Trib. Roma, sentenza 18/01/2024, n. 2024

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 18/01/2024, n. 2024
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 2024
Data del deposito : 18 gennaio 2024

Testo completo

N. R.G. 21784/2023


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE DIRITTI DELLA PERSONA E IMMIGRAZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa L D N, ha pronunciato la seguente
SENTENZA ex art. 281-terdecies c.p.c. nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 21784/2023 promossa da:
nato a Baghlan, in Afganistan, il 01.01.1988 (CF: Parte_1
), rappresentato e difeso dall'avv. M G C ed C.F._1
elettivamente domiciliato in Lecco, Via Azzone Visconti n. 24, presso lo studio del difensore


- ricorrente -

contro
Controparte_1
, in persona
[...] Controparte_2
del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso
l'Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex lege
- resistente -
Oggetto: impugnazione provvedimento diniego del visto per ricongiungimento familiare
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con ricorso depositato in data 18.04.2023, il ricorrente, cittadino afghano titolare di
Org permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo ha chiesto l'accertamento del suo diritto al ricongiungimento familiare con il fratello minore,
[...]
nato il 04.09.2005 a Baghlan, in Afghanistan, del quale è Persona_1
divenuto tutore in seguito al decesso del padre, nonché la dichiarazione di illegittimità, e per l'effetto di annullamento, del provvedimento di diniego del visto emesso dall ad in data 09.03.2023. Organizzazione_2 CP_2
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Tale diniego risulta emesso in quanto “La guardianship non soddisfa i requisiti di cui alla legge 184/1983” e il minore “Risulta fratello dell'invitante, categoria non prevista dall'art. 29 del D.lgs 286/1998”, circostanze dalle quali è stata dedotta l'insussistenza dei requisiti di cui all'art. 29 d.lgs. 286/98.
Il ricorrente ha sostenuto di aver assunto la tutela del fratello in base all'istituto della guardianship prevista nel proprio paese di origine nelle forme negoziale e giudiziale e di aver seguito tale ultima modalità, pertanto, in base ad atto attestato dalla Corte
Suprema della Repubblica Islamica in data 17.02.2021 e autenticato dalla Corte di
Appello di Kabul in data 25.02.2021;
che presentava la suddetta documentazione sin dalle prime fasi della procedura di ricongiungimento, per l'ottenimento del nulla osta;
che a seguito di rilascio dello stesso, avvenuta in data 18.03.2022, provvedeva a richiedere il visto di ingresso;
che quest'ultimo veniva emesso il 07.03.2023 e successivamente annullato, senza alcuna previa comunicazione, con il definitivo provvedimento impugnato in questa sede. Il ricorrente ha, dunque, lamentato
l'illegittimità del provvedimento impugnato per carenza di motivazione e difetto del preavviso di rigetto, nonché, nel merito, per violazione del suo diritto all'unità familiare.
Il Giudice ha fissato udienza per il giorno 01.12.2023, disponendo la trattazione della stessa in modalità cartolare ai sensi dell'art. 127 ter cpc., con termine alle parti per il deposito di note e documenti.
L'Amministrazione resistente si è costituita in giudizio in data 20.11.2023, contestando le avverse deduzioni e confermando la legittimità del diniego, giustificato dalla circostanza che all'atto della richiesta di ricongiungimento il richiedente non avrebbe documentato la tutela;
che l' è in grado di verificare Controparte_3
l'autenticità dei soli documenti pakistani e che, in ogni caso, la guardianship risulta priva dei requisiti necessari per essere parificata all'adozione e altresì all'istituto della kafalah, richiamato da parte ricorrente, perché istituto di carattere temporaneo e provvisorio, automaticamente privato della sua efficacia al compimento della maggiore età del beneficiario. In conclusione, parte resistente, ha chiesto disporsi il rigetto del ricorso per inammissibilità e/o infondatezza.
Con note del 28.11.2023 parte ricorrente ha contestato tutto quanto ex adverso dedotto e richiamando quanto già rappresentato ha insistito per l'accoglimento delle rassegnate conclusioni.
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Con note di trattazione scritta parte resistente si è riportata alle conclusioni in atti.
All'esito dell'udienza in modalità cartolare la causa è stata rimessa in decisione.
***
Il ricorso deve ritenersi fondato alla luce delle considerazioni che seguono.
