Trib. Lucca, sentenza 31/01/2025, n. 87
TRIB Lucca
Sentenza
31 gennaio 2025
Sentenza
31 gennaio 2025
0
0
05:06:40
TRIB Lucca
Sentenza
31 gennaio 2025
Sentenza
31 gennaio 2025
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesi
Il provvedimento emesso dal Tribunale di Lucca, nella persona del giudice Michele Fornaciari, riguarda una causa civile di risarcimento danni per crimini di guerra. La parte attrice, erede di un ex internato militare italiano, ha richiesto la condanna della Repubblica Federale Tedesca al risarcimento di € 50.000,00 per le sofferenze subite dal padre durante la prigionia e il lavoro coatto in condizioni disumane. La convenuta, contumace, non si è difesa.
Il giudice ha accertato la giurisdizione italiana, richiamando la normativa recente che consente di perseguire tali richieste. Ha escluso la prescrizione del diritto al risarcimento, evidenziando la natura dei crimini di guerra e contro l'umanità. La sentenza ha riconosciuto la brutalità delle condizioni di vita e lavoro del sig. NI, qualificando la sua esperienza come fonte di responsabilità risarcitoria per la Repubblica Federale Tedesca. Infine, il giudice ha accolto la richiesta di risarcimento, stabilendo la somma di € 50.000,00, oltre agli interessi legali e alle spese legali, in considerazione del grave pregiudizio subito dall'attore.
Il giudice ha accertato la giurisdizione italiana, richiamando la normativa recente che consente di perseguire tali richieste. Ha escluso la prescrizione del diritto al risarcimento, evidenziando la natura dei crimini di guerra e contro l'umanità. La sentenza ha riconosciuto la brutalità delle condizioni di vita e lavoro del sig. NI, qualificando la sua esperienza come fonte di responsabilità risarcitoria per la Repubblica Federale Tedesca. Infine, il giudice ha accolto la richiesta di risarcimento, stabilendo la somma di € 50.000,00, oltre agli interessi legali e alle spese legali, in considerazione del grave pregiudizio subito dall'attore.
Sul provvedimento
Testo completo
TRIBUNALE DI LUCCA
UDIENZA DEL 31.1.25
E' presente, via teams, l'avv. Selvanetti.
Il Giudice invita la parte a precisare le conclusioni e a discutere la causa ex art. 281 sexies
c.p.c.
Parte attrice si riporta agli atti e il Giudice pronuncia la seguente sentenza, della quale viene data immediata lettura.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Lucca, Sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice
Michele Fornaciari, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado n. 4039/22 RG, fra le seguenti parti:
- parte attrice (meglio identificata, rappresentata e difesa come in atti):
GI IA NI
- parte convenuta (contumace):
Repubblica Federale Tedesca
Conclusioni
Parte attrice ha concluso come da verbale dell'udienza del 4.4.25.
Oggetto del processo
L'attore ha dedotto quanto segue.
Il sig. IO NI, padre dell'odierna parte attrice (doc. n. 8 e 9), veniva catturato a Tarvisio il 09/09/1943, dalle
Forze militari tedesche e deportato in Polonia per essere adibito a lavoro forzato nello Stalag 367 nel distretto di
Czestochowa, per poi essere trasferito nello Stalag 327 nel distretto di Przemysl e, infine, nello Stalag II B nel distretto di Czarne, rinominato dai nazisti TE (doc. n. 3), dove rimaneva fino alla sua liberazione, per giungere poi in
Italia in data 06/10/1945, come risulta dalla documentazione che si allega (doc. n. 2, 3, 4, 5 e 6). Il sig. IO NI,
deceduto il 28/01/2008 in Lucca, come risulta dal certificato di morte che si allega (doc. n. 7), era guardia di frontiera,
1
con grado di Sottotenente di complemento dell'Esercito italiano e fu fatto prigioniero dei tedeschi in seguito all'Armistizio dell'08/09/1943. Come molti altri connazionali fu trasportato su carri bestiame in condizioni igieniche devastanti in un primo Stalag in Polonia, ovvero in un campo di prigionia per sottoufficiali e truppe, dove lo NI fu adibito a lavoro coatto. In particolare in un primo momento fu impiegato nell'industria bellica nella fabbricazione delle ali per gli aerei tedeschi e, successivamente fu impiegato in lavori sempre più pesanti a fronte di condizioni di vita sempre peggiori, quali “spacca pietre” e manovalanza per la costruzione di strade e ferrovie.
Secondo gli ordini emanati dal Comando supremo della Wehrmacht, i prigionieri dovevano essere trattati nel seguente modo: “Soldati italiani, che non siano disposti a continuare la lotta a fianco dei tedeschi, devono essere disarmati e considerati quali prigionieri di guerra”. Il 12 settembre 1943 (ovvero pochi giorni dopo la cattura del sig. NI, però, un successivo ordine del Führer stabilì l'utilizzo dei prigionieri di guerra a fini di lavoro per la produzione bellica, cosa espressamente vietata da tutte le leggi e convenzioni internazionali.
