Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2024, n. 1076
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Appello sentenza Tribunale Brindisi n. 433 del 29.07.2022 Oggetto: Crediti di lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Lavoro
Riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati:
Dott.ssa Silvana Botrugno Presidente
Dott.ssa Maria Grazia Corbascio Consigliere
Dott.ssa Luisa Santo Consigliere relatore ha pronunciato la presente
S E N T E N Z A nella causa civile in materia di lavoro, in grado di appello, tra
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Lecce
Appellante
e
EO LV, rappresentato e difeso dagli avv.ti Bruni Caruso, Giorgio Fontana,
Stefano Giubboni, Vincenzo De Michele e Sergio Galleano
I.N.A.I.L., rappresentato e difeso dall'avv. Rosalba Caracuta
I.N.P.S.
Appellati
FATTO
Con sentenza in data 11.3.2022 il Tribunale di Brindisi ha parzialmente accolto il ricorso del
7.06.2019 con cui SE AT -premesso di: aver esercitato le funzioni di Giudice di pace dal 5.09.2002 al 7.06.2012 (data di cessazione del rapporto per raggiungimento dei limiti di età), presso gli uffici di Brindisi e di Ostuni, venendo applicato temporaneamente in supplenza anche presso gli uffici di Ceglie Messapica, Francavilla Fontana, San Pietro Vernotico;
aver percepito, durante tutto il periodo di servizio, un trattamento economico conforme alle disposizioni di cui all'articolo 11 della legge numero 374/1991;
essere stato assoggettato, ogni quattro anni, alla
1
valutazione di idoneità del Consiglio Giudiziario e del CSM, soggiacendo all'esercizio del potere disciplinare demandato all'organo di governo della magistratura;
aver sempre osservato le disposizioni di cui all'articolo 5 comma 1 lett. g) della legge numero 374/1991 concernente un sistema di rigorosa incompatibilità e aver sempre garantito la reperibilità per ragioni di servizio- aveva lamentato il fatto che nessuna norma di legge, prima della riforma introdotta con il d.lgs. n. 116/2017, aveva previsto in favore dei giudici onorari l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, la contribuzione per la pensione di vecchiaia, le ferie, la maternità e ogni altro diritto riconosciuto nei confronti dei lavoratori subordinati;
inoltre, aveva dedotto che la formale qualifica di rapporto onorario derivante dalla legislazione interna non poteva costituire un ostacolo al fatto che egli dovesse essere qualificato quale lavoratore ai sensi del diritto dell'Unione Europea in base alle direttive 2003/38 e 1999/70 come interpretate dalla Corte di Giustizia Europea. Ritenuta pertanto l'assimilabilità della figura del giudice onorario a quella del magistrato ordinario o, in subordine, a quella del dirigente amministrativo dell'amministrazione giudiziaria, aveva rassegnato le seguenti conclusioni: “a) accertare e dichiarare, preliminarmente, che il ricorrente, in qualità di Giudice
Onora-rio con funzioni di Giudice di Pace, ha svolto fin dalla propria assunzione, a seguito dei decreti di nomina allegati, un servizio continuativo alle dipendenze del Ministero della Giustizia, qualificabile in termini di lavoro subordinato, ovvero rientrante nella nozione di “lavoratore” prevista ed accolta nell'ambito del diritto dell'Unione Europea, secondo i principi indicati dalla Corte di Giustizia Europea;
b) accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad un trattamento economico e normativo - in relazione al rapporto di lavoro cessato per raggiungimento dei limiti di età, con il Ministero della Giustizia - non discriminatorio ed equivalente a quello assicurato ai la-voratori comparabili che svolgono funzioni analoghe alle dipendenze del
Ministero convenuto, ai sensi della normativa vigente e in ogni caso conformemente a quanto disposto dalla direttiva n. 1999/70/CE;
c) conseguentemente, condannare il Ministero della Giustizia, convenuto nel presente giudizio, ove occorra ai sensi dell'art. 2126 c.c., alla rideterminazione del trattamento economico applicato nei confronti del ricorrente sin dalla data di assunzione in servizio, in materia di retribuzione e mensilità aggiuntive, ferie, maternità, malattia ed infortunio, trattamento fine rapporto di lavoro, ed in relazione ad ogni altro diritto derivante dalle disposizioni di legge e di contratto collettivo applicabili a tale rapporto, in ragione dell'attività svolta alle dipendenze del Ministero convenuto, con pronuncia di condanna generica e con espressa riserva di successiva quantificazione in separato giudizio anche in base ai principi dell'art. 36
Costituzione;
d) accertare il diritto del ricorrente alla tutela previdenziale ed assicurativa, con obbligo del
Ministero convenuto di provvedere alla regolarizzazione della posizione del ricorrente con effetto dall'inizio del proprio rapporto di servizio e con obbligo di versamento dei relativi contributi previdenziali ed assicurativi presso gli enti competenti con eguale decorrenza, secondo il regime applicabile ad un rapporto di lavoro alle dipendenze del Ministero della Giustizia ritenuto comparabile, nei sensi indicati in ricorso;
e) accertare e dichiarare l'abusiva reiterazione da parte del Ministero convenuto di rapporti di lavoro a termine fin dall'assunzione in servizio del ricorrente con il primo decreto di nomina, in violazione della direttiva n.