Occorre ricordare in premessa che la procedura per il ricongiungimento familiare consta di due fasi: la prima si svolge dinanzi allo Sportello Unico per l'Immigrazione presso la
Prefettura e ha ad oggetto la verifica dei requisiti oggettivi per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare, quali titolo di soggiorno, reddito e alloggio se richiesti, e di assenza di circostanze ostative di Pubblica Sicurezza;
la seconda fase si svolge invece dinanzi alla e ha ad oggetto la verifica dei requisiti soggettivi Organizzazione_3
necessari al rilascio del visto d'ingresso, quali legami di parentela e altri requisiti dei soggetti da ricongiungere.
Nel caso di specie, come documentato in atti, il ricorrente ha regolarmente richiesto il nulla osta per il ricongiungimento con il fratello minore di cui si è dichiarato tutore, nulla osta che, verificati i relativi presupposti, gli è stato rilasciato dallo Sportello Unico per l'Immigrazione di Lecco in data 18.03.2022.
Tuttavia, in data 09.03.2023, dopo un primo rilascio di visto avvenuto il 07.03.2023,
l di ha dapprima provveduto all'annullamento e Organizzazione_2 CP_2
conseguentemente al rigetto della richiesta del visto nei confronti del minore interessato, rappresentando la sussistenza del rapporto fraterno e contestando l'effettiva esistenza del rapporto di tutela dedotto a fondamento della domanda. In particolare, come meglio circostanziato dall'Amministrazione resistente in sede di costituzione in giudizio, il primo rilascio sarebbe stato effettuato sulla base del falso ideologico di un rapporto di paternità, poi smentito dagli accertamenti effettuati;
che la guardianship non era stata in tale sede menzionata e che in ogni caso non avrebbe potuto comportare l'accoglimento della domanda per l'inidoneità dell'istituto a configurare un rapporto assimilabile all'adozione e/o alla . Controparte_4
In primo luogo, occorre evidenziare che quanto affermato da parte convenuta trova smentita nella stessa documentazione da questa allegata, ovvero da copia del certificato di morte e custodia legale e certificato successorio, emesso dalla Corte Suprema afghana il 17.02.2021, documento dal quale ben si evince la conoscenza del rapporto vantato dal ricorrente, smentita che peraltro emerge ancor prima dallo stesso provvedimento di rigetto, nel quale viene fatto espresso riferimento all'istituto della guardianship.
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A ciò si aggiunga la pacifica mancata comunicazione del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/1990, che avrebbe permesso al ricorrente di partecipare al contraddittorio, eventualmente integrando la documentazione ritenuta necessaria a provare l'affidamento.
In secondo luogo, seppur in questa sede non è verificabile quanto dal ricorrente prodotto nelle prime fasi della procedura amministrativa, appare verosimile che lo stesso sin dalla richiesta di nulla osta abbia rappresentato il peculiare rapporto con il fratello minore, formalizzato in data precedente e poi, con evidenza, documentato in fase di richiesta del visto. Pertanto, il ricorrente non hai mai asserito che il minore fosse suo figlio, mentre ha fondato la propria domanda di ricongiungimento sulla base di un atto di custodia legale in favore dello stesso. Come documentato in atti e rappresentato in ricorso, tale rapporto è stato formalizzato in Afghanistan nel febbraio 2021, dove, in presenza di testimoni dinanzi ad autorità giudiziaria afghana, il ricorrente è stato designato tutore del fratello.
L'esistenza di tale atto, di cui l'autenticità appare confermata dalla Corte d'Appello di
Kabul in data 25.02.2021, si ritiene idonea a legittimare la domanda di ricongiungimento familiare. Nel caso di specie, l'instaurazione della tutela del minore in sede giudiziale è stata, peraltro, la formalizzazione di una situazione già esistente nei fatti e la creazione di una condizione corrispondente all'interesse del minore stesso, del quale il fratello, odierno ricorrente, ha dichiarato assumersi la responsabilità anche dell'amministrazione ereditaria, necessità evidentemente emersa in seguito al decesso del comune genitore.
