Trib. Rimini, sentenza 02/01/2025, n. 4
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI RIMINI
in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Elisa Dai Checchi, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1706 del ruolo generale degli affari civili contenziosi per l'anno 2020, promossa da
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato di Bologna
ATTRICE contro
ASSICURAZIONE AVIVA ITALIA S.P.A., rappresentata e difesa dall'Avv. Giovanni Pacilio
SABATINO US rappresentato e difeso dall'avv. Eleonora Pasini
CONVENUTI
***
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale di udienza del 27.9.2024.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Agenzia delle Entrate conveniva in giudizio la società assicuratrice Aviva Italia Assicurazioni S.p.a.
e (in seguito a ordine di integrazione del contraddittorio) BA PP, nelle rispettive qualità di compagnia assicuratrice e proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro occorso in data 3
Novembre 2015, a cagione del quale restava danneggiato un dipendente di essa attrice, RI
NI.
A fondamento della domanda, l'attrice deduceva che il sinistro era stato determinato da colpa esclusiva del BA, il quale - eseguendo una improvvisa e non segnalata manovra di spostamento
a sinistra, fino a invadere la corsia opposta – travolgeva il RI, che percorreva la strada a bordo del suo motociclo Piaggio targato DD79193 nella stessa direzione del BA e aveva già iniziato a sorpassarlo;
che dal descritto sinistro derivavano, per un verso, i danni patiti da essa attrice, iure proprio, in termini di emolumenti, retribuzione e di oneri riflessi erogati al dipendente “a vuoto”, per tutto il periodo di assenza dell'infortunato dal servizio, per un totale di Euro 38.468,00 e, per l'altro, tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti direttamente dal danneggiato;
che essa attrice aveva diritto di surrogarsi, ai sensi dell'art. 1916 c.c., nei diritti del danneggiato, avendo provveduto a corrispondergli – per il tramite della propria mandataria ex lege IL - l'importo pari ad Euro
414.440,35, a titolo di rendita ex lege per invalidità permanente da infortunio sul lavoro.
Si costituiva la società assicuratrice contestando le pretese avversarie, eccependo in via preliminare
l'avvenuta prescrizione del diritto azionato dall'attrice per decorso del termine biennale, il difetto di legittimazione attiva dell'attrice e chiedendo, in via subordinata, il rigetto delle domande avversarie per infondatezza delle stesse;
eccepiva in particolare il concorso di colpa del RI, che aveva eseguito una manovra di sorpasso vietata, con doppia striscia continua.
Chiamato ai sensi dell'art. 102 c.p.c., si costituiva pure PP BA, eccependo la carenza di legittimazione attiva dell'attrice, l'avvenuta prescrizione del diritto azionato nonché l'infondatezza della domanda, aderendo alle eccezioni svolte dalla compagnia assicuratrice.
La causa, istruita mediante documenti, veniva trattenuta in decisione all'udienza del 07.07.2023 con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
Il Giudice – rilevato lo smarrimento del documento A prodotto da parte attrice – assegnava termine per la ricostruzione del fascicolo mediante produzione di copia del documento da parte dell'attrice stessa, la quale, tuttavia, provvedeva soltanto dopo lo spirare del termine all'uopo assegnato, deducendo trattarsi di termine ordinatorio, in quanto non previsto dalla Legge, ma dal Giudice.
La causa veniva nuovamente trattenuta in decisione sulle conclusioni sopra richiamate.
L'eccezione di intervenuta prescrizione è infondata.
Come è noto, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da sinistri cagionati dalla circolazione di veicoli – che qui viene in rilievo - è fissato dall'art. 2947 c.c. comma 2 in due anni.
Il comma 3 dell'articolo citato, tuttavia, prevede che in ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile.
Si tratta, come è evidente, di un regime prescrizionale singolarmente articolato ed asimmetrico che, in linea generale, per le istanze risarcitorie scaturenti da fatto illecito, stabilisce un termine di
prescrizione più breve rispetto a quello ordinario di dieci anni;
in chiave derogatoria (rispetto a quella linea generale), un termine ancora più contenuto, per l'ipotesi in cui il fatto generatore del danno si riconnetta alla specifica dinamica della circolazione stradale;
e da ultimo, con riferimento ad entrambe le fattispecie risarcitorie (fatto illecito ordinario e fatto illecito da circolazione dei veicoli di ogni specie), una norma di rinvio in bianco quanto alla durata del termine, nel caso in cui quel fatto dannoso sia considerato dalla Legge come reato e per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga, giacché, in tale ipotesi, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno è commisurato al termine prescrizionale previsto dal reato.
