Trib. Perugia, sentenza 23/07/2024, n. 1082

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Perugia, sentenza 23/07/2024, n. 1082
Giurisdizione : Trib. Perugia
Numero : 1082
Data del deposito : 23 luglio 2024

Testo completo

N. 6267/2021 r.g.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI PERUGIA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone delle seguenti magistrate:
M R Presidente
G M Giudice relatrice
I Mché Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. 6267/2021 r.g. promossa da
(c.f. , rappresentato e difeso dall'avv. GABRIELE Parte_1 C.F._1
ANTONINI, giusta procura su foglio separato e congiunto mediante strumenti informatici all'atto di citazione ed elettivamente domiciliato in VIA TIBERINA 62/A 06059 TODI presso il difensore avv.
GABRIELE ANTONINI
RICORRENTE contro
(C.F. ), rappresentata e difesa dall'avv. CHIARA CP_1 C.F._2 TENGATTINI e dell'avv. ALESSANDRA LEVITO NEGRINI, giusta mandato su foglio separato e congiunto mediante strumenti informatici alla comparsa di risposta ed elettivamente domiciliata in Indirizzo telematico presso le predette avvocate
RESISTENTE
E con l'intervento del pubblico ministero
OGGETTO: NULLITÀ E ANNULLAMENTO DEL MATRIMONIO
CONCLUSIONI
Conclusioni di parte ricorrente: come da atto di citazione, ossia «Voglia il Tribunale adito, ritenuta la propria competenza ex L. n. 218/95, accertata la sussistenza dell'errore sulle qualità essenziali dell'altro coniuge, per essere stata lui sottaciuta la “impotentia generandi” dell'altro coniuge, la tempestività della azione poiché dopo la scoperta dell'errore, avvenuta alla fine del 2019, non vi è stata coabitazione per oltre un anno, acclarata la violazione della normativa di diritto internazionale che prevede, in caso di matrimonio celebrato all'estero tra soggetti che non parlano, comprendono e conoscono la stessa lingua, la presenza di un interprete e di due testimoni, l'errore dell'ufficiale di stato civile slovacco che ha adottato il regime della comunione, in luogo di quello lui richiesto della separazione, dichiarare la nullità e/o invalidità e/o inefficacia e/o inesistenza del matrimonio celebrato pagina 1 di 7 tra il signor e la signora in Slovacchia il 19/3/16, ma debitamente Parte_1 Parte_2 registrato in Italia in data 21/6/16 per vizio del consenso ex art 122 c 3 n 1 ed in ogni caso per vizi sostanziali per la mancanza di interprete e di testimoni, attesa la assoluta ignoranza della lingua slovacca, l'errore nella scelta del regime patrimoniale tra coniugi, con ogni conseguenza e statuizione in merito alla revoca della omologa della separazione ed ai provvedimenti di natura economica (Cass.
Sez. Civ. Ord. N 11553/18). Condannare la convenuta ex art 129 bis L 218 95 al pagamento di una indennità pari a tre anni di mantenimento o in subordine al rimborso delle somme lei ricevute dalla data della omologa della separazione.
Con vittoria di spese, funzioni ed onorari del giudizio.»
Conclusioni di parte resistente: «In via principale: rigettare le domande dell'odierno attore per i motivi esposti in narrativa con condanna del Sig. all'integrale rifusione delle spese e dei Parte_1 compensi professionali del presente giudizio, oltre oneri di legge, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori antistatari.
In via riconvenzionale: accertare e dichiarare la pretestuosità delle richieste avanzate dal Sig. Pt_1 e condannarlo al risarcimento dei danni patiti e patendi dalla Sig.ra nella misura di €. CP_1
50.000,00 ovvero in quella minore o maggiore che verrà ritenuta di Giustizia.»
