Trib. Milano, sentenza 23/05/2024, n. 5356

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Milano, sentenza 23/05/2024, n. 5356
Giurisdizione : Trib. Milano
Numero : 5356
Data del deposito : 23 maggio 2024

Testo completo

N R.G. n. 23635/2023
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione delle persone cittadine dell' Org_1

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Milano in composizione collegiale, riunito in Camera di Consiglio e composto dalle magistrate:
Dott.ssa E M Presidente Dott.ssa E M Zni Giudice Dott.ssa F M Giudice relatrice
ha pronunciato la seguente SENTENZA
nel procedimento ex art. 281-decies c.p.c., in relazione all'art. 19-ter del D.Lgs. n. 150/2011, iscritto come in epigrafe, promosso da:
(C.U.I. ) Pt_1 C.F._1 nato il 9.04.1989 a Madaripur (BANGLADESH), rappresentato e difeso dall'Avvocata R B, presso il cui studio in Milano, al corso Buenos Aires, n. 52, risulta elettivamente domiciliato in forza di procura in atti
- persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato - ricorrente

contro

:

, in persona del Ministro pro tempore - Questura di Milano, Controparte_1 ocatura dello Stato, presso i cui uffici in Milano, alla via Freguglia, n. 1, è elettivamente domiciliato resistente
1) In fatto. In data 3.11.2022, la persona ricorrente ha richiesto al competente Questore il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Con decreto del 6.04.2023, notificato in data 8.06.2023, il Questore di Milano ha emesso un provvedimento negativo rilevando:
che l'autorizzazione al soggiorno richiesto dallo straniero è subordinata al parere favorevole da parte della competente di Milano;
Organizzazione_2 dato atto che la Commissione di cui al punto precedente ha espresso, in data 01.03.2023, parere contrario al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale in quanto non ha riscontrato nei confronti dello straniero la sussistenza di

1 alcuno dei presupposti di cui all'art. 19 commi 1 e 1.1 del D.Lvo 286/98 e ss. mm., in particolare l'ipotesi non rientra tra quelle disciplinata dagli artt. 8 CEDU e 3 CEDU: preso atto che, in base alla disciplina vigente, i poteri del Questore, in sede di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, si configurano come attuazione della valutazione formulata dalle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, individuate dal legislatore quali soggetti deputati a valutare le esigenze di tutela dei diritti umani ed il cui parere possiede natura obbligatoria e vincolate”. Con ricorso tempestivamente depositato il 20.06.2023, la difesa della persona ricorrente ha richiesto al Tribunale di accertare il diritto della stessa al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale richiesto. La parte convenuta (di seguito p.c.) non si è costituita. Con provvedimento del 5.10.2023, la giudice competente ha sospeso cautelativamente il provvedimento negativo impugnato in questa sede. In data 4.05.2024 la difesa della persona ricorrente ha provveduto al deposito della delibera di ammissione al patrocinio a spese dello Stato e di ulteriori documenti afferente all'inserimento socio- lavorativo della medesima sul territorio nazionale. All'udienza del 9.05.2024 è comparso solo l'Avvocato Gianluca Mura in sostituzione dell'Avvocata Rosalia Bennato. Nessuno, invece, è comparso per la p.c. In tale sede, il sostituto dell'avvocata della persona ricorrente ha insistito nelle richieste come da conclusioni svolte in sede di ricorso e ha chiesto la liquidazione del p.s.s.;
la Giudice si è riservata di riferire al Collegio. Il procedimento è stato definito nella camera di consiglio del 15.05.2024.
2) In diritto. Circa la disciplina applicabile, devesi premettere che il terzo e il quarto periodo del comma 1.1 dell'art. 19 del T.U.I. sono stati abrogati dall'art. 7 del D.L. 20 del 10.03.2023, convertito nella Legge n. 50/2023, quest'ultima pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 5.05.2023 ed entrata in vigore il giorno successivo. Tuttavia, al secondo comma, la medesima disposizione ha fatto espressamente salva la disciplina previgente
– che qui, infatti, si applica – “per le istanze presentate fino alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ovvero sia il 11.03.2023. Pare opportuno, dunque, procedere ad una breve ricognizione della disciplina applicabile al caso di cui trattasi. Il 22 ottobre 2020 è entrato in vigore il D.L. n. 130 del 2020, convertito con modifiche nella Legge n. 173 del 2020 che, per ciò che rileva in questa sede, nel confermare la scelta della “tipizzazione” rispetto alla fattispecie di protezione complementare “a catalogo aperto”, ha modificato il testo dell'art. 5 comma 6 del T.U.I., ripristinando il principio del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, contenuto nel testo originario della norma e poi eliminato dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modifiche nella Legge n. 132 del 2018. Nel dettaglio, l'art. 1 comma 1 lett. e) del D.L. 130/2020 ha modificato profondamente il contenuto dell'art. 19 comma 1.1 del T.U.I., così riformulandolo: “Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli
2 familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”. L'analisi della lettera della norma consente di rilevare che, da un lato, trova esplicitazione il divieto di espulsione (già previsto qualora esistessero fondati motivi di ritenere che la persona straniera rischiasse di essere sottoposta a tortura) della persona straniera anche nei casi in cui rischi di essere sottoposta a trattamenti inumani o degradanti;
dall'altro lato, il divieto di espulsione della persona straniera – e, di conseguenza, il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale di durata biennale, ex art. 32 comma 3 del D.Lgs. 25/2008 – si estende anche all'ipotesi in cui l'allontanamento dal territorio nazionale possa comportare la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare della stessa, fatti salvi i casi in cui esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica o di protezione della salute, comunque nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto delle persone rifugiate e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Alla luce dell'insegnamento fornito in merito dalla Suprema Corte, la protezione speciale si presenta prima facie caratterizzata da un compasso di ampiezza almeno corrispondente a quello della protezione umanitaria previgente all'entrata in vigore del D.L. 113/2018, convertito con modificazioni nella Legge 132/2018, nell'interpretazione che di tale forma di protezione è stata nel tempo fornita dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza n. 29459 del 13 novembre 2019, R.M.M.;
Cass. Civ., Sez. I, ordinanza n. 17130 del 14 agosto 2020, S.O.;
Cass. Civ., Sez. II, ordinanza n. 3705 del 12 febbraio 2021, M.A.M.). Inoltre, la disposizione trova applicazione ai procedimenti in corso, in virtù dell'inequivoco tenore letterale della disposizione transitoria dell'art. 15 del D.L. 130/2020, secondo il quale “le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a), e) ed f) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, secondo comma, del codice di procedura civile”. L'applicazione retroattiva – alle cause pendenti – della normativa in questione trova conferma nelle pronunce della Suprema Corte, anche nella sua massima composizione (Cass. Civ., SS.UU., sentenza n. 24413 del 9 settembre 2021, A.A.;
Cass. Civ., Sez. I, ordinanza n. 14865 del 29 maggio 2023, C.M.). Sulla scorta di quanto sinteticamente sopra riportato, essendo stata l'istanza al Questore presentata il 3.11.2022, devesi affermare che la disciplina normativa applicabile ratione temporis nel caso di specie è quella previgente alla modifica abrogativa da ultimo apportata con il D.L. 20/2023, ossia la formulazione dell'art. 19 comma 1.1 del T.U.I. come vigente dal 20.12.2020 al 10.03.2023, giacché, da un lato, a norma del succitato art. 15 del D.L. 130/2020, la disciplina introdotta nel 2020 ha efficacia per tutte le domande pendenti in sede amministrativa o giurisdizionale al momento della sua introduzione;
dall'altro lato, la disciplina più recente troverà applicazione solo per la domande introdotte in sede amministrativa dopo il 10 marzo 2023. Inoltre, nel merito, il vaglio dell'interprete avrà ad oggetto le condizioni di vita privata e familiare della persona richiedente protezione, tenendo conto “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”, al fine di stabilire se il suo respingimento o la sua espulsione determinino una violazione di tali diritti. Svolte tali opportune premesse, il Collegio, esaminate le evidenze disponibili, ritiene di accogliere il proposto ricorso. Difatti, la documentazione prodotta fonda una valutazione di piena integrazione della persona ricorrente sotto tutti i profili. Nel dettaglio:
- la persona ricorrente è giunta in Italia in data 1.06.2016 (cfr. p.d.s., doc. 2 allegato al ricorso), dunque quasi otto anni orsono;
- sotto il profilo abitativo, dispone di un alloggio stabile, come si evince dal certificato di residenza in Milano, alla via Luigi Federico Menabrea, n. 27, datato al 14.06.2023 (cfr. doc. 5 allegato al ricorso);

