Trib. Messina, sentenza 04/06/2024, n. 1442

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Messina, sentenza 04/06/2024, n. 1442
Giurisdizione : Trib. Messina
Numero : 1442
Data del deposito : 4 giugno 2024

Testo completo

Tribunale di Messina
Seconda Sezione civile
Verbale di udienza
Oggetto: Arricchimento senza causa (art. 281 sexies c.p.c.)
All'udienza del 4 giugno 2024, davanti al giudice dott. Giuseppe Bonfiglio, viene chiamata la causa iscritta al n. 6007/2013 R.G., proposta da
TI EM ([...]), difesa dall'avv. Carla Grillo,
– attrice contro
SA AR IN ([...]) e SA RM
([...]), difese dagli avv.ti Pietro Carrozza, Francesco Carrozza e Carlo
Carrozza,
– convenute
e contro
SA AT ([...]), difesa dall'avv. Aldo Lombardo,
– convenuta
Sono presenti per l'attrice l'avvocato Sebastiano Maio e per i convenuti l'avvocato
Alfonso Teramo e, su delega dell'avvocato Maristella Bossa, l'avvocato Marco Siligato,
i quali precisano le conclusioni e discutono riportandosi interamente ai rispettivi atti e scritti difensivi e insistendo per l'accoglimento delle rispettive domande ed eccezioni e delle rispettive istanze istruttorie, che chiedono darsi per trascritte.
All'esito della discussione, il Giudice pronuncia
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SENTENZA
1


FATTO E DIRITTO
RD AN aveva stipulato, con la Findomestic Banca s.p.a., un contratto di mutuo (un prestito) per la somma complessiva di euro 15.255,50, da restituire in sessanta rate mensili di euro 331,40 ciascuna.
A garanzia dell'obbligo di restituzione era stata stipulata una polizza assicurativa, che prevedeva, per il caso di morte dell'assicurato, che la Cardif Assicurazioni s.p.a. avrebbe pagato alla Findomestic Banca s.p.a. la sommatoria delle rate a scadere al momento della morte, con la correlativa estinzione del rapporto.
Il AN decedeva in data 19.2.2010, lasciando eredi, per testamento pubblico, le figlie AR IN AN, RM AN e AT AN.
EM RA, che conviveva con il AN anche al momento della stipula del prestito, «erroneamente seguitava nel pagamento delle rate» dopo la morte del mutuatario, versando importi per complessivi euro 5.499,76.
La Cardif Assicurazioni comunicava alla RA di avere pagato alla Findomestic
Banca la somma di euro 12.593,20, estinguendo il debito residuo.
La RA, avvedutasi del pagamento di somme non dovute, ne chiedeva la restituzione alla Findomestic Banca, che la informava di avere trasmesso a AR IN
AN tre assegni, intestati agli “eredi” del mutuatario, per un importo complessivo di euro 5.499,76.
La RA, inoltre, pagava le spese funerarie del AN, per un importo di euro
8.233,04.
Sostenendo di avere effettuato pagamenti da lei non dovuti, EM RA ha chiesto che AR IN AN, RM AN e AT AN siano condannate a corrispondere le somme di euro 5.499,76 e di euro 8.233,04.
AR IN AN, RM AN e AT AN, costituitesi
(dapprima con lo stesso avvocato, la terza, in seguito, da sola), hanno esposto quanto segue: RD AN aveva istituito eredi le figlie, per quote uguali, ed effettuato lasciti a titolo di legato;
le figlie non avevano accettato l'eredità, essendosi riservate di accettarla con beneficio di inventario;
durante le trattative intavolate con la RA, volte
a transigere la controversia (che sarebbe potuta insorgere) per lesione dei loro diritti di legittimarie, avevano ricevuto dalla Findomestic Banca tre assegni, dell'importo complessivo di euro 5.499,76, che avevano depositato “per conto di chi spetta”, non avendo ancora accettato l'eredità;
quanto alle spese funerarie, le figlie avevano avuto
2
notizia che il de cuius, in data 13.1.2010, aveva emesso un assegno dell'importo di euro
10.000,00, il n. 3507028399, tratto sul conto corrente n. 10709849, intrattenuto con la
Unicredit, in previsione delle future spese conseguenti alla morte, sicché sarebbe stato
«opportuno» conoscere chi era il beneficiario dell'assegno.
Preliminarmente, si deve osservare che la transazione stipulata in data 21.10.2019 dalle parti, attrice e convenute (e da altri soggetti, non parti della causa), per scrittura privata, non ha incidenza nella controversia, né potrebbe spostare i termini della decisione.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, «in caso di intervenuta transazione extraprocessuale, ove le parti non concordino sulla rilevanza giuridica dell'atto o sul suo contenuto, occorre accertare se la transazione investa o meno l'oggetto della domanda contenziosa, sicché non può esservi declaratoria di cessazione della materia del contendere, che costituisce pronuncia processuale per sopravvenuta carenza di interesse, idonea a formare giudicato solo processuale, ma va esaminato il merito della domanda, la quale va rigettata qualora si accerti che la transazione ha regolamentato tutti i rapporti contenziosi tra le parti» (Cass. n. 3598/15).
In generale, «la cessazione della materia del contendere costituisce, nel rito contenzioso civile, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale e contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso, tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale» (Cass. n. 7185/10).
Nello specifico è la transazione novativa ad integrare un fatto che può fare cessare la materia del contendere (Cass. n. 18195/12).
La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello avente causa nell'accordo transattivo (così, Cass. n. 421/06, la quale ha puntualizzato che in tal caso, l'animus novandi può essere desunto anche per implicito da fatti concludenti).
La giurisprudenza più recente ha affermato che «l'effetto novativo della transazione può essere ritenuto sussistente solo allorquando esso discenda direttamente dal negozio transattivo che tale effetto contempla, mentre non può ritenersi
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