUSIONI: come da note di trattazione scritta depositate per l'udienza del
15.1.2024 in atti.
MOTIVI DI FATTO E DIRITTO
1. Con atto di citazione, notificato in data 9.5.2023 al Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Lamezia Terme, esponeva e Parte_1 deduceva: di essere nato con caratteri biologici, anatomici e genitali di tipo maschile, ma di essersi sempre sentito estraneo a tale genere, avvertendo di possedere una identità di tipo femminile, contrapposta al proprio sesso biologico;
che ciò era fonte di angosce e disagi, finché all'età di circa 30 anni, con l'aiuto di una psicoterapeuta, aveva compreso la necessità di intraprendere un percorso di affermazione di genere;
che, nel 2021, aveva intrapreso così un percorso di sostegno alla transizione MtF (dal modello maschile a
1 Org quello femminile) presso il centro specialistico di Bologna, ottenendo la certificazione psicoclinica per l'accesso al trattamento ormonale sostitutivo, redatta dalle dott.sse e ;
che la relazione psicologica redatta dalla dott.ssa Per_1 Per_2 [...] attestava lo svolgimento di percorsi psicodiagnostici, a conclusione dei Persona_3 quali evidenziava l'esistenza del disturbo dell'identità di genere e diagnosticava la disforia di genere, rilevando che il genere prevalente all'interno della sua personalità era quello femminile;
che, dal 9.11.2021, l'attore aveva intrapreso terapia ormonale, che confermava la certezza della propria identità femminile, pertanto era sicuro, consapevole e determinato nel voler completare il percorso di transizione da uomo a donna attraverso tutti gli interventi internistici e chirurgici necessari a tale scopo;
che anche dalla perizia psichiatrica redatta dalla dott.ssa emergeva come prioritario, per il Persona_4 benessere psicofisico del paziente, ottenere il cambio anagrafico;
che la trasformazione dal modello maschile a quello femminile era ormai divenuta irreversibile dal punto di vista psicologico e delle fattezze esterne;
che il nome di elezione scelto da , non Pt_1 Per_ coniugato e senza figli, era
Alla stregua di tali deduzioni, l'attore chiedeva: di essere autorizzato a completare il percorso di transizione da uomo a donna attraverso tutti gli interventi medici e chirurgici necessari ad adeguare i propri caratteri ed organi sessuali primari e secondari da maschili
a femminili;
ordinare all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Torino (comune di nascita) di effettuare la rettificazione dell'attribuzione di sesso nel relativo registro e negli atti riguardanti , con variazione del genere da maschile Parte_1 Per_ a femminile e modifica del nome da a ;
con vittoria di spese Parte_1 di lite.
La domanda, proposta tramite atto di citazione, veniva notificata al P.M. in quanto parte necessaria del giudizio (art. 70 c.p.c.), il quale apponeva il necessario visto in data


9.1.2024 e nulla opponeva.
La controversia veniva istruita attraverso l'acquisizione della documentazione versata in atti da parte attrice e mediante l'audizione dell'attore e, all'udienza del 20.12.2023, il
Giudice delegato alla trattazione, ritenuta la causa matura per la decisione, la rinviava all'udienza del 15.01.2024 per la rimessione al Collegio per la decisione.
2. Appare, anzitutto, opportuno precisare che il presente gravame è stato irritualmente introdotto con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell'art. 473-bis 12 c.p.c..
Difatti, la norma appena richiamata, applicabile a tutti i procedimenti instaurati a far data dal 28.2.2023, statuisce che “la domanda si propone con ricorso…”.
Tuttavia, in giurisprudenza è assolutamente consolidato l'orientamento secondo cui, in virtù del principio della “fungibilità dei riti”, ancorché la parte sbagli nella scelta dell'atto 2
con il quale introdurre il giudizio (con citazione anziché con ricorso, e viceversa), la domanda giudiziale produce i suoi effetti.
In particolare, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 758/2022, hanno chiarito che il potenziale consolidamento del rito erroneamente seguito (in conseguenza dell'errore nella scelta della forma dell'atto introduttivo) trova la sua disciplina nella disposizione dell'art.