Conclusioni del pubblico ministero: «conclude per il rigetto della domanda.»
pagina 2 di 7 RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO (art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla l. 69/09 del 18.6.2009)
Con atto di citazione notificato il 16.12.2021, – premesso di avere contratto matrimonio Parte_1 civile con nel municipio di Cadca, in Slovacchia, in data 19.3.2016 e di essersi separato CP_1 dalla moglie con decreto di omologa pronunciato dal Tribunale di Spoleto in data 14.12.2020 – chiedeva dichiararsi «la nullità o inefficacia e/o invalidità del matrimonio» sulla base delle seguenti ragioni:
a) l'assenza al momento della celebrazione di due testimoni;

b) l'assenza al momento della celebrazione di un interprete di lingua italiana;

c) l'errore commesso dall'ufficiale di stato civile slovacco nell'individuare il regime patrimoniale prescelto in quello della comunione legale in luogo di quello della separazione dei beni;

d) l'errore nel quale esso marito era incorso circa le qualità fisiche della moglie, avendo egli scoperto solo alla fine dell'anno 2019 che la coniuge era affetta da impotentia generandi a causa di una malformazione delle tube ovariche.
costituendosi con comparsa del 10.3.2022, negava di avere le malformazioni indicate CP_1 dal marito o altri problemi ginecologici e, in generale, contestava di essere incapace di generare figli, producendo una relazione medica che attestava il suo stato di salute;
precisava, quindi, che la mancanza di prole nata dal matrimonio era da ricondurre piuttosto al comportamento del marito che dopo il matrimonio – intervenuto dopo 9 anni dall'inizio della relazione sentimentale, di cui 4 anni di convivenza – aveva manifestato una vera e propria dipendenza dall'alcool e dalla droga e aveva assunto condotte violente e prevaricatrici nei confronti di essa moglie.
Deduceva inoltre: che non vi era stata alcuna violazione formale, in quanto al momento della celebrazione erano presenti sia i testimoni, sia l'interprete;
che l'errore relativo al regime patrimoniale prescelto era stato emendato al rientro in Italia, quando i coniugi si erano recati dal notaio Persona_1 per stipulare una convenzione matrimoniale con cui optavano per il regime di separazione dei beni.
Eccepiva, quindi, la decadenza dall'azione di annullamento, per avere i coniugi convissuto per oltre un anno dalla data di asserita scoperta del presunto vizio della volontà. Infine, proponeva domanda di risarcimento, ex art. 96 c.p.c., deducendo il danno non patrimoniale patito per essere stata accusata di aver taciuto al marito la propria impotentia generandi.
La causa veniva istruita mediante prove testimoniali e assunta in decisione all'udienza del 13.12.2023, sulle conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte, e con assegnazione dei termini ordinari per il deposito degli atti conclusivi.
*****
Preliminarmente deve darsi atto della sussistenza della giurisdizione italiana, nonostante la celebrazione del matrimonio all'estero, dal momento che in materia di nullità e di annullamento del matrimonio - ai sensi dell'art. 32 della legge n. 218/1995 - la giurisdizione italiana sussiste, anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano.
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Passando all'esame delle domande svolte dall'attore, va premesso che il sig. non ha compiuto Pt_1 alcuno sforzo qualificativo delle azioni proposte, richiedendo cumulativamente la pronuncia di nullità e l'accertamento dell'inefficacia o inesistenza del matrimonio.
Ciò posto, rileva il collegio che l'assenza dei testimoni e l'assenza dell'interprete costituiscono ipotesi di mera irregolarità dell'atto, inidonee a integrarne una forma di invalidità (e ancor meno a fondarne l'inesistenza).
Le ipotesi di invalidità del matrimonio sono infatti quelle previste dagli artt. 117, 119, 120, 122, 123 e
124 c.c. - tutti raccolti nella sezione VI del titolo VI del libro primo del codice civile, rubricata «della nullità del matrimonio» - ossia quelle in cui il matrimonio è stato contratto in violazione delle principali condizioni necessarie e, dunque, in difetto di libertà di stato, in presenza di vincoli di parentela, in presenza di impedimentum criminis, in difetto della richiesta capacità o in forza di una volontà del nubendo non formatasi in maniera libera e consapevole.
