Trib. Catanzaro, sentenza 17/01/2025, n. 63

TRIB Catanzaro
Sentenza
17 gennaio 2025
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TRIB Catanzaro
Sentenza
17 gennaio 2025

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Catanzaro, sentenza 17/01/2025, n. 63
Giurisdizione : Trib. Catanzaro
Numero : 63
Data del deposito : 17 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANZARO
PRIMA SEZIONE CIVILE
CONTROVERSIE DI LAVORO E PREVIDENZA
Il giudice del lavoro del Tribunale di Catanzaro, Stefano Costarella, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 857/2023 R.G. promossa da
RO AR, rappresentato e difeso dall'avvocatessa Francesca Attinà
-ricorrente-
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (IN), IN
PERSONA DEL L.R.P.T., rappresentato e difeso dagli avvocati Silvia Parisi,
Maria Teresa Pugliano e Francesco Muscari Tomaioli
-resistente-
provvedendo sulle conclusioni rassegnate dalle parti mediante lo scambio delle note ex art. 127-ter c.p.c., qui da intendersi riprodotte, come da dispositivo e contestuale esposizione delle concise
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. TU VA ha proposto opposizione avverso l'avviso di addebito n.
33020230000069682000, notificato dall'IN in data 17.3.2023, ed ha contestualmente richiesto la restituzione della somma di € 28.835,41, spontaneamente pagata in esecuzione del predetto avviso di addebito, deducendo:
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- che, a seguito di accertamento ispettivo iniziato il 13.11.2017 effettuato presso lo studio tecnico di cui il ricorrente, ingegnere, è titolare, i funzionari di vigilanza dell'IN, con verbale unico di accertamento e notificazione n.
2017020159 del 6.7.2018, contestavano all'opponente le seguenti inadempienze contributive (dalle quali scaturiva l'opposto avviso di addebito): a) l'assenza dei requisiti per poter fruire delle agevolazioni ex l. n. 407/1990 godute nel periodo agosto 2012/2.1.2015, in relazione all'assunzione della dipendente AU NO, la quale, al momento della costituzione del rapporto di lavoro (3.8.2012), non possedeva lo stato di disoccupazione da almeno 24 mesi, avendo percepito, nell'anno 2010, redditi da lavoro autonomo per € 7.000,00, superiore al limite di reddito fissato dalla legge (€ 4.800,00) per il mantenimento del predetto stato di disoccupazione;
b) l'omissione contributiva derivante dalle maggiori retribuzioni che (tenendo conto di un inquadramento al terzo livello del CCNL delle imprese edili ed affini) avrebbero dovuto essere erogate alla NO, in ragione di un rapporto di lavoro subordinato pari a 24 ore settimanali, in luogo delle 20 ore settimanali riportate nella lettera di assunzione;
c) l'indebito conguaglio effettuato nel periodo agosto 2012/31.12.2014 tra le somme erogate alla dipendente AU
NO a titolo di assegni per il nucleo familiare ed i contributi obbligatori dovuti all'IN, stante la insussistenza dei presupposti per il riconoscimento degli ANF
(domanda compilata erroneamente e mancanza di autorizzazione preventiva dell'IN);

- che, pertanto, con la conseguente diffida ad adempiere allegata al verbale unico di accertamento, veniva richiesto il pagamento della contribuzione omessa
(oltre sanzioni ed interessi);

- che, avverso il verbale unico di accertamento e notificazione, il VA proponeva ricorso amministrativo, rimasto senza alcun riscontro;

- che la pretesa creditoria fatta valere dall'Istituto veniva poi integralmente trasfusa nell'avviso di addebito oggetto di opposizione;

- che il ricorrente, ai soli fini dell'acquisizione periodica del DURC regolare e di evitare atti espropriativi, provvedeva al pagamento in unica rata dell'importo
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richiesto col suddetto avviso di addebito (€ 28.835,41), senza con ciò voler prestare acquiescenza alla illegittima richiesta di pagamento;

- che, in particolare, l'avviso di addebito (così come il prodromico verbale unico di accertamento) è basato su presupposti erronei, dal momento che: a) quanto alle agevolazioni contributive, i redditi percepiti dalla NO erano riferibili a compensi corrisposti quale segretaria di un collegio arbitrale, sicché gli stessi dovevano essere inquadrati quali proventi assimilati ai redditi da lavoro dipendente, in relazione ai quali vige un limite più alto (€ 8.000,00) per il mantenimento dello stato di disoccupazione;
limite, nella specie, rispettato, avendo la NO percepito
€ 7.000,00 nell'anno 2010;
in ogni caso, essendo intervenuto il pagamento dei compensi nel mese di febbraio 2010, alla data di assunzione della dipendente
(agosto 2012), in ogni caso era sussistente il requisito dei 24 mesi di disoccupazione;
infine, non poteva non rilevare – anche al fine del regime sanzionatorio applicabile alla fattispecie – lo stato di buona fede del ricorrente, che aveva fatto affidamento sulle risultanze del certificato rilasciato dal Centro per l'Impiego, dal quale emergeva uno stato di disoccupazione di 50 mesi;
b) quanto alle differenze retributive spettanti alla NO, quest'ultima aveva sempre lavorato per 20 ore settimanali, ossia per 4 ore giornaliere dal lunedì al venerdì, e la diversa indicazione “da lunedì a sabato” contenuta nella lettera di assunzione era stata effettuata nella prospettiva che un'eventuale assenza nei giorni da lunedì a venerdì sarebbe stata recuperata il sabato seguente;
c) quanto, infine, al recupero dei conguagli effettuati tra i contributi obbligatori dovuti all'IN e le somme corrisposte alla NO a titolo di ANF, lo stesso IN, con provvedimento del
24.1.2019, aveva riconosciuto il diritto della dipendente a fruire della suddetta prestazione, con decorrenza 1.6.2013;

