Trib. Bologna, sentenza 26/07/2024, n. 2181
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Testo completo
N. R.G. 2413/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. B P Presidente dott. F N Gdice Relatore dott. C G Gdice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2413/2024 avente ad oggetto: mutamento di sesso promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. COZZA Parte_1 C.F._1 ANTONIETTA e dell'avv. , elettivamente domiciliato in VIA GARIBALDI N. 7 40124 BOLOGNApresso il difensore avv. COZZA ANTONIETTA
ATTORE/I contro
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA (C.F.
), contumace P.IVA_1
CONVENUTO/I
CONCLUSIONI
Parte attrice: come da verbale di udienza del 18-7-2024.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
L'attrice, nubile e senza figli, esponeva di aver sempre manifestato una sua natura psicologica e comportamentale tipicamente maschile, pur essendo un individuo di sesso femminile;
di aver assunto l'aspetto e mantenuto gli atteggiamenti di un uomo;
di aver intrapreso un percorso di adeguamento dei propri caratteri sessuali sì da ottenere la corrispondenza dei tratti somatici a quelli del sesso maschile percepito come quello di appartenenza;
di aver ricevuto nulla-osta all'intervento dagli specialisti dai quali è seguito. Ritualmente notificato l'atto di citazione al Pubblico Ministero, questi non si costituiva in giudizio. L'attrice compariva personalmente all'udienza e veniva sentita dal G.i. Il difensore dell'attore chiedeva che la causa, istruita documentalmente, fosse posta immediatamente in decisione.
§
pagina 1 di 7
La presente decisione recepisce i principi sanciti, nella materia in esame, dalla sentenza della Corte di
Cass., Sez. I n. 15138/2015, che ha stabilito la non obbligatorietà di un intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile. Questa la massima: “Alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata, e conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell'art.1 della L. n.164 del
1982, nonché del successivo art.3 della medesima legge, attualmente confluito nell'art.31, comma 4, del d.lgs. n.150 del 2011, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto
e la compiutezza dell'approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale.” (Sez. 1, Sentenza n.15138 del 20.07.2015). Il caso esaminato dalla Cassazione nella pronuncia richiamata (Sez. I 20 luglio 2015, n. 15138) riguardava un soggetto che, dopo avere richiesto ed ottenuto dal Tribunale l'autorizzazione al trattamento medico chirurgico per la modificazione definitiva dei propri caratteri sessuali primari, al fine di ottenere la rettificazione dei caratteri anagrafici, aveva, successivamente, richiesto la rettificazione dei propri atti anagrafici senza sottoporsi al trattamento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari al genere femminile. Le sostanziali ragioni di una sua tale diversa determinazione, erano da ricercarsi nel timore per le possibili complicanze di natura sanitaria e nel fatto che, nel frattempo, egli aveva ormai raggiunto un'armonia con il proprio corpo che lo aveva portato a sentirsi donna a prescindere dal trattamento anzidetto.
La Cassazione nella sentenza citata ha, per prima cosa, esaminato il complesso delle norme interessate. Ricordano, in primo luogo, i giudici del S.C. come il diritto al cambiamento di sesso rientri nell'area dei diritti inviolabili della persona, come sancito dalla sentenza n.161 del 1985 della Corte costituzionale, secondo la quale “la legge n.164 del 1982 si colloca nell'alveo di una civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di libertà e dignità, della persona umana, che ricerca e tutela anche nelle situazioni minoritarie ed anomale”. Ne discende che l'interpretazione della L. n. 164 del 1982 deve tener conto dell'iscrizione del diritto al riconoscimento dell'identità di genere in “una civiltà giuridica in continua evoluzione” in quanto soggetta alle modificazioni dell'approccio scientifico, culturale ed etico rispetto alle questioni inerenti il mutamento di sesso ed il fenomeno del transessualismo e, più in generale, le scelte relative al genere e alla sfera dell'identità personale. Tornando al dato normativo, l'art.1 della L. n. 164 del 1982 stabilisce che la rettificazione di sesso si fonda su un accertamento giudiziale, passato in giudicato, che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita “a seguito d'intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”. L'art. 3 – abrogato nella sua formulazione originaria per effetto dell'art. 34, comma 39, del d.lgs. n.150 del 2011, trasfuso, senza variazioni testuali, nel comma 4° dell'art. 31 del d.lgs. n.150 del 2011 – stabilisce che, "quando risulta necessario" un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza.
Il procedimento, come ne risulta delineato, non è più bifasico, in quanto, non richiede, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011, due pronunce: una, volta all'autorizzazione sopra indicata, e l'altra, finalizzata dalla modificazione dell'attribuzione di sesso.
