Trib. Catania, decreto 09/03/2025
TRIB Catania
Decreto
9 marzo 2025
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Sul provvedimento
Testo completo
N. R.G. 87/2023
TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Immigrazione
Il Tribunale di Catania composto dai magistrati
Dott. Luca Perilli Presidente
Dott. Rosario Maria Annibale Cupri Giudice
Dott.ssa Stefania Muratore Giudice rel.-est. riunito in camera di consiglio;
all'esito della scadenza del termine per note ex art. 127ter c.p.c. del 28/01/2025;
OSSERVA
I. Con ricorso ex art. 35bis d. lgs. 25/2008, depositato in data 03/01/2023, Agbor Etta, nata a
Douala, in Camerun, il 07/08/1988, ha impugnato il provvedimento dalla Commissione
Territoriale di Siracusa per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, adottato il
24/10/2022 e notificato alla ricorrente in data 05/12/2022, chiedendo, in via principale, di riconoscere il proprio diritto al riconoscimento dello status di rifugiato o, in via subordinata, della protezione sussidiaria ai sensi degli artt. 14 e 17 D.lgs. 251/07.
La Commissione Territoriale ha trasmesso gli atti della procedura amministrativa.
Il P.M. ha espresso parere contrario all'accoglimento del ricorso.
La causa è stata istruita documentalmente.
Ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., è stato concesso alle parti termine perentorio fino al 28/01/2025 per il deposito di note in sostituzione dell'udienza.
Parte ricorrente ha depositato note scritte in data 27/01/2025, con cui ha insistito in ricorso, prodotto documenti attinenti allo stato di tutela dei diritti umani in Camerun e chiesto che la causa venisse posta in decisione.
II. Nel corso dell'audizione personale del 16/09/2022, svoltasi innanzi alla competente
Commissione Territoriale in lingua dei segni americana, la ricorrente ha dichiarato di essere cittadina del Camerun;
di essere nata a [...] e di aver ivi vissuto insieme alla famiglia fino alla sua partenza dal Paese;
di avere la famiglia di origine composta dal padre, deceduto, dalla madre e da un fratello minore con i quali è in contatto;
di professare la religione cristiana;
di aver studiato in Camerun per sette anni e di aver lavorato facendo le treccine;
di non essere in
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possesso di documenti;
di avere una figlia, nata tre settimane prima dell'audizione; di avere un compagno, anch'egli sordomuto, con cui intrattiene una relazione da 13 anni e con il quale ha lasciato il Paese di origine nel 2020; di essere ritornata in Camerun nell'aprile del 2020, dopo alcuni mesi di permanenza in Nigeria, per assistere al funerale del padre;
di aver nuovamente lasciato il Paese d'origine e di aver vissuto per alcuni mesi in Nigeria, ove ha avuto un aborto, poi in Algeria e, per un anno, in Tunisia;
di aver dunque intrapreso il viaggio per l'Italia, ove è giunta nell'aprile del 2022; di essere ospite, insieme al compagno e alla figlia, in un piccolo centro d'accoglienza.
In riferimento alle ragioni che la hanno indotta a lasciare il Paese, la ricorrente ha dichiarato:
“Ho voluto lasciare il Camerun con mio marito perché non ce la facevo più. Stavo male con la mia famiglia, stavo male a casa mia. Per tutta la mia vita mi hanno urlato contro, mi hanno isolata e messo all'angolo, mi sentivo emarginata. Mio padre mi picchiava, sin da quando ero piccola, non ha mai accettato la mia sordità. lo volevo allontanarmi il più possibile da lui, per lui ormai ero un peso e non mi considerava nemmeno più come sua figlia. Ho sofferto molto. Io, infatti, ho sempre voluto stare con una persona non udente come me, che potesse capirmi, con cui potere comunicare, a nostro modo. Ho tanti brutti ricordi legati a mio padre, tanti brutti pensieri che mi fanno ancora male al cuore”.
