Trib. Avellino, sentenza 05/03/2024, n. 262
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
Settore Lavoro e Previdenza
Il Giudice del lavoro, dott. D V, all'esito della discussione ex art. 127 ter
c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella controversia iscritta al R. G. n. 34/2022, introdotta
DA
(c.f.: , rappresentato e difeso, in virtù di Parte_1 C.F._1 procura in atti, dall'avv. F D C, presso cui è elettivamente domiciliato;
RICORRENTE
CONTRO
c.f.: , in persona del l.r.p.t., rappresentata Controparte_1 P.IVA_1
e difesa, in virtù di procura in atti, dagli avv.ti F M, M F C
e R C, presso cui è elettivamente domiciliata.
RESISTENTE
CONCLUSIONI
PER PARTE RICORRENTE: dichiarare il diritto al superminimo contrattuale e, per l'effetto, condannare controparte alla relativa corresponsione, in uno agli arretrati dall'1.8.2021;con vittoria delle spese di lite;
PER PARTE RESISTENTE: dichiarare la cessazione della materia del contendere in forza delle rinunce del ricorrente nel verbale di conciliazione individuale in sede sindacale stipulato in data 21.7.2022;in via gradata, dichiarare inammissibile ovvero rigettare il ricorso;con vittoria delle spese di lite.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con ricorso depositato in data 5.1.2022, il sig. esponeva di essere Parte_1 dipendente di dall'1.8.2021, addetta presso l'unità operativa di CP_1 CP_1
1
Avellino (A. O. “Moscati”), con contratto a tempo indeterminato e mansioni di cuoco di quarto livello C.C.N.L. pubblici esercizi ristorazione collettiva, nonché di essere iscritto al sindacato autonomo FILAS.
Precisava che la società esercita, in regime di appalto, attività di ristorazione collettiva in favore di enti pubblici, fra cui l' in Avellino. Parte_2
Aggiungeva che, in precedenza, dall'1.7.2007 all'1.8.2021, era stato alle dipendenze di
con contratto a tempo indeterminato e con mansioni di cuoco di quarto CP_2 livello C.C.N.L. pubblici esercizi, presso l'unità operativa dell' in Controparte_3
Solofra, dal 2018 annessa all'A. O. “S. Giuseppe Moscati” di Avellino, dove CP_2 ha esercitato, in regime di appalto, attività di ristorazione collettiva fino al 31.7.2021.
Rappresentava che, successivamente, l'attività era passata a Controparte_1 quale vincitrice dell'appalto indetto dalla Regione Campania per la ristorazione collettiva presso il S.S.N., con trasferimento dei lavoratori in precedenza occupati da
CP_2 CP_2
Riteneva che fosse stato attuato un trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., poiché il suo rapporto di lavoro stava continuando, dal giorno 1.8.2021, alle dipendenze del nuovo appaltatore senza soluzione di continuità e con conservazione di tutti i diritti.
Riferiva che, tra gli istituti contrattuali applicati dal precedente datore, figurava anche il “superminimo”, ossia una quota di retribuzione superiore al minimo tabellare previsto dal C.C.N.L. accordata dal datore in forza di specifico accordo, nel caso di specie non assorbibile dai successivi aumenti della retribuzione.
Sottolineava che la resistente, in data 30.7.2021, aveva sottoscritto con la CP_4 un protocollo di intesa, con cui si era impegnata ad assumere i lavoratori indicati all'allegato elenco, sé compreso, garantendo il rispetto di tutte le condizioni normative ed economiche del C.C.N.L..
Lamentava che, sin dalla prima busta paga di agosto 2021, la società non aveva riconosciuto il superminimo.
Rivendicava la spettanza di quest'ultimo, per l'importo di € 93,71 al mese, sostenendo il diritto a ricevere lo stesso e identico trattamento economico di cui godeva in precedenza presso l'appaltatore uscente ex art. 2112 c.c.
Tanto premesso, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Controparte_1
Avellino, in funzione di giudice del lavoro, formulando le suestese conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando le avverse deduzioni.
2
Ricostruiti i fatti, affermava che la propria organizzazione aziendale era del tutto svincolata dall'impostazione d'impresa di avendo adottato propri moduli CP_2 procedimentali (applicativo informatico per gli ordini dei generi alimentari e corsi di formazione specifici), nonché provveduto alla sostituzione delle precedenti attrezzature con le proprie, di nuovo acquisto, tra cui carrelli, macchina lavapavimenti, frigorifero, utensili in ceramica e posate in acciaio (in luogo di quelle monouso usate dall'appaltatore cessato), ecc., per una spesa pari a € 261.071,82, anche introducendo macchinari del tutto nuovi (nastro di confezionamento).
