Trib. Catania, sentenza 02/01/2025, n. 73
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Testo completo
R.G. n. 9232/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
III SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice unico dott. Gaetano Cataldo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa inscritta al n. in epigrafe, promossa da:
SI EN (C.F.: [...]) nata a [...] il
26/11/1999, con l'avv. Dario Favara;
CONTRO
RU FI (C.F.: [...]), nato a [...] il
16/05/1975 – CONTUMACE;
MINISTERO DELL'INTERNO-FONDO DI ROTAZIONE REATI TIPO
MAFIOSO (C.F.: 97420690584), con sede a Roma, elettivamente domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania;
CONTUMACE
Conclusioni: in motivazione.
Esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c , la Sig.ra AR NI ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale il Sig. GE LF e il Ministero dell'Interno-
Fondo di rotazione per i reati di tipo mafioso al fine di sentirli condannare a corrisponderle una somma indicativamente pari ad euro 220.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, nella specie di danno da lesione del rapporto parentale, derivante dalla morte del Sig. AR EB.
A fondamento della domanda, la ricorrente ha prospettato di essere figlia di
AR EB (come risulta da atto di nascita prodotto in giudizio) e che la morte di questi è stata cagionata, in data 30/04/2002, dal resistente GE
LF il quale, imputato per il delitto previsto e punito dagli artt. 110, 375,
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377 nn. 3 e 4 c.p.. 416 bis 1 c.p., è stato dichiarato colpevole del reato a lui ascritto con sentenza emessa in data 28/02/2019 dal Tribunale di Catania,
Sez. Giudice per le Indagini Preliminari. GE LF è stato altresì condannato ex art. 539 c.p.p. al risarcimento dei danni in favore di AR
NI, costituitasi parte civile, da liquidarsi in separato giudizio civile e con riconoscimento alla stessa, a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva, della somma di euro 30.000,00.
La ricorrente ha altresì prodotto, a fondamento della domanda, copia della sentenza n. 35/2019 della Corte di Assise di Appello di Catania, Sez. III, divenuta irrevocabile in data 11/01/2020, la quale ha integralmente confermato la sentenza di primo grado.
Il ricorso introduttivo, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, è stato ritualmente notificato a GE LF nonché, ai sensi dell'art 5 l. 512/1999, al Ministero dell'Interno-Fondo di rotazione per i reati di tipo mafioso, quest'ultimo chiamato, in via sussidiaria, al ristoro dei danni patiti da parte ricorrente previo riconoscimento, ad opera del Giudice, del diritto della stessa ad essere ammessa al Fondo di cui sopra.
Nonostante la ritualità della notificazione dell'atto introduttivo eseguita nei confronti dei resistenti, questi ultimi non si sono costituiti in giudizio, cosicché degli stessi ne è stata constatata la contumacia nell'odierno giudizio.
Mutato il rito, chiesti ed assegnati i termini prodromici alla cristallizzazione del thema decidendum e del thema probandum, AR NI, con le memorie ex 183 co 6 nn. 1 e 2 c.p.c. si è riportata ai precedenti scritti difensivi
e rappresentato di aver prodotto in giudizio, in allegato alle note scritte depositate in data 6/11/2023, il certificato di stato di famiglia storico comprovante la composizione del nucleo familiare della medesima.
All'udienza del 11/10/2024, ritenuta matura per essere decisa, sulle sole conclusioni del procuratore di parte ricorrente - di integrale riproposizione della domanda di cui al ricorso in epigrafe - la causa è stata posta in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
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Ciò premesso in punto di fatto, in punto di diritto va rilevato quanto segue.