- che, in ogni caso, la pretesa contributiva azionata era parzialmente prescritta;

- che, in conclusione, egli aveva diritto alla restituzione della somma di €
28.835,41, trattandosi di un pagamento non dovuto, alla luce della insussistenza del credito azionato dall'IN.
Pag. 3 a 16 2. Parte resistente, dal canto suo, ha eccepito l'improponibilità della domanda di ripetizione della contribuzione versata e, nel merito, l'infondatezza dell'avversa domanda, di cui ha chiesto il rigetto.
3. Per comodità espositiva, si analizzeranno partitamente le singole contestazioni elevate dall'IN nei confronti dal ricorrente, con lo stesso ordine espositivo contenuto nel ricorso.
4. La tesi per la quale i compensi arbitrali percepiti da AU NO debbano essere qualificati come redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente non può essere condivisa, dal momento che gli onorari arbitrali da chiunque percepiti sono sempre redditi di lavoro autonomo e non rientrano né tra i redditi di lavoro subordinato né tra quelli a questi ultimi assimilabili (Comm. trib. centr. sez. un.,
12/04/1996, n.1641).
Ne consegue che il limite di reddito da prendere in considerazione per la verifica del mantenimento dello stato di disoccupazione è pari – incontestatamente
– ad € 4.800,00;
limite che, nel caso di specie, è stato, tuttavia, superato, avendo la
NO percepito un compenso complessivo pari ad € 7.000,00 (cfr. doc. n. 9 del fascicolo di parte ricorrente e doc. n. 5 e n.

5.1 del fascicolo dell'IN).
4.1. Né può sostenersi che, essendo stati percepiti nel febbraio 2010 gli onorari in questione, in ogni caso, alla data di assunzione della NO (5.8.2012), quest'ultima aveva maturato comunque una disoccupazione di almeno 24 mesi.
L'art. 4 del d.lgs. n. 181/2000, nella versione ratione temporis applicabile all'odierna fattispecie, aggancia(va) la conservazione dello stato di disoccupazione, pur in caso di svolgimento di attività lavorativa, a condizione che quest'ultima non fosse tale da assicurare un reddito annuale superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione.
L'arco temporale di riferimento preso in considerazione dalla legge, al fine della verifica della permanenza dello stato di disoccupazione, non è, dunque, quello della percezione del compenso per l'attività prestata o del suo esaurimento, bensì quello – annuale – di maturazione del relativo reddito, che, nella fattispecie in esame, è stato conseguito nell'anno 2010: sicché, alla data del 5.8.2012, non poteva
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ritenersi sussistente, in capo alla NO, il requisito dello stato di disoccupazione da almeno 24 mesi.
4.2. Quanto alla condizione di buona fede in capo all'opponente, deve essere osservato che l'attestazione rilasciata dal competente Centro per l'Impiego ha efficacia meramente dichiarativa, e non già costitutiva, dello stato di disoccupazione rilevante ai fini dell'ammissione ai benefici, essendo basata su di una dichiarazione sostitutiva di certificazioni offerta da soggetti attestanti una condizione personale disciplinata dagli artt. 46, 75 e 76 del DPR n. 445/2000.
Ne discende che all'attestazione stessa non può attribuirsi il valore di prova legale circa la conservazione dello stato di disoccupazione da parte dei soggetti rivoltisi al Centro per l'Impiego;
essa non costituisce, cioè, un documento avente valore certificatorio opponibile alla contestazione sull'ottenimento delle agevolazioni contributive.
Come stabilito da recente giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Bari, sez. lav., sent. n. 1630/2022), le cui argomentazioni, pienamente condivisibili, vengono richiamate in questa sede, anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c., ai fini dell'accesso alle agevolazioni l'IN ritiene sufficiente l'attestazione di disoccupazione del Centro per l'Impiego, per ragioni di semplificazione procedurale, rimanendo comunque salvo il potere istituzionale di controllo sulla effettività del diritto alle agevolazioni contributive e agli sgravi fiscali che, nel caso venga esercitato con esito negativo, offre pieno titolo all'Istituto per iniziare la procedura per il recupero funzionale alla regolarizzazione della posizione contributiva;
all'altro capo del rapporto previdenziale, il datore di lavoro che intenda avvantaggiarsi delle agevolazioni contributive deve essere certo di averne diritto, rischiando non solo la revoca degli sgravi, ma anche l'applicazione di sanzioni;
invero, la scheda relativa alla storia lavorativa di un soggetto rilasciata dal
Centro per l'Impiego, in
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