Per quanto concerne il rapporto con la famiglia e, in particolare, con il padre, ha dichiarato altresì: […] quando ero piccola, avevo 5 anni circa, mio padre mi faceva sforzare, voleva che io parlassi a tutti i costi. Io ero sorda e non riuscivo a parlare ma loro continuavano a rivolgersi a me, pensavano che io fossi stupida, mio padre mi picchiava. Mio padre mi ha fatto anche fare delle analisi, mi hanno dato delle medicine, non ho mai capito cosa fossero. Forse volevano che io tornassi a sentire ma non ha funzionato, continuavano a pretendere che io li sentissi e che parlassi, mi facevano sforzare”.
“Non avevo un buon rapporto con mio padre: è stato spesso violento, a volte picchiava anche mia madre […]. Io ho sempre avuto molta paura di mio padre.”
In ordine al rischio cui sarebbe esposta in caso di rientro in Camerun, la ricorrente ha dichiarato: “Non voglio tornare in Camerun, non voglio tornare a vivere la vita che ho vissuto. Sono stata male in Camerun”; “In Camerun noi sordi siamo sempre messi in un angolo, isolati. […] Il mio problema più grosso è il ricordo di quello che ho subito con mio padre, per me è un trauma. È difficile per noi sordi vivere lì, si
è spesso isolati, senza amici, costretti a vivere con le persone che ti parlano pretendendo che tu capisca. Io non voglio vivere così.”
La Commissione Territoriale ha rigettato la domanda di protezione internazionale, avendo la richiedente dichiarato di aver lasciato il Paese di origine esclusivamente al fine di migliorare le
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proprie condizioni di vita, non ricorrendo, dunque, alcuno dei motivi di riconoscimento della protezione medesima, né un timore di persecuzione ai sensi dell'art. 1A della Convenzione di
Ginevra del 1951. La Commissione ha, altresì, ritenuto che non ricorresse un rischio di danno grave ai sensi 14, lett. a) e b) D.lgs. 251/2007, né ai sensi della lett. c), D.lgs. citato, non essendo segnalate situazioni di conflitto o violenza generalizzata nella zona di provenienza dell'istante.
La Commissione ha, infine, ravvisato i presupposti per la trasmissione degli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell'art. 32, comma 3, del d. lgs. n. 25/2008, tenuto conto delle ridotte possibilità di accesso ai servizi essenziali in
Camerun per le persone con disabilità e della convivenza della richiedente, in Italia, con il compagno e la figlia minore.
La richiedente ha proposto ricorso avverso il provvedimento di diniego della Commissione, ritenuto illegittimo nella parte in cui non ha tenuto in considerazione, ai fini del riconoscimento dello status di protezione internazionale o della protezione sussidiaria, della situazione di conflitto armato interno e di violazione dei diritti umani che interessa le regioni anglofone del nord-ovest e del sud-ovest del Camerun e, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, della discriminazione linguistica in atto, in quelle regioni, ai danni della minoranza anglofona.
III. Ciò premesso in fatto, il ricorso è infondato, non sussistendo nel caso di specie i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, per le ragioni che di seguito si esporranno.
III.
1. L'art. 2, lett. e), del D. Lgs. n. 251/2007 definisce “rifugiato” il “cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o,
a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all'articolo 10”.
L'art. 7 specifica che gli “atti di persecuzione” devono essere sufficientemente gravi, per la loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali e possono, in via esemplificativa, essere costituiti da atti di violenza fisica e psichica (anche sessuale), provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziali discriminatori per la loro natura o per le modalità di applicazione;
azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;
rifiuto dei mezzi di tutela giuridica;
azioni giudiziarie in conseguenza di
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rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto quando questo possa comportare la commissione di crimini;
atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l'infanzia.
A sua volta, l'art. 5 chiarisce che responsabili di tali atti possono essere tanto lo Stato che partiti o organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, oppure soggetti non statuali, se i primi o le organizzazioni internazionali non possono o non voglio fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi.