Come noto, sul piano del diritto positivo, l'ordinamento riconosce e disciplina soltanto le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante ex art. 1223 c.c.) e del danno non
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patrimoniale (art. 2059 c.c.;
art. 185 c.p.). Quanto al danno non patrimoniale, la giurisprudenza di legittimità, su di un piano generale di ricostruzione analitica della fattispecie, ne ha affermato la natura “unitaria” e
“onnicomprensiva” (Cass. n. 26972/2008). In particolare, l'unitarietà del danno non patrimoniale va intesa nel senso che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole ed ai medesimi criteri risarcitori (artt. 1223, 1226, 2056, 2059 c.c.) sicché non vi è alcuna diversità dogmatica nell'accertamento e nella liquidazione del danno causato – poniamo – da una lesione della reputazione, piuttosto che di quello causato dall'uccisione di un parente. ”Natura onnicomprensiva”, invece, vuol dire che nella liquidazione di qualsiasi pregiudizio non patrimoniale il giudice deve tener conto di tutte le conseguenze (modificative “in peius” della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall'evento di danno, osservando due soli limiti: 1) non si può attribuire nomi diversi a pregiudizi identici per procedere a due liquidazioni (Cass. n. 21716/2013);
il pregiudizio non patrimoniale di cui si chiede il ristoro deve aver superato una soglia minima di apprezzabilità (Cass. n. 16133/2014).
L'accertamento e la liquidazione del danno non patrimoniale costituiscono questione concrete e non astratte che non richiedono all'interprete la creazione di astratte tassonomie classificatorie ma lo obbligano alla ricerca della sussistenza di effetti pregiudizi. Il giudice è, dunque, tenuto a procedere
a compiuta istruttoria, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi, oltre alla testimonianza, il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni.
In tale prospettiva, nel procedere all'accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice, alla luce dell'insegnamento della Corte costituzionale (sent. 235/2014) e della nuova rubrica degli artt. 138 e 139
c.d.a. (“danno non patrimoniale”, sostitutiva della precedente, “danno biologico”), deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l 'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione) quanto quello dinamico- relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto). Il giudice dovrà, pertanto, valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano
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nella dimensione del rapporto del soggetto con se stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce “altro da sé “. Tale regola di giudizio, si pone in una linea di assoluta continuità con i principi costantemente predicati, in passato, dalla giurisprudenza della stessa Corte costituzionale (sentenze n.
235/2014, 233/2003, 293/1996, 372/1994, 184/1986), della Corte di
Giustizia europea (sent. C-371/2012 del 23.1.2014) e della Corte di
Cassazione (SU. n. 6276/ 2006;
Cass. n. 8827/2003).
Occorre, pertanto, ribadire il principio per cui esiste una ontologica differenza tra danno morale e danno dinamico-relazionale, in quanto il danno alla persona, nella sua dimensione umana ancor prima che giuridica, postula il riconoscimento, da un lato, della sofferenza interiore, dall'altro, delle mutate dinamiche relazionali di una vita che cambia a seguito dell'illecito.
Si tratta di danni diversi e perciò entrambi autonomamente risarcibili, sempre che, e solo se, provati caso per caso, all'esito di articolata ed esaustiva istruttoria (c.d. comprovabilità del danno non patrimoniale), tenendo conto che il danno dinamico relazionale può formare oggetto di prova rappresentativa diretta, mentre il risarcimento del danno morale può rappresentare soltanto l'esito terminale di un ragionamento deduttivo che tenga conto del notorio, delle massime di esperienza e delle presunzioni.
Al riguardo giova anche osservare che il cd. danno presuntivo è concetto autonomo e distinto dal cd. danno in re ipsa. Quest'ultimo identifica la situazione nella quale una condotta è intrinsecamente generatrice di un pregiudizio per il patrimonio del danneggiato, cosicché il rimedio risarcitorio
è imprescindibile per la tutela dell'offeso che non ne deve fornire specifica dimostrazione;
diversamente, il danno presuntivo richiede un'allegazione ed una dimostrazione, seppur presuntiva, che è sempre suscettibile di essere superata da una eventuale prova contraria allegata da controparte.
Venendo ora ad esaminare la questione dell'ammissione a risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione di congiunto, consistente nella definitiva perdita del rapporto parentale, il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza dell'uccisione di un congiunto lamenta l'incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, la cui tutela ex art. 32 Cost, ove risulti intaccata l'integrità psicofisica,
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si esprime mediante il risarcimento del