Trib. Brescia, sentenza 25/07/2024, n. 3239

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Brescia, sentenza 25/07/2024, n. 3239
Giurisdizione : Trib. Brescia
Numero : 3239
Data del deposito : 25 luglio 2024

Testo completo

R.G. n. 7012/2021
TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA
Sezione Famiglia CIVILE
Il Tribunale Ordinario di Brescia, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati:
A T Presidente
C G Giudice relatrice
F R Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. R.G. 7012/2021, avente come oggetto “divorzio contenzioso – scioglimento del matrimonio”, promossa da
(C.F. ), elettivamente domiciliato a Chiari (BS), Parte_1 C.F._1
presso lo studio dell'Avv. P R, che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso
RICORRENTE
contro
(C.F. ), elettivamente domiciliata ad Iseo (BS), presso lo CP_1 C.F._2 studio dell'Avv. S A, che la rappresenta e difende come da procura in calce alla memoria difensiva
RESISTENTE
Con l'intervento del Pubblico Ministero
CONCLUSIONI
Per parte ricorrente: “- In via principale: 1) Dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio civile contratto in Iseo (BS) in data
28.7.1998 e trascritto nel Registro Atti di Matrimonio del Comune di Castelli Calepio (anno 1998, atto n. 05, Parte II, Serie C), tra il ricorrente Sig. , nato a Monte Isola (BS) il Parte_1
14.8.1964 e la Sig.ra , nata a Iseo (BS) il 28.7.1972 e ordinarsi all'Ufficiale dello Stato CP_1
Civile dei predetti comuni la trascrizione della emananda sentenza;

- Nel merito:
a) disattendersi qualunque richiesta di assegno divorzile e/o di ulteriori cautele nei confronti del ricorrente quanto al pagamento degli oneri di mantenimento della coniuge resistente Sig.ra CP_1
;

[...]
b) disporre, a conferma dei provvedimenti provvisori emanati in data 21.12.2021 la revoca definitiva del contributo fissato per il mantenimento della figlia ;
Persona_1

c) disporre altresì la revoca definitiva dell'assegno versato al figlio , con effetto a Controparte_2
partire dalla data del presente ricorso;

d) revocarsi definitivamente i provvedimenti ex art. 156 c.c. attualmente vigenti a carico della datrice di lavoro del ricorrente con sede a 25058 Sulzano (BS). Parte_2
- In via istruttoria reiterazione delle istanze già formulate e rigettate dal Giudice Istruttore con revoca della relativa ordinanza”;
Per parte resistente: “Voglia l'Ill.mo Tribunale adito ogni avversa istanza disattesa:
Nel merito: pronunciare lo scioglimento del matrimonio civile contratto da e , Parte_1 CP_1
stabilendo, a carico di , un assegno divorzile in favore di nella misura Parte_1 CP_1 di €.120,00 (o in quella diversa misura ritenuta di giustizia).
In ogni caso: con vittoria di spese e compensi professionali di causa.
In via istruttoria: reiterazione delle istanze già formulate e rigettate dal Giudice Istruttore”.