Alla luce della superiore normativa si ricava che requisito essenziale per il riconoscimento dello
“status” di rifugiato è il
TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Immigrazione
Il Tribunale di Catania composto dai magistrati
Dott. Luca Perilli Presidente
Dott. Rosario Maria Annibale Cupri Giudice
Dott.ssa Stefania Muratore Giudice rel.-est. riunito in camera di consiglio;
all'esito della scadenza del termine per note ex art. 127ter c.p.c. del 28/01/2025;
OSSERVA
I. Con ricorso ex art. 35bis d. lgs. 25/2008, depositato in data 03/01/2023, Agbor Etta, nata a
Douala, in Camerun, il 07/08/1988, ha impugnato il provvedimento dalla Commissione
Territoriale di Siracusa per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, adottato il
24/10/2022 e notificato alla ricorrente in data 05/12/2022, chiedendo, in via principale, di riconoscere il proprio diritto al riconoscimento dello status di rifugiato o, in via subordinata, della protezione sussidiaria ai sensi degli artt. 14 e 17 D.lgs. 251/07.
La Commissione Territoriale ha trasmesso gli atti della procedura amministrativa.
Il P.M. ha espresso parere contrario all'accoglimento del ricorso.
La causa è stata istruita documentalmente.
Ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., è stato concesso alle parti termine perentorio fino al 28/01/2025 per il deposito di note in sostituzione dell'udienza.
Parte ricorrente ha depositato note scritte in data 27/01/2025, con cui ha insistito in ricorso, prodotto documenti attinenti allo stato di tutela dei diritti umani in Camerun e chiesto che la causa venisse posta in decisione.
II. Nel corso dell'audizione personale del 16/09/2022, svoltasi innanzi alla competente
Commissione Territoriale in lingua dei segni americana, la ricorrente ha dichiarato di essere cittadina del Camerun;
di essere nata a [...] e di aver ivi vissuto insieme alla famiglia fino alla sua partenza dal Paese;
di avere la famiglia di origine composta dal padre, deceduto, dalla madre e da un fratello minore con i quali è in contatto;
di professare la religione cristiana;
di aver studiato in Camerun per sette anni e di aver lavorato facendo le treccine;
di non essere in
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possesso di documenti;
di avere una figlia, nata tre settimane prima dell'audizione; di avere un compagno, anch'egli sordomuto, con cui intrattiene una relazione da 13 anni e con il quale ha lasciato il Paese di origine nel 2020; di essere ritornata in Camerun nell'aprile del 2020, dopo alcuni mesi di permanenza in Nigeria, per assistere al funerale del padre;
di aver nuovamente lasciato il Paese d'origine e di aver vissuto per alcuni mesi in Nigeria, ove ha avuto un aborto, poi in Algeria e, per un anno, in Tunisia;
di aver dunque intrapreso il viaggio per l'Italia, ove è giunta nell'aprile del 2022; di essere ospite, insieme al compagno e alla figlia, in un piccolo centro d'accoglienza.
In riferimento alle ragioni che la hanno indotta a lasciare il Paese, la ricorrente ha dichiarato:
“Ho voluto lasciare il Camerun con mio marito perché non ce la facevo più. Stavo male con la mia famiglia, stavo male a casa mia. Per tutta la mia vita mi hanno urlato contro, mi hanno isolata e messo all'angolo, mi sentivo emarginata. Mio padre mi picchiava, sin da quando ero piccola, non ha mai accettato la mia sordità. lo volevo allontanarmi il più possibile da lui, per lui ormai ero un peso e non mi considerava nemmeno più come sua figlia. Ho sofferto molto. Io, infatti, ho sempre voluto stare con una persona non udente come me, che potesse capirmi, con cui potere comunicare, a nostro modo. Ho tanti brutti ricordi legati a mio padre, tanti brutti pensieri che mi fanno ancora male al cuore”.
Per quanto concerne il rapporto con la famiglia e, in particolare, con il padre, ha dichiarato altresì: […] quando ero piccola, avevo 5 anni circa, mio padre mi faceva sforzare, voleva che io parlassi a tutti i costi. Io ero sorda e non riuscivo a parlare ma loro continuavano a rivolgersi a me, pensavano che io fossi stupida, mio padre mi picchiava. Mio padre mi ha fatto anche fare delle analisi, mi hanno dato delle medicine, non ho mai capito cosa fossero. Forse volevano che io tornassi a sentire ma non ha funzionato, continuavano a pretendere che io li sentissi e che parlassi, mi facevano sforzare”.
“Non avevo un buon rapporto con mio padre: è stato spesso violento, a volte picchiava anche mia madre […]. Io ho sempre avuto molta paura di mio padre.”
In ordine al rischio cui sarebbe esposta in caso di rientro in Camerun, la ricorrente ha dichiarato: “Non voglio tornare in Camerun, non voglio tornare a vivere la vita che ho vissuto. Sono stata male in Camerun”; “In Camerun noi sordi siamo sempre messi in un angolo, isolati. […] Il mio problema più grosso è il ricordo di quello che ho subito con mio padre, per me è un trauma. È difficile per noi sordi vivere lì, si
è spesso isolati, senza amici, costretti a vivere con le persone che ti parlano pretendendo che tu capisca. Io non voglio vivere così.”
La Commissione Territoriale ha rigettato la domanda di protezione internazionale, avendo la richiedente dichiarato di aver lasciato il Paese di origine esclusivamente al fine di migliorare le
Pagina 2
proprie condizioni di vita, non ricorrendo, dunque, alcuno dei motivi di riconoscimento della protezione medesima, né un timore di persecuzione ai sensi dell'art. 1A della Convenzione di
Ginevra del 1951. La Commissione ha, altresì, ritenuto che non ricorresse un rischio di danno grave ai sensi 14, lett. a) e b) D.lgs. 251/2007, né ai sensi della lett. c), D.lgs. citato, non essendo segnalate situazioni di conflitto o violenza generalizzata nella zona di provenienza dell'istante.
La Commissione ha, infine, ravvisato i presupposti per la trasmissione degli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell'art. 32, comma 3, del d. lgs. n. 25/2008, tenuto conto delle ridotte possibilità di accesso ai servizi essenziali in
Camerun per le persone con disabilità e della convivenza della richiedente, in Italia, con il compagno e la figlia minore.
La richiedente ha proposto ricorso avverso il provvedimento di diniego della Commissione, ritenuto illegittimo nella parte in cui non ha tenuto in considerazione, ai fini del riconoscimento dello status di protezione internazionale o della protezione sussidiaria, della situazione di conflitto armato interno e di violazione dei diritti umani che interessa le regioni anglofone del nord-ovest e del sud-ovest del Camerun e, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, della discriminazione linguistica in atto, in quelle regioni, ai danni della minoranza anglofona.
III. Ciò premesso in fatto, il ricorso è infondato, non sussistendo nel caso di specie i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, per le ragioni che di seguito si esporranno.
III.
1. L'art. 2, lett. e), del D. Lgs. n. 251/2007 definisce “rifugiato” il “cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o,
a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all'articolo 10”.
L'art. 7 specifica che gli “atti di persecuzione” devono essere sufficientemente gravi, per la loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali e possono, in via esemplificativa, essere costituiti da atti di violenza fisica e psichica (anche sessuale), provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziali discriminatori per la loro natura o per le modalità di applicazione;
azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;
rifiuto dei mezzi di tutela giuridica;
azioni giudiziarie in conseguenza di
Pagina 3
rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto quando questo possa comportare la commissione di crimini;
atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l'infanzia.
A sua volta, l'art. 5 chiarisce che responsabili di tali atti possono essere tanto lo Stato che partiti o organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, oppure soggetti non statuali, se i primi o le organizzazioni internazionali non possono o non voglio fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi.
Alla luce della superiore normativa si ricava che requisito essenziale per il riconoscimento dello
“status” di rifugiato è il
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