La norma è in bianco in quanto, come è risaputo, l'art. 157 c.p., nel determinare il tempo necessario
a prescrivere, non stabilisce una misura temporale fissa, bensì un ordine decrescente di maturazione
(anche dopo la modifica apportata dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251) in rapporto ai diversi limiti di pena edittale.
Sono due, quindi, le condizioni che rendono applicabile l'art. 2947, comma 3, c.c.: la configurabilità di un reato nel fatto dannoso e la previsione per la prescrizione del reato di un termine più lungo di quelli stabiliti nei primi due commi dell'articolo 2947 c.c. Il concorso di entrambe queste condizioni, che va preliminarmente accertato, rende applicabile una disciplina della prescrizione che è in ogni caso derogatoria rispetto a quella dettata dai primi due commi anzidetti (o per l'entità o per la decorrenza del termine di prescrizione).
La Suprema Corte, pronunciatasi in tema di danno da circolazione stradale, ha precisato che: “In tema di diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, la disposizione dell'art.
2947, comma 3, c.c., la quale prevede, ove il fatto che ha causato il danno sia considerato dalla legge come reato, l'applicabilità all'azione civile per il risarcimento, in luogo del termine biennale stabilito dal comma 2 dello stesso articolo, di quello eventualmente più lungo previsto per detto reato, è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato come reato dalla legge, e non solo dalla persona offesa dallo stesso, ove detto danno sia conseguenza risarcibile dello stesso fatto -reato e, dunque, ad esso collegato eziologicamente anche in via mediata
e indiretta, secondo il criterio della regolarità causale” (cfr. Cass. n. 26958/2018).
Orbene, il fatto illecito descritto in citazione è suscettibile di integrare l'ipotesi di reato di cui all'art.
590 c.p. (reato per il quale, invero, il BA è stato condannato con sentenza del giudice di pace
38/2019) in relazione alle lesioni colpose subite dal danneggiato. Il termine prescrizionale da applicare - a fronte di quello biennale di cui all'art. 2947, comma 2, c.c. per danno prodotto da circolazione stradale – è quello proprio del reato di cui all'art. 590 c.p., previsto in anni sei, decorrenti dal momento della consumazione dell'illecito, occorso in data 3.11.2015.
Ne deriva che al momento della notifica dell'atto di citazione alla compagnia assicurativa, in data 12 giugno 2020, non era ancora maturato il termine di sei anni decorrente dalla verificazione del sinistro stradale.
Ciò posto la domanda è fondata e merita accoglimento, nei limiti e per le ragioni che seguono.
Come noto, in caso di sinistro stradale, concretizzatosi – come nella specie - in uno scontro tra veicoli, opera la presunzione di pari responsabilità nella causazione del sinistro posta dall'art. 2054 c.c., la quale risulta superata solo quando, all'esito della valutazione delle prove, risulti dimostrato non solo il comportamento colposo esclusivo di uno dei due conducenti, ma anche che l'altro conducente si sia, per converso, esattamente uniformato alle norme della circolazione ed a quelle di comune prudenza (cfr. Cass. 12524/2000)
In buona sostanza, “soltanto l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell'altro è idonea a liberare quest'ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità, fissata in via sussidiaria dall'art. 2054, comma 2 cod. civ., nonché dall'onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero attraverso la dimostrazione della conformità del suo contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma anche indirettamente, ovvero tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell'evento dannoso col comportamento dell'altro conducente. È onere della parte provare di avere fatto tutto il possibile per evitare la causazione del danno. La prova del rispetto delle norme relative alla circolazione stradale e di quelle di comune prudenza da parte del danneggiato può essere ricavata anche indirettamente attraverso l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell'evento dannoso rispetto al comportamento dell'altro” (Cass. Civ. sez. III, 28/11/2022, n.34895).
Nella specie, nessuno dei conducenti ha offerto elementi idonei a superare la presunzione citata, essendo al contrario emerso, dalle circostanze di fatto non contestate e ricostruite dagli agenti intervenuti nell'immediatezza del fatto, che l'impatto è stato determinato dalle concorrenti condotte colpose dei due: pacificamente, infatti, il BA si è improvvisamente e repentinamente spostato a sinistra, fino a invadere la corsia opposta, mentre il dipendente RI che proveniva da tergo si accingeva a eseguire una manovra di sorpasso vietata con doppia striscia continua.
Dunque, il
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI RIMINI
in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Elisa Dai Checchi, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1706 del ruolo generale degli affari civili contenziosi per l'anno 2020, promossa da
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato di Bologna
ATTRICE contro
ASSICURAZIONE AVIVA ITALIA S.P.A., rappresentata e difesa dall'Avv. Giovanni Pacilio
SABATINO US rappresentato e difeso dall'avv. Eleonora Pasini
CONVENUTI
***
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale di udienza del 27.9.2024.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Agenzia delle Entrate conveniva in giudizio la società assicuratrice Aviva Italia Assicurazioni S.p.a.
e (in seguito a ordine di integrazione del contraddittorio) BA PP, nelle rispettive qualità di compagnia assicuratrice e proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro occorso in data 3
Novembre 2015, a cagione del quale restava danneggiato un dipendente di essa attrice, RI
NI.
A fondamento della domanda, l'attrice deduceva che il sinistro era stato determinato da colpa esclusiva del BA, il quale - eseguendo una improvvisa e non segnalata manovra di spostamento
a sinistra, fino a invadere la corsia opposta – travolgeva il RI, che percorreva la strada a bordo del suo motociclo Piaggio targato DD79193 nella stessa direzione del BA e aveva già iniziato a sorpassarlo;
che dal descritto sinistro derivavano, per un verso, i danni patiti da essa attrice, iure proprio, in termini di emolumenti, retribuzione e di oneri riflessi erogati al dipendente “a vuoto”, per tutto il periodo di assenza dell'infortunato dal servizio, per un totale di Euro 38.468,00 e, per l'altro, tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti direttamente dal danneggiato;
che essa attrice aveva diritto di surrogarsi, ai sensi dell'art. 1916 c.c., nei diritti del danneggiato, avendo provveduto a corrispondergli – per il tramite della propria mandataria ex lege IL - l'importo pari ad Euro
414.440,35, a titolo di rendita ex lege per invalidità permanente da infortunio sul lavoro.
Si costituiva la società assicuratrice contestando le pretese avversarie, eccependo in via preliminare
l'avvenuta prescrizione del diritto azionato dall'attrice per decorso del termine biennale, il difetto di legittimazione attiva dell'attrice e chiedendo, in via subordinata, il rigetto delle domande avversarie per infondatezza delle stesse;
eccepiva in particolare il concorso di colpa del RI, che aveva eseguito una manovra di sorpasso vietata, con doppia striscia continua.
Chiamato ai sensi dell'art. 102 c.p.c., si costituiva pure PP BA, eccependo la carenza di legittimazione attiva dell'attrice, l'avvenuta prescrizione del diritto azionato nonché l'infondatezza della domanda, aderendo alle eccezioni svolte dalla compagnia assicuratrice.
La causa, istruita mediante documenti, veniva trattenuta in decisione all'udienza del 07.07.2023 con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
Il Giudice – rilevato lo smarrimento del documento A prodotto da parte attrice – assegnava termine per la ricostruzione del fascicolo mediante produzione di copia del documento da parte dell'attrice stessa, la quale, tuttavia, provvedeva soltanto dopo lo spirare del termine all'uopo assegnato, deducendo trattarsi di termine ordinatorio, in quanto non previsto dalla Legge, ma dal Giudice.
La causa veniva nuovamente trattenuta in decisione sulle conclusioni sopra richiamate.
L'eccezione di intervenuta prescrizione è infondata.
Come è noto, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da sinistri cagionati dalla circolazione di veicoli – che qui viene in rilievo - è fissato dall'art. 2947 c.c. comma 2 in due anni.
Il comma 3 dell'articolo citato, tuttavia, prevede che in ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile.
Si tratta, come è evidente, di un regime prescrizionale singolarmente articolato ed asimmetrico che, in linea generale, per le istanze risarcitorie scaturenti da fatto illecito, stabilisce un termine di
prescrizione più breve rispetto a quello ordinario di dieci anni;
in chiave derogatoria (rispetto a quella linea generale), un termine ancora più contenuto, per l'ipotesi in cui il fatto generatore del danno si riconnetta alla specifica dinamica della circolazione stradale;
e da ultimo, con riferimento ad entrambe le fattispecie risarcitorie (fatto illecito ordinario e fatto illecito da circolazione dei veicoli di ogni specie), una norma di rinvio in bianco quanto alla durata del termine, nel caso in cui quel fatto dannoso sia considerato dalla Legge come reato e per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga, giacché, in tale ipotesi, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno è commisurato al termine prescrizionale previsto dal reato.
