Trib. Reggio Calabria, sentenza 21/03/2024, n. 393
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
I SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, composto dai sigg.ri Magistrati
Giuseppe Campagna Presidente
Francesca Rosaria Plutino Giudice
Elena Manuela Aurora Luppino Giudice rel.
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 1821 generale per gli affari contenziosi dell'anno
2012 ritenuta in decisione su conclusioni precisate all'udienza del 20.09.2023 e decisa, alla scadenza dei termini ex art. 281 quinquies, c. 1, c.p.c., vertente
TRA
NÀ NC SR (C.F. 02002610802), in persona del legale rappresentante p.t.,
NC NÀ (C.F. [...]), IM LE (C.F.
[...]), elettivamente domiciliati in VIA BRUNO BUOZZI N. 4 -
REGGIO DI CALABRIA, presso lo studio dell'avv. Natale Polimeni e rappresentati e difesi dagli avv.ti GUERRERA FABRIZIO e LATELLA DARIO, per procura in foglio allegato al fascicolo di parte
ATTORI OPPONENTI
e
INTESA SAN PAOLO SPA (C.F. 00799960158) - già BANCO DI NAPOLI SPA, in persona della procuratrice speciale Avv. Monia Tucci della mandataria Intrum Italy SP, elettivamente domiciliata in Reggio Calabria, VIA FIORENTINO, 5/E, presso lo studio
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dell'avv. PAGANI FRANCESCO, che la rappresenta e difende per procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore del 17.09.2019;
CONVENUTA OPPOSTA
Con l'intervento della Procura della Repubblica.
OGGETTO: Opposizione a decreto ingiuntivo - Querela di falso.
CONCLUSIONI: come da verbale in atti.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
Con ricorso, depositato in data 29/12/2011, BANCO DI NAPOLI SPA, chiedeva a questo
Tribunale di ingiungere alla NÀ NC SR, a NÀ NZ ed a RE
CO, in solido tra loro, il pagamento della somma di € 5.757.675,40, oltre interessi di mora al tasso legale dall'11.02.2011 sulla somma di € 124.069,77 e dall'01.01.2011 sulla restante somma sino al soddisfo, di cui € 124.069,77 per le rate scadute e relativi interessi moratori maturati alla data del 10.02.2011 di un finanziamento di originari € 500.000,00 concesso alla società in data 12.07.2007 e garantito dai fideiussori NÀ NZ e RE CO, €
2.230.856,14 per la sorte capitale, gli interessi di mora e le spese maturati alla data del
31.12.2010 di n. 39 finanziamenti all'importazione concessi alla società, € 2.028.519,24 a titolo di saldo debitore del c/c n. 1000/6382 intestato alla società, € 867.267,59 a titolo di sorte capitale, interessi di mora e spese alla data del 31.12.2010 per n. 35 operazioni di finanziamento con anticipo di fatture concessi alla società, € 163.819,59 per la sorte capitale, gli interessi di mora e le spese maturati alla data del 31.12.2010 per n. 3 operazioni di finanziamento con anticipo di fatture export concessi alla società, € 343.143,07 a titolo di saldo debitore alla data del 31.12.2010 del conto corrente n. 1000/5117.
Il Tribunale accoglieva il ricorso ed emetteva il decreto ingiuntivo n. 294/2012, depositato il
09.03.2012.
Con atto di citazione, notificato il 18.05.2012, i tre ingiunti hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo sulla scorta di una serie di motivi.
Anzitutto hanno lamentato l'illegittimità delle operazioni in derivati ove la banca aveva agito in conto proprio, così impedendo l'applicazione della rigida disciplina del Regolamento Consob
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n. 11522/98 e ponendo in essere un'attività non qualificabile in termini di intermediazione, come tale non meritevole di essere remunerata.
In particolare, agli inizi del 2005 la società era stata contattata dalla banca per operare in strumenti finanziari finalizzati alla copertura del rischio di cambio, cui la stessa era esposta, a dire della banca. Nell'arco di tre anni erano state effettuate circa 500 operazioni di tipo forward
e 900 operazioni di tipo option con un nozionale complessivo di quattro miliardi di lire.
Il NÀ ha però dichiarato di disconoscere le sottoscrizioni poste a suo nome sui prodotti swap nonché su quelli option.
Ha poi rilevato che comunque tali operazioni non potevano qualificarsi a copertura del rischio di cambio, essendosi semmai rivelata una finalità speculativa gestita dai funzionari della banca in contrasto con gli obiettivi aziendali della società.
Di ciò si traeva conferma dalla circostanza per cui la liquidazione alla scadenza dei prodotti avveniva per differenziale, ossia senza la consegna materiale dell'importo dovuto in valuta estera.
Lo stesso era a dirsi per i Currency Swap, che avevano avuto come valute di riferimento il dollaro americano e lo Yen giapponese, con la precisazione che la società non aveva mai commerciato con il Giappone e quindi non aveva mai avuto bisogno di avere una copertura dal rischio su quel mercato. Invero, i prodotti con valuta Yen erano stati rinegoziati circa trenta volte senza procurare alcun vantaggio al cliente, bensì producendo una lievitazione delle commissioni spettanti alla banca.
L'attività sul cambio Euro/dollaro era invece stata composta da 39 Currency Swap rinegoziati ventitre volte, con la precisazione che i derivati attenevano a posizioni export nonostante
l'attività commerciale in valuta americana afferisse solo ad acquisti import.
Ha dedotto poi che per i Currency swap in entrambe le valute fossero individuabili tre fasi temporali. La prima fase - da marzo 2005 a marzo 2006 - è quella in cui la banca ha convinto la cliente ad investire sia in Currency swap che in Currency Forward, così incassando ingenti importi up-front. La società aveva incassato a novembre 2005 circa due milioni di euro senza però accorgersi di avere subito perdite per due milioni e mezzo di euro. La seconda fase - dalla
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primavera 2006 a metà 2007 - la società ha continuato ad operare in derivati, senza accorgersi che le operazioni ancora aperte presentassero un mark to market superiore ai due milioni di euro. In questo periodo la banca si è concentrata su due operazioni principali, lucrando ingenti commissioni. Le catene di Currency swap digitali create dalla banca avevano solo che peggiorato la posizione della cliente: il Currency Swap #102 aveva procurato una perdita di oltre due milioni di euro ed il Currency Swap #123 aveva cagionato una perdita di quasi un milione di euro. A metà del 2007 le perdite si aggiravano sui quattro milioni di euro.
La terza fase ha riguardato il rientro forzoso dalle posizioni senza tenere conto delle condizioni di mercato. In particolare, nel luglio 2007 la banca non ha finanziato più l'intero mark to market del Currency Swap #109 attraverso un nuovo derivato e, visto che l'importo up- front del Currency Swap #114 era di soli 900.000,00 euro, la parte restante era stata finanziata dalla banca mediante un mutuo Wide-no risk.
Nell'agosto 2007 la banca aveva acconsentito ad erogare un up-front dell'importo di euro
450.000,00 tramite un derivato, così generando un nuovo indebitamento della società.
La condotta tenuta dalla banca aveva danneggiato la cliente, in quanto l'aveva indotta a stipulare contratti ad altissima rischiosità e volatilità per poi indurla ad indebitarsi al fine di ripagare gli strumenti finanziari, il tutto lucrando commissioni.
L'avere poi deciso il blocco delle operazioni nel momento peggiore aveva massimizzato gli utili percepiti dalla banca.
Peraltro, la gran parte degli investimenti in derivati aveva avuto l'obiettivo di recuperare le perdite generatesi con i primi investimenti e quindi aveva avuto una funzione di finanziamento, i cui tassi di interesse dovevano considerarsi usurari.
Ne conseguiva che la società avesse subito un danno pari ad € 3.462.000,00, oltre interessi ed accessori.
Quanto ai sei conti correnti intrattenuti con la convenuta, ha rilevato di non avere mai sottoscritto le relative condizioni economiche, in quanto comunicate sempre successivamente alla loro applicazione. Dunque, sostituendo il tasso legale al tasso applicato ed escludendo
l'anatocismo risultava una differenza a favore della società di € 1.236.898,00.
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Hanno addotto altresì che è stato costantemente superato il tasso soglia.
Ne derivava che l'intera somma ingiunta non era dovuta e che semmai la banca era tenuta a risarcire alla società i danni subiti.
In merito alle garanzie fideiussorie prestate dal NÀ e dalla RE, questi ne hanno eccepito la nullità ai sensi dell'art. 1939 c.c. ed hanno disconosciuto le proprie sottoscrizioni apposte sul contratto di finanziamento e sulla relativa informativa.
Inoltre, le fideiussioni dovevano considerarsi estinte ex art. 1955 c.c., in quanto la banca aveva impedito la surrogazione dei fideiussori nei diritti verso il debitore principale ed anzi addirittura le stesse erano state rilasciate in presenza di un'insolvenza dichiarata del soggetto garantito.
Pertanto, le fideiussioni dovevano ritenersi nulle ovvero inefficaci.
In conclusione, hanno chiesto la revoca del decreto ingiuntivo ed, in via riconvenzionale, il risarcimento della somma di € 7.790.898,00, di cui € 5.790.898,00 a titolo di danno emergente ed € 2.000.000,00 a titolo di danno per la depressione delle capacità economico-finanziarie della società.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 29.10.2012, si costituiva Banco di Napoli
SP, chiedendo il rigetto dell'avversa opposizione, la conferma del decreto ingiuntivo ed il rigetto dell'avversa domanda riconvenzionale.
In primo luogo, ha evidenziato che le fideiussioni prestate dai coniugi RE-NÀ dovessero qualificarsi in termini di contratti autonomi di garanzia, contenendo gli stessi la clausola cd. a prima richiesta, sicchè gli stessi non potevano esimersi dal pagamento della somma ingiunta.
Ed anche laddove i contratti avessero dovuto ritenersi fideiussioni con patti in deroga comunque gli attori erano vincolati dalla garanzia, in quanto l'unico limite imposto dalla legge era la non eccedenza rispetto a quanto dovuto dal debitore principale.
Ha eccepito, in secondo luogo, la decadenza dall'impugnazione degli e/c.
Ancora ha rilevato che solo una minima parte dell'esposizione debitoria azionata riguardava investimenti in
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