Aggiungeva che anche la struttura dell'organigramma era radicalmente differente rispetto a quella adottata in precedenza da a riprova della diversa CP_2 impostazione organizzativa del nuovo contratto di appalto.
Riferiva che l'oggetto dell'appalto, a causa della pandemia, si era di molto ridotto (da
1.100 pasti a 600) e che, nonostante l'esubero della forza lavoro, in sede di contrattazione connessa al cambio appalto, aveva comunque garantito il riassorbimento del personale impiegato.
Dichiarava che, nel verbale di accordo sindacale, non era stato espressamente previsto il mantenimento del superminimo individuale.
Evidenziava che, in data 21.7.2022, aveva stipulato una conciliazione in sede sindacale con il ricorrente, il quale aveva ivi dichiarato di non avere più altro a pretendere e di rinunciare definitivamente ad ogni altra pretesa per qualsiasi ragione o titolo, tra l'altro anche per retribuzioni mensili, con integrazione di un'ipotesi di cessazione della materia del contendere.
Eccepiva l'indeterminatezza del ricorso, privo di sufficienti allegazioni in ordine all'effettiva integrazione di un trasferimento d'azienda ex art. 2112 c.c., che comunque disconosceva ricorrendo la diversa ipotesi di successione d'imprese in appalto di servizi ex art. 29 D. Lgs. 276/2003, norma che esclude espressamente che l'assorbimento del personale realizzi una cessione d'azienda allorquando siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa.
Deduceva che l'insussistenza di discontinuità doveva essere allegata e provata dal lavoratore, in uno all'effettivo trasferimento d'azienda, in ogni caso emergendo elementi di segno contrario, tra cui la predetta modificazione dell'organizzazione
d'impresa.
Riteneva che il C.C.N.L. (artt. 226 e ss.) non prevedesse l'obbligo per l'appaltatore subentrante di mantenere le condizioni economiche applicate dall'impresa uscente, ma
3
anzi stabilisse che la nuova impresa può applicare condizioni diverse, essendo il rapporto costituito ex novo. Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., la causa veniva decisa come da sentenza.
MOTIVI della DECISIONE
1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Pacifici i fatti di causa, non può riconoscersi la sussistenza del diritto vantato nel ricorso introduttivo, anche sulla scorta di quanto già statuito da questo Tribunale nelle sentenze n. 648/2023, 649/2023 e 782/2023, affoliate da parte resistente ed il cui contenuto motivazionale va ribadito in questa sede ex art. 118 disp. att. c.p.c..
Innanzitutto, non può dirsi intervenuta una cessazione della materia del contendere in forza del predetto verbale di conciliazione, in cui invero difetta uno specifico richiamo al presente giudizio ed alla rivendicazione inerente al superminimo.
La dichiarazione di rinuncia del lavoratore, benché operata con formula onnicomprensiva, si rivela però generica e priva di un esplicito riferimento all'azione introduttiva del presente giudizio, che non può considerarsi abdicata.
Nel merito, difetta la prova della effettiva spettanza del superminimo.
Dandone per nota la nozione giuridica, trattasi di attribuzione che può divenire vincolante per il datore di lavoro (e per l'eventuale cessionario d'impresa) solo allorquando essa si sia consolidata nel patrimonio giuridico del lavoratore, ossia quando se ne riscontri la continuità.
In parole povere, all'uopo è necessario che la retribuzione superiore ai minimali di
C.C.N.L. sia stata corrisposta al lavoratore per un periodo di tempo significativamente esteso, non essendo sufficiente che ciò sia avvenuto in un contesto temporale breve.
Di contro, ove corrisposto in via continuativa, il superminimo diviene un diritto retributivo del lavoratore ed assurge ad obbligo del datore di lavoro.
A tale risultato interpretativo perviene la Suprema Corte nella pronuncia indicata da parte ricorrente nelle note sostitutive d'udienza (Cassazione civile, sez. lav.,
05/06/2012, n. 9011: “Il superminimo, che inizialmente costituisce un trattamento ad personam di miglior favore rimesso alla discrezionalità del datore di lavoro, una volta concesso, perde il suo originario carattere discrezionale, assumendo così carattere retributivo”;in parte motiva: “A sostegno del diritto al mantenimento della retribuzione complessivamente corrisposta al P., comprensiva anche della voce riconosciutagli come superminimo, la Corte di merito indica espressamente l'art. 13 del CCNL che stabilisce che "la retribuzione globale mensile è quella risultante dalla somma della retribuzione base e di ogni eventuale superminimo o assegno ad personam o di ogni
4 altro compenso corrisposto con carattere di continuità esclusa ogni somma non avente carattere retributivo". La Corte, secondo il dettato del predetto art. 13, riconosce il superminimo come somma avente carattere retributivo, escludendolo espressamente da quelle non aventi carattere retributivo.