4 comma 5, d.lgs. 150/2011 la quale sancisce espressamente che “gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento”.
Ne consegue che la domanda giudiziale avanzata in forma non corretta (citazione anziché ricorso e viceversa) produce i suoi effetti propri, da valutare secondo il modello concretamente seguito, seppur difforme da quello legale, ferme restando “le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento” (art. 4, comma 5, cit.).
Nel caso di specie, non vi sono decadenze o preclusioni in cui la parte poteva incorrere;
inoltre, l'atto di citazione contiene tutte le indicazioni previste dall'art. 473-bis 12 c.p.c..
Il vizio può, pertanto, ritenersi sanato.
2.1 La domanda risulta fondata e merita di essere accolta.
Nell'alveo di una civiltà giuridica ancora in evoluzione” (Corte cost. n. n. 161/1985), la legge n. 164/1982 ha introdotto in Italia la possibilità di cambiare sesso, accogliendo un concetto “ampio” di identità sessuale, che conferisce rilievo non solo agli organi genitali esterni, quali esistenti al momento della nascita, ma anche ad elementi di carattere diverso,
“sociale”.
Detta normativa attribuisce preminente rilevanza al cosiddetto sesso psicologico e comportamentale e statuisce che va accordata l'autorizzazione all'intervento medico chirurgico previsto dall'art. 3 della legge medesima allorché il soggetto che lo richiede, pur presentando caratteristiche genetiche, anatomiche e sessuali del proprio sesso anagrafico, abbia manifestato, sin dalla tenera età, una naturale tendenza a comportarsi con se stesso e nella vita di relazione, come appartenente all'altro sesso.
La Corte Europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto che il diritto all'identità di genere rientra nella tutela prevista dall'art. 8 della Convenzione, che impone il rispetto della vita privata e familiare.
Anche la giurisprudenza costituzionale ha - ormai da tempo - ricompreso nel novero dei diritti inviolabili il diritto di realizzare, nella vita di relazione, la propria identità sessuale, come un aspetto dello svolgimento della personalità, e il diritto alla libertà sessuale (Corte Cost. sent. n. 161/1985).
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La Consulta ha, anzi, affermato che: “Nel transessuale l'esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto, di norma,
è indispensabile il ricorso all'operazione chirurgica…. Ciò che conta è che l'intervento chirurgico e la conseguente rettificazione anagrafica riescono nella grande maggioranza dei casi a ricomporre l'equilibrio tra soma e psiche, consentendo al transessuale di godere una situazione di, almeno relativo, benessere, ponendo così le condizioni per una vita sessuale e di relazione quanto più possibile normale” (v. anche Cass., sent. n.
15138/2015)
La Corte ha, inoltre, sottolineato che il legislatore ha accolto una concezione di identità sessuale che non attribuisce più esclusivo rilievo agli organi sessuali, ma anche ad elementi di carattere psicologico e sociale, e che il transessuale, più che compiere una scelta propriamente libera, “obbedisce ad una esigenza incoercibile, alla cui soddisfazione è spinto e costretto dal suo “naturale” modo di essere;
il legislatore ha preso atto di una simile situazione, nei termini prospettati dalla scienza medica, per dettare le norme idonee, quando necessario, a garantire gli accertamenti del caso ovvero

a consentire l'intervento chirurgico risolutore e dare, quindi, corso alla conseguente rettificazione anagrafica del sesso”.
Con il d.lgs n. 150/2011 questa disciplina ha, poi, subito alcune modifiche che non ne hanno modificato l'impostazione di base.
Infine, numerose pronunce hanno precisato che il trattamento chirurgico non deve essere considerato quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico (cfr. Corte
Cost., sent. n. 221/2015): in coerenza con i supremi valori costituzionali, è rimessa al singolo - con l'assistenza del medico e di altri specialisti - la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare il percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere.
2.2 Esaminando, quindi, la domanda di autorizzazione all'intervento chirurgico richiesta da , dalla documentazione dimessa in atti risulta che Parte_1
l'attore si è sottoposto ad approfonditi esami medici e psicologici dai quali è emersa la diagnosi di disforia di genere, la necessità che l'interessato prosegua e completi il percorso di transizione dal genere maschile a quello femminile, eventualmente anche attraverso i necessari interventi chirurgici, nonché la correttezza della terapia ormonale in atto.