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA
DECISIONE
Con ricorso depositato in data 11.6.2021, deduceva di aver contratto matrimonio Parte_1
civile con ad Iseo (BS) il giorno 28.7.1998, iscritto nel registro degli atti di matrimonio CP_1
del predetto Comune al n. 8, parte I, anno 1998, unione dalla quale erano nati i figli (in data Per_1
26.8.1998) e (in data 14.12.1999). CP_2
Il ricorrente aggiungeva che la separazione era stata pronunciata dal Tribunale di Brescia con decreto di omologa emesso all'esito della camera di consiglio del 12.2.2008, dopo la comparizione personale delle parti dinanzi al Presidente delegato all'udienza svoltasi in pari data, che, per quanto in questa sede di interesse, prevedeva, a carico del un contributo al mantenimento dei figli pari ad € Parte_1
500,00 mensili complessivi, oltre al 50% delle spese straordinarie, e un contributo al mantenimento della moglie pari ad € 100,00 mensili.
Il ricorrente rappresentava di lavorare come operaio edile specializzato e di aver avuto difficoltà nel pagare le somme poste a suo carico in sede di separazione, che, applicato l'aggiornamento ISTAT, erano pari ad € 667,00 mensili e versate direttamente dal proprio datore di lavoro alla la quale, CP_1
ormai da cinque/sei anni alla data di deposito del ricorso di divorzio, aveva instaurato una stabile convivenza con altro uomo e svolgeva lavoretti domestici presso privati, godendo, di fatto, di un reddito proprio. Il aggiungeva che il figlio aveva abbandonato da tempo gli studi e Parte_1 CP_2
che, dal giorno 1.9.2019, lavorava saltuariamente con la qualifica di apprendista cameriere presso un esercizio situato al Franciacorta Outlet Village, mentre la sorella aveva terminato gli studi e, dal Per_1
7.1.2020, lavorava con la qualifica di operaia presso la Soc. Agricola Green Flor S.s. di Foresto Sparso
(BG), oltre a convivere, dal mese di luglio 2020, con il proprio compagno, col quale aveva costituito un nuovo nucleo familiare.
Il ricorrente chiedeva, quindi, la pronuncia del divorzio con revoca del contributo al mantenimento dei figli maggiorenni e rigetto dell'eventuale domanda di assegno divorzile formulata dalla resistente.
La resistente compariva all'udienza presidenziale del 21.12.2021 per aderire alla domanda di scioglimento del matrimonio, ma per contestare sia la propria convivenza con il nuovo compagno, col quale ammetteva, tuttavia, di avere una stabile relazione, sia la raggiunta autosufficienza economica del figlio che ammetteva, tuttavia, essere stato assunto a tempo determinato, dal CP_2
Contro maggio 2021 al 30.4.2022, presso la .
La resistente, quindi, chiedeva la pronuncia del divorzio, con conferma del contributo al mantenimento di nella misura di € 290,00 mensili, e con il riconoscimento di un assegno CP_2 divorzile di € 120,00 mensili in proprio favore.
All'esito dell'udienza presidenziale, in via provvisoria ed urgente, veniva revocato il contributo al mantenimento di , ma venivano confermati i contributi a favore di seppure nella ridotta Per_1 CP_2 misura di € 100,00 mensili, considerata la precarietà del suo lavoro, e a favore della nella CP_1 misura attualizzata ad € 107,00 mensili.
A seguito di un'istruttoria esclusivamente documentale, dopo il rigetto delle prove richieste dalle parti, all'udienza del 13.9.2023, celebrata in modalità cartolare, le parti rassegnavano le conclusioni trascritte in epigrafe e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.
***
1) Sulla pronuncia di scioglimento del matrimonio
Ai sensi degli artt. 1 e 3, n. 2), lettera b), della legge 898/1970, come modificata dalla legge 55/2015, lo scioglimento del matrimonio può essere pronunciato qualora si accerti che “la comunione spirituale
e materiale dei coniugi non può essere mantenuta o ricostituita” perché “è stata omologata la separazione consensuale”, purché la separazione si sia protratta ininterrottamente “da almeno sei mesi” dall'avvenuta comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione.
Nel caso in esame ricorrono i suddetti presupposti per la pronuncia dello scioglimento del matrimonio. Infatti, dalla copia degli atti della separazione prodotti dalle parti, risulta che è stata pronunciata la separazione personale dei coniugi con decreto di omologa emesso all'esito della camera di consiglio del 12.2.2008;
che le parti comparvero in pari data davanti al Giudice delegato dal Presidente del Tribunale, e che la separazione si è protratta ininterrottamente da allora, quindi da ben più del termine di sei mesi previsto dalla legge.
Inoltre, appare evidente che la comunione spirituale e materiale dei coniugi non possa più essere ricostituita: essi, infatti, sono ormai separati da sedici anni, durante i quali non si sono più riconciliati,
e la volontà di divorziare è stata confermata da entrambi sin dai rispettivi atti introduttivi.
Tanto basta per accogliere la domanda di cessazione dello status coniugale.
2) Sul contributo al mantenimento dei figli maggiorenni a carico del ricorrente
La questione della spettanza, per il futuro, di un contributo al mantenimento dei figli maggiorenni a carico dei genitori non è più controversa, essendo pacifico che sia economicamente Per_1
autosufficiente sin dalla data di introduzione del presente giudizio, e che lo sia diventato CP_2