Stante la normativa applicabile - aggiunge coerentemente la Corte territoriale - il P. aveva ormai acquisito le condizioni individuali di miglior favore e quindi il diritto al superminimo che già dal 1990 la gli corrispondeva con continuità, per particolari meriti e come componente essenziale Parte_3 della retribuzione globale. … pertanto, facendo parte integrante della retribuzione globale di fatto, rientrava tra le condizioni di miglior favore che l'impresa aggiudicatrice dell'appalto era tenuta ad assicurare al lavoratore al momento del passaggio”).
Nella fattispecie affrontata in siffatta pronuncia, il presupposto costitutivo del diritto al superminimo era di certo riscontrabile, atteso che il lavoratore lo aveva percepito per più di dieci anni dall'impresa uscente dall'appalto (“…il rapporto con la era Pt_4 infine cessato nel luglio 2001…”).
Posto che, trattandosi di elemento costitutivo del diritto, grava sul lavoratore l'onere di fornirne la prova ex art. 2697 c.c., nel presente giudizio il ricorrente ha vantato il diritto al superminimo producendo un'unica busta paga che lo contempla, ossia quella di luglio 2021, l'ultima emessa dal precedente appaltatore del servizio.
Ebbene, reputa il giudicante che ciò non sia sufficiente a dimostrare l'esistenza del diritto al superminimo, essendone stata provata un'unica corresponsione.
Di contro, il lavoratore avrebbe dovuto produrre un più cospicuo numero di prospetti paga, da cui si potesse evincere che il superminimo, corrisposto con continuità, si era consolidato ed era divenuto elemento della retribuzione.
Né tale prova può ricavarsi dal principio di non contestazione ex artt. 115 e 416 c.p.c., poiché, se è vero che la società resistente non ha espressamente e specificamente contestato la percezione continuativa del superminimo, è altrettanto vero che essa non era tenuta a farlo, a fronte dell'assenza di allegazione del fatto da parte del ricorrente.
In specie, il principio di non contestazione è destinato ad operare unicamente rispetto
a quei fatti che siano stati oggetto di compiuta e specifica deduzione da parte del ricorrente: è solo a tale condizione che essi devono ritenersi provati allorquando la parte resistente non li contesti con altrettanta specificità.
Difatti, non può esigersi che il resistente debba contestare sia ciò che viene affermato dal ricorrente, sia ciò che da questi viene omesso (Cassazione civile, sez. lav.,
27/01/2022, n. 2402: “Il principio di non contestazione postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all'onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa sicché la mancata allegazione specifica dei fatti esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il fatto altrettanto genericamente allegato, dall'onere di compiere una
5 contestazione circostanziata, perché ciò equivarrebbe a ribaltare sullo stesso convenuto l'onere di allegare il fatto costitutivo dell'avversa pretesa”;Cassazione civile, sez. lav., 01/02/2021, n.
2174: “L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte e dedotti nel processo, non anche per quelli ad essa ignoti o allegati in sede extraprocessuale, atteso che il principio di non contestazione trova fondamento nel fenomeno di circolarità degli oneri di allegazione, confutazione e prova, di cui agli artt. 414, nn. 4 e 5,
e 416 c.p.c., che è tipico delle vicende processuali”).
Dunque, la percezione del superminimo in via continuativa non è stata sufficientemente dimostrata dal lavoratore, né tale prova può ricavarsi dall'assenza di contestazione sul punto, non essendo stata dedotta, a monte, tra i fatti costitutivi del credito, l'erogazione del trattamento per un periodo di tempo esteso, che, nel caso di specie, può essere stabilito in sei mesi, alla luce di quanto disposto dagli artt. 224 co. 2
e 230 co. 1 C.C.N.L. in atti (in ordine alla prova dei trattamenti retributivi).
Identica osservazione si opera per la pretesa natura non riassorbibile del superminimo.
