Trib. Taranto, sentenza 07/02/2024, n. 295
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Testo completo
Tribunale di Taranto REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Taranto, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa
M F, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A CONTESTUALE nella causa discussa all'udienza del 07.02.2024, promossa da:
rappresentata e difesa dall'avv. G G Parte_1
Cardone Ricorrente
C O N T R O
, rappresentato e difeso ai sensi dell'art.417 bis co. Controparte_1
1 c.p.c. dal dott. V A
Resistente
Oggetto: ricostruzione carriera ATA
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 03.04.2023 la ricorrente, in qualità di appartenente al personale c.d. ATA della scuola con mansioni di collaboratrice scolastica, agiva affinché venisse dichiarato il proprio diritto al riconoscimento della intera anzianità maturata pre-ruolo con erogazione del corrispondente trattamento economico, anche ai fini della ricostruzione della carriera, con condanna del a CP_1 corrispondere le relative differenze retributive, oltre interessi.
Si costituiva l'amministrazione che eccepiva l'intervenuta prescrizione delle differenze retributive richieste, contestava in diritto quanto sostenuto dalla ricorrente e concludeva per il rigetto del ricorso.
Tanto premesso il ricorso è fondato e merita accoglimento per i motivi che seguono. Orga È pacifico che la ricorrente è dipendente del appartenente al personale CP_2 con il profilo indicato in ricorso ed ha prestato servizio negli anni scolastici indicati in forza di una serie di contratti a tempo determinato fino all'immissione in ruolo avvenuta in data 1.09.2009.
In merito, infatti, la P.A. convenuta non ha contestato nulla con riguardo alla documentazione prodotta dalla parte ricorrente ed alle allegazioni contenute nel ricorso circa le modalità di svolgimento del rapporto lavorativo.
Può, quindi, ritenersi dimostrato che la ricorrente ha prestato attività lavorativa in regime di c.d. “pre-ruolo”, mediante la stipula di numerosi contratti a tempo determinato.
È altrettanto pacifico che l'anzianità di servizio maturata durante il periodo di
“precariato” è stata riconosciuta solo in parte. Va infatti considerato che la disciplina nazionale relativa all'inquadramento del personale della scuola docente
e non docente c.d. “non di ruolo” contempla nel corso del periodo di precariato un'anzianità normativa ed economica non corrispondente all'integrale servizio.
Essa, inoltre, prevede che al momento di immissione in ruolo il servizio prestato prima della nomina sia riconosciuto in misura solo parziale e comunque inferiore
a quella effettiva.
Le disposizioni di riferimento sono le seguenti.
Per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola, l'art. 569 d.lgs.
297/94 dispone che: “Al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, il servizio non di ruolo prestato nelle scuole e istituzioni educative statali è riconosciuto sino ad un massimo di tre anni agli effetti giuridici ed economici e, per la restante parte, nella misura di due terzi, ai soli fini economici. Sono fatte salve le eventuali disposizioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi già stipulati ovvero in quelli da stipulare ai sensi del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.
2. Il servizio di ruolo prestato nella carriera immediatamente inferiore è riconosciuto, ai fini giuridici ed economici, in ragione della metà.
3. Il periodo di servizio militare di leva o per richiamo o il servizio civile sostitutivo di quello di leva è valido a tutti gli effetti.
4. I riconoscimenti di servizi già effettuati in applicazione di norme più favorevoli sono fatti salvi e sono cumulati con quelli previsti dal presente articolo, se relativi a periodi precedentemente non riconoscibili".
Il successivo art. 570 prevede poi che "1. Ai fini del riconoscimento di cui all'articolo
569, è utile soltanto il servizio, effettivamente prestato nelle scuole e istituzioni educative statali che sia stato regolarmente retribuito. Eventuali interruzioni dovute alla fruizione di congedo e di aspettativa retribuiti e quelle relative a congedo per gravidanza e puerperio sono considerate utili a tutti gli effetti per il computo dei periodi richiesti per il riconoscimento.
2. Il riconoscimento dei servizi è disposto all'atto della nomina in ruolo".
Si osserva altresì che, a norma dell'art 526 d.lgs. 297/94 "Al personale docente ed educativo non di ruolo spetta il trattamento economico iniziale previsto per il corrispondente personale docente di ruolo".
Dalla normativa richiamata si evince che il periodo di lavoro prestato con contratto
a tempo determinato viene sempre compensato con il trattamento iniziale senza tenere conto della anzianità via via maturata. Ciò in quanto non si valuta integralmente il servizio prestato in condizione di precariato ai fini dell'anzianità di servizio e della progressione di carriera.
Alla luce di consolidato e recente orientamento giurisprudenziale, condiviso da chi scrive, le disposizioni citate, ed applicate nel caso di specie dall'amministrazione convenuta si pongono in conflitto con i principi affermati dalla clausola 4 dell'Accordo Quadro, attuato con la Direttiva CE 1999/70.
