Trib. Patti, sentenza 24/01/2024, n. 84

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Patti, sentenza 24/01/2024, n. 84
Giurisdizione : Trib. Patti
Numero : 84
Data del deposito : 24 gennaio 2024

Testo completo



Repubblica italiana
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Patti
PROCESSO VERBALE D'UDIENZA
L'anno 2024, il giorno 24 gennaio, avanti al Giudice dott.ssa Rossella Busacca, viene chiamata la causa iscritta al n. 941/2013 R.G.
tra
COMUNE DI GIOIOSA MAREA (C.F. 86000470830) in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Annamaria Gravina, giusta procura in atti;

appellante
contro
TT NI (C.F. [...]), nato a [...] il [...], rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Michele
Mondello e Maria Rita Mondello, giusta procura in atti;

appellato
All'odierna udienza sono comparsi l'avv. Annamaria Gravina per l'Ente appellante e gli avv. Maria Rita Mondello per delega dell'avv. Michele Mondello per l'appellato.
I procuratori delle parti discutono oralmente la causa riportandosi ai propri atti e verbali di giudizio.
Terminata la discussione il Giudice, dopo essersi ritirato in camera di consiglio,
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pronuncia, dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente sentenza.
FATTO E DIRITTO
Il Comune di Gioiosa Marea ha impugnato la sentenza n. 151/2013 emessa dal
Giudice di Pace di Patti nel giudizio recante N.R.G. 11/2013, depositata in data
27.5.2013, con cui è stata dichiarata non dovuta la somma richiesta dall'Ente locale a
IN NN per i consumi idrici degli anni 2006, 2007, 2008 e 2009 indicata nell'intimazione pagamento dell'11.10.2012, allegata in atti.
L'Ente appellante, nel dettaglio, ha censurato la decisione del Giudice di prime cure nella parte in cui ha ritenuto provato il vizio di non potabilità dell'acqua per tutto il periodo dedotto in giudizio, e non solamente per alcuni mesi dell'anno 2008 e 2009.
Lo stesso Ente ha sostenuto, inoltre, che il IN, in detto periodo, aveva comunque beneficiato dell'acqua e che, inoltre, per ovviare al disagio della non potabilità dell'acqua i costi dei relativi consumi sono stati ridotti del 10% come previsto all'art. 37 del Regolamento comunale idrico (€ 0,77 al mc piuttosto che € 0,86 al mc).
IN NN, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell'appello con condanna della controparte alle spese del giudizio.
Concessi i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni.
Con le note conclusive del 20.6.2019 l'appellato ha eccepito la prescrizione dei crediti in contestazione ed ha chiesto la condanna di controparte ex art. 96 c.p.c..
Successivamente, con le note del 30.5.2020, l'appellato ha eccepito
l'inammissibilità del presente gravame ai sensi dell'art. 339, comma 3, c.p.c.
Lo stesso, con le note del 4.6.2020, ha formulato istanza di produzione delle ordinanze nn. 49 del 21.06.2018 e 93 del 30.10.2019 emesse dal Comune di Gioiosa, deferito giuramento decisorio al rappresentante legale dell'Ente convenuto ed eccepito l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 37 del Regolamento comunale idrico.
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Rigettata l'istanza di produzione documentale ed espletato il giuramento decisorio, la causa è stata rinviata per la discussione e la precisazione delle conclusioni.
L'appello è parzialmente fondato.
Prima di esaminare la fattispecie è utile ricordare che la controversia in esame rientra nell'ambito della giurisdizione ordinaria atteso che l'Ente comunale ha chiesto, con l'intimazione di pagamento, la corresponsione del canone per il servizio idrico integrato.
Al riguardo, la Suprema Corte ha affermato che “ove una controversia abbia ad oggetto il servizio pubblico di somministrazione dell'acqua potabile trovano applicazione le regole generali in tema di riparto di giurisdizione, secondo cui ricadono nella giurisdizione del giudice ordinario solo le controversie in ordine alla spettanza e alla misura del canone ed aventi un contenuto meramente patrimoniale, derivante dall'attuazione del rapporto instauratosi tra il privato e la p.a. e nelle quali quest'ultima non esercita alcun potere autoritativo a tutela di interessi generali;
qualora, invece, la controversia coinvolga l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi, che incidono sulla determinazione del canone o sull'istituzione o modifica delle tariffe e, in generale, sull'economia dell'intero rapporto sottostante, e non riguardano il mero accertamento tecnico di presupposti fattuali, i relativi provvedimenti hanno natura regolamentare e, nel caso di loro impugnazione, sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo”.

(Cass. n. 1220/18).
In rito, l'eccezione di inammissibilità avanzata dall'appellato ex art. 339, comma
3 c.p.c.
è infondata in quanto il valore della controversia è inferiore ad € 1.100,00.
Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di merito “In termini generali, va dunque premesso che il contratto di fornitura d'acqua ha ad oggetto la prestazione continuativa, verso il pagamento periodico di un corrispettivo, che prende il nome di tariffa, determinata nel suo ammontare in base a criteri legali, ai sensi dell'art. 154, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006 (in precedenza, art. 13, comma 1, della L. n. 36 del
1994), del c.d. servizio idrico integrato, che comprende la distribuzione dell'acqua, a usi
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civili e industriali, e la depurazione dei reflui, condotti in fognatura. Secondo la ricostruzione concorde della dottrina e della giurisprudenza, come per ogni altro contratto di utenza pubblica, il rapporto di utenza idrica, che si instaura tra gestore ed utente, non trova la sua fonte in un atto autoritativo, bensì nel contratto di utenza (cfr.
Corte cost. n. 335 del 2008), stipulato in regime di pubblico servizio, inquadrabile nello schema del contratto tipico di somministrazione, di cui agli artt. 1559 ss. cod. civ. (cfr.
Cass. sez. un. n. 8103 del 2004;
sez. un. n. 16426 del 2004). I rapporti contrattuali sono disciplinati in maniera uniforme, anche in deroga alle disposizioni codicistiche, dal regolamento e dalla carta del servizio idrico integrato, parte integrante del contratto, che vengono predisposti dal gestore, approvati dalla competente autorità amministrativa ed accettati dagli utenti, con efficacia di condizioni generali di contratto, ex art. 1341 cod. civ., ed in termini di contratto per adesione, concluso mediante la sottoscrizione del modulo per la richiesta di allaccio, ex art. 1342 cod. civ.

(cfr. Cass. n. 19154 del 2018)”. (Tribunale Savona, 18/05/2021, n.423).
In precedenza la Cassazione si era espressa affermando che: “I contratti c.d. di massa o per adesione definiscono quelle fattispecie negoziali il cui contenuto è predeterminato da una delle parti, e non è oggetto di trattative individuali: tali contratti sono, di regola, collegati con la fornitura di servizi su larga scala e rispondono, perciò,
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