Le violazioni delle prescrizioni di carattere unicamente procedimentale (come quelle sulle pubblicazioni, sui testimoni, sul luogo e la forma della celebrazione), invece, non comportano di per sé il vizio dell'atto, ma costituiscono mere irregolarità che non inficiano la validità ed efficacia del matrimonio e hanno il solo effetto di produrre conseguenze sfavorevoli (di natura sanzionatoria) sull'autore della violazione della regola procedimentale.
Può dunque affermarsi che l'assenza di testimoni e l'assenza dell'interprete (salvo con riguardo a questa seconda ipotesi le precisazioni di cui infra) sono circostanze che neppure astrattamente potrebbero comportare l'invalidità dell'atto.
È dunque solo per completezza che si osserva che l'allegazione svolta dall'attore – di non conformità della fattispecie al modello procedimentale previsto dalla normativa italiana – non si confronta con le norme dell'art. 115 c.c. e dell'art. 28 della legge n. 218/1995 che, per i requisiti formali, fanno riferimento alla legge del luogo di celebrazione (in questo caso la Slovacchia).
La dedotta inosservanza delle prescrizioni formali dettate dalla normativa italiana sarebbe dunque del tutto irrilevante – oltre che ai fini della validità dell'atto, per quanto detto innanzi – anche ai fini della regolarità formale del matrimonio.
Da ultimo va evidenziato che, per dimostrare l'inosservanza degli adempimenti formali previsti per la celebrazione, l'attore avrebbe dovuto produrre l'estratto integrale dell'atto di matrimonio (e non l'estratto per riassunto allegato al ricorso, dal quale non risultano neppure le generalità del celebrante), che costituisce prova privilegiata, fino a querela di falso, della formazione del vincolo matrimoniale e delle modalità con cui esso è stato assunto. La richiesta di provare tramite testi l'assenza dei testimoni al momento della celebrazione è pertanto inammissibile.
Con riguardo alla mancanza dell'interprete, va poi dato atto che astrattamente tale profilo potrebbe assumere rilevanza sotto il profilo del vizio del consenso, ma solo laddove si deducesse (e dimostrasse) che lo sposo non avesse inteso realmente manifestare il proprio consenso alle nozze e che vi fosse stato al riguardo un errore determinato dalla ignoranza della lingua slovacca, utilizzata dal celebrante.
La circostanza, in vero di scuola e non prospettata dalla parte, resta comunque esclusa con certezza dall'avere il sig. personalmente richiesto la trascrizione del matrimonio all'ufficiale di stato Pt_1 civile del Comune di Todi, in data 21.6.2016, secondo quanto risulta dal documento n. 2 allegato alla citazione.
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Infine, la prospettazione di una difformità tra la volontà espressa e quella rappresentata nell'atto di matrimonio con riguardo al regime patrimoniale prescelto, non può – con ogni evidenza – produrre effetti sull'atto di matrimonio, dal momento che la convenzione matrimoniale è negozio che può essere stipulato anche all'atto di celebrazione del matrimonio (art. 162, comma II, c.c.), ma che mantiene comunque la sua autonomia rispetto al negozio matrimoniale. Ne consegue che le problematiche relative all'espressione della volontà in merito alla stipula della convenzione matrimoniale non si comunicano quindi al matrimonio. Deve peraltro evidenziarsi che le predette problematiche non sono state fatte valere con un'azione di annullamento della convenzione stipulata al momento del matrimonio, ma sono state superate attraverso la stipula di un successivo atto notarile di modifica del regime patrimoniale in favore di quello della separazione dei beni, che si assume essere stato fin dall'inizio quello effettivamente voluto.
Resta da esaminare la domanda di annullamento del matrimonio per errore su una qualità essenziale della coniuge, costituita dalla sua impotentia generandi.
Anche tale domanda è infondata.
Ai sensi dell'art. 122 c.c. grava sul coniuge che impugna il matrimonio per errore fornire la prova dell'esistenza di un'anomalia (intesa come anormalità organica) dell'altro coniuge tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale e dimostrare di averla ignorata prima della celebrazione del matrimonio.
Una tale dimostrazione, nel caso di specie, non è stata fornita.
L'attore, infatti, dopo aver omesso di allegare compiutamente le circostanze di tempo e di luogo, nonché le altre modalità con cui avrebbe accertato e appreso della impotentia generandi della moglie, ha affidato la prova di tale fatto alla deposizione del teste Testimone_1
Siffatta testimonianza è tuttavia da ritenere del tutto inattendibile, non solo per la relazione lavorativa che lega il teste al sig. (alle cui dipendenze è impiegato presso il salumificio , ma anche Pt_1 Pt_1 per la lacunosità e incongruenza delle dichiarazioni da lui rese.
Il teste ha riferito di aver avuto dal sig. l'incarico di accompagnare in auto la moglie a Parte_1 Terni da un ginecologo, ma di non aver mai saputo né il nominativo del medico, né l'indirizzo dell'ambulatorio e di aver lasciato la sig.ra a piazza Tacito, ignorando dove ella si fosse poi CP_1 diretta. Il teste ha poi dichiarato di avere atteso in auto che la sig.ra tornasse e di averla sentita CP_1 dire, parlando con l'amica che l'aveva accompagnata, che “non avrebbe potuto avere figli se non si fosse operata” (cfr. verbale di udienza del 27.9.2023).
Ora, appare singolare che il sig. nel chiedere al proprio dipendente di accompagnare da Todi a Pt_1
Terni la moglie, sprovvista di patente, non gli abbia fornito l'indirizzo esatto della destinazione;
altrettanto singolare appare che la sig.ra – che, in ipotesi, fin dalla celebrazione delle nozze CP_1 avrebbe dolosamente taciuto al coniuge la propria sterilità – ne abbia parlato apertamente in presenza di un dipendente del marito, invece di tenere la notizia riservata.
Deve poi osservarsi che la ricostruzione dei fatti fornita in citazione non è quella di una scoperta casuale, avvenuta tramite il sig. dal momento che il sig. nell'atto introduttivo Tes_1 Pt_1 afferma di aver scoperto della malformazione alle tube della moglie solo dopo averla sottoposta a visita specialistica in Italia (così a pag. 2 della citazione). Appare dunque prospettata una partecipazione attiva del sig. alla visita medica, che lascia presumere che egli abbia provveduto, se non ad Pt_1
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accompagnare la moglie, quantomeno a prenotare l'appuntamento dallo specialista (non comprendendosi altrimenti in cosa sarebbe consistita la titolarità dell'azione).
Deve dunque desumersi che l'attore sia stato a conoscenza del nominativo del ginecologo che formulò la diagnosi di malformazione delle tube, sicché appare singolare che egli non abbia citato quale testimone detto specialista, ben informato dei fatti, ed abbia invece chiamato a deporre il suo dipendente che aveva solo fatto da autista ed aveva appreso dell'esito della visita del tutto Tes_1 accidentalmente.
Appare poi irragionevole che, a fronte di una tale scoperta, il marito – che pure adduce di aver attribuito importanza fondamentale alla capacità di procreazione della moglie – non abbia chiesto di parlare con il medico per verificare l'esistenza di cure attraverso le quali superare la problematica riscontrata o non abbia proposto alla moglie di sentire un secondo parere, rivolgendosi a un altro ginecologo.
Né può ipotizzarsi che il marito abbia omesso tali ulteriori accertamenti in quanto convinto di un comportamento fraudolento della moglie, e ciò non solo perché non sono mai stati allegati gli elementi in base ai quali avrebbe dovuto dedurre che ella fosse a conoscenza di tale problematica di salute già da prima di effettuare la visita ginecologica nel dicembre 2019;
ma anche perché, laddove avesse effettivamente maturato una tale convinzione, non avrebbe certamente concluso con la moglie un accordo di separazione personale nel 2020, ma avrebbe subito introdotto il giudizio di annullamento.
In mancanza di documentazione medica anche solo meramente indicativa di un sospetto diagnostico e in assenza di un principio di prova circa la sussistenza della dedotta anomalia organica (principio di prova che non può essere rinvenuto nella deposizione del teste per le considerazioni svolte Tes_1 innanzi circa la sua inattendibilità e circa le incongruenze rispetto alla prospettazione di parte attrice) non può d'altronde ammettersi alcuna c.t.u. medico legale, la quale avrebbe natura meramente esplorativa.
Infine, anche a voler ipotizzare la sussistenza di un'anomalia alle tube ovariche, difetterebbe comunque il presupposto della rilevanza di tale problematica organica ai fini dello svolgimento della vita familiare, specie ove si tenga conto che l'asserita condizione di impotenza non si prospettava come definitiva. Depongono in tal senso non solo le massime di esperienza circa i progressi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita e i risultati attraverso di esse raggiunti, ma anche le dichiarazioni testimoniali secondo cui sarebbe stata prospettata già dal medico di Terni la possibilità di superare l'impedimento al concepimento ricorrendo a un intervento chirurgico.
In conclusione, la domanda appare palesemente infondata.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo sulla base dei parametri di cui al d.m. 147/2022 (controversie di valore indeterminabile, complessità bassa;
tutte le fasi a valori medi). Stante la dichiarazione di antistatarietà contenuta nelle conclusioni, deve disporsi la distrazione delle spese di lite in favore delle avvocate A L N e C T.
Merita poi accoglimento la domanda di responsabilità aggravata proposta dalla resistente, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., deducendo un danno da lesione alla propria onorabilità per essere stata accusata di aver nascosto al marito la propria incapacità di procreare.
Al riguardo si osserva che il sig. ha certamente agito in giudizio con mala fede o quanto meno Pt_1 con colpa grave, introducendo un giudizio di annullamento del matrimonio per far valere irregolarità
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che neppure astrattamente avrebbero potuto comportare l'invalidità dell'atto e una presunta anomalia della moglie di cui certamente conosceva l'inesistenza. L'assoluta carenza di prova di tale ipotetica problematica di salute – valutata unitamente alla natura della vicenda, che involge aspetti intimi della vita matrimoniale e che ordinariamente provoca un attivo coinvolgimento del coniuge nella ricerca di approfondimenti diagnostici, prima, e di cure e rimedi, poi – induce infatti a ritenere che l'attore fosse ben consapevole dell'assenza delle anomalie organiche prospettate a fondamento della propria domanda di annullamento del vincolo coniugale.
All'accertamento della responsabilità aggravata del sig. consegue il risarcimento del Parte_1 danno non patrimoniale sofferto dalla convenuta per aver dovuto subire un giudizio fondato su CP_1 allegazioni fortemente lesive del suo onore e della sua reputazione.
Ed infatti la prospettazione di un volontario occultamento da parte della moglie di circostanza (relativa alla sua incapacità di procreare) che ove conosciuta avrebbe indotto il marito a non contrarre matrimonio, si risolve nell'attribuzione alla convenuta di una condotta fraudolenta e certamente biasimevole. Non vi è dubbio, infatti, che la generalità delle persone emette una ferma condanna morale nei riguardi di un comportamento ingannevole finalizzato a far cadere in errore lo sposo inducendolo a contrarre un matrimonio che altrimenti non avrebbe voluto.
Accertata dunque l'esistenza del danno in forza di un ragionamento presuntivo, fondato su massime di esperienza, per la quantificazione del pregiudizio non patrimoniale sofferto dalla sig.ra deve CP_1 farsi applicazione del criterio equitativo, che consente di determinare il danno sofferto nella misura di €
2.500,00 a valori attuali.
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