L'atto di cui sopra ha così formalizzato una presa di responsabilità che il ricorrente, il quale appare essere l'unico fratello maschio, ha esercitato a favore del minore quale naturale conseguenza dell'intervenuta modifica dell'assetto familiare, conformemente alla loro cultura di appartenenza: “Secondo i principi generali del diritto hanafita, dopo la morte del padre la tutela di una persona viene trasferita al nonno paterno. Se è deceduto anche il nonno, la tutela della persona sarà affidata al parente maschio paterno più prossimo secondo l'ordinamento giuridico della successione” inoltre “Le norme dei codici si basano principalmente sulla legge islamica in cui il padre è considerato il tutore naturale del bambino, mentre la madre ha il diritto e la responsabilità della custodia, e quindi della cura quotidiana, dei bambini piccoli (figlie fino all'età di nove anni e figli fino all'età di sette anni). È tuttavia comune che i diritti legali delle donne in materia familiare non siano rispettati nella società afghana a
4 causa delle persistenti visioni culturali e del forte ordine patriarcale della società”. Migrationsverket, 1 giugno 2018, pag. 4 (Risposta alla domanda sull'Afghanistan: tutela, adozione degli orfani, Organizzazione_4
e la documentazione sui paesi di origine e sull'asilo, 27 luglio 2018,
[...]
https://www.ecoi.net/en/document/1442910.html).
Sulla mancata possibilità di riscontri dichiarata dall'Ambasciata adita, oltre ad evidenziarsi che questa non può di certo inficiare di per sé il diritto al ricongiungimento del ricorrente che, per la nota condizione di violenza e instabilità in cui versa
l'Afghanistan è stato costretto a rivolgersi a questa Ambasciata in luogo di quella a
Kabul, provvisoriamente trasferita, si ritiene altresì di rilevare che tale asserito impedimento non può costituire, in assenza di diverse idonee allegazioni, una presunzione di non autenticità dell'atto che, invero, non viene espressamente contestato.
Di contro, come anticipato, questo appare emesso e certificato dalle competenti autorità nazionali, in particolare dalla Corte Suprema della Repubblica Islamica e dalla Corte di
Appello di Kabul, autorità giudiziarie che, anche da quanto emerge dalle fonti consultate, appaiono in tali casi competenti: “Il diritto di famiglia in Afghanistan deriva da una pluralità di fonti giuridiche come il Codice Civile (1977);
la Legge sullo status personale sciita – SPSL (2009);
Legge islamica e diritto consuetudinario locale. I tribunali sono tenuti ad applicare innanzitutto le leggi statutarie e, quando in tali leggi non si trovano disposizioni, possono seguire i principi della legge islamica. Se esiste ancora un vuoto giuridico, i tribunali possono ricorrere all'applicazione del diritto consuetudinario locale. Nonostante ciò, gli avvocati afghani spesso seguono in prima persona il diritto consuetudinario nelle questioni familiari. Le questioni riguardanti la

Org_ tutela dei figli sono regolate sia dal Codice civile che dalla ” (Risposta alla domanda sull'Afghanistan: tutela, adozione degli orfani, cit., https://www.ecoi.net/en/document/1442910.html).
Quanto all'idoneità di tale atto, dalle fonti consultate sull'Afghanistan, risulta che nel
Paese non viene praticata l'adozione o la , mentre è stata approvata nel 2013 una CP_4
legge sulla tutela dei minori. Trovano dunque applicazione istituti che, secondo la legge della Shari'a, non pongono fine al rapporto di sangue tra il bambino e i suoi genitori biologici, come peraltro avviene anche nella kafalah islamica, ma viene a instaurarsi un rapporto simile a una tutela. Dunque, sebbene in Afghanistan l'adozione non ha una specifica base giuridica, in conformità con l'articolo 228 del Codice civile, se il bambino
è orfano o i suoi genitori sono indigenti, questo può essere affidato a persone che
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abbiano le qualifiche e le capacità per la sua custodia (sul punto si veda: Nota informativa e politica nazionale Afghanistan: minori non accompagnati, Afghanistan, aprile 2021, del Regno Unito (Autore), p. 55 ss., Organizzazione_6
https://www.ecoi.net/en/file/local/2050110/Afghanistan-unaccompanied+children-
CPIN-v2.0%28Archived%29.pdf ;
Raccolta di informazioni sugli adempimenti di legge
e sulle procedure relative all'adozione, Afghanistan, Organizzazione_7
dicembre 2014,
[...] Organizzazione_8
https://www.ecoi.net/en/file/local/1324028/1930_1430821809_afghanistan-cap- december-2014.pdf, https://www.ecoi.net/en/document- search/?content=kafalah&country%5B%5D=afg;
Esame dei rapporti presentati dagli
Stati parti ai sensi dell'articolo 44 della Convenzione: Convenzione sui diritti dell'infanzia: osservazioni conclusive: Afghanistan, sui Organizzazione_9 diritti dell'infanzia (CRC), 08 aprile 2011, https://www.refworld.org/cgi- bin/texis/vtx/rwmain CodiceFiscale_2
FG).
