Trib. L'Aquila, sentenza 08/05/2024, n.
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Testo completo
N. R.G. 1447/2022
TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA
Sezione specializzata in materia d'immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'UE
IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE
* * * * * * *
Il Tribunale ordinario di L'Aquila, composto dai seguenti magistrati:
Dott. C C Presidente rel.
Dott.ssa M M Gdice
Dott.ssa J D R G ha pronunciato, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 6 maggio 2024, la seguente
ORDINANZA emessa ai sensi degli artt. 19 ter D. Lgs. 150/2011 e 702 ter, comma 5, c.p.c., nella causa civile iscritta al n. al n. 1447 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2022, assegnata al G.R. in data 27.2.2024;
TRA
(C.F. C.U.I. ) nato a Barajally Suba in Parte_1 CodiceFiscale_1 P.IVA_1
Gambia, in data 17.6.1996, elettivamente domiciliato a Teramo Circonvallazione Ragusa
n. 33, presso lo studio dell'Avv. Michela Manente, giusta procura in atti.
Parte ricorrente
E
, in persona del legale rappresentante pro tempore, Controparte_1
domiciliato ex lege a L'Aquila, Via Buccio da Ranallo, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila, in persona del Procuratore dello
Stato, Dott.ssa Giulia Biscotti.
Parte resistente
1
OGGETTO: impugnazione del provvedimento del Questore di reiezione dell'istanza ex art. 19, commi 1.1. e 1.2., T.U.Imm
CONCLUSIONI DELLE PARTI
I procuratori delle parti concludevano come da note scritte in sostituzione dell'udienza del 6 maggio 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 03/08/2022, diva l'intestato Tribunale nei Parte_1
confronti del al fine di sentir - previa disapplicazione del Controparte_1
provvedimento con cui è stata respinta l'istanza ex art. 19, comma 1.2., D. Lgs. 286/1998
- accertare e dichiarare il diritto di parte ricorrente di conseguire il rilascio del permesso di soggiorno richiesto.
1. Tanto premesso, il provvedimento in questa sede gravato addiviene all'esito reiettivo dell'istanza presentata dal ricorrente in data 8/11/2021, sulla scorta del parere negativo adottato dalla all'uopo richiesta ex art. 19, comma 1.2., Organizzazione_1
T.U.Imm. E ciò in quanto parte resistente ha qualificato siffatto parere come parere vincolante e impediente l'esame del merito della domanda spiegata dal migrante.
Tale tesi non è condivisa dal Collegio.
Nel diritto amministrativo, l'atto con funzione pareristica tende all'acquisizione - da parte di un soggetto di solito esterno, ma talvolta anche interno, all'amministrazione - di un punto di vista qualificato, in chiave giuridica, circa la spettanza del bene della vita cui anela il privato. Poiché tale incombente finisce per aggravare l'iter del procedimento amministrativo, il rispetto del divieto del gold plating di cui all'art. 1, comma 2, L.
241/90 impone che siffatto passaggio procedimentale venga normativamente previsto e il rispetto del principio di legalità dell'azione amministrativa impone che di esso venga esplicitato l'impatto sul potere decisorio dell'amministrazione procedente.
In tale ultimo senso, se la legge intende riconoscere al parere in parola il carattere vincolante per l'autorità richiedente, allora essa è tenuto a esplicitare siffatta circostanza;
e ciò in quanto, in tal caso, la P.A. richiedente non può discostarsi, nella propria decisione, dalle conclusioni di cui al parere da essa richiesto.
Nel silenzio della legge, la previsione normativa dell'attività pareristica mera deve invece essere intesa quale attività finalizzata all'esercizio della funzione consultiva tout court, di
2
modo che l'amministrazione tenuta all'adozione del provvedimento finale può, se ritiene
e nell'esercizio della propria discrezionalità, discostarsi dalle conclusioni di cui al parere appunto non vincolante.
Applicando tali principi al caso di specie, l'art. 19, comma 1.2, nulla dice in CP_2
ordine alla natura del parere richiesto alla Commissione, cosicchè esso non può essere qualificato come parere vincolante.
Alla luce di quanto precede, il , a fronte del parere negativo non vincolante della CP_1
C.T., non avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'istanza del ricorrente, ma avrebbe comunque dovuto procedere al suo esame nel merito.