Tanto basterebbe a condurre al rigetto del ricorso per assenza di prova degli elementi costitutivi del diritto ivi rivendicato.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
Settore Lavoro e Previdenza
Il Giudice del lavoro, dott. D V, all'esito della discussione ex art. 127 ter
c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella controversia iscritta al R. G. n. 34/2022, introdotta
DA
(c.f.: , rappresentato e difeso, in virtù di Parte_1 C.F._1 procura in atti, dall'avv. F D C, presso cui è elettivamente domiciliato;
RICORRENTE
CONTRO
c.f.: , in persona del l.r.p.t., rappresentata Controparte_1 P.IVA_1
e difesa, in virtù di procura in atti, dagli avv.ti F M, M F C
e R C, presso cui è elettivamente domiciliata.
RESISTENTE
CONCLUSIONI
PER PARTE RICORRENTE: dichiarare il diritto al superminimo contrattuale e, per l'effetto, condannare controparte alla relativa corresponsione, in uno agli arretrati dall'1.8.2021;con vittoria delle spese di lite;
PER PARTE RESISTENTE: dichiarare la cessazione della materia del contendere in forza delle rinunce del ricorrente nel verbale di conciliazione individuale in sede sindacale stipulato in data 21.7.2022;in via gradata, dichiarare inammissibile ovvero rigettare il ricorso;con vittoria delle spese di lite.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con ricorso depositato in data 5.1.2022, il sig. esponeva di essere Parte_1 dipendente di dall'1.8.2021, addetta presso l'unità operativa di CP_1 CP_1
1
Avellino (A. O. “Moscati”), con contratto a tempo indeterminato e mansioni di cuoco di quarto livello C.C.N.L. pubblici esercizi ristorazione collettiva, nonché di essere iscritto al sindacato autonomo FILAS.
Precisava che la società esercita, in regime di appalto, attività di ristorazione collettiva in favore di enti pubblici, fra cui l' in Avellino. Parte_2
Aggiungeva che, in precedenza, dall'1.7.2007 all'1.8.2021, era stato alle dipendenze di
con contratto a tempo indeterminato e con mansioni di cuoco di quarto CP_2 livello C.C.N.L. pubblici esercizi, presso l'unità operativa dell' in Controparte_3
Solofra, dal 2018 annessa all'A. O. “S. Giuseppe Moscati” di Avellino, dove CP_2 ha esercitato, in regime di appalto, attività di ristorazione collettiva fino al 31.7.2021.
Rappresentava che, successivamente, l'attività era passata a Controparte_1 quale vincitrice dell'appalto indetto dalla Regione Campania per la ristorazione collettiva presso il S.S.N., con trasferimento dei lavoratori in precedenza occupati da
CP_2 CP_2
Riteneva che fosse stato attuato un trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., poiché il suo rapporto di lavoro stava continuando, dal giorno 1.8.2021, alle dipendenze del nuovo appaltatore senza soluzione di continuità e con conservazione di tutti i diritti.
Riferiva che, tra gli istituti contrattuali applicati dal precedente datore, figurava anche il “superminimo”, ossia una quota di retribuzione superiore al minimo tabellare previsto dal C.C.N.L. accordata dal datore in forza di specifico accordo, nel caso di specie non assorbibile dai successivi aumenti della retribuzione.
Sottolineava che la resistente, in data 30.7.2021, aveva sottoscritto con la CP_4 un protocollo di intesa, con cui si era impegnata ad assumere i lavoratori indicati all'allegato elenco, sé compreso, garantendo il rispetto di tutte le condizioni normative ed economiche del C.C.N.L..
Lamentava che, sin dalla prima busta paga di agosto 2021, la società non aveva riconosciuto il superminimo.
Rivendicava la spettanza di quest'ultimo, per l'importo di € 93,71 al mese, sostenendo il diritto a ricevere lo stesso e identico trattamento economico di cui godeva in precedenza presso l'appaltatore uscente ex art. 2112 c.c.
Tanto premesso, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Controparte_1
Avellino, in funzione di giudice del lavoro, formulando le suestese conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando le avverse deduzioni.
2
Ricostruiti i fatti, affermava che la propria organizzazione aziendale era del tutto svincolata dall'impostazione d'impresa di avendo adottato propri moduli CP_2 procedimentali (applicativo informatico per gli ordini dei generi alimentari e corsi di formazione specifici), nonché provveduto alla sostituzione delle precedenti attrezzature con le proprie, di nuovo acquisto, tra cui carrelli, macchina lavapavimenti, frigorifero, utensili in ceramica e posate in acciaio (in luogo di quelle monouso usate dall'appaltatore cessato), ecc., per una spesa pari a € 261.071,82, anche introducendo macchinari del tutto nuovi (nastro di confezionamento).