A fronte di un simile dato normativo rappresentato dalla nuova disciplina, di carattere fortemente innovativo rispetto alla precedente, la sentenza evidenzia come, fin dall'entrata in vigore della L. n. 164 del 1982, la dottrina, sottolineando unanimemente quell'elemento di novità, si sia interrogata sull'effettivo contenuto delle due norme, dal momento che, sul piano testuale, non contenevano l'obbligo di procedere alla mutazione dei caratteri sessuali anatomici primari mediante trattamento chirurgico come, invece, poteva riscontrarsi nelle normative di altri paesi europei.
pagina 2 di 7
I giudici della S.C hanno proceduto, allora, ad una analitica verifica circa la possibilità di prospettare soluzioni interpretative diverse ed alternative, in ordine alla necessità della modifica preventiva per via chirurgica dei caratteri sessuali primari, oppure, se – nonostante l'espresso richiamo a clausole "in bianco" (quali "quando risulti necessario") e onnicomprensive (quali "caratteri sessuali") - le norme abbiano comunque un contenuto precettivo univoco. Nella seconda ipotesi, se tale contenuto fosse compatibile con i parametri costituzionali e convenzionali che sorreggono il riconoscimento del diritto all'identità di genere. Partendo, allora, dall'esame di legislazioni vigenti in altri Paesi dell'Unione Europea (con particolare riguardo alla Germania ed all'Austria), si coglieva l'occasione di ricordare come La Corte Edu, nella pronuncia 10 marzo 2015 (Caso XY
contro
Turchia) avesse stabilito che non può porsi come condizione al cambiamento di sesso la preventiva incapacità di procreare da realizzarsi ove necessario mediante intervento chirurgico di sterilizzazione ostandovi il diritto alla vita privata e familiare e alla salute. Decisione alla quale la Corte Edu era giunta dopo un'ampia panoramica delle normative dei paesi aderenti e rilevando come anche grazie ai rapporti delle Nazioni Unite (17 marzo 2011) e dello stesso Consiglio d'Europa (nel 2009 e nel 2011) si fosse data sempre maggiore rilevanza al profilo del diritto alla salute nel riconoscimento del diritto al mutamento di sesso e nell'operazione di bilanciamento d'interessi da svolgere. Ora, nella legge n. 164 del 1982 non sono previste precondizioni espresse relative allo stato (libero) del richiedente o all'incapacità procreativa. Il mutamento richiesto riguarda i "caratteri sessuali" senza specificazioni, nonostante la conoscenza al momento della sua entrata in vigore, dell'esistenza delle due tipologie dei caratteri sessuali, i primari ed i secondari. Nel
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. B P Presidente dott. F N Gdice Relatore dott. C G Gdice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2413/2024 avente ad oggetto: mutamento di sesso promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. COZZA Parte_1 C.F._1 ANTONIETTA e dell'avv. , elettivamente domiciliato in VIA GARIBALDI N. 7 40124 BOLOGNApresso il difensore avv. COZZA ANTONIETTA
ATTORE/I contro
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA (C.F.
), contumace P.IVA_1
CONVENUTO/I
CONCLUSIONI
Parte attrice: come da verbale di udienza del 18-7-2024.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
L'attrice, nubile e senza figli, esponeva di aver sempre manifestato una sua natura psicologica e comportamentale tipicamente maschile, pur essendo un individuo di sesso femminile;
di aver assunto l'aspetto e mantenuto gli atteggiamenti di un uomo;
di aver intrapreso un percorso di adeguamento dei propri caratteri sessuali sì da ottenere la corrispondenza dei tratti somatici a quelli del sesso maschile percepito come quello di appartenenza;
di aver ricevuto nulla-osta all'intervento dagli specialisti dai quali è seguito. Ritualmente notificato l'atto di citazione al Pubblico Ministero, questi non si costituiva in giudizio. L'attrice compariva personalmente all'udienza e veniva sentita dal G.i. Il difensore dell'attore chiedeva che la causa, istruita documentalmente, fosse posta immediatamente in decisione.
§
pagina 1 di 7
La presente decisione recepisce i principi sanciti, nella materia in esame, dalla sentenza della Corte di
Cass., Sez. I n. 15138/2015, che ha stabilito la non obbligatorietà di un intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile. Questa la massima: “Alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata, e conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell'art.1 della L. n.164 del
1982, nonché del successivo art.3 della medesima legge, attualmente confluito nell'art.31, comma 4, del d.lgs. n.150 del 2011, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto
e la compiutezza dell'approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale.” (Sez. 1, Sentenza n.15138 del 20.07.2015). Il caso esaminato dalla Cassazione nella pronuncia richiamata (Sez. I 20 luglio 2015, n. 15138) riguardava un soggetto che, dopo avere richiesto ed ottenuto dal Tribunale l'autorizzazione al trattamento medico chirurgico per la modificazione definitiva dei propri caratteri sessuali primari, al fine di ottenere la rettificazione dei caratteri anagrafici, aveva, successivamente, richiesto la rettificazione dei propri atti anagrafici senza sottoporsi al trattamento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari al genere femminile. Le sostanziali ragioni di una sua tale diversa determinazione, erano da ricercarsi nel timore per le possibili complicanze di natura sanitaria e nel fatto che, nel frattempo, egli aveva ormai raggiunto un'armonia con il proprio corpo che lo aveva portato a sentirsi donna a prescindere dal trattamento anzidetto.