In particolare, dalla relazione psicologica della dott.ssa emerge che “La richiesta Per_1 di rettificazione di attribuzione di sesso e anagrafica appare perciò legittima, motivata,
4 profondamente meditata e supportata da una chiara consapevolezza di tutte le sue implicazioni e, in particolare, della sua irreversibilità de facto. Essa rappresenta un intervento caldamente auspicabile in quanto, oltre a costituire un riconoscimento dell'identità di alias e del suo diritto all'autodeterminazione, permetterebbe Pt_1 Per_5 di evitare i gravi disagi cui è potenzialmente esposta quotidianamente. Il nome scelto dalla persona è . Si ribadisce altresì la necessità della persona di poter accedere Per_5 all'intervento chirurgico di affermazione di genere in tempi brevi, così da ridurre il disagio legato alla disforia di genere e poter così consolidare il benessere psico-fisico iniziato con l'avvio della terapia ormonale. Tale intervento e consigliato quale ausilio per il benessere della persona e per il miglioramento della sua qualità di vita, al fine di porre fine all'angoscia dettata dal contrasto tra condizione anatomica e condizione psichica e risulta pertanto funzionale al miglioramento delle condizioni psicofisiche dell'interessata
e al positivo completamento del percorso di transizione”.
Peraltro, non risulta affetto da patologie psichiatriche, né alterazioni della sfera Pt_1 cognitiva, ideativa ed affettiva, tali da menomare o interferire con le sue capacità critiche, di giudizio e di scelta;
dalla relazione psichiatrica della dott.ssa risulta, difatti, Per_4 che “sulla base del colloquio clinico e delle valutazioni psicometriche si pone diagnosi di distrofia di genere, non si riscontra inoltre la presenza di altri disturbi psichiatrici tali da inficiare la diagnosi di distrofia di genere”.
Nel corso del giudizio, inoltre, è stato sentito l'attore, che ha insistito per l'accoglimento della domanda, dichiarandosi consapevole delle conseguenze irreversibili della transizione che chiede di essere autorizzata ad effettuare.
In particolare, dal colloquio è emerso senza alcun dubbio che parte attrice ha avvertito da sempre il disturbo dell'identità di genere e che la crescita e la consapevolezza di appartenere al genere femminile di cui chiede l'attribuzione sono culminate nella ferma e maturata decisione di intraprendere l'articolato e complesso processo individuale di cambiamento di sesso (cfr. verbale ud. 20.12.2023: “Per una prima parte della mia vita ero come un gatto vestito da cani;
solo da ultimo ho dato senso a quegli atteggiamenti femminili che mostravo sin da piccola (dal vestirmi con i vestiti di nonna;
ad interfacciarmi con gli altri con modi molto femminili, spesso scherniti dagli amici e scoraggiati in casa;
mi sentivo a disagio a petto scoperto, avevo sempre bisogno di mettere qualcosa a coprire il petto;
quando facevo foto con amici mi prendevano in giro perché istintivamente adottavo pose da ragazza);
giochi particolari non me ne ricordo, essere maschio per me era come
un vestito un po' largo, che uno si teneva su perché era quello che ci si aspettava da me”).
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L'intrapreso articolato percorso psicologico e la connessa terapia ormonale e farmacologica hanno portato alla consapevole, profonda ed irreversibile scelta di genere, determinando piena identificazione dell'istante nel sesso opposto, cioè quello femminile, al quale, da sempre, l'attore sente di appartenere. L'attore, fin dall'infanzia, si è sentito di sesso diverso e nell'identificarsi in tale diverso genere ha riscontrato, col tempo, una sua armonia ed il raggiungimento di un equilibrio psichico che si è consolidato negli ultimi anni, fino a giungere ad un percorso univoco e diretto al mutamento del sesso.