Aggiungeva che anche la struttura dell'organigramma era radicalmente differente rispetto a quella adottata in precedenza da a riprova della diversa CP_2 impostazione organizzativa del nuovo contratto di appalto.
Riferiva che l'oggetto dell'appalto, a causa della pandemia, si era di molto ridotto (da
1.100 pasti a 600) e che, nonostante l'esubero della forza lavoro, in sede di contrattazione connessa al cambio appalto, aveva comunque garantito il riassorbimento del personale impiegato.
Dichiarava che, nel verbale di accordo sindacale, non era stato espressamente previsto il mantenimento del superminimo individuale.
Evidenziava che, in data 21.7.2022, aveva stipulato una conciliazione in sede sindacale con il ricorrente, il quale aveva ivi dichiarato di non avere più altro a pretendere e di rinunciare definitivamente ad ogni altra pretesa per qualsiasi ragione o titolo, tra l'altro anche per retribuzioni mensili, con integrazione di un'ipotesi di cessazione della materia del contendere.
Eccepiva l'indeterminatezza del ricorso, privo di sufficienti allegazioni in ordine all'effettiva integrazione di un trasferimento d'azienda ex art. 2112 c.c., che comunque disconosceva ricorrendo la diversa ipotesi di successione d'imprese in appalto di servizi ex art. 29 D. Lgs. 276/2003, norma che esclude espressamente che l'assorbimento del personale realizzi una cessione d'azienda allorquando siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa.
Deduceva che l'insussistenza di discontinuità doveva essere allegata e provata dal lavoratore, in uno all'effettivo trasferimento d'azienda, in ogni caso emergendo elementi di segno contrario, tra cui la predetta modificazione dell'organizzazione
d'impresa.
Riteneva che il C.C.N.L. (artt. 226 e ss.) non prevedesse l'obbligo per l'appaltatore subentrante di mantenere le condizioni economiche applicate dall'impresa uscente, ma
3
anzi stabilisse che la nuova impresa può applicare condizioni diverse, essendo il rapporto costituito ex novo. Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., la causa veniva decisa come da sentenza.
MOTIVI della DECISIONE
1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Pacifici i fatti di causa, non può riconoscersi la sussistenza del diritto vantato nel ricorso introduttivo, anche sulla scorta di quanto già statuito da questo Tribunale nelle sentenze n. 648/2023, 649/2023 e 782/2023, affoliate da parte resistente ed il cui contenuto motivazionale va ribadito in questa sede ex art. 118 disp. att. c.p.c..
Innanzitutto, non può dirsi intervenuta una cessazione della materia del contendere in forza del predetto verbale di conciliazione, in cui invero difetta uno specifico richiamo al presente giudizio ed alla rivendicazione inerente al superminimo.
La dichiarazione di rinuncia del lavoratore, benché operata con formula onnicomprensiva, si rivela però generica e priva di un esplicito riferimento all'azione introduttiva del presente giudizio, che non può considerarsi abdicata.
Nel merito, difetta la prova della effettiva spettanza del superminimo.
Dandone per nota la nozione giuridica, trattasi di attribuzione che può divenire vincolante per il datore di lavoro (e per l'eventuale cessionario d'impresa) solo allorquando essa si sia consolidata nel patrimonio giuridico del lavoratore, ossia quando se ne riscontri la continuità.
In parole povere, all'uopo è necessario che la retribuzione superiore ai minimali di
C.C.N.L. sia stata corrisposta al lavoratore per un periodo di tempo significativamente esteso, non essendo sufficiente che ciò sia avvenuto in un contesto temporale breve.
Di contro, ove corrisposto in via continuativa, il superminimo diviene un diritto retributivo del lavoratore ed assurge ad obbligo del datore di lavoro.
A tale risultato interpretativo perviene la Suprema Corte nella pronuncia indicata da parte ricorrente nelle note sostitutive d'udienza (Cassazione civile, sez. lav.,
05/06/2012, n. 9011: “Il superminimo, che inizialmente costituisce un trattamento ad personam di miglior favore rimesso alla discrezionalità del datore di lavoro, una volta concesso, perde il suo originario carattere discrezionale, assumendo così carattere retributivo”;in parte motiva: “A sostegno del diritto al mantenimento della retribuzione complessivamente corrisposta al P., comprensiva anche della voce riconosciutagli come superminimo, la Corte di merito indica espressamente l'art. 13 del CCNL che stabilisce che "la retribuzione globale mensile è quella risultante dalla somma della retribuzione base e di ogni eventuale superminimo o assegno ad personam o di ogni
4 altro compenso corrisposto con carattere di continuità esclusa ogni somma non avente carattere retributivo". La Corte, secondo il dettato del predetto art. 13, riconosce il superminimo come somma avente carattere retributivo, escludendolo espressamente da quelle non aventi carattere retributivo.