La Cassazione nella sentenza citata ha, per prima cosa, esaminato il complesso delle norme interessate. Ricordano, in primo luogo, i giudici del S.C. come il diritto al cambiamento di sesso rientri nell'area dei diritti inviolabili della persona, come sancito dalla sentenza n.161 del 1985 della Corte costituzionale, secondo la quale “la legge n.164 del 1982 si colloca nell'alveo di una civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di libertà e dignità, della persona umana, che ricerca e tutela anche nelle situazioni minoritarie ed anomale”. Ne discende che l'interpretazione della L. n. 164 del 1982 deve tener conto dell'iscrizione del diritto al riconoscimento dell'identità di genere in “una civiltà giuridica in continua evoluzione” in quanto soggetta alle modificazioni dell'approccio scientifico, culturale ed etico rispetto alle questioni inerenti il mutamento di sesso ed il fenomeno del transessualismo e, più in generale, le scelte relative al genere e alla sfera dell'identità personale. Tornando al dato normativo, l'art.1 della L. n. 164 del 1982 stabilisce che la rettificazione di sesso si fonda su un accertamento giudiziale, passato in giudicato, che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita “a seguito d'intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”. L'art. 3 – abrogato nella sua formulazione originaria per effetto dell'art. 34, comma 39, del d.lgs. n.150 del 2011, trasfuso, senza variazioni testuali, nel comma 4° dell'art. 31 del d.lgs. n.150 del 2011 – stabilisce che, "quando risulta necessario" un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza.
Il procedimento, come ne risulta delineato, non è più bifasico, in quanto, non richiede, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011, due pronunce: una, volta all'autorizzazione sopra indicata, e l'altra, finalizzata dalla modificazione dell'attribuzione di sesso.
A fronte di un simile dato normativo rappresentato dalla nuova disciplina, di carattere fortemente innovativo rispetto alla precedente, la sentenza evidenzia come, fin dall'entrata in vigore della L. n. 164 del 1982, la dottrina, sottolineando unanimemente quell'elemento di novità, si sia interrogata sull'effettivo contenuto delle due norme, dal momento che, sul piano testuale, non contenevano l'obbligo di procedere alla mutazione dei caratteri sessuali anatomici primari mediante trattamento chirurgico come, invece, poteva riscontrarsi nelle normative di altri paesi europei.
pagina 2 di 7
I giudici della S.C hanno proceduto, allora, ad una analitica verifica circa la possibilità di prospettare soluzioni interpretative diverse ed alternative, in ordine alla necessità della modifica preventiva per via chirurgica dei caratteri sessuali primari, oppure, se – nonostante l'espresso richiamo a clausole "in bianco" (quali "quando risulti necessario") e onnicomprensive (quali "caratteri sessuali") - le norme abbiano comunque un contenuto precettivo univoco. Nella seconda ipotesi, se tale contenuto fosse compatibile con i parametri costituzionali e convenzionali che sorreggono il riconoscimento del diritto all'identità di genere. Partendo, allora, dall'esame di legislazioni vigenti in altri Paesi dell'Unione Europea (con particolare riguardo alla Germania ed all'Austria), si coglieva l'occasione di ricordare come La Corte Edu, nella pronuncia 10 marzo 2015 (Caso XY
contro
Turchia) avesse stabilito che non può porsi come condizione al cambiamento di sesso la preventiva incapacità di procreare da realizzarsi ove necessario mediante intervento chirurgico di sterilizzazione ostandovi il diritto alla vita privata e familiare e alla salute. Decisione alla quale la Corte Edu era giunta dopo un'ampia panoramica delle normative dei paesi aderenti e rilevando come anche grazie ai rapporti delle Nazioni Unite (17 marzo 2011) e dello stesso Consiglio d'Europa (nel 2009 e nel 2011) si fosse data sempre maggiore rilevanza al profilo del diritto alla salute nel riconoscimento del diritto al mutamento di sesso e nell'operazione di bilanciamento d'interessi da svolgere. Ora, nella legge n. 164 del 1982 non sono previste precondizioni espresse relative allo stato (libero) del richiedente o all'incapacità procreativa. Il mutamento richiesto riguarda i "caratteri sessuali" senza specificazioni, nonostante la conoscenza al momento della sua entrata in vigore, dell'esistenza delle due tipologie dei caratteri sessuali, i primari ed i secondari. Nel
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