Il 20 settembre 1943, lo status di prigionieri di guerra fu cambiato in Internati Militari Italiani (IMI), status che da una parte teoricamente migliorava le condizioni dei prigionieri, ma dall'altra permetteva l'utilizzo dei prigionieri stessi come manodopera coatta, come effettivamente avvenne anche per il sig. NI. Il trasferimento verso i lager o c.d. campi di lavoro in Polonia fu effettuato in condizioni estremamente dure, attraverso carri bestiame sovraccarichi.
L'alloggiamento era in baracche per prigionieri di guerra, sovraffollate e luride.
L'orario di lavoro ufficiale variava tra le 50 e le 65 ore settimanali, con un solo intervallo, in genere di mezz'ora, per il pasto, ma il sig. NI si ritrovava a lavorare
UDIENZA DEL 31.1.25
E' presente, via teams, l'avv. Selvanetti.
Il Giudice invita la parte a precisare le conclusioni e a discutere la causa ex art. 281 sexies
c.p.c.
Parte attrice si riporta agli atti e il Giudice pronuncia la seguente sentenza, della quale viene data immediata lettura.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Lucca, Sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice
Michele Fornaciari, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado n. 4039/22 RG, fra le seguenti parti:
- parte attrice (meglio identificata, rappresentata e difesa come in atti):
GI IA NI
- parte convenuta (contumace):
Repubblica Federale Tedesca
Conclusioni
Parte attrice ha concluso come da verbale dell'udienza del 4.4.25.
Oggetto del processo
L'attore ha dedotto quanto segue.
Il sig. IO NI, padre dell'odierna parte attrice (doc. n. 8 e 9), veniva catturato a Tarvisio il 09/09/1943, dalle
Forze militari tedesche e deportato in Polonia per essere adibito a lavoro forzato nello Stalag 367 nel distretto di
Czestochowa, per poi essere trasferito nello Stalag 327 nel distretto di Przemysl e, infine, nello Stalag II B nel distretto di Czarne, rinominato dai nazisti TE (doc. n. 3), dove rimaneva fino alla sua liberazione, per giungere poi in
Italia in data 06/10/1945, come risulta dalla documentazione che si allega (doc. n. 2, 3, 4, 5 e 6). Il sig. IO NI,
deceduto il 28/01/2008 in Lucca, come risulta dal certificato di morte che si allega (doc. n. 7), era guardia di frontiera,
1
con grado di Sottotenente di complemento dell'Esercito italiano e fu fatto prigioniero dei tedeschi in seguito all'Armistizio dell'08/09/1943. Come molti altri connazionali fu trasportato su carri bestiame in condizioni igieniche devastanti in un primo Stalag in Polonia, ovvero in un campo di prigionia per sottoufficiali e truppe, dove lo NI fu adibito a lavoro coatto. In particolare in un primo momento fu impiegato nell'industria bellica nella fabbricazione delle ali per gli aerei tedeschi e, successivamente fu impiegato in lavori sempre più pesanti a fronte di condizioni di vita sempre peggiori, quali “spacca pietre” e manovalanza per la costruzione di strade e ferrovie.
Secondo gli ordini emanati dal Comando supremo della Wehrmacht, i prigionieri dovevano essere trattati nel seguente modo: “Soldati italiani, che non siano disposti a continuare la lotta a fianco dei tedeschi, devono essere disarmati e considerati quali prigionieri di guerra”. Il 12 settembre 1943 (ovvero pochi giorni dopo la cattura del sig. NI, però, un successivo ordine del Führer stabilì l'utilizzo dei prigionieri di guerra a fini di lavoro per la produzione bellica, cosa espressamente vietata da tutte le leggi e convenzioni internazionali.
Il 20 settembre 1943, lo status di prigionieri di guerra fu cambiato in Internati Militari Italiani (IMI), status che da una parte teoricamente migliorava le condizioni dei prigionieri, ma dall'altra permetteva l'utilizzo dei prigionieri stessi come manodopera coatta, come effettivamente avvenne anche per il sig. NI. Il trasferimento verso i lager o c.d. campi di lavoro in Polonia fu effettuato in condizioni estremamente dure, attraverso carri bestiame sovraccarichi.
L'alloggiamento era in baracche per prigionieri di guerra, sovraffollate e luride.
L'orario di lavoro ufficiale variava tra le 50 e le 65 ore settimanali, con un solo intervallo, in genere di mezz'ora, per il pasto, ma il sig. NI si ritrovava a lavorare
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi