Trib. Roma, sentenza 16/05/2024, n. 5723
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Testo completo
TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE LAVORO 4^ (PRIMO GRADO) - V.le G. Cesare n. 54
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice designato dott.ssa M E, alla odierna udienza ha pronunciato e pubblicato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 5100 2023 RG
FRA
Avv. GUGLIELMI CARLO e MATRONOLA Parte_1
RICCARDO
E
contumace Controparte_1
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art. 414 Cpc ha convenuto in giudizio la Parte_1
e premesso di aver lavorato, dal 19.9.2019, presso il negozio Controparte_1 di toelettatura e vendita di prodotti per animali domestici sito in via Nomentana 865 a
Roma, gestito dalla convenuta, con mansioni promiscue di tolettatrice e commessa, ha rassegnato le seguenti conclusioni: “…1) Accertare e dichiarare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno tra la ricorrente e la Controparte_1
, in persona del legale rappresentante pro tempore;
[...]
2) In ogni caso condannare la in persona del legale Controparte_1 rappresentante pro tempore al pagamento in favore della ricorrente della somma complessiva di € 40.903,45, o della somma maggiore o minore che vorrà liquidare anche con valutazione equitativa, per i titoli di cui alla premessa.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite oltre i.v.a. e c.p.a”.
Ha allegato le specifiche mansioni di adibizione e precisato di non aver sottoscritto alcun contratto;di aver appreso dalle buste paga sia l'inquadramento nel V livello del ccnl Terziario sia il il part time al 50% (con retribuzione anche inferiore in quanto da agosto 2020 erano state detratte dalle 30 alle 35 ore di permessi non retribuite mai chieste né godute dalla ricorrente) nonostante avesse sempre svolto orartio full time (dalle 8:30 alle 17:00, e spesso oltre, dal martedì al sabato compreso per un totale settimanale di minimo 40 ore e non certo le 20 indicate in busta paga);avendo
sviluppato, poi, un'allergia agli occhi causata proprio dall'esposizione connessi alla peculiare attività svolta all'interno del negozio gestito dalla convenuta (per la quale, in data 17.02.2020 era stata costretta a rivolgersi alle cure dell'oculista Dott. Per_1
dell' di Roma), dal maggio 2020, era stata
[...] Organizzazione_1 sollevata dalle mansioni di toelettatrice ed aveva continuato a svolgere solo le mansioni di Commessa;continuando ad avere problemi allergici, quindi, aveva chiesto reiteratamente di essere sottoposta a visita dal medico competente;si era quindi rivolta ad un legale il quale aveva inviato a mezzo PEC missiva (in data 23.5.2022) in cui si dava atto di come fosse stato “comunicato al Centro per l'Impiego un orario part time al 50% avendo invece la signora sempre svolto l'ordinario orario Parte_1 contrattuale” e richiesto la visita medica, rivendicando le differenze retributive con offerta delle “proprie prestazioni” e con la precisazione di come essa, rimanesse “in attesa, per riprendere servizio, quanto meno della convocazione da parte del medico competente e del pagamento corretto della corrente retribuzione”.
Ha poi precisato che, dopo tale lettera, la convenuta da un lato aveva fatto contattare lo studio legale da un proprio consulente al fine di ricercare una bonaria intesa e parallelamente, l'amministratore della convenuta aveva inviato in data 4 luglio alla ricorrente una email del seguente contenuto “Buongiorno , mi chiede il Pt_1 commercialista se hai prodotto il documento delle tue dimissioni, se così fosse gentilmente me lo invii ? siamo vincolati dallo stesso per assumere un'altra persona”;era seguita una conversazione telefonica durante la quale la signora aveva Parte_1 invitato il suddetto a rivolgersi direttamente al proprio avvocato. Ha quindi lamentato che non aveva più percepito alcuna retribuzione dal mese di giugno
2022, nonché alcuna competenza di fine rapporto ed argomentato in diritto, rivendicando le differenze per l'orario effettivamente prestato, mancato godimento dei permessi, ai sensi degli artt. 36 Cost., 2099 c.c. e 432 c.p.c., per la complessiva somma di € 40.903,45. La società convenuta non si è costituita e nessuno è comparso per rendere il deferito interrogatorio formale e si è proceduto in contumacia.
Alla odierna udienza quindi, esperita l'istruttoria testimoniale, il processo è stato deciso all'esito della concessione di termine per note.
Il ricorso non può trovare accoglimento.
Va precisato, in via preliminare, che la contumacia della convenuta non può assumere, di per sé, alcun significato probatorio in favore della domanda azionata in quanto, al pari del silenzio in campo negoziale, non può essere equiparata alla manifestazione di volontà favorevole alla pretesa di controparte, lasciando perciò del tutto inalterato il substrato di contrapposizione su cui si articola il contraddittorio e non autorizzando alcuna deroga al principio dell'onere della prova. In caso di contumacia della parte convenuta, infatti, non può ravvisarsi l'esclusione dei fatti non contestati dal thema probandum, in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema. Per altro verso, la mancata risposta all'interrogatorio formale, può far ritenere come ammessi i fatti oggetto di tale mezzo probatorio, solo in considerazione degli altri elementi di prova (art. 232 C.p.c.).
Ciò premesso, osserva altresì il Giudice che i fatti sulla base dei quali la parte agisce e che costituiscono il fondamento della pretesa, non risultano adeguatamente comprovati, neanche a seguito della compiuta istruttoria (art. 2867 C.c.).