Costituisce, infatti, principio consolidato quello secondo cui "al personale scolastico, ivi compreso il personale ATA, non di ruolo assunto a tempo determinato spetta, in applicazione del divieto di discriminazione di cui alla clausola 4 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva n. 99/70/CE, di diretta applicazione, il trattamento retributivo secondo il sistema di progressione professionale per fasce di anzianità previsto per gli assunti a tempo indeterminato, con conseguente disapplicazione di ogni normativa contrattuale contraria" (cfr. Cass. n. 23868/16;n
.20918/19).
La normativa dettata dal T.U. in tema di riconoscimento dei servizi pre-ruolo del personale ATA differisce sensibilmente da quella che lo stesso decreto legislativo dedica al personale docente, perché, oltre ad essere diversi il limite del riconoscimento integrale e le modalità dell'abbattimento (tre anni in un caso, quattro nell'altro;un terzo a soli fini giuridici per il personale docente, un terzo a fini giuridici ed economici per gli ATA), il servizio utile è solo quello "effettivamente prestato nelle scuole e istituzioni educative statali che sia stato regolarmente retribuito".
Al personale non docente della scuola, infatti, non si applica l'art. 11 comma 14 della legge 124/1999 che, intervenendo sul testo dell'art. 489, non su quello dell'art. 570 del T.U., ha previsto l'equiparazione all'anno scolastico intero
del servizio di insegnamento "se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 10 febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale".
La Suprema Corte, anche in considerazione della evidenziata differenza di disciplina, con recente sentenza ha affermato il principio secondo cui "l' art 569
d.lgs. 297/94 relativo al riconoscimento dei servizi pre-ruolo del personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola si pone in contrasto con la clausola
4 dell'Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE nella parte in cui prevede che il servizio effettivo prestato, calcolato ai sensi dell'art. 570 dello stesso decreto, sia utile integralmente a fini giuridici ed economici solo limitatamente al primo triennio e per la quota residua rilevi a fini economici nei limiti dei due terzi. Il giudice, una volta accertata la violazione della richiamata clausola 4,
è tenuto a disapplicare la norma di diritto interno in contrasto con la direttiva ed a riconoscere ad ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell'amministrazione, l'intero servizio effettivo prestato" (cfr. Cass. n. 31150/19).
La giurisprudenza richiamata precisa, inoltre, che “le maggiorazioni retributive che derivano dall'anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C-177/14, Regojo
Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata).
Si osserva, infatti, che la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, con l'unica eccezione delle ipotesi in cui tale disparità di trattamento sia fondata su ragioni o differenze oggettive che giustifichino l'applicazione di una disciplina differenziata.
Riguardo alle ragioni oggettive che da sole potrebbero giustificare la disparità di trattamento la Corte chiarisce che “non si può fare leva sulla natura non di ruolo del rapporto di impiego, sulla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, sulle modalità di reclutamento del personale e sulle esigenze che il sistema mira ad assicurare perché, la giurisprudenza della Corte di Giustizia, richiamata anche nella sentenza 20.9.2018, è ferma nel ritenere che la giustificazione deve essere Per_1 fondata su "elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi" e che "possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato...o, eventualmente da una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro" (Regojo Dans, cit., punto 55;negli stessi termini Corte di Giustizia
5.6.2018, in causa C-677/16, Montero punto 57 e con riferimento ai rapporti Per_2 non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C-302/11
e C-305/11, Valenza;7.3.2013, causa C-393/11, Bertazzi)”.
Ebbene, la situazione oggetto dell'odierno esame è del tutto analoga a quella rappresentata nella giurisprudenza citata in quanto la ricorrente, assunta con plurimi contratti a termine, ha svolto con reiterate "supplenze" le attività dei lavoratori di ruolo (sostituiti per le temporanee esigenze di volta in volta presentatesi), rispetto ai quali, con particolare riguardo ai rapporti a termine prossimi ai 12 mesi, l'abbattimento dei servizi prestati oltre il terzo anno è particolarmente penalizzante.
Tanto premesso, poiché dalla documentazione in atti si evince che
l'anzianità maturata nei periodi di servizio pre-ruolo non è stata integralmente valutata all'atto della ricostruzione delle carriera e ai fini della individuazione della fasce stipendiali previste dalla contrattazione collettiva - avendo l'Amministrazione applicato la limitazione prevista dall'art. 579 cit - deve ritenersi che la ricorrente abbia subito una discriminazione vietata dalla clausola 4 dell'Accordo Quadro CES,
UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE. Proprio in forza di tale clausola deve affermarsi il diritto di parte attrice al riconoscimento a ogni effetto dell'intero servizio effettivo pre-ruolo prestato, nel corso del quale ha espletato le stesse mansioni poi svolte una volta assunta a tempo indeterminato, sussistendo tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza per configurare il potere-dovere del giudice nazionale di disapplicare l'art. 569 d.lvo. 297/94 in ragione del suo contrasto con la normativa europea.