Ciò posto, il Tribunale in questa sede adito è tenuto, in omaggio al principio del petitum sostanziale, ad accertare il diritto soggettivo posto alla base dell'istanza presentata dal ricorrente dinanzi alla Questura (Cass. civ., nn. 6374/2022 e 2717/2022) cosicchè, anche
a fronte di un provvedimento amministrativo di inammissibilità, il Collegio è comunque chiamato a entrare nel merito della vicenda e ad accertare o meno la sussistenza del diritto soggettivo azionato dal ricorrente (Cass. civ., nn. 6374/2022 e 2717/2022).
2. Nel merito, la domanda spiegata da quest'ultimo è infondata e, come tale, deve essere rigettata.
Giova premettere come, ai fini dell'individuazione ratione temporis del diritto processuale applicabile al caso di specie, debba aversi riguardo all'art. 19 ter D. Lgs.
150/2011 nella formulazione antecedente all'entrata in vigore della Riforma Cartabia (1° marzo 2023). E ciò in quanto l'atto introduttivo del giudizio, depositato in data 3/8/2022, ha determinato la litispendenza del processo antecedentemente al 1° marzo 2023. Quanto all'individuazione ratione temporis del diritto sostanziale applicabile al caso di specie, deve aversi riguardo alla data di deposito dell'istanza in sede amministrativa.
Sul punto, avendo il ricorrente presentato, dinanzi alla Questura, domanda di rilascio del permesso di soggiorno in data 26/2/2022, trova applicazione, ai fini che qui interessano,
l'art. 19 T.U.Imm. nel testo vigente prima delle modificazioni normative introdotte, a far data dal 11.3.2023, con il c.d. Decreto Cutro (D.L. 20/2023), conv. in L. n. 50 del
5.5.2023.
La norma in esame - che, come detto, rileva in questa sede rileva - così recita(va): “1.1.
Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta
3 a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani […]. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto […] di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”.
Ne deriva che il combinato disposto degli art. 5, comma 6, e 19, commi 1 e 1.1., CP_2
assicura e garantisce al migrante una forma di protezione idonea ad abbracciare tutte le ipotesi di lesione rilevante dei diritti inviolabili della persona umana che siano tuttavia idonee a condizionare pesantemente, in senso negativo, la vita dell'individuo e le sue aspettative e prerogative individuali (Cass. civ., SS.UU., n. 1390/2022).
In tale ottica, assume, tra l'altro, rilievo, l'inserimento del migrante nel tessuto socioeconomico italiano, che si realizza anche mediante la prova dello svolgimento di attività lavorativa, anche di tipo stagionale (Cass. civ., nn. 19466/2022, 8373/2022,
7938/2022, 7861/2022, 6111/2022, 32372/2021, 7396/2021).
Quanto al livello di integrazione, esso non può ragionevolmente essere inteso come necessità di un pieno, irreversibile e radicale inserimento nel contesto sociale e culturale del Paese di accoglienza, bensì come ogni apprezzabile sforzo di inserimento nella realtà locale di riferimento, tramite la produzione di attestati di frequenza e di apprendimento della lingua, di partecipazione ad attività di volontariato, di contratti di lavoro anche a tempo determinato (Cass. civ., n. 21240/2020, Tribunale di Napoli, decreto 21 luglio
2021).
Sotto tale aspetto (inserimento e integrazione), il Giudice di legittimità a Sezioni Unite n.
24413/2021, ripreso poi da altre e successive pronunce (Cass. civ., nn. 19045/2022,
18455/2022, 10130/2022, 677/2022, 465/2022), ha stabilito che il giudice di merito è
4
tenuto a “operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione
d'integrazione raggiunta in Italia.
Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva
e oggettiva del richiedente nel Paese di origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel
Paese di origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitariaanche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi
d'origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall'art. 8 della Convenzione
EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell'art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno”.