quantomeno da quando è stato assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal
2.5.2022, con conseguente necessità di revocare il contributo a questo fine previsto in sede di separazione a carico del ricorrente.
È controverso, tuttavia, il termine di decorrenza della revoca del contributo previsto a favore del figlio
che il chiede sia fissato in coincidenza con il deposito del ricorso di divorzio, CP_2 Parte_1
contenente la relativa domanda.
Ebbene, appare corretto disporre la revoca del contributo al mantenimento di a far data dal CP_2
2.5.2022, ossia da quando egli risulta essere divenuto titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre, per il periodo antecedente, questo Collegio ritiene di condividere la valutazione svolta dal Presidente delegato in ordine al fatto che i lavori di apprendistato e a tempo determinato svolti da sino a quel momento non fossero espressivi di una raggiunta CP_2
indipendenza economica, essendo costui, nato il 14.12.1999, di età giovane, e risultando congruo lo spazio di tempo da lui impiegato per inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro con una retribuzione adeguata a garantirne il sostentamento, pari a meno di tre anni.
3) Sull'assegno divorzile a favore della resistente
Ai sensi dell'art. 5, comma 6, della legge 898/1970, l'assegno divorzile è dovuto quando il coniuge economicamente più debole non abbia mezzi adeguati o, comunque, non possa procurarseli per ragioni oggettive.
La Suprema Corte a Sezioni Unite, con sentenza n. 18287/2018, ha sottolineato la funzione sia assistenziale che perequativo/compensativa dell'assegno divorzile, affermando che esso sia dovuto ogniqualvolta il minor reddito del coniuge istante sia la conseguenza di scelte matrimoniali condivise che abbiano sacrificato la sua realizzazione economica e che, per il principio di autoresponsabilità e di parità fra coniugi, non è giusto siano sopportate da lui soltanto, anche in considerazione della durata del matrimonio e della possibilità, per il consorte meno abbiente - in ragione dell'età, dei titoli posseduti e delle esperienze pregresse - di trovare collocazione nel mondo del lavoro. Dopo la pronuncia suddetta, la funzione dell'assegno non è più, quindi, quella di realizzare un tendenziale ripristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi nel corso del matrimonio, ma invece quella di assicurare un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.
L'assegno di divorzio, che ha una funzione, oltre che assistenziale, compensativa e perequativa, presuppone l'accertamento, anche mediante presunzioni, che lo squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economico-patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile, in via esclusiva o prevalente, alle scelte comuni di conduzione della vita familiare;
l'assegno divorzile, infatti, deve essere anche adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il
coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare
e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo prettamente assistenziale” (cfr., fra le ultime,
Cass. civ. n. 35434/2023).
L'applicazione pratica dei principi ermeneutici enunciati dalla Corte di Cassazione può tradursi nelle seguenti scansioni logiche.
Anzitutto, l'assegno non è dovuto in assenza di una sperequazione, reddituale e/o patrimoniale, effettiva e di non modesta entità, fra i coniugi.
Nel caso oggetto del presente giudizio, fra i coniugi sembra esistere una certa sperequazione, in quanto il ricorrente è occupato come operaio specializzato con una retribuzione netta mensile di €
1.592,00 (cfr. dichiarazione dei redditi 2021, relativa all'annualità di imposta 2020, la più recente depositata, allegata quale doc. n. 7 al ricorso), mentre la resistente è formalmente disoccupata, ma secondo il ricorrente dotata di un reddito proprio derivante da lavoretti “in nero” di collaboratrice domestica.
La valutazione provvisoria di spettanza dell'assegno divorzile, derivante dalla disparità reddituale esistente fra i coniugi sopra menzionata, tuttavia, deve essere successivamente vagliata (e potenzialmente rivista) alla luce degli ulteriori criteri dettati dall'art. 5, comma 6, della legge
898/1970.
Il primo criterio da considerare è quello della causa della sperequazione: se la sperequazione dipende da un accordo fra i coniugi di indirizzo della vita familiare (art. 144, comma 1, c.c.), il Giudice deve giungere ad una seconda valutazione, ancora provvisoria, di spettanza dell'assegno;
viceversa, ove la sperequazione sia da ricercare in fattori diversi dall'accordo fra i coniugi, il Giudice deve giungere ad una valutazione, sempre provvisoria, di non spettanza dell'assegno.
Sotto questo profilo, la resistente si è limitata ad allegare genericamente che “la scelta di non lavorare per fare la mamma è stata a suo tempo presa di comune accordo con il marito, dato che non c'erano soggetti disponibili a tenere i bambini se entrambi i coniugi avessero lavorato contemporaneamente
a tempo pieno. Poi, il tempo è trascorso e con esso le occasioni di ottenere un contratto di lavoro