Agendo quindi l'odierna ricorrente al fine di ottenere differenze di retribuzione scaturenti dalla consistenza oraria (full time) della propria prestazione, in contrasto, a
suo dire, con quanto risultante dalla lettura delle buste paga (nella quali non solo risultava un orario part-time ma anche la detrazioni di ore di permesso mai richieste e godute) e pur volendo prescindere dal fatto che non risulta adeguatamente specificata la vicenda risolutiva del rapporto, non può che disattendersi la avanzata domanda.
Le testimoni escusse in giudizio hanno riferito quanto segue.
La teste (la quale ha dichiarato di lavorare in un rifugio per Testimone_1 animali, a Casetta Mattei), ha riferito di aver conociuto la ricorrente in occasione di un corso per diventare tecnici veterinari e di essere poi rimasta in contatto;ha confermato che la ricorrente aveva lavorato in via Topino, in un luogo che si chiamava
[...] (la teste c'era stata due volte, “più o meno … 3 o 4 anni fa”);l'aveva vista Org_2 lavorare nel negozio di articoli per animali, unitamente ad un altro collega, servire i clienti, vendere degli articoli e riscuotere il prezzo in cassa;ha precisato di essersi recata in tale luogo nel tardo pomeriggio verso le 17,30/18 aggiungendo, ADR, che, inizialmente (“…se non sbaglio”), la ricorrente aveva iniziato come tolettatrice, e poi, era successo un qualcosa, non sa se un problema avuto alla vista o alla schiena e poi le avevano cambiato mansioni;che, successivamente, serviva solo i clienti, metteva a posto la merce etc. senza contatto con gli animali. La teste (Educatrice cinofila, che aveva conosciuto la ricorrente in Testimone_2 occasione di un corso per tolettatrici “…otto nove anni fa, lei si è diplomata prima di me, e poi siamo rimaste sempre in contatto”) ha riferito che la ricorrente aveva lavorato nel negozio di animali in via Topino;afferma di esserla andata a trovare perché aveva un cane di cui si prendeva cura come dog syster proprio in C.so Trieste, sia la mattina che il pomeriggio (la teste aveva orari molto flessibili), trovandola al lavoro;ha precisato che era un negozio di vendita prodotti per animali e poi c'era la toletta (“stava alla vendita, ma faceva anche gli scarichi, non mi sembra si occupasse della tolettatura;anzi prima che arrivasse l'altro ragazzo tolettatore lei si è occupata anche della toletta”);la teste l'aveva trovata sia la mattina intorno alle 11, sicuramente, e poi il pomeriggio per le 15/15,30 l'aveva sempre trovata, tutti i giorni. Sicuramente, secondo la teste, aveva lavorato qualche anno (“…non riesco ad essere più precisa”);in negozio inizialmente c'era un ragazzo che faceva il tolettatore, non ricorda se la ricorrente gli dava una mano e poi anche un altro ragazzo di colore, fisso al negozio, che aveva visto un paio di volte. La teste una volta era passata anche di sabato e l'aveva Testi trovata al negozio (anche in cassa). Riferisce infine la teste, che durante il covid era a casa, nonché di ricordare di essersi sentita con la ricorrente che le diceva che stava continuando a lavorare.
Peraltro nelle ultime note sembra affermarsi come le imprecisioni delle testimonianze fossero necessitate “dall'essere (al)la ricorrente stata l'unica dipendente”, non comprendendosi in realtà la conferenza di tale affermazione (anche perché dalle stesse testimonianze risultano altri addetti).
Prescindendo comunque da tali osservazioni, sta di fatto che l'aver confermato la prima teste di aver trovato al lavoro la ricorrente solo nelle rare occasioni in cui si era recata sul posto e l'aver confermato, la seconda teste, di averla trovata tutte le volte che si era recata sul posto, non ricordando neppure il periodo complessivo, non è sufficiente per comprovare la consistenza oraria allegata in ricorso.
Né dai messaggi WatsApp depositati dalla ricorrente (all. 4) e richiamati in ricorso e nelle note, possono desumersi elementi dirimenti a riguardo: Si legge infatti: che a tale (verosimilmente l'amministratore della convenuta, secondo quanto Per_2 allegato in ricorso) viene richiesto il numero della ricorrente ” non Parte_2 ancora arrivata alle 9,35;il messaggio della ricorrente sempre a tale nel quale Per_2 la stessa manifesta la propria disponibilità lunedì 16 maggio e mercoledì 18 maggio lasciando la scelta per gli orari “in base alle preferenze dei tuoi clienti”, potendo
iniziare per le 9/9,30 e finire anche per le 17,30/18;il messaggio del 26 aprile 2022 in cui comunica alla ricorrente alle 8,23 “… appena sei in negozio chiama i Per_2 cliente per la toletta e rimanda gli appuntamenti a mercoledì dicendo che il nuovo
ha avuto un imprevisto…”;sempre fra quelli decifrabili per completezza, il Parte_3 messaggio del 30 gennaio 2022, con il quale la ricorrente comunica di aver la febbre ed mal di testa e di non potersi recare al lavoro il giorno successivo nonché quello del 12 gennaio 2022, in cui sempre tale chiede alla ricorrente se può fare la chiusura Per_2
e la ricorrente accetta “…però sino alle 19…”.
Ritiene in definitiva il Giudice che, anche tali messaggi, lungi dal comprovare quanto allegato in ricorso, risultino, per così dire “neutri” e che in ogni caso non risulti comprovata la prestazione full time.
Nulla per le spese attesa la contumacia della società convenuta.
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