Stante la normativa applicabile - aggiunge coerentemente la Corte territoriale - il P. aveva ormai acquisito le condizioni individuali di miglior favore e quindi il diritto al superminimo che già dal 1990 la gli corrispondeva con continuità, per particolari meriti e come componente essenziale Parte_3 della retribuzione globale. … pertanto, facendo parte integrante della retribuzione globale di fatto, rientrava tra le condizioni di miglior favore che l'impresa aggiudicatrice dell'appalto era tenuta ad assicurare al lavoratore al momento del passaggio”).
Nella fattispecie affrontata in siffatta pronuncia, il presupposto costitutivo del diritto al superminimo era di certo riscontrabile, atteso che il lavoratore lo aveva percepito per più di dieci anni dall'impresa uscente dall'appalto (“…il rapporto con la era Pt_4 infine cessato nel luglio 2001…”).
Posto che, trattandosi di elemento costitutivo del diritto, grava sul lavoratore l'onere di fornirne la prova ex art. 2697 c.c., nel presente giudizio il ricorrente ha vantato il diritto al superminimo producendo un'unica busta paga che lo contempla, ossia quella di luglio 2021, l'ultima emessa dal precedente appaltatore del servizio.
Ebbene, reputa il giudicante che ciò non sia sufficiente a dimostrare l'esistenza del diritto al superminimo, essendone stata provata un'unica corresponsione.
Di contro, il lavoratore avrebbe dovuto produrre un più cospicuo numero di prospetti paga, da cui si potesse evincere che il superminimo, corrisposto con continuità, si era consolidato ed era divenuto elemento della retribuzione.
Né tale prova può ricavarsi dal principio di non contestazione ex artt. 115 e 416 c.p.c., poiché, se è vero che la società resistente non ha espressamente e specificamente contestato la percezione continuativa del superminimo, è altrettanto vero che essa non era tenuta a farlo, a fronte dell'assenza di allegazione del fatto da parte del ricorrente.
In specie, il principio di non contestazione è destinato ad operare unicamente rispetto
a quei fatti che siano stati oggetto di compiuta e specifica deduzione da parte del ricorrente: è solo a tale condizione che essi devono ritenersi provati allorquando la parte resistente non li contesti con altrettanta specificità.
Difatti, non può esigersi che il resistente debba contestare sia ciò che viene affermato dal ricorrente, sia ciò che da questi viene omesso (Cassazione civile, sez. lav.,
27/01/2022, n. 2402: “Il principio di non contestazione postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all'onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa sicché la mancata allegazione specifica dei fatti esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il fatto altrettanto genericamente allegato, dall'onere di compiere una
5 contestazione circostanziata, perché ciò equivarrebbe a ribaltare sullo stesso convenuto l'onere di allegare il fatto costitutivo dell'avversa pretesa”;Cassazione civile, sez. lav., 01/02/2021, n.
2174: “L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte e dedotti nel processo, non anche per quelli ad essa ignoti o allegati in sede extraprocessuale, atteso che il principio di non contestazione trova fondamento nel fenomeno di circolarità degli oneri di allegazione, confutazione e prova, di cui agli artt. 414, nn. 4 e 5,
e 416 c.p.c., che è tipico delle vicende processuali”).
Dunque, la percezione del superminimo in via continuativa non è stata sufficientemente dimostrata dal lavoratore, né tale prova può ricavarsi dall'assenza di contestazione sul punto, non essendo stata dedotta, a monte, tra i fatti costitutivi del credito, l'erogazione del trattamento per un periodo di tempo esteso, che, nel caso di specie, può essere stabilito in sei mesi, alla luce di quanto disposto dagli artt. 224 co. 2
e 230 co. 1 C.C.N.L. in atti (in ordine alla prova dei trattamenti retributivi).
Identica osservazione si opera per la pretesa natura non riassorbibile del superminimo.
Tanto basterebbe a condurre al rigetto del ricorso per assenza di prova degli elementi costitutivi del diritto ivi rivendicato.
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