Trib. Trani, sentenza 29/12/2024, n. 2545
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, nella persona del Giudice del Lavoro dott.ssa Floriana
Dibenedetto, all'udienza disposta per il 18.11.2024 ha pronunciato, a seguito di discussione ex artt.
127 ter, 429 e 442 c.p.c., la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta nel registro generale sotto il numero d'ordine 904 dell'anno 2022;
TRA
ET LD, nata a [...] il [...], rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Di
Pierro, giusta procura in calce al ricorso introduttivo;
-Ricorrente –
CONTRO
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Tedone e dall'avv. Antonio
Bove, giusta procura generale alle liti;
- Resistente –
La causa viene decisa mediante deposito telematico della sentenza, all'esito della trattazione scritta, disciplinata dall'art. 127 ter c.p.c., disposta per l'udienza del 18/11/2024.
Si precisa che non viene redatto verbale d'udienza e che almeno una delle parti in causa ha depositato note di trattazione scritta.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 10/2/2022 TO DA deduceva di essere genitore della minore OL FI, nata a [...] il [...], affetta da una grave patologia;
che in data
28/10/2019 aveva ricevuto dall'INPS una comunicazione relativa all'esistenza di una indebita percezione dell'indennità di frequenza con contestuale richiesta di ripetizione della somma di €
4.921,07;
che, considerata la sospensione della prestazione, la ricorrente già in data 29/4/2019 aveva inoltrato nuova domanda amministrativa per la percezione dell'indennità di frequenza in favore della minore, domanda che era stata accolta in via amministrativa;
che presentata opposizione alla richiesta di ripetizione di indebito, l'INPS aveva comunicato che l'indebito si era creato perché la minore era stata convocata per la visita di revisione ma non si era presentata,
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essendosi la comunicazione della visita perfezionata per compiuta giacenza. La ricorrente deduceva dunque, da un lato, che non era mai stata edotta effettivamente della visita di revisione;
dall'altro lato, evidenziava come l'INPS abbia in questi casi il potere di sospendere e revocare la prestazione ma non di richiedere la ripetizione delle somme, peraltro pagate fino al 2019 nonostante la visita alla quale non si sarebbe presentata risalirebbe a maggio 2016. Chiedeva pertanto che fosse dichiarato irripetibile l'indebito azionato dall'INPS, con vittoria di spese processuali.
Costituendosi in giudizio, l'Inps eccepiva in via preliminare la carenza di legittimazione attiva della ricorrente, la quale non aveva agito in nome e per conto della figlia minore, ma in proprio;
nel merito deduceva l'infondatezza del ricorso, atteso che l'Istituto aveva comunicato alla ricorrente la visita di revisione del 31/5/2016, ma la raccomandata, regolarmente inviata al domicilio della minore e della madre (odierna ricorrente) non era stata ritirata;
che dunque la comunicazione si era perfezionata per compiuta giacenza;
che la prestazione era stata correttamente revocata, avendo la minore indebitamente percepito l'indennità di frequenza per il periodo 6/2016 – 2/2019;
che, a seguito di nuova domanda amministrativa della ricorrente, la prestazione era stata nuovamente liquidata e dagli arretrati riconosciuti era stato detratto parzialmente l'indebito che si era venuto a creare, residuando la somma di € 4.921,07 richiesta in ricorso.
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L'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva della ricorrente è infondata e deve essere rigettata per le seguenti ragioni.
L'art. 81 c.p.c. stabilisce che fuori dai casi espressamente previsti dalla legge nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
La norma afferma il principio della legittimazione ad agire, che costituisce una condizione dell'azione giudiziaria: chi chiede l'affermazione di un diritto deve corrispondere esattamente a colui che è titolare di quel diritto, salvo casi espressamente previsti dalla legge (si pensi ad esempio ai genitori che agiscono in nome e per conto dei figli minorenni o ai tutori che agiscono in nome e per conto dei propri tutelati).
Nel caso in esame la ricorrente, madre della minore OL FI, ha agito in giudizio per far accertare l'illegittimità del provvedimento con cui l'INPS ha chiesto la ripetizione di somme erogate indebitamente a titolo di indennità di frequenza per il periodo da giugno 2016 a febbraio
2019. Dal tenore del ricorso e dal carteggio intercorso tra le parti è evidente come la ricorrente agisca in nome e per conto della figlia. Tanto lo si deduce dal richiamo espresso in ricorso alle ragioni dell'opposizione al provvedimento dell'INPS;
d'altra parte le stesse comunicazioni
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dell'Istituto Previdenziale sono comunicate a TO DA direttamente sebbene poi indirizzate (nel corpo dell'atto) alla minore.
Peraltro, si richiama sul punto l'orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui “… non occorre che il genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore, dichiari espressamente di agire in nome e per conto del figlio o comunque nell'interesse dello stesso, ma si rende sufficiente che, dal contesto complessivo del ricorso, emerga che il ricorrente agisca nell'interesse del minore” (cfr. Sez. 1, n. 32309 del 13.12.2018;
da ultimo cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord.
03/05/2023, n. 11534).
Per tali ragioni l'eccezione preliminare dell'INPS deve essere rigettata.
Passando al merito della controversia, il ricorso è fondato e la domanda deve essere accolta per le seguenti ragioni.
La ricorrente ha chiesto dichiararsi non dovuta la somma di € 4.921,07, richiesta dall'INPS con comunicazione del 28/10/2019 e nuovamente richiesta in data 16/9/2020.
Esaminando gli atti di causa, si evince che l'indebito oggetto del giudizio attiene a delle somme che l'INPS ha erogato a titolo di indennità di frequenza per il periodo da giugno 2016 a febbraio
2019 in favore della minore OL FI, non essendosi la minore presentata a visita di revisione il 31/5/2016, sebbene ritualmente convocata.
Dalla documentazione prodotta dall'INPS si evince che la convocazione per la visita in data
31/5/2016 è stata ritualmente comunicata alla ricorrente, in quanto la raccomandata informativa è stata spedita presso il domicilio della stessa (la cui correttezza è stata pure provata dall'INPS), ma la ricorrente non ha ritirato la raccomandata entro il termine di giacenza di 10 giorni (termine che peraltro è scaduto circa venti giorni prima della programmata visita di revisione). Va detto che a fronte dell'archivio anagrafico utilizzato dall'INPS per fornire la prova della correttezza della comunicazione, il cui estratto è stato prodotto in corso di causa, la ricorrente - che ha contestato la correttezza dei dati riportati in quell'archivio – non ha provato che a maggio 2016 ella fosse residente in luogo diverso da quello presso cui l'INPS ha notificato l'invito a visita di revisione.
Alla stregua di ciò, si ritiene correttamente comunicato dall'INPS l'invito a presentarsi alla visita di revisione.
Non vi è quindi dubbio della legittimità dell'operato dell'INPS circa il potere di sospensione e revoca della prestazione assistenziale, essendosi verificati
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