In ragione di tanto, deve essere dichiarato il diritto dell'odierna ricorrente all'integrale riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, del servizio pre-ruolo (e quindi anche oltre i limiti previsti dalla citata normativa nazionale) effettivamente prestato.
La rilevata disparità di trattamento e la conseguente contrarietà della normativa nazionale ai principi desumibili dalla Direttiva 70/1999, come interpretata dalla
Corte di Giustizia, conducono pertanto all'accoglimento del ricorso.
L'amministrazione resistente, peraltro, non ha provato l'esistenza di ragioni oggettive nel senso sopra interpretato atte a giustificare la disparità di trattamento.
Non appare condivisibile la contestazione del secondo la quale le ragioni CP_1 oggettive che giustificano la disparità di trattamento tra precari e assunti a tempo indeterminato siano ravvisabili nella formale diversità del titolo di assunzione
(concorso e stabilizzazione di contratti a termine) in difetto di qualunque prova in merito alla ontologica e concreta diversità delle mansioni svolte.
Peraltro la totale sovrapponibilità delle mansioni espletate dagli assunti a tempo determinato e dai dipendenti stabilmente immessi in ruolo emerge anche dalla disciplina contrattuale perché “tutti i CCNL succedutisi nel tempo non hanno mai operato differenziazioni fra le due tipologie di rapporto quanto all'inquadramento dei lavoratori ed all'espletamento dei compiti propri dell'area, ossia delle "funzioni amministrative, contabili, gestionali, strumentali, operative e di sorveglianza connesse all'attività delle istituzioni scolastiche" ( art. 49 CCNL 1995)” (Cass. n.
31150/19).
Ne deriva il diritto della parte ricorrente al pieno riconoscimento dei periodi di servizio prestati in esecuzione di tutti i contratti a termine stipulati con
l'amministrazione scolastica resistente, a fini giuridici ed economici nei limiti di quanto non valutato e non corrisposto all'atto dell'immissione in ruolo.
Alle somme dovute a titolo di differenze retributive devono essere aggiunti gli interessi e la rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo tra loro non cumulati, trattandosi di credito afferente a rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione
Deve tuttavia esaminarsi, a questo punto, l'eccezione, ritualmente sollevata dal
, di parziale prescrizione quinquennale, ex art. 2948 co. 1 n. 4) c.c., dei CP_1 diritti rivendicati ex adverso.
L'eccezione è fondata.
Per insegnamento della S.C., il diritto agli scatti di anzianità è soggetto al termine di prescrizione quinquennale decorrente dalle singole date di maturazione
(cfr. Cass. 11332/1991 e Cass. 287/1990).
Peraltro, poiché l'anzianità di servizio configura un mero fatto giuridico insuscettibile di prescrizione, gli scatti non prescritti vanno liquidati come se quelli precedenti, maturati ma non più dovuti per effetto della prescrizione, fossero stati corrisposti (cfr. Cass. 24.9.1996 n. 8430).
Il principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione che ha affermato che: l'anzianità di servizio non è uno status o un elemento costitutivo di uno status del lavoratore subordinato, nè un distinto bene della vita oggetto di un autonomo diritto, rappresentando piuttosto la dimensione temporale del rapporto di lavoro di cui integra il presupposto di fatto di specifici diritti, quali quelli all'indennità di fine rapporto, alla retribuzione, al risarcimento del danno per omissione contributiva, agli scatti di anzianità, al diritto ad una predeterminata progressione economica per effetto del riconoscimento dell'anzianità nel servizio di ruolo(…).In particolare il diritto ad una diversa fascia retributiva ha natura autonoma e si estingue se non viene fatto valere entro il termine di prescrizione quinquennale di cui all' art. 2948 c.c., n. 4, ma poichè l'anzianità di servizio può essere sempre fatta valere, se il lavoratore, prescrittosi il diritto ad una differenza retributiva maturata prima del quinquennio, agisca per ottenere l'attribuzione degli aumenti successivi, questi devono essere liquidati nella misura ad essi corrispondente, e cioè come se quello precedente, maturatosi ma non più dovuto per effetto dell'intervenuta prescrizione, fosse stato corrisposto;di riflesso il datore di lavoro può opporre al lavoratore che faccia valere il proprio diritto agli aumenti contrattuali di anzianità, la prescrizione quinquennale dei crediti relativi ai singoli aumenti ma non la prescrizione dell'anzianità di servizio quale fattispecie costitutiva di crediti ancora non prescritti…” (cfr. Cass. n.2232/20).
I medesimi principi trovano applicazione anche relativamente alle differenze retributive riconoscibili, nella specie, in luogo degli scatti di anzianità. Atteso che la prescrizione è stata interrotta per la prima volta con la notifica del ricorso, restano prescritte le sole differenze retributive maturate sino al quinquennio antecedente tale data.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ai sensi del DM 55/14, con esclusione della fase istruttoria in quanto non svolta.
La parziale fondatezza dell'eccezione di prescrizione determina una riduzione dello scaglione del decisum rispetto al petitum.