(cfr. comparsa di costituzione, pagine 2 e 3), circostanze contestate dalla controparte, per poi articolare istanze istruttorie inammissibili nella seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., nella quale ha allegato, per la prima volta, oltre la scadenza del termine per le preclusioni assertive
(coincidente con il deposito della prima memoria istruttoria, da lei nemmeno prodotta), che ella aveva lavorato “con regolare contratto presso la Dega di Clusane (BS), all'inizio del 2000, dopo la nascita di ha concordato con il marito di interrompere la propria attività lavorativa, poiché ciò CP_2 avrebbe comportato la necessità di trovare qualcuno (baby sitter o parenti, che non c'erano) per tenere i due figli piccoli” e che “tale situazione è durata sino al 2007”, circostanze smentite dall'estratto contributivo prodotto in giudizio dall'ente su ordine del Giudice, dal quale si CP_4
evince che ella ha sempre lavorato, prendendo periodi di maternità/astensione facoltativa nel 1998,
1999, e 2000, ma continuando comunque a lavorare, ha dato le dimissioni dal settembre 2000, percependo l'indennità di disoccupazione sino al marzo 2001, per poi riprendere a lavorare sin dall'ottobre 2004 in maniera ininterrotta fino al 31.12.2018.
Dalla ricostruzione contraddittoria della propria storia lavorativa data dalla resistente, quindi, non risulta provato che il suo attuale stato di disoccupazione derivi da scelte di vita condivise con il coniuge in costanza di matrimonio, avendo ella, anzi, smesso di lavorare regolarmente e definitivamente solo da data successiva al 31.12.2018, ossia ben dieci anni dopo la separazione.
Del resto, il riconoscimento, in sede di separazione, di un assegno di mantenimento a favore della resistente in ossequio all'art. 156, comma 1, c.c. non rileva ai fini dell'attribuzione dell'assegno divorzile di cui all'art. 5, comma 6, della legge 898/1970, stante la diversità dei rispettivi presupposti, anche alla luce dell'interpretazione giurisprudenziale che è stata data delle norme in esame.
Peraltro, gran parte degli ulteriori criteri menzionati dall'art. 5, comma 6, della legge 898/1970
(condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, durata del matrimonio) depongono a sfavore della : ella, infatti, da un lato, non ha precisato i sacrifici CP_1
compiuti e il contributo concreto dato alla formazione del patrimonio familiare, allegando, circostanze generiche e, addirittura, smentite dai documenti acquisiti in giudizio su richiesta della controparte, mentre, ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, è richiesto un contributo particolare al benessere comune, costituendo la mera partecipazione alla vita familiare adempimento dei doveri nascenti dal matrimonio ai sensi dell'art. 143 c.c.;
dall'altro lato, la durata del matrimonio, pari a meno di dieci anni (considerato che la separazione fra le parti è stata pronunciata nel febbraio
2008 e la crisi coniugale si è manifestata necessariamente in data anteriore), è ben più breve del periodo successivo alla separazione stessa, pari a sedici anni;
infine, la (nata il 28.7.1972), CP_1
appena trentaseienne all'epoca della separazione, aveva un'età che ben le avrebbe consentito il reperimento di un'attività lavorativa adeguata a farle raggiungere una piena autosufficienza economica, in assenza di qualsivoglia patologia o ragione oggettiva che glielo impedisse, tanto che
ella, come emerge dall'estratto contributivo acquisito al giudizio, ha sempre lavorato fino al CP_4
31.12.2018.
Tutto quanto sopra detto induce questo Collegio a rigettare la domanda di riconoscimento di un assegno divorzile in favore della resistente, fermo restando che l'assegno di mantenimento previsto in suo favore in regime di separazione resta dovuto sino al passaggio in giudicato del punto della presente sentenza recante la pronuncia di scioglimento del matrimonio, data a partire dalla quale il vincolo coniugale è stato sciolto, con conseguente cessazione altresì della fase della separazione.
Venuti meno sia il contributo al mantenimento di che, a far data dal momento sopra CP_2
specificato, quello al mantenimento della moglie del ricorrente, e non essendo stato riconosciuto in favore di quest'ultima un assegno divorzile, decade anche l'ordine di pagamento diretto rivolto al datore di lavoro del ex art. 156 c.c., che era già stato proporzionalmente ridotto all'esito Parte_1
dell'udienza presidenziale.
4) Sulle istanze istruttorie reiterate
Si conferma la valutazione di inammissibilità, già formulata dal Giudice con ordinanza del 24.1.2023, delle prove non ammesse richieste dalle parti e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, valutazione che questo Collegio condivide e fa propria.
5) Sulle spese processuali
Le spese di lite seguono la soccombenza (manifestatasi sostanzialmente sulla domanda di assegno divorzile, avendo finito la resistente per aderire alle richieste del ricorrente sugli altri punti, sebbene dopo l'instaurazione del presente giudizio) ai sensi dell'art. 91 c.p.c. e debbono essere liquidate in favore del ricorrente come da dispositivo, secondo i valori minimi previsti dalle tabelle allegate al
D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 147/2022, per i procedimenti di valore indeterminabile di bassa complessità, stante la semplicità delle questioni di fatto e di diritto trattate.
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