Le fonti documentano come l'istituto della tutela rappresentato nel caso di specie costituisca una forma diffusa e accettata. In generale, l'influenza del diritto islamico
(sharia) tende a favorire l'unità della famiglia naturale e ad ammettere forme di tutela assimilabili alla . Pertanto, nel caso di specie, sebbene l'atto in esame non Per_2
definisca espressamente la tutela instaurata, il contenuto dell'istituto sembra Per_2
proprio quello tipico di tale istituto, o quantomeno a questo equiparabile, il quale
comporta gli obblighi di tutela e mantenimento senza la creazione di legami giuridici, che produrrebbero specifici diritti legali di status personale. Questo tipo di tutela non recide i legami familiari biologici del bambino né altera le linee di discendenza della famiglia adottante. A differenza dell'affidamento, la è destinata a essere una Per_2
sistemazione permanente per un minore. Come l'affidamento e l'adozione, la è Per_2
mediata dallo Stato, a differenza delle adozioni informali o "consuetudinarie" che avvengono in famiglia o attraverso accordi segreti" (Raccolta di informazioni sugli adempimenti di legge e sulle procedure relative all'adozione, Afghanistan, cit. pag. 4 https://www.ecoi.net/en/document-search/?content=kafalah&country%5B%5D=afg).
La formalizzazione dell'accordo di tutela ai sensi dell'ordinamento afghano risulta dai documenti e certificati prodotti, in originale e traduzione, in particolare dalla copia del certificato della “Guardianship”, certificato di morte e custodia legale e certificato successorio del 17.02.2021 (in parsi e in inglese). Tale documentazione, a supporto
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della richiesta, è stata prodotta unitamente alla seguente: copia del nulla osta del
18.03.2023 e del visto rilasciato il 07.3.2023 a nulla osta e Persona_1
visto rilasciato alla coniuge del ricorrente, il 07.03.2023;
Persona_3
provvedimento di diniego del 09.03.2023 e documenti del ricorrente, quali copia permesso di soggiorno ricorrente e tessera sanitaria ricorrente. NumeroDi_1
Ciò posto, in merito alla rilevanza dell'istituto di tutela in esame nell'ordinamento italiano, contestato da parte resistente facendo particolare riferimento ai requisiti di validità previsti per affidamento e adozione dalla legge n. 184/1983 sul diritto del minore ad una famiglia, giova innanzitutto richiamare le pronunce con le quali la
Suprema Corte di Cassazione ha espressamente affermato la rilevanza della kafala negoziale omologata proprio ai fini del ricongiungimento con l'affidatario presente in
Italia, contemporaneamente chiarendone i presupposti, e in particolare uno, da far prevalere sempre: il superiore interesse del minore. La Corte ha così argomentato: “La
“kalafah” convenzionale, istituto di affidamento familiare proprio di alcuni ordinamenti giuridici che si ispirano all'insegnamento del Corano, non ha quale presupposto una situazione di abbandono del minore bensì di semplice difficoltà o inadeguatezza dell'ambiente familiare originario, sicché non cancella il rapporto di filiazione, ma si propone di assicurare al minore l'opportunità di vivere in una situazione più favorevole alla sua crescita. Pertanto, la valutazione circa la possibilità
Org_ di consentire al minore l'ingresso in ed il ricongiungimento con l'affidatario, anche se cittadino italiano, che non può essere esclusa in considerazione della natura e della finalità dell'istituto della “kafalah” negoziale, deve essere effettuata caso per caso in considerazione del superiore interesse del minore”, ed ha inoltre statuito che:
Tale istituto, quindi, in quanto finalizzato a realizzare l'interesse superiore del minore, non contrasta con i principi dell'ordine pubblico italiano e neppure con quelli della
Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, che pure opera espressamente, all'art. 20, comma 3, il riconoscimento quale istituto di protezione del minore della sola “ ” giudiziale la quale, diversamente da quella convenzionale, CP_4
presuppone la situazione di abbandono o comunque di grave disagio del minore nel suo ambiente familiare”. Cass., sent. n. 1843/2015.
