Trib. Velletri, sentenza 21/11/2024, n. 1669
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VELLETRI
SEZIONE LAVORO in persona del giudice, dott. C S, all'esito dell'udienza sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c.
(introdotto dall'art. 3, co. 10, del D. Lgs. n. 149/2022) – fissata per il 30 ottobre 2024 – ha pronunciato in data 18 novembre 2024, previa lettura delle note scritte depositate dalle parti costituite, la seguente
S E N T E N Z A ex art. 127-ter c.p.c. nella causa iscritta al n. 3385, del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno
2023, pendente
T R A
, Parte_1 con gli avv.ti SANTARELLI VALENTINA, DI RAIMO ANTONELLA,
- ricorrente -
E
in persona del legale rappresentante pro tempore, CP_1
- convenuta (contumace) -
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 23.06.2023 la parte ricorrente
ha chiamato in giudizio la parte convenuta Parte_1
e – premessi i fatti costitutivi delle proprie domande – ha CP_1
1
presentato le conclusioni di cui alle pagg. 10-11 del ricorso, qui di seguito integralmente riportate e trascritte:
1) In via principale accertare la mancanza di giusta causa e di giustificato motivo soggettivo
a fondamento del licenziamento irrogato nei confronti del Sig. per Parte_1 insussistenza del fatto contestato e, per l'effetto, Voglia dichiarare l'illegittimità del licenziamento comminato al ricorrente Sig. con atto scritto in 23.12.2022 Parte_1
e, conseguentemente, condannare il datore di lavoro al risarcimento del danno patito dal ricorrente per il licenziamento illegittimo, quantificabile nel pagamento di un'indennità risarcitoria pari a 6 mensilità corrispondenti ad € 11.298,42, o nella misura maggiore o misura che sarà ritenuta giusta ed equa, in considerazione anche degli anni di servizio;
2) Sempre in via principale accertare e dichiarare l'assoluta illegittimità del licenziamento disciplinare per mancato rispetto del procedimento disciplinare previsto dall'art. 7
L.300/70, conseguentemente Voglia condannare il datore di lavoro al risarcimento del danno patito dal ricorrente per il licenziamento illegittimo, quantificabile nel pagamento di un'indennità risarcitoria pari a 6 mensilità corrispondenti ad € 11.298,42, o nella misura maggiore o misura che sarà ritenuta giusta ed equa, in considerazione anche degli anni di servizio;
3) Voglia inoltre condannare la in persona del legale rappresentante pro Controparte_1 tempore, a pagare in favore del ricorrente gli importi dovuti a titolo di differenze retributive, istituti aggiuntivi e TFR nella misura prevista nei conteggi allegati al presente ricorso, in €
43.520,07(di cui euro 21.064,09 per differenze retributive mensili, € 3.149,62 a titolo di tredicesima mensilità, € 1.980,42 a titolo di elemento perequativo, € 3.102,36 per ferie non godute, € 4.617,36 per permessi non fruiti ed euro 9.606,22 per TFR), tenuto conto anche di quanto dovuto a titolo di differenze retributive per mensilità aggiuntive e TFR o in misura maggiore o minore che sarà ritenuta giusta ed equa in corso di causa.
4) In ogni caso, con rivalutazione ed interessi, con vittoria di spese, competenze ed onorari come per Legge, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori che se ne dichiarano antistatari.
La parte convenuta è rimasta contumace.
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La causa, istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti, è stata decisa in data odierna, previa lettura delle note sostitutive di udienza ex art. 127-ter
c.p.c. depositate dalle parti costituite.
* * *
Il ricorso è parzialmente fondato, per le ragioni e nei limiti indicati appresso.
Va premesso, in punto di diritto, che nell'ordinamento vigente la contumacia della parte convenuta equivale a ficta contestatio delle asserzioni della parte ricorrente e non a ficta confessio delle medesime: pertanto la distribuzione dell'onere della prova non subisce alcuna modificazione per effetto della contumacia della parte convenuta (Cassazione civile , sez. lav. , 03/05/2007 ,
n. 10182;
Cassazione civile , sez. III , 12/07/2006 , n. 15777;
Cassazione civile
, sez. III , 11/07/2003 , n. 10947;
Cassazione civile , sez. III , 06/02/1998 , n.
1293;
Cassazione civile , sez. lav. , 09/03/1990 , n. 1898;
Cassazione civile , sez. III , 13/11/1989 , n. 4800;
Cassazione civile , sez. lav. , 04/12/1986 , n.