La norma è in bianco in quanto, come è risaputo, l'art. 157 c.p., nel determinare il tempo necessario
a prescrivere, non stabilisce una misura temporale fissa, bensì un ordine decrescente di maturazione
(anche dopo la modifica apportata dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251) in rapporto ai diversi limiti di pena edittale.
Sono due, quindi, le condizioni che rendono applicabile l'art. 2947, comma 3, c.c.: la configurabilità di un reato nel fatto dannoso e la previsione per la prescrizione del reato di un termine più lungo di quelli stabiliti nei primi due commi dell'articolo 2947 c.c. Il concorso di entrambe queste condizioni, che va preliminarmente accertato, rende applicabile una disciplina della prescrizione che è in ogni caso derogatoria rispetto a quella dettata dai primi due commi anzidetti (o per l'entità o per la decorrenza del termine di prescrizione).
La Suprema Corte, pronunciatasi in tema di danno da circolazione stradale, ha precisato che: “In tema di diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, la disposizione dell'art.
2947, comma 3, c.c., la quale prevede, ove il fatto che ha causato il danno sia considerato dalla legge come reato, l'applicabilità all'azione civile per il risarcimento, in luogo del termine biennale stabilito dal comma 2 dello stesso articolo, di quello eventualmente più lungo previsto per detto reato, è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato come reato dalla legge, e non solo dalla persona offesa dallo stesso, ove detto danno sia conseguenza risarcibile dello stesso fatto -reato e, dunque, ad esso collegato eziologicamente anche in via mediata
e indiretta, secondo il criterio della regolarità causale” (cfr. Cass. n. 26958/2018).
Orbene, il fatto illecito descritto in citazione è suscettibile di integrare l'ipotesi di reato di cui all'art.
590 c.p. (reato per il quale, invero, il BA è stato condannato con sentenza del giudice di pace
38/2019) in relazione alle lesioni colpose subite dal danneggiato. Il termine prescrizionale da applicare - a fronte di quello biennale di cui all'art. 2947, comma 2, c.c. per danno prodotto da circolazione stradale – è quello proprio del reato di cui all'art. 590 c.p., previsto in anni sei, decorrenti dal momento della consumazione dell'illecito, occorso in data 3.11.2015.
Ne deriva che al momento della notifica dell'atto di citazione alla compagnia assicurativa, in data 12 giugno 2020, non era ancora maturato il termine di sei anni decorrente dalla verificazione del sinistro stradale.
Ciò posto la domanda è fondata e merita accoglimento, nei limiti e per le ragioni che seguono.
Come noto, in caso di sinistro stradale, concretizzatosi – come nella specie - in uno scontro tra veicoli, opera la presunzione di pari responsabilità nella causazione del sinistro posta dall'art. 2054 c.c., la quale risulta superata solo quando, all'esito della valutazione delle prove, risulti dimostrato non solo il comportamento colposo esclusivo di uno dei due conducenti, ma anche che l'altro conducente si sia, per converso, esattamente uniformato alle norme della circolazione ed a quelle di comune prudenza (cfr. Cass. 12524/2000)
In buona sostanza, “soltanto l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell'altro è idonea a liberare quest'ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità, fissata in via sussidiaria dall'art. 2054, comma 2 cod. civ., nonché dall'onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero attraverso la dimostrazione della conformità del suo contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma anche indirettamente, ovvero tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell'evento dannoso col comportamento dell'altro conducente. È onere della parte provare di avere fatto tutto il possibile per evitare la causazione del danno. La prova del rispetto delle norme relative alla circolazione stradale e di quelle di comune prudenza da parte del danneggiato può essere ricavata anche indirettamente attraverso l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell'evento dannoso rispetto al comportamento dell'altro” (Cass. Civ. sez. III, 28/11/2022, n.34895).
Nella specie, nessuno dei conducenti ha offerto elementi idonei a superare la presunzione citata, essendo al contrario emerso, dalle circostanze di fatto non contestate e ricostruite dagli agenti intervenuti nell'immediatezza del fatto, che l'impatto è stato determinato dalle concorrenti condotte colpose dei due: pacificamente, infatti, il BA si è improvvisamente e repentinamente spostato a sinistra, fino a invadere la corsia opposta, mentre il dipendente RI che proveniva da tergo si accingeva a eseguire una manovra di sorpasso vietata con doppia striscia continua.
Dunque, il
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