Quanto alle condizioni oggettive e soggettive del Paese di origine, assumono, tra l'altro, rilievo: a) le violenze domestiche subite e i traumi ivi riportati atti a incidere sulla condizione di vulnerabilità del richiedente (Cass. civ., nn. 5467/2022, 676/2022);b) la disabilità psico-fisica (Cass. civ., n. 13400/2022). In tale alveo, la giurisprudenza, già da tempo impone ai giudici di merito di riconoscere la protezione speciale con riferimento a quei Paesi soggetti a eventi naturali e disastrosi, anche dovuto ai grandi cambiamenti climatici (Cass. civ., nn. 7832/19, 4455/18).
2.1 Applicando tali principi al caso di specie, il ricorrente non risulta socialmente integrato in Italia.
Al riguardo, il ricorrente ha versato in atti: la comunicazione riferita ad attività Org_2 svolta nel 2022, una dichiarazione di disponibilità all'assunzione del 2022 e una non datata, buste paga afferenti alle mensilità che vanno da gennaio 2022 e luglio 2022 non firmate per attività svolta presso la , CUD 2018, 2019 e 2020. Organizzazione_3
Dalla disamina della documentazione versata in atti, è emerso come gli elementi acquisiti
- tenuto conto della durata del soggiorno in Italia del richiedente (già radicato sul territorio nazionale da diversi anni) - non attestino una condizione di effettivo inserimento sociale in Italia che renderebbe l'allontanamento dal territorio nazionale una indebita interferenza nella vita privata del richiedente, in quanto lesivo del suo diritto di instaurare
5
e sviluppare relazioni con altri essere umani, anche di natura professionale e commerciale, situazione giuridica tutelata dall'art. 8 CEDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
E' emerso, infatti, come esso non risulti socialmente integrato in Italia e che ivi svolga attività lavorativa.
2.2 Procedendo, poi, alla valutazione comparativa tra la situazione di integrazione che il richiedente ha in Italia e quella che esso ha vissuto prima della partenza e in cui si troverebbe a vivere in caso di rientro, non risulta un'effettiva e incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile per una vita dignitosa.
Del resto, e come detto, il Gambia è considerato dal D.M. 17.3.2023 . Org_4
3. Alla luce di tutto quanto precede, il Tribunale rigetta il ricorso.
4. Le oscillazioni giurisprudenziali in materia consentono al Collegio di compensare, ex art. 92, comma 2, c.p.c., integralmente tra le parti, le spese di lite del giudizio.
TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA
Sezione specializzata in materia d'immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'UE
IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE
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Il Tribunale ordinario di L'Aquila, composto dai seguenti magistrati:
Dott. C C Presidente rel.
Dott.ssa M M Gdice
Dott.ssa J D R G ha pronunciato, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 6 maggio 2024, la seguente
ORDINANZA emessa ai sensi degli artt. 19 ter D. Lgs. 150/2011 e 702 ter, comma 5, c.p.c., nella causa civile iscritta al n. al n. 1447 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2022, assegnata al G.R. in data 27.2.2024;
TRA
(C.F. C.U.I. ) nato a Barajally Suba in Parte_1 CodiceFiscale_1 P.IVA_1
Gambia, in data 17.6.1996, elettivamente domiciliato a Teramo Circonvallazione Ragusa
n. 33, presso lo studio dell'Avv. Michela Manente, giusta procura in atti.
Parte ricorrente
E
, in persona del legale rappresentante pro tempore, Controparte_1
domiciliato ex lege a L'Aquila, Via Buccio da Ranallo, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila, in persona del Procuratore dello
Stato, Dott.ssa Giulia Biscotti.
Parte resistente
1
OGGETTO: impugnazione del provvedimento del Questore di reiezione dell'istanza ex art. 19, commi 1.1. e 1.2., T.U.Imm
CONCLUSIONI DELLE PARTI
I procuratori delle parti concludevano come da note scritte in sostituzione dell'udienza del 6 maggio 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 03/08/2022, diva l'intestato Tribunale nei Parte_1
confronti del al fine di sentir - previa disapplicazione del Controparte_1
provvedimento con cui è stata respinta l'istanza ex art. 19, comma 1.2., D. Lgs. 286/1998
- accertare e dichiarare il diritto di parte ricorrente di conseguire il rilascio del permesso di soggiorno richiesto.
