Trib. Messina, sentenza 27/09/2024, n. 1732

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Messina, sentenza 27/09/2024, n. 1732
Giurisdizione : Trib. Messina
Numero : 1732
Data del deposito : 27 settembre 2024

Testo completo


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MESSINA
– Sezione Lavoro – in persona del giudice unico Valeria Totaro ha pronunciato, in esito al deposito di note scritte, la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 3046/2020 r.g. e vertente
tra
(c.f. , elettivamente domiciliato in Messina presso lo studio Parte_1 C.F._1 dell'avv. Antonino Pellicanò che lo rappresenta e difende per procura in atti,
ricorrente
e
(p.i. Controparte_1
), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Messina e ivi elettivamente P.IVA_1
domiciliata presso la medesima sede aziendale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Giordano,
Concetta Conti e Simona Della Cava del ruolo professionale per procura in atti,
resistente
e nei confronti di
(c.f. ), in persona del legale rappresentante Controparte_2 P.IVA_2
pro tempore, con sede in Messina e ivi elettivamente domiciliata presso la stessa sede, rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Domenico Donato, Daniele Russo e Marianna
Ardizzone dell'Ufficio Legale dell' per procura in atti, CP_3
chiamato in causa
oggetto: impiego pubblico privatizzato – equiparazione economica ospedaliera.
FATTO E DIRITTO
1.- Con ricorso depositato il 16 luglio 2020 riassumeva il giudizio (n. 8898/2009 r.g.) Parte_1
instaurato in data 17 dicembre 2009 innanzi a questo ufficio e conclusosi in primo grado con declaratoria di difetto di giurisdizione giusta sentenza n. 3440/2013, confermata dalla Corte d'appello di Messina con sentenza n. 826/2016;
esso era stato precedentemente riassunto dinanzi al AR Catania che però aveva sollevato d'ufficio conflitto negativo di giurisdizione, risolto in favore del G.O. dalle EZ UN della
Cassazione con ordinanza n. 8633/2020.
Ebbene, premesso di essere professore universitario ordinario di I fascia, titolare del corso di
CH , l'istante chiedeva Organizzazione_1
di accertare il proprio diritto alla corresponsione dell'indennità perequativa tra il trattamento economico universitario e quello ospedaliero per il periodo 1 ottobre 2003 – 30 giugno 2009, avendo regolarmente prestato attività assistenziale connessa con lo svolgimento dell'attività didattica;
per l'effetto chiedeva di disapplicare, perché illegittima ed errata, la determinazione del D.G. n. 5567 del 15 ottobre 2003 che gli aveva negato tale indennità, poi riconosciuta dal 1 luglio 2009, e la conseguente condanna dell'
[...]
al pagamento della somma di 37.613,46 euro, anche a Controparte_1
titolo risarcitorio, oltre interessi e rivalutazione ex art. 4219 c.p.c. e ulteriori interessi ex art. 1283 c.c., ovvero di quella maggiore o minore che sarà accertata nel corso del giudizio.
Nella resistenza dell' veniva ordinata l'integrazione del contraddittorio nei Controparte_1
confronti dell' , già evocata nelle precedenti fasi del giudizio dinanzi al Organizzazione_1
AR (quale controinteressata: v. pag. 6 del relativo ricorso in riassunzione) e alle EZ UN (quale resistente costituita), che spiegava domanda riconvenzionale chiedendo, in caso di soccombenza, di essere manlevata dall' CP_4
Quindi, sostituita l'udienza del 17 settembre 2024 dal deposito telematico di note scritte ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la causa viene decisa con adozione fuori udienza della sentenza.
2.- Si premette in fatto che il ricorrente a fondamento della domanda ha dedotto che con delibera n.
1187 del 25 settembre 2003 gli erano state affidate dall'Azienda la responsabilità e la gestione del programma infradipartimentale “tecniche innovative in psichiatria”, seppur subordinatamente allo svolgimento dell'attività assistenziale esclusiva ex art. 5, comma 7, d.lgs. n. 517/1999 e con esplicita avvertenza che la mancata sottoscrizione del contratto individuale di lavoro e della dichiarazione di rapporto esclusivo con essa sarebbe stata considerata quale atto di rinuncia all'incarico stesso. Precisava lo di non aver potuto accettare tale incarico, avendo egli optato per l'esercizio dell'attività libero Pt_1
professionale extramuraria, e lamentava che, a seguito della sua rinuncia, il direttore generale dell' CP_4
aveva disposto la cessazione nei suoi confronti dell'integrazione assistenziale fino ad allora corrispostagli, sull'errato presupposto che la mancata accettazione dell'incarico comportasse anche l'assenza di un rapporto lavorativo con l'Azienda e, dunque, il divieto per quest'ultima di erogare in suo favore ogni correlato trattamento economico. Ciò, asseriva il docente, in palese contrasto con le disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 d.lgs. n. 517/1999, nonché con le norme di cui al c.c.n.l. della dirigenza medica e veterinaria del
s.s.n.
Rilevava che solo a decorrere dal 1 luglio 2009 l' veva provveduto a riconoscergli l'attività CP_4
assistenziale svolta, con equiparazione al profilo professionale di dirigente medico ex l. n. 200/1974 e art.
31 d.P.R. n. 761/1979, ripristinando la relativa indennità perequativa, senza tuttavia provvedere alla corresponsione degli arretrati.
Va allora respinta l'eccezione preliminare sollevata dall' di inammissibilità della domanda CP_1
proposta in riassunzione per novità della stessa.
Dalla documentazione in atti risulta che con l'originario ricorso del 17 dicembre 2009 Parte_1
aveva chiesto di accertare e dichiarare l'illegittimità del provvedimento prot. n. 5567 del 15 ottobre 2003 con il quale l' ha interrotto il pagamento dell'indennità integrativa assistenziale con Controparte_5
decorrenza dal 1 ottobre 2003 e, per l'effetto, di condannarla al risarcimento del danno patrimoniale subito
a seguito della mancata corresponsione della stessa, da quantificarsi nella somma di 37.613,46 euro, oltre interessi e rivalutazione.
Trattasi, pertanto, di domanda – di accertamento e condanna al risarcimento del danno – sostanzialmente identica a quella avanzata sempre dinanzi alla sezione lavoro con il secondo ricorso in riassunzione, ove è stato riportato nelle premesse l'intero contenuto del primo atto introduttivo e quindi chiesto nelle conclusioni: - la declaratoria del diritto all'indennità perequativa per il periodo 1 ottobre 2003
– 1 luglio 2009 (conseguenza implicita della declaratoria di illegittimità della determina del 2003 che tale diritto aveva negato, oltre che presupposto del conseguente diritto al risarcimento del danno subito per la lesione dello stesso);
- la condanna dell' al pagamento del medesimo importo di 37.613,46 euro CP_1
“anche” a titolo risarcitorio.
Né può sostenersi che siano state chieste nel 2009 e nel 2020 due indennità diverse, posto che la stessa Corte d'appello precisava in sentenza che “oggetto del giudizio” fosse “il riconoscimento di … (c.d. indennità ) …”, il AR il riconoscimento “del diritto all'indennità perequativa” e la Cassazione Per_1
“il pagamento da parte dell' dell'indennità perequativa tra il Controparte_1
trattamento economico universitario e il trattamento economico ospedaliero …”. Non può quindi seriamente dubitarsi che l'indennità assistenziale integrativa indicata nelle conclusioni del ricorso del 2009 sia proprio l'indennità perequativa di cui all'art. 31 d.P.R. n. 761/1979 menzionata nel ricorso in riassunzione del 2020, disposizione peraltro ripetutamente richiamata anche nelle premesse del primo atto.
L'unica domanda nuova - laddove non la si intenda come mera emendatio, poiché fondata sul medesimo fatto costitutivo (l'inadempimento datoriale) - è allora quella di condanna al pagamento della somma quale adempimento in forma specifica.
3.- Ciò posto, dovendosi avere riguardo quale “momento della proposizione della domanda”, ex art.
5 c.p.c.
, all'anno 2009, difetta in questa controversia la giurisdizione della Corte dei Conti, contrariamente
a quanto eccepito dall'Università sull'assunto che il ricorrente si trova ormai in quiescenza dal 2021 e quindi in considerazione della possibile rilevanza delle pretese anche ai fini pensionistici.
4.- Va del pari respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da entrambe le convenute.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità – ampiamente condiviso da questo ufficio – il personale universitario “strutturato” nel Servizio sanitario nazionale, pur trovandosi in rapporto di impiego con l'Università, è in rapporto di servizio con l'Azienda ospedaliera;
mentre infatti sul piano materiale l'attività sanitaria è convogliata in un modello aziendale unico, individuato nell'azienda ospedaliera universitaria, la gestione anche finanziaria è rimessa alla e all'Università, Pt_2
con la conseguenza che la soluzione delle questioni giuridiche ed economiche fa necessariamente capo ad entrambi i soggetti pubblici (v. ex multis Cass. nn. 30603/2021, 31047/2021, 22984/2020 e 15061/2015).
Si realizza, cioè, nella specie una vera e propria cogestione entro l'assetto organizzativo delineato dal
D.lgs. n. 517/1999 in base alla quale il rapporto dedotto in giudizio è da ascrivere, dal lato passivo, all' in virtù della pacifica veste di datrice di lavoro dell'istante e all'Azienda che si è avvalsa Org_1
delle sue prestazioni e conseguentemente ha provveduto a corrispondergli la retribuzione integrativa (v.
Trib. Messina n. 310/2023, n. 311/2019, n. 1571/2009 e n. 1740/2007;
Cass. n. 5325/2014, S.U. n.
9279/2016 e n. 8521/2012).
5.- Nel merito, occorre anzitutto richiamare la disciplina applicabile alla fattispecie in esame.
La remunerazione dell'attività assistenziale prestata dal professore universitario presso strutture ospedaliere convenzionate con il polo didattico di riferimento ha trovato per lungo tempo la propria disciplina nell'art. 31 d.p.r. 761/1979, a norma del quale “al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unità sanitarie locali, anche se gestiti direttamente dalle università, è corrisposta una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella misura occorrente per
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