2 1999/70/CE e della vigente normativa nazionale, e, conseguentemente, condannare il Ministero della Giustizia al risarcimento dei danni in favore del ricorrente, da quantificarsi in corso di causa e comunque in misura non inferiore all'indennità risarcitoria prevista dall'art. 32 l. n. 180/2010, oltre al risarcimento del danno ulteriore, come dedotto in ricorso;
h) accertare e dichiarare infine ed in ogni caso, in via gradata, il diritto del ricorrente al godimento delle ferie, dei congedi di maternità o paternità e di ogni altra tutela o diritto derivanti dalle direttive europee ed applicabile al ricorrente in quanto lavoratore, e pertanto condannare il
Ministero convenuto al risarcimento dei danni per l'inadempienza agli obblighi ivi previsti, fin dall'inizio del rapporto lavorativo, da liquidarsi in via equitativa;
h) condannare il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese ed onorari di causa”.
Costituito in quel grado di giudizio, il Ministero della Giustizia aveva preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione ai sensi dell'art. 17 l. n. 195/58 e l'incompetenza funzionale del giudice del lavoro per essere competente il giudice del Tribunale civile ordinario e, conseguentemente, il
Tribunale civile di Lecce quale Foro erariale;
nel merito aveva contestato la fondatezza della domanda ribadendo la natura di servizio onorario privo degli elementi caratterizzanti il rapporto subordinato di pubblico impiego;
aveva eccepito, in ogni caso, la prescrizione sia quinquennale che decennale dei crediti.
Integrato il contraddittorio nei confronti di NP e Inail, il Tribunale, nel decidere la causa, ha preliminarmente disatteso le eccezioni formulate dal Ministero.
Quanto alla eccezione di difetto di giurisdizione il giudice ha affermato la giurisdizione dell'AGO, rilevando che la domanda attorea è tesa ad ottenere, in primo luogo, il riconoscimento della condizione di lavoratore secondo il diritto dell'Unione Europea e, conseguentemente, in conformità al principio di non discriminazione sancito dalla direttiva 1999/70/CE, la declaratoria del diritto all'applicazione delle tutele fondamentali riconosciute lavoratori dipendenti di un'amministrazione pubblica;
in secondo luogo, il ricorrente aveva chiesto dichiararsi il diritto ottenere il risarcimento del danno conseguente all'illegittima reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato.
Acclarata la corretta instaurazione del procedimento innanzi all'autorità munita di giurisdizione, il
Tribunale ha altresì ritenuto trattarsi di controversia di competenza del giudice del lavoro poiché si è al cospetto di una controversia avente ad oggetto diritti correlati ad un rapporto che, secondo la tesi del ricorrente, si sarebbe svolto secondo il paradigma di cui all'articolo 2094 c.p.c. e anche alla luce dei principi desumibili dalla giurisprudenza eurounitaria.
Il Tribunale ha poi proceduto ad una disamina della normativa di riferimento ratione temporis applicabile alla fattispecie e, in particolare, della l. n. 374/1991, normativa rimasta pressoché invariata sino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 116/2017, le cui disposizioni non erano tuttavia applicabili al caso di specie atteso che il ricorrente aveva cessato dall'incarico il 31/5/2016 ed ha
3
escluso, richiamando la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17862/2016 e n. 10774/2020), la possibilità di equiparazione del magistrato onorario ad un pubblico dipendente o ad un lavoratore parasubordinato.
Ha quindi richiamato la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 16/7/2020 nella causa C- 658/18,UX e ripreso la definizione di lavoratore a norma del diritto euro comunitario ritenendo, in esito ad un approfondito esame dei compiti assolti dal ricorrente nel periodo oggetto di causa (pagina 14-15 della sentenza impugnata), che per le funzioni svolte, come disciplinate dalla legislazione speciale e di fatto effettivamente poste in essere, il Giudice di Pace istante rientri nella nozione, autonoma ed unitaria, di “lavoratore”, propria del diritto dell'Unione.
Ha tuttavia ritenuto giustificato il trattamento differenziato dei magistrati onorari rispetto a quelli professionali richiamando sul punto anche la sentenza numero 267/2020 della Corte costituzionale e la sentenza del Consiglio di Stato numero 1062/2021, entrambe successive alla richiamata sentenza della Corte di giustizia europea in materia di giudici di pace. Tanto poiché il magistrato onorario non
è inserito strutturalmente nell'ordine giudiziario, ma di esso fa parte funzionalmente. In tal senso militando la differente modalità di accesso all'ordine giudiziario, la tipicità del procedimento di selezione del magistrato