Trib. Teramo, sentenza 13/11/2024, n. 660

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Teramo, sentenza 13/11/2024, n. 660
Giurisdizione : Trib. Teramo
Numero : 660
Data del deposito : 13 novembre 2024

Testo completo

TRIBUNALE DI TERAMO

Magistratura del Lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Lavoro, Dr.Giuseppe Marcheggiani, nella causa iscritta al
n°2247/2022 R.G.
TRA
AT AN, nato/a a MONTESILVANO (PE) in data 03/04/1962, rappresentato/a e difeso/a dall'Avv.MANGIAPIA MARIAROSARIA , come da procura in atti
E
Agenzia delle Entrate – Riscossione, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv.CAMILLO' DAMIANO, come da procura in atti E
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – Sede di Teramo, rappresentato e difeso dall'Avv.Silvana Mariotti e dall'Avv.Gambino giusta procura per AR RO AN in Fiumicino (RM) in data 23.01.2023 n. rep. 37590 – raccolta 7131
all'udienza del giorno 13 novembre 2024 ha pronunciato sentenza con il seguente
DISPOSITIVO
(art.127 ter c.p.c.)
Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, così provvede:
accoglie l'opposizione all'esecuzione prescrizione dei crediti e per l'effetto dichiara inesistente nei confronti di AT AN il diritto dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione di procedere ad esecuzione forzata per i crediti contribuitivi, con relative somme aggiuntive, interessi ed oneri/spese, di cui all'avviso di intimazione opposto;

rigetta l'opposizione agli atti esecutivi, così qualificata quella avente ad oggetto il mancato rispetto del disposto dell'art.7 dello Statuto del contribuente e del principio del contraddittorio nell'emissione dell'avviso di intimazione opposto;

compensa per metà le spese processuali tra la parte ricorrente e l'Agenzia delle Entrate Riscossione e condanna quest'ultima a rimborsare alla parte ricorrente la quota di spese non compensata, quota che liquida in complessivi € 1.600,00, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% dell'importo dei compensi difensivi. Così deciso in Teramo in data 13 novembre 2024.
IL GIUDICE DEL LAVORO
Dr.Giuseppe Marcheggiani
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 27/12/2022 AN AT ha inteso proporre opposizione avverso l'intimazione di pagamento n. 108 2022 90024857 23/000, notificata alla ricorrente il 05.12.2022, per complessivi € 73.240,18, a cura dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione, nella parte in cui tale intimazione si riferiva a crediti contributivi dell'INPS.
In particolare, gli atti presupposti richiamati nella contestata intimazione impugnabili innanzi al Tribunale sono stati identificati dalla parte ricorrente nei seguenti:
- cartella n. 10820070000101059000, asseritamente notificata in data 28/02/2008 per un importo pari a € 8.407,14;

- avviso di addebito n. 40820120002311226000, asseritamente notificato il 31.01.2013 per un importo pari a 2.481,44.
Quale primo motivo di opposizione, la ricorrente ha lamentato la mancata indicazione nella contestata intimazione di pagamento di riferimenti sufficienti a consentire
l'individuazione dell'atto prodromico, in violazione del disposto dell'art.7 dello Statuto del contribuente, in base al quale "Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n.241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione.
Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama".
Sempre in punto di vizi in procedendo, la parte ricorrente ha poi lamentato il mancato rispetto del principio del contraddittorio nell'emissione dell'avviso di intimazione, in violazione del disposto degli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, oltre che dell'art. 41 della stessa Carta dei diritti fondamentali, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione, disposizione, quest'ultima, che prevede che tale diritto ad una buona amministrazione comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo”
(Cass. SS.UU. Sent. n. 19667 del 18.9.2014).
Nel merito, la ricorrente ha eccepito la prescrizione dei crediti fatti valere tramite
l'avviso d'intimazione opposto, deducendo che tale causa estintiva dei crediti si era verificata sia prima della notifica del titolo esecutivo, ossia della cartella di pagamento e
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dell'avviso di addebito citati, sia nelle more tra l'eventuale notifica di tali atti e quella dell'avviso d'intimazione. Erano infatti decorsi tra tali atti i cinque anni che, a norma dell'art.3, comma 9, L. n.533 del 1995 rappresentano il limite temporale entro il quale i crediti contributivi devono essere fatti valere a pena di estinzione.
In particolare, quanto alla cartella n. 10820070000101059000, relativa a pretese contributive e previdenziali per l'anno 2001 e che sarebbe stata notificata in data
28/02/2008, la notifica stessa era intervenuta quando la pretesa era già prescritta e la prescrizione era comunque maturata alla data di notifica del qui impugnato atto, atteso che dal 2008 (data di presunta notifica della cartella n. 10820070000101059000) al
05/12/2022 non erano intervenuti atti interruttivi;
la prescrizione era maturata, quanto all'avviso di addebito, tra il 2013 (data di presunta notifica dell'avviso di addebito n.
40820120002311226000) e la data di notifica dell'avviso di intimazione opposto, essendo l'intervallo di tempo tra tali atti ben più ampio di cinque anni senza che, medio tempore, anche rispetto all'avviso intervenuto alcun atto interruttivo della prescrizione.
La ricorrente ha chiesto l'accoglimento delle seguenti conclusioni:
- ANNULLARE l'intimazione di pagamento N. 108 2022 90024857 23/000, notificata alla ricorrente il 05.12.2022, per complessivi € 73.240,18, per tutti i motivi suesposti;

