Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 13

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Lecce, sentenza 03/01/2025, n. 13
Giurisdizione : Corte d'Appello Lecce
Numero : 13
Data del deposito : 3 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D'Appello di Lecce
Seconda sezione civile
Nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. Antonio F. Esposito - Presidente
Dott.ssa Consiglia Invitto - Consigliere rel.
Dott. Giovanni Surdo - Consigliere
Ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al N. 687 del Ruolo Generale delle cause dell'anno 2023 promossa da
COMUNE DI PATÙ (c.f. 81003250750), in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. MA Liviello, giusta procura in calce all'atto di citazione in appello, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Taviano al Viale Vittime di Via Fani n. 6 appellante
e
DO SA (c.f. [...]) e DO IO (c.f.
[...]), rappresentati e difesi dall'Avv.ti Lucio Caprioli e Vincenzo Caprioli, giusta mandato in atti, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Lecce alla via Luigi Scarambone 56 appellati
*******
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note di precisazione delle conclusioni depositate nei termini assegnati
e da note scritte depositare in sostituzione dell'udienza collegiale del 19.11.2024 ex art. 127 ter c.p.c.
**********
MOTIVAZIONE
Con sentenza definitiva n. 975/2023, emessa in data 14.03.2023, pubblicata il 31.03.2023, non notificata, il Tribunale di Lecce in composizione collegiale accoglieva la domanda formulata da NE SA e
NE MA, quali eredi di NE RT e, per l'effetto, condannava il Comune di Patù al pagamento in loro favore della somma di € 24.954,39, oltre interessi al tasso legale dal 27.04.1989 al soddisfo, condannando altresì il convenuto al pagamento del 5% annuo sull'importo di € 24.954,39, dal
1999 al 2013, oltre rivalutazione monetaria dal 2013 al soddisfo.
Ed invero.
NE MI, con atto di citazione dell'11.08.1997, agiva in giudizio deducendo di essere erede universale del notaio NE Carmelo, deceduto in data 16.02.1951, in virtù di un testamento olografo pervenutogli molto tempo dopo il decesso del de cuius, pubblicato in data 02.06.1989, con cui era stata designata quale erede universale CO GI, madre di NE NI RT, padre dell'attore, al quale era quindi succeduto in forza di successione legittima. Deduceva che i fratelli del suo dante causa, ossia l'Avv. RT NE ed i suoi germani, rivendicando il diritto di proprietà, avevano effettuato un atto di divisione bonaria per usucapione dei beni con atto per notar Positano del 28.03.1981,
a seguito del quale alcuni lotti di terreno erano stati alienati a terzi. Aggiungeva che in data 11.05.1985 il
Comune di Patù aveva decretato l'occupazione di urgenza di parte del fondo censito al fg. 1, particella 28
(cd. Fondo “Vigna”), notificando il provvedimento agli intestatari catastali delle particelle occupate, così come rivelati dal frazionamento n. 8/1981 e non anche a NE MI, asserito legittimo proprietario delle stesse.

Considerato che

il Comune di Patù non aveva completato la procedura espropriativa, in quanto era scaduto il termine di validità della dichiarazione di pubblica utilità senza che fosse stato emanato il decreto di espropriazione, l'attore conveniva in giudizio il Comune di Patù chiedendone la condanna al pagamento della indennità di legittima occupazione, nonché il risarcimento dei danni per la occupazione illegittima nella misura da determinarsi a mezzo di C.T.U.
Si costituiva in giudizio il Comune di Patù contestando le deduzioni avverse. Asseriva che con deliberazione della G.C. n. 10 del 17 aprile 1984 l'ente aveva approvato, in variante al Programma di
Fabbricazione Comunale, il progetto esecutivo per la sistemazione della Villa Comunale (denominata
“Don Tonino Bello”) e la realizzazione della viabilità circostante, deliberazione che, ai sensi dell'art. 1, c.
5, l. n. 1/1978
, aveva valore di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dell'opera da realizzare. Con successiva deliberazione della G.C. n. 75 del 4 aprile 1985, notificata ai proprietari, il convenuto aveva disposto l'occupazione temporanea d'urgenza delle aree occorrenti, contraddistinte nel catasto terreni al foglio 1, part. 946-956-955-944-943-958-959-962-99-945-941, cui era seguita la presa di possesso e di accertamento dello stato di consistenza. Aggiungeva che con deliberazione n. 35 del 27 giugno 1994, mai impugnata né dall'attore né da NE RT, veniva reiterata la dichiarazione di pubblica utilità, fissando in ulteriori 5 anni il termine per l'ultimazione dei lavori e per l'emanazione dei decreti di esproprio, per cui l'occupazione era da ritenersi legittima, con l'effetto che il Comune di Patù
poteva ancora emanare il decreto di esproprio. Il convenuto rilevava la mancanza di prova da parte dell'attore di essere l'effettivo proprietario dei beni in questione ed eccepiva la prescrizione, ex art. 2947
c.c., del diritto al pagamento del suolo illegittimamente occupato. Chiedeva quindi il rigetto delle avverse pretese.
Con separato giudizio, iscritto al n. 1656/1998 R.G., l'Avv. RT NE assumeva di essere il reale proprietario del fondo “Vigna”, pervenutogli in virtù di atto di divisione del marzo 1981 