Le circostanze del caso di specie sopra delineate mostrano come le condizioni indicate dalla giurisprudenza di legittimità ricorrano certamente nell'affidamento alla tutela del fratello minore all'odierno ricorrente, affidamento peraltro avvenuto in sede giudiziale secondo il sistema giuridico del Paese di origine, come documentato e non contestato.
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Non solo, appare altresì evidente come nel caso di specie il superiore interesse del minore sarebbe stato (ed è tuttora) certamente quello di ricongiungersi con il fratello tutore, unitamente alla coniuge di lui (per la quale di contro è stato rilasciato il visto nell'ambito della medesima procedura), in ragione della gravità della situazione del territorio nazionale dell'Afghanistan, caratterizzato da un elevato livello di violenza ed insicurezza per la popolazione civile, coinvolta nei conflitti in corso e, in particolare, soggetta da oltre due anni alla presa di potere dei talebani e alle gravi restrizioni e violazioni dei diritti umani che ne sono conseguite (Afghanistan –
[...]
Report December 2023, European Union Agency for Organizzazione_10
Asylum (EUAA), 2023, https://www.ecoi.net/en/file/local/2101835/2023_12_EUAA_COI_Report_Afghanistan
_Country_Focus.pdf;
Rapporto annuale sulla libertà religiosa (2022), Afghanistan,
– Dipartimento di Stato americano (Autore), 15 maggio 2023, Org_11
https://www.state.gov/reports/2022-report-on-international-religious- freedom/afghanistan/, https://www.ecoi.net/en/document/2091855.html;
ACLED –
Armed Conflict Location &
Event Data Project (Author), APW - Afghan Peace

Watch (Author): Tracking disorder during Taliban rule in Afghanistan;
A Joint ACLED and APW Report
, April 2022 https://www.ecoi.net/en/file/local/2071514/ACLED_APW_JointReport_Tracking-
Disorder-During-Taliban-Rule-in-Afghanistan_WebFin2022.pdf;
UN General
Assembly: The situation in Afghanistan and its implications for international peace and security;
Report of the Secretary-General
[A/77/340-S/2022/692], https://www.ecoi.net/en/file/local/2079419/N2259109.pdf , 14 September 2022).
Tutto quanto visto, il rapporto di cui si discute, tanto affettivo che di dipendenza materiale ed economica, era dunque sussistente al momento della richiesta di ricongiungimento, condizione che ben si ritiene fondante, contrariamente a quanto affermato da parte resistente, la positiva conclusione del relativo procedimento, a nulla rilevando l'asserita eventuale decadenza della tutela al compimento della maggiore età, peraltro appena raggiunta, nelle more del presente procedimento giudiziale. Appare fuor di dubbio come tale circostanza non possa inficiare il diritto vantato. Peraltro, diversamente ragionando si incorrerebbe in un'ingiustificata disparità di trattamento, in contrasto con l'art 3 della nostra Carta Costituzionale, qualora si addivenisse a conclusioni diverse nell'ipotesi di ricongiungimento di minore figlio naturale del
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richiedente e minore figlio adottivo o affidato o sottoposto a tutela, equiparazione peraltro espressamente prevista dalla normativa in materia (art. 29, co. 2, d.lgs. 286/98).
In conclusione, considerata sia la ragione pratico-giuridica dell'affidamento sia la sua piena compatibilità con l'ordinamento di provenienza, la guardianship giudiziale deve nella specie ritenersi pienamente conforme al superiore interesse del minore, alla luce della concreta situazione personale e familiare dell'epoca. Lo stesso, pertanto, risulta affidato al ricorrente e dunque da equipararsi ai fini del ricongiungimento al figlio dello stesso, ai sensi del sopra richiamato art. 29, c. 2 del d.lgs. n. 286/1998.
Ritenuta accertata la violazione del diritto soggettivo del ricorrente a ricongiungersi con il fratello minore, vista la documentazione in atti e in assenza di diverse contestazioni, deve ordinarsi a parte resistente di rilasciare il visto per ricongiungimento familiare in favore del fratello minore del ricorrente.
Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e devono porsi a carico dell'Amministrazione resistente.
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