- DICHIARARE comunque prescritto il credito dell'amministrazione (per mancata notifica dell'atto presupposto e/o per intervenuta prescrizione successiva alla presunta notifica dello stesso, ai sensi dell'art. 618 bis. c.p.c.) richiamato nell'atto impugnato, identificato dalle cartelle e avvisi di addebito su richiamati (cartella n.
10820070000101059000, asseritamente notificata in data 28/02/2008 per un importo pari a € 8.407,14;
avviso di addebito n. 40820120002311226000, asseritamente notificato il 31.01.2013 per un importo pari a 2.481,44);

- ORDINARE LA RESTITUZIONE delle somme che la parte ricorrente fosse costretta a versare, nelle more del presente giudizio, per evitare un ulteriore e più grave danno”.
Si è costituita in giudizio l'Agenzia delle Entrate – Riscossione, per eccepire in via preliminare il parziale difetto di giurisdizione del Tribunale di Teramo in favore della
Corte di Giustizia Tributaria territorialmente competente per quanto attiene
l'opposizione promossa avente ad oggetto le cartelle di pagamento sottese all'intimazione impugnata e relative a crediti di natura tributaria, come risulta dall'estratto di ruolo che si produce con vari enti impositori.
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Ha argomentato, a sostegno dell'eccezione, che, come è noto, la giurisdizione delle
Commissioni tributarie, cui sono devolute “tutte le controversie” in materia di imposte
e tasse, è una giurisdizione esclusiva di carattere generale, ovverosia estesa, senza limitazioni, ad ogni questione relativa all'an o al quantum del tributo, da tale circostanza conseguendo che, in forza del combinato disposto degli artt. 57 DPR 602/73
e 29 D. Lgs. 46/1999, nonché dell'art. 19 del D. Lgs. 546/92 come novellato dall'art.
35b comma 26 quinquies del D. L. 223/06, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del G.O in favore della Giustizia tributaria come ormai stabilito dalla recente giurisprudenza del Supremo Collegio a Sezioni Unite il quale ha avuto modo di stabilire la giurisdizione del giudice tributario con la sentenza n. 13913 del 5.6.2017.
Nel merito, ha eccepito, innanzi tutto, il mancato rispetto del termine di quaranta giorni per la proposizione dell'opposizione previsto nell'art.24, comma 5, d.lgs. n.46 del 1999;
ha fatto presente di aver provveduto a notificare regolarmente la cartella di pagamento citata e di aver così fatto decorrere dalla data di tale notifica il termine d'opposizione.
Ha ricusato il contraddittorio in ordine a questioni concernenti la regolarità della notifica di avvisi di addebito, notifica, quella di tali atti, la cui competenza è attribuita all'INPS.
Ha eccepito quindi il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine a contestazioni inerenti all'esistenza del credito.
Ha, inoltre, assunto posizione in merito all'eccezione di prescrizione maturata tra la data di notifica della cartella di pagamento e quella di notifica dell'avviso di intimazione, con il far presente l'esistenza di atti interruttivi compiuti in tale intervallo di tempo che erano valsi a conservare la pretesa creditoria dell'INPS, atti che elencava in memoria difensiva;
a tale proposito, ha sostenuto che la cartella di pagamento regolarmente notificata e non opposta rende incontestabile l'esistenza e l'importo del credito in essa indicato alla stessa stregua di quanto si verifica in caso di mancata impugnazione di un provvedimento giudiziale di accertamento di un credito, con la conseguente applicabilità al credito così accertato del termine di prescrizione decennale.
Ha poi invocato il disposto della normativa emergenziale per la prevenzione del contagio da COVID 19 (art.12 d.lgs. n.159/2015, richiamato nell'art.68, comma 1, d.l.
n.18 del 2021 (cd. decreto cura Italia), al fine di sostenere che la notifica dell'intimazione opposta era intervenuta tempestivamente, dopo che i crediti previdenziali oggetto della cartella di pagamento erano stati conservati mediante la notifica di atti interruttivi effettuata prima che
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