Corte d'Appello Bologna, sentenza 02/07/2024, n. 1457

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Bologna, sentenza 02/07/2024, n. 1457
Giurisdizione : Corte d'Appello Bologna
Numero : 1457
Data del deposito : 2 luglio 2024

Testo completo

N. R.G. 2152/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
1 SEZIONE CIVILE
La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati: dott. P M Presidente dott. R L R Consigliere dott. M E T Consigliere Ausiliario Relatore
Riunita in Camera di Consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. R.G. 2152/2020, assunta in decisione nella Camera di Consiglio del 21 giugno 2022
TRA
(C.F. ), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Parte_1 P.IVA_1
Distrettuale dello Stato (ads80068910373) ed elettivamente domiciliato presso i suoi uffici in Bologna,
Via Alfredo Testoni n° 6
APPELLANTE
E
(C.F. ), rappresentato e difeso dall'avv. P G CP_1 C.F._1
) e dall'avv. F M ) ed elettivamente C.F._2 C.F._3
domiciliato presso lo studio del secondo in Bologna, via Farini n. 37
APPELLATO in punto a: appello ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. del Tribunale di Bologna del 30/11/2020, resa nel procedimento
R.G. n. 9110/2020, pubblicata il 01/12/2020 e comunicata in pari data;
oggetto: protezione internazionale.
CONCLUSIONI
Le parti hanno precisato come da note di trattazione scritta ritualmente depositate, riportandosi alle conclusioni dei rispettivi atti introduttivi. pagina 1 di 13
Con l'intervento del Procuratore Generale che ha concluso per “l'accoglimento del gravame proposto dal , condividendone le ragioni.” Parte_1
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 28/07/2020, il signor , nato il 25.04.1965 a Valona CP_1
(Albania), unitamente alla moglie impugnava sia il provvedimento della Parte_2
Questura di Bologna emesso il 9.03.2020 e notificatogli in data 02.07.2020, con il quale la medesima
Autorità aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari in quanto coniuge di
cittadina italiana, così come ogni altro provvedimento presupposto, connesso e conseguente a detto decreto, ed in particolare il decreto del Prefetto di Bologna in data 2.07.2020, notificato in pari data, di espulsione dal territorio nazionale del ricorrente.
La Questura della Provincia di Bologna aveva verificato dagli accertamenti esperiti sullo straniero che:
- in data 02/10/2007 era stato condannato con sentenza del Tribunale di CP_1
Torino alla pena di anni 2 di reclusione e multa di euro 3.000,00 per i reati di cui all'art. 73, comma 1 bis DPR 309/1990, all'art. 337 c.p., e all'art.187, comma 1, D.L. 285/1993;

- in data 19/01/2010 era stato condannato con sentenza del Tribunale Ravenna alla pena di anni 4
e mesi 8 di reclusione e multa di euro 20.000,00, per i reati di cui all'art. 73 comma 1 bis DPR
309/1990, art. 2 L. 895 del 02/10/1967 e all'art. 497 bis c.p.;

- in data 05/03/2010 era stato ancora condannato con decreto penale emesso dal GIP del
Tribunale di Torino alla pena di giorni 5 di arresto e 200,00 euro di ammenda per il reato di cui all'art. 187 D.Lgs. n. 285/1992;

- in data 30/06/2011 era stato emesso dal Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale di
Ravenna provvedimento di cumulo delle pene inflitte con provvedimenti del 02/10/2007 e del
19/01/2010, alla pena di anni 5, mesi 5, gg. 24 di reclusione e multa di euro 23,000,00;

- in data 04/07/2011 era stato condannato con sentenza del Tribunale di Torino – Sez. Distaccata di Chivasso, alla pena di mesi 4 di reclusione per il reato di cui all'art. 483 c.p.;

- in data 30/03/2012 era stato emesso dal Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale di Torino provvedimento di cumulo delle pene inflitte con provvedimenti del 30/06/2011 e del
04/07/2011, alla pena di anni 5, mesi 9, gg. 24 di reclusione e multa di euro 23,000,00;

- in data 07/03/2013 era stato condannato con sentenza della Corte d'Appello di Bologna alla pena di anni 6 di reclusione e multa di euro 30.000,00 per il reato di cui all'art. 73 comma 1 bis
DPR 309/1990;

- in data 10/06/2013 era stato emesso dal Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale di Forlì provvedimento di cumulo delle pene inflitte con provvedimenti del 30/03/2012 e del
pagina 2 di 13
07/03/2013, alla pena di anni 11, mesi 9, gg. 24 di reclusione e multa di euro 53,000,00;