1. Tanto premesso, il provvedimento in questa sede gravato addiviene all'esito reiettivo dell'istanza presentata dal ricorrente in data 8/11/2021, sulla scorta del parere negativo adottato dalla all'uopo richiesta ex art. 19, comma 1.2., Organizzazione_1
T.U.Imm. E ciò in quanto parte resistente ha qualificato siffatto parere come parere vincolante e impediente l'esame del merito della domanda spiegata dal migrante.
Tale tesi non è condivisa dal Collegio.
Nel diritto amministrativo, l'atto con funzione pareristica tende all'acquisizione - da parte di un soggetto di solito esterno, ma talvolta anche interno, all'amministrazione - di un punto di vista qualificato, in chiave giuridica, circa la spettanza del bene della vita cui anela il privato. Poiché tale incombente finisce per aggravare l'iter del procedimento amministrativo, il rispetto del divieto del gold plating di cui all'art. 1, comma 2, L.
241/90 impone che siffatto passaggio procedimentale venga normativamente previsto e il rispetto del principio di legalità dell'azione amministrativa impone che di esso venga esplicitato l'impatto sul potere decisorio dell'amministrazione procedente.
In tale ultimo senso, se la legge intende riconoscere al parere in parola il carattere vincolante per l'autorità richiedente, allora essa è tenuto a esplicitare siffatta circostanza;
e ciò in quanto, in tal caso, la P.A. richiedente non può discostarsi, nella propria decisione, dalle conclusioni di cui al parere da essa richiesto.
Nel silenzio della legge, la previsione normativa dell'attività pareristica mera deve invece essere intesa quale attività finalizzata all'esercizio della funzione consultiva tout court, di
2
modo che l'amministrazione tenuta all'adozione del provvedimento finale può, se ritiene
e nell'esercizio della propria discrezionalità, discostarsi dalle conclusioni di cui al parere appunto non vincolante.
Applicando tali principi al caso di specie, l'art. 19, comma 1.2, nulla dice in CP_2
ordine alla natura del parere richiesto alla Commissione, cosicchè esso non può essere qualificato come parere vincolante.
Alla luce di quanto precede, il , a fronte del parere negativo non vincolante della CP_1
C.T., non avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'istanza del ricorrente, ma avrebbe comunque dovuto procedere al suo esame nel merito.
Ciò posto, il Tribunale in questa sede adito è tenuto, in omaggio al principio del petitum sostanziale, ad accertare il diritto soggettivo posto alla base dell'istanza presentata dal ricorrente dinanzi alla Questura (Cass. civ., nn. 6374/2022 e 2717/2022) cosicchè, anche
a fronte di un provvedimento amministrativo di inammissibilità, il Collegio è comunque chiamato a entrare nel merito della vicenda e ad accertare o meno la sussistenza del diritto soggettivo azionato dal ricorrente (Cass. civ., nn. 6374/2022 e 2717/2022).
2. Nel merito, la domanda spiegata da quest'ultimo è infondata e, come tale, deve essere rigettata.
Giova premettere come, ai fini dell'individuazione ratione temporis del diritto processuale applicabile al caso di specie, debba aversi riguardo all'art. 19 ter D. Lgs.
150/2011 nella formulazione antecedente all'entrata in vigore della Riforma Cartabia (1° marzo 2023). E ciò in quanto l'atto introduttivo del giudizio, depositato in data 3/8/2022, ha determinato la litispendenza del processo antecedentemente al 1° marzo 2023. Quanto all'individuazione ratione temporis del diritto sostanziale applicabile al caso di specie, deve aversi riguardo alla data di deposito dell'istanza in sede amministrativa.
Sul punto, avendo il ricorrente presentato, dinanzi alla Questura, domanda di rilascio del permesso di soggiorno in data 26/2/2022, trova applicazione, ai fini che qui interessano,
l'art. 19 T.U.Imm. nel testo vigente prima delle modificazioni normative introdotte, a far data dal 11.3.2023, con il c.d. Decreto Cutro (D.L. 20/2023), conv. in L. n. 50 del
5.5.2023.
La norma in esame - che, come detto, rileva in questa sede rileva - così recita(va): “1.1.
Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta
3 a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani […]. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto […] di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”.