7186;
Cassazione civile , sez. lav. , 11/04/1985 , n. 2410;
Cassazione civile , sez. lav. , 20/07/1985 , n. 4301;
Cassazione civile , sez. lav. , 28/06/1984 , n.
3796;
Cassazione civile , sez. I , 28/01/1982 , n. 560;
chiarissima sul punto
Cassazione civile , sez. lav. , 09/12/1994 , n. 10554, secondo cui “La contumacia del convenuto, di per sè sola considerata, non può assumere alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore, perché, al pari del silenzio in campo negoziale, non equivale ad alcuna manifestazione di volontà favorevole alla pretesa della controparte, ma lascia del tutto inalterato il substrato di contrapposizione su cui si articola il contraddittorio”).
Da quanto sopra deriva, inoltre, che il meccanismo di semplificazione probatoria di cui all'art. 115 c.p.c. non opera in caso di contumacia della parte convenuta.
Tuttavia, nei giudizi aventi per oggetto l'accertamento della insussistenza dei presupposti di fatto richiesti dalla legge per il valido esercizio di un diritto potestativo nell'ambito di rapporti interprivati (attivati su iniziativa del
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soggetto che subisce gli effetti sfavorevoli derivanti dall'avvenuto esercizio del diritto da parte del titolare di esso), l'onere della prova della effettiva sussistenza di tali presupposti grava sul soggetto che ha già esercitato tale diritto in sede stragiudiziale (e dunque sulla parte convenuta in giudizio): simmetricamente, nei giudizi aventi per oggetto l'accertamento della sussistenza di tali presupposti – attivati dallo stesso soggetto che ha già esercitato il diritto potestativo – l'onere della prova continua a gravare su quest'ultimo (e dunque sulla parte attrice o ricorrente).
Le regole in questione costituiscono un corollario del principio generale dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. (secondo cui “1. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. 2. Chi eccepisce
l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”), ribadito anche da talune normative di settore (cfr. art. 5 della L. n. 604/1966, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, secondo cui “L'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro”).
Il principio posto dall'art. 2697 c.c. trova una evidente deroga in ambito processuale, a fini di semplificazione dell'attività giudiziaria, nel principio di non contestazione specifica ex art. 115 c.p.c., applicabile laddove siano in discussione diritti disponibili: in forza di quest'ultimo, il soggetto
(originariamente) onerato della prova dei fatti dedotti a fondamento del diritto vantato in sede giurisdizionale è liberato da tale onere limitatamente a quei fatti di cui la controparte, costituita in giudizio, non ha contestato specificamente
l'esistenza (il principio in commento non opera tuttavia, come già osservato, in caso di contumacia della parte convenuta, giacché tale evenienza è equiparata, in generale, alla ficta contestatio delle affermazioni dell'attore o del ricorrente, salvo che il legislatore non abbia previsto diversamente in relazione a ipotesi particolari).
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Il principio generale dell'onere della prova gravante, in giudizio, sul soggetto che ha già esercitato stragiudizialmente il diritto potestativo è stato ribadito e costantemente applicato dalla giurisprudenza in relazione a varie fattispecie distinte: a titolo esemplificativo, in materia di sanzioni disciplinari espulsive e conservative (cfr. Tribunale , Milano , sez. lav. , 11/09/2019 , n.
2004;
Tribunale , Milano , sez. lav. , 06/09/2018 , n. 2079;
Tribunale , Modena
, sez. lav. , 23/04/2019 , n. 72;
Cassazione civile , sez. VI , 22/06/2018 , n.
16597;
Cassazione civile , sez. lav. , 29/03/2018 , n. 7830;
Tribunale , Rovigo , sez. lav. , 06/02/2018 , n. 54;
Cassazione civile , sez. lav. , 04/12/2017 , n.
28975;
Cassazione civile , sez. lav. , 01/03/2017 , n. 5284;
Cassazione civile , sez. lav. , 24/08/2016 , n. 17304;
Tribunale , Alessandria , 04/04/2018 , n.
140;
Tribunale , Rovigo , sez. lav. , 06/02/2018 , n. 54) e in materia di sanzioni amministrative (Cassazione civile , sez. VI , 24/01/2019 , n. 1921;
Corte appello , Trento , 13/10/2018 , n. 126;
Cassazione civile , sez. II , 08/10/2018
, n. 24691, T.A.R. , Milano , sez. III , 04/07/2018 , n. 1653;
Cassazione civile , sez. II , 22/01/2018
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