D'altra parte, l'attore ha ormai assunto un aspetto esteriore femminile, grazie al trattamento ormonale effettuato (v. ud. 20.12.2023: “[Burinato] veste con abbigliamento sobrio ed elegante, femminile (lungo cappotto nero, décolleté nere a mezzo tacco, gonna appena sotto al ginocchio, giacca formale, borsetta di pelle scura);
anche trucco, unghie

e capelli sono curati e femminili… Se mi chiede se mi spaventa questa scelta che ho preso, certo che mi spaventa, per implicazioni e irreversibilità;
ma, al di là del percorso medico

e farmacologico che ho intrapreso da tempo, sono cinque anni che vivo full time come ragazza, nascondendomi solo per lavoro: da ragazzo depresso e angosciato, come ragazza sono piena di aspettative per il futuro e di gioia. Ho messo anche la collana di mia madre, è un po' come si ci fosse anche lei qui con me”).
Dunque, alla luce di quanto emerge dalla documentazione medica e delle dichiarazioni rese dall'interessato avanti al Giudice delegato alla trattazione della causa, ritiene il
Collegio che l'intervento richiesto debba essere autorizzato e che sia superfluo, in considerazione della completezza delle indagini effettuate, procedere all'espletamento di apposita c.t.u..
2.3 Va altresì riconosciuta, come richiesto, la rettificazione dell'atto di nascita e di ogni altro atto dello stato civile, contestualmente all'autorizzazione all'intervento chirurgico.
Come anzidetto, recenti pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale hanno chiarito che l'intervento chirurgico volto alla modificazione dei caratteri sessuali primari dell'individuo non è neppure da ritenersi prodromico e, dunque, necessario rispetto alla modificazione degli atti anagrafici.
In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15138/2015, ha stabilito che alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata e conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell'art. 1 legge 164 del 1982, nonché del successivo articolo 3 della medesima legge, attualmente confluito nell'art. 31 comma 4 del decreto legislativo n. 150 del 2011, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile, deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed
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univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale.
La prevalenza della tutela della Salute dell'individuo sulla corrispondenza tra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico.
Da ultimo, la Corte Costituzionale, con sentenze nn. 221/2015 e 180/2017, ha ribadito la non obbligatorietà dell'intervento chirurgico al fine dell'acquisizione di una nuova identità di genere.
Va, pertanto, accolta sin da ora la domanda di rettificazione dell'atto di nascita e di ogni altro atto dello stato civile, avanzata da parte attrice, ancor prima ed a prescindere dalla effettuazione degli interventi chirurgici, che pure l'attore ha dichiarato di voler affrontare in un prossimo futuro.
2.4. Anche la correlata domanda di variazione del nome deve, conseguentemente, essere accolta.
Pur in assenza di una apposita previsione normativa nel corpus della legge che disciplina la rettificazione dell'attribuzione di sesso, deve ritenersi che ciò sia ammissibile in quanto normale conseguenza della nuova assegnazione, attesa l'importanza che il nome ha nella individuazione e qualificazione del soggetto come appartenente all'uno piuttosto che all'altro sesso, e che ciò possa operarsi con la sentenza di rettificazione.
Ciò è imposto dalla necessità di non far permanere negli atti di stato civile elementi che possano dar luogo ad un'equivoca e contraddittoria interpretazione del carattere sessuale della persona, come appunto un nome sicuramente maschile in soggetto femminile.
La rettificazione dell'atto di stato civile a seguito della riassegnazione del sesso deve consentire una completa ridefinizione dei dati anagrafici del soggetto conseguenti a quella modificazione, altrimenti si potrebbe configurare, oltre a una contraddittorietà dell'atto, una valenza di possibilità discriminatoria o denigratoria del soggetto.
La conferma di tale interpretazione è, inoltre, offerta dall'art. 5 della legge n.164/1982, che afferma “Le attestazioni di stato civile riferite a persona della quale sia stata giudizialmente rettificata l'attribuzione di sesso sono rilasciate con la sola indicazione del nuovo sesso e nome”.
In definitiva, deve disporsi che a venga attribuito non Parte_1 solo il nuovo sesso, ma anche il nuovo nome, dallo stesso indicato, di , con Persona_6 le conseguenti variazioni.
3. Le spese di lite sono irrepetibili, dovendosi escludere la configurabilità della soccombenza di alcuna parte.
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