Trib. Bari, sentenza 28/05/2024, n. 2177
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Bari
Sezione Lavoro
Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott.ssa A A
Alla udienza del 28/05/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa lavoro di I grado iscritta al N. 250/2023 R.G. promossa da:
rapp. e dif. dagli avv.ti FRANCESCO TEDESCHI E TAMARA Parte_1
NATILLA;
RICORRENTE contro
in persona del legale rappresentante p.t., rapp.ta e Controparte_1 difesa dagli avv.ti ANGELO MAROZZI E GIOVANNI RONCONI;
RESISTENTE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ricorso introduttivo del 05.01.2023, il ricorrente in epigrafe indicato agiva in giudizio per sentir: “Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente all'inclusione nella retribuzione del periodo di ferie degli emolumenti richiamati in narrativa ed esclusi dall'Azienda dalla base di calcolo di detta retribuzione. Il tutto previo accertamento incidentale dell'inefficacia delle clausole di quegli accordi aziendali nella parte in cui essi abbiano previsto espressamente l'esclusione degli emolumenti da essi disciplinati dalla suddetta base di calcolo;
conseguentemente, condannare l convenuta all'inclusione degli emolumenti CP_2 illegittimamente omessi dalla base di calcolo della retribuzione feriale del ricorrente così come istituiti e disciplinati dagli accordi aziendali richiamati in narrativa ed al pagamento degli arretrati maturati dal ricorrente a titolo di differenze retributive. Con interessi legali e rivalutazione monetaria, come per legge. Con condanna di parte convenuta al pagamento del CU e delle spese e dei compensi professionali del presente
giudizio, rimborso forfettario spese generali 15%, C.P.A. e I.V.A.”, con distrazione.
Si costituiva in giudizio la resistente chiedendo nel merito il rigetto del ricorso.
All'odierna udienza, acquisita la documentazione in atti, la causa è stata discussa e decisa nei termini indicati in dispositivo.
Il ricorso deve essere parzialmente accolto per le ragioni di seguito esposte.
Preliminarmente, risulta infondata l'eccezione di prescrizione, trattandosi di rapporto di natura privata per il quale il termine quinquennale di cui all'art. 2948 c.c. inizia a decorrere esclusivamente dalla cessazione dello stesso (sul punto si veda Cass., 06.09.2022, n. 26246). Come ribadito dalla giurisprudenza di merito sul punto, la prescrizione non decorre nel corso del rapporto di lavoro anche nel caso di applicazione dell'art. 18 Statuto dei Lavoratori, come modificato dalla c.d. legge Fornero. Il testo attualmente vigente, a differenza di quello originario, prevede la tutela reintegratoria solo per talune ipotesi di illegittimità del licenziamento
(primo, quarto e settimo comma), mentre per altre fattispecie prevede unicamente una tutela indennitaria (quinto e sesto comma). Ne consegue che, nel corso del rapporto, il prestatore di lavoro si trova in una condizione soggettiva di incertezza circa la tutela (reintegratoria o indennitaria) applicabile nell'ipotesi di licenziamento illegittimo, accertabile solo ex post nell'ipotesi di contestazione giudiziale del recesso datoriale. Le novità introdotte dalla L. n. 92/2012 e dal D.Lgs. n. 23/2015, infatti, hanno comportato per le ipotesi di licenziamento illegittimo il passaggio da un'automatica applicazione della tutela reintegratoria e risarcitoria ad un'applicazione selettiva delle tutele e delle sanzioni applicabili. La tutela reintegratoria, per effetto degli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n. 23/2015, ha acquisito ormai un carattere recessivo e residuale tale da determinare, inevitabilmente, un timore del dipendente nei confronti del datore di lavoro per la sorte del rapporto ove egli intenda far valere un proprio credito nel corso dello stesso. La Corte, a tal ragione, stabilisce pertanto che “il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92/2012 e del D.Lgs. n. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione
e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità.
Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di
entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, cioè le differenze retributive successive al 20.7.2007. In buona sostanza, la possibilità di rivendicare le differenze retributive dal 20.7.2007 al 17.7.2012, superando il preliminare ostacolo dell'intervenuta prescrizione. Dunque, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n.
4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro e non in costanza di esso anche per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro a cui si applichi l'art. 18 Stat. Lav., come novellato dalla l. n. 92/2012 (cfr.
Corte d'Appello di Milano, n. 719 del 2021;
n. 376 del 2019).
Risulta del tutto inconferente l'intervenuta conciliazione tra le parti, relativamente al giudizio n. 10782/2015 R.G., atteso che il verbale di conciliazione in atti non menziona affatto l'inclusione delle suddette indennità nella retribuzione del periodo feriale.
Nel merito del caso de quo, preme evidenziare che il Tribunale adito si è già pronunciato su fattispecie analoga a quella che ci occupa (cfr. Trib.
Bari nn. 235/2024, 1272/2023, 843/2023 e 3155/2022).
Come noto, l'art.36 Cost. stabilisce che "il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi".
Nel contempo l'art.2109 1° e 2° co cc prevede che: "il prestatore di lavoro
... ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito" e l'art.10
D. Lgs. n. 66 del 2003 dispone che: "il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite".
Sul versante della regolamentazione di diritto Eurounitario, si rammenta che l'art. 31 n.2 della CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA stabilisce che "ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite".
E l'art.7 della Direttiva N. 88/2003/CE prevede che "gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali".
Stante l'indicato contesto normativo, va altresì evidenziato che la
Giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha dapprima chiarito che "l'espressione (di cui all'art.7 della Direttiva N. 88/2003/CE n.d.r.), che figura in tale disposizione, significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi della direttiva,
la retribuzione va mantenuta. In altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo" (cfr. Corte di
Giustizia UE sez. i, 16.3.2006, n.131, conf. Corte Giustizia UE Grande
Sezione, 20.1.2009, n.350).
Successivamente, la Corte di Giustizia è nuovamente intervenuta in materia
Pe con la sentenza CGUE, 15.09.2011, C-155/10, c. della quale, Per_1 stante la rilevanza della pronuncia, si riportano i passi essenziali.
La formulazione dell'art. 7 della direttiva 2003/88 non fornisce alcuna esplicita indicazione quanto alla retribuzione cui ha diritto il lavoratore nel corso delle sue ferie annuali. Tuttavia, la giurisprudenza ha ricordato come dalla lettera stessa del n. 1 di tale articolo, norma alla quale tale direttiva non consente di derogare, risulti che tutti i lavoratori beneficiano di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che tale diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario.
In tale contesto, la Corte ha già avuto occasione di precisare che
l'espressione “ferie annuali retribuite” di cui all'art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 significa che, per la durata delle “ferie annuali” ai sensi di tale direttiva, la retribuzione deve essere mantenuta;
in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenza 16.03.2006, cause riunite C-131/04 e C-
257/04, e a., punto 50;
e a., cit., punto 58). Persona_3 CP_3
Come precisato dall'avvocato generale al par. 90 delle conclusioni, da quanto precede si deduce che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore. Da quanto sopra si evince inoltre che un'indennità determinata a un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie non soddisfa le prescrizioni del diritto dell'Unione.
Orbene, quando la retribuzione percepita dal lavoratore è composta di diversi elementi, per determinare tale retribuzione ordinaria e, di conseguenza, l'importo cui ha diritto
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