3
- sotto il profilo lavorativo, dai documenti acquisiti risulta che la persona ricorrente lavora in via ufficiale e continuativa dal gennaio 2022 e ha raggiunto una notevole stabilità lavorativa;
in particolare, con riferimento all' anno 2022, la persona ricorrente ha lavorato a tempo pieno in campo agricolo, percependo redditi per 12.197,36 euro lordi (cfr. estratto conto previdenziale datato al 15.04.2024, doc. 15 allegato alla nota di deposito del 4.05.2024;
Certificazione CP_2 Unica 2023, doc. 8 allegato al ricorso);
anche nell'anno 2023 la persona ricorrente ha svolto la sua attività lavorativa in ambito agricolo, percependo redditi per 18.953,22 euro lordi (cfr. succitato estratto previdenziale;
contratto e buste paga, docc. 3 e 6 allegati al ricorso;
Certificazione Unica 2024, doc. 14 allegato alla nota di deposito del 4.05.2024);
il rapporto di lavoro di cui sopra è proseguito anche nell'anno 2024 (cfr. comunicazioni Uni.Lav, contratto e buste paga afferenti ai mesi di gennaio, febbraio e marzo, docc. 12, 13 e 16 allegati alla nota di deposito del 4.05.2024);

- infine, risulta per tabulas che la persona ricorrente non ha a suo carico né pregiudizi definitivi né precedenti di polizia. Appare chiaro, allora, che un eventuale allontanamento della persona ricorrente determinerebbe una violazione del suo diritto alla tutela della vita privata e familiare. Per tali ragioni, in applicazione dell'articolo 19 comma 1.1. del T.U.I., non può che riconoscersi alla persona ricorrente il permesso di soggiorno di durata biennale per “protezione speciale”, previsto dall'articolo 32 comma 3 del D.lgs 25/2018.
3) Circa le spese di lite. Considerato che il Tribunale è pervenuto al riconoscimento della protezione speciale valorizzando circostanze di fatto inerenti alla condizione socio-lavorativa della persona ricorrente sopravvenute o, comunque, consolidatesi successivamente all'introduzione del ricorso, sussistono gravi motivi, ai sensi dell'articolo 92 c.p.c., come interpretato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 19.04.2018, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite. Con riguardo al patrocinio a spese dello Stato, il Collegio osserva che nell'anno 2023 la persona ricorrente ha superato i limiti di legge, pertanto esso va revocato dal 31.12.2023.
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