Ne deriva che il combinato disposto degli art. 5, comma 6, e 19, commi 1 e 1.1., CP_2
assicura e garantisce al migrante una forma di protezione idonea ad abbracciare tutte le ipotesi di lesione rilevante dei diritti inviolabili della persona umana che siano tuttavia idonee a condizionare pesantemente, in senso negativo, la vita dell'individuo e le sue aspettative e prerogative individuali (Cass. civ., SS.UU., n. 1390/2022).
In tale ottica, assume, tra l'altro, rilievo, l'inserimento del migrante nel tessuto socioeconomico italiano, che si realizza anche mediante la prova dello svolgimento di attività lavorativa, anche di tipo stagionale (Cass. civ., nn. 19466/2022, 8373/2022,
7938/2022, 7861/2022, 6111/2022, 32372/2021, 7396/2021).
Quanto al livello di integrazione, esso non può ragionevolmente essere inteso come necessità di un pieno, irreversibile e radicale inserimento nel contesto sociale e culturale del Paese di accoglienza, bensì come ogni apprezzabile sforzo di inserimento nella realtà locale di riferimento, tramite la produzione di attestati di frequenza e di apprendimento della lingua, di partecipazione ad attività di volontariato, di contratti di lavoro anche a tempo determinato (Cass. civ., n. 21240/2020, Tribunale di Napoli, decreto 21 luglio
2021).
Sotto tale aspetto (inserimento e integrazione), il Giudice di legittimità a Sezioni Unite n.
24413/2021, ripreso poi da altre e successive pronunce (Cass. civ., nn. 19045/2022,
18455/2022, 10130/2022, 677/2022, 465/2022), ha stabilito che il giudice di merito è
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tenuto a “operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione
d'integrazione raggiunta in Italia.
Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva
e oggettiva del richiedente nel Paese di origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel
Paese di origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitariaanche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi
d'origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall'art. 8 della Convenzione
EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell'art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno”.
Quanto alle condizioni oggettive e soggettive del Paese di origine, assumono, tra l'altro, rilievo: a) le violenze domestiche subite e i traumi ivi riportati atti a incidere sulla condizione di vulnerabilità del richiedente (Cass. civ., nn. 5467/2022, 676/2022);b) la disabilità psico-fisica (Cass. civ., n. 13400/2022). In tale alveo, la giurisprudenza, già da tempo impone ai giudici di merito di riconoscere la protezione speciale con riferimento a quei Paesi soggetti a eventi naturali e disastrosi, anche dovuto ai grandi cambiamenti climatici (Cass. civ., nn. 7832/19, 4455/18).
2.1 Applicando tali principi al caso di specie, il ricorrente non risulta socialmente integrato in Italia.
Al riguardo, il ricorrente ha versato in atti: la comunicazione riferita ad attività Org_2 svolta nel 2022, una dichiarazione di disponibilità all'assunzione del 2022 e una non datata, buste paga afferenti alle mensilità che vanno da gennaio 2022 e luglio 2022 non firmate per attività svolta presso la , CUD 2018, 2019 e 2020. Organizzazione_3
Dalla disamina della documentazione versata in atti, è emerso come gli elementi acquisiti
- tenuto conto della durata del soggiorno in Italia del richiedente (già radicato sul territorio nazionale da diversi anni) - non attestino una condizione di effettivo inserimento sociale in Italia che renderebbe l'allontanamento dal territorio nazionale una indebita interferenza nella vita privata del richiedente, in quanto lesivo del suo diritto di instaurare
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e sviluppare relazioni con altri essere umani, anche di natura professionale e commerciale, situazione giuridica tutelata dall'art. 8 CEDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
E' emerso, infatti, come esso non risulti socialmente integrato in Italia e che ivi svolga attività lavorativa.
2.2 Procedendo, poi, alla valutazione comparativa tra la situazione di integrazione che il richiedente ha in Italia e quella che esso ha vissuto prima della partenza e in cui si troverebbe a vivere in caso di rientro, non risulta un'effettiva e incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile per una vita dignitosa.
Del resto, e come detto, il Gambia è considerato dal D.M. 17.3.2023 . Org_4
3. Alla luce di tutto quanto precede, il Tribunale rigetta il ricorso.
4. Le oscillazioni giurisprudenziali in materia consentono al Collegio di compensare, ex art. 92, comma 2, c.p.c., integralmente tra le parti, le spese di lite del giudizio.
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