- in data 11/04/2014 era stata emessa dal Tribunale di Forlì ordinanza applicazione della disciplina del reato continuato in riferimento ai reati dei provvedimenti del 02/10/2007
(Tribunale di Torino) e del 19/01/2010 (Tribunale di Ravenna) alla pena di anni 4 mesi 11 di reclusione e multa di euro 20.500,00.
La Questura motivava il diniego al rinnovo del permesso di soggiorno rappresentando che “la tipologia dei reati commessi, di grave allarme sociale (con particolare riguardo al disvalore della
condotta offensiva del bene giuridico tutelato dal nostro ordinamento – ovvero quello della salute collettiva, della tutela delle giovani generazioni ma anche della sicurezza e dell'ordine pubblico), evidenzia come il predetto “non ha saputo acquisire quella consapevolezza del dover vivere nel rispetto delle leggi del Paese ospitante” circostanza che esclude a priori una fattiva integrazione sociale (vedasi un tal senso T.A.R Emilia Romagna 2° sez. n. 850/14). Inoltre, pur convivendo con la moglie cittadina italiana con la quale si è unito in matrimonio in data 07.10.2018 ed invocando (solo in virtù di tale condizione) il rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 19 c. 2 lett. c
286/98, si ritiene che l'interesse primario alla tutela della sicurezza comune e dell'ordine pubblico prevalga sull'interesse al legame familiare dell'istante con il familiare cittadino italiano, in considerazione delle condanne plurime, per illeciti inerenti allo spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti, sanzionati dall'art. 73 della legge 390/90, nonché per la sussistenza di elementi sintomatici di pericolosità sociale (vedasi per casi analoghi Sent. Cons. Stato Sez. III, nr 3391 del
04.07.2014)”.
Concludeva pertanto la Questura per un giudizio di pericolosità del richiedente a motivo della particolare gravità dei reati commessi e reiterati nel tempo.
Il ricorrente censurava il provvedimento impugnato, lamentando violazione di legge per insussistenza delle eccezioni ragioni di pericolosità necessarie a giustificare, ex artt. 19 comma 2 lett. c) e 13 comma
1 D.Lgs. 286/98
, il rifiuto del permesso di soggiorno nei confronti del parente entro il secondo grado o del coniuge convivente di cittadino italiano ed il suo allontanamento in quanto l'art. 19, comma 2, lett.
c) D.Lgs. 286/98
offre una tutela rafforzata alla posizione giuridica rivestita dallo stretto congiunto di cittadino italiano, rispetto a quella attribuita al familiare di cittadino straniero o comunitario (tanto in sede di primo rilascio del permesso richiesto a tale titolo, quanto per i successivi rinnovi) sicché il diritto al soggiorno del cittadino straniero può essere compromesso, con determinazione del Ministro, solo per motivi di pericolosità di eccezionale gravità, ex art. 13 comma 1 D.Lgs. 286/98, e non anche se ricorrono elementi pur rilevanti ai fini della valutazione di pericolosità sociale ex art. 1 D.Lgs.
159/2011
, che è richiamato unicamente dall'art. 13 comma 2 lett. c) D.Lgs. 286/98.
pagina 3 di 13
Parte ricorrente deduceva ancora violazione dell'art. 8 CEDU, degli artt. 2 e 29 Cost. e dell'art. 20, commi 4 e 5, D.Lgs. 30/2007, od anche del solo art. 5 comma 5 D.Lgs. 286/98, per la violazione del principio di proporzionalità e per la mancata effettiva valutazione delle attuali e concrete circostanze del caso, non sussistendo motivi di “pericolosità sociale” tali da giustificare il diniego del titolo di soggiorno per motivi di unità familiare con conseguente eccesso di potere per inadeguato bilanciamento degli interessi effettivamente coinvolti. Lamentava pertanto che il diniego del permesso di soggiorno richiesto da , e il conseguente disposto allontanamento, non fossero CP_1
stati motivati sulla base di un articolato e approfondito giudizio, ancorato ai consueti parametri della oggettività, concretezza ed attualità, avendo l'Amministrazione del tutto omesso di formulare un giudizio che tenesse conto della durata del soggiorno in Italia dell'interessato, della sua età, della sua situazione familiare e economica, del suo stato di salute, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell'importanza dei suoi legami con il Paese di origine. Il ricorrente evidenziava che le vicende per cui erano intervenute le diverse condanne erano sensibilmente remote e risalenti al
2012 e non apparivano connotate da una gravità tale da giustificare, nel complesso delle concrete e attuali circostanze del caso, l'allontanamento del cittadino straniero interessato e la conseguente disgregazione del suo nucleo familiare, avendo mutato radicalmente la propria CP_1
condotta di vita, intraprendendo un percorso rieducativo e riabilitativo, anche grazie alla rete di positive relazioni ed amicizie che egli aveva saputo creare.
Concludeva la difesa dello straniero chiedendo, previa sospensione dell'efficacia sia del decreto del
Questore della Provincia di Bologna sia del decreto di allontanamento del Prefetto della Provincia di
Bologna, l'annullamento dei suindicati provvedimenti, nonché di ogni altro eventualmente successivo
e/o conseguente, anche se ignoti ai ricorrenti, e l'accertamento, in via definitiva e nel merito, della sussistenza dei presupposti per il rilascio del titolo di soggiorno per ragioni di famiglia con ordine alla
Questura di Bologna di rilasciare il titolo di soggiorno in favore di in qualità di CP_1
coniuge convivente della cittadina italiana Parte_2
Il si costituiva, chiedendo preliminarmente l'estromissione dal giudizio della Parte_1
ricorrente sussistendo difetto di legittimazione attiva per non essere ella la Parte_2
destinataria degli effetti del provvedimento impugnato;
nel merito, il rigetto delle avverse domande, infondate in fatto ed errate in diritto, con conferma dei provvedimenti impugnati.
All'udienza del 21.09.2020 lo straniero, sentito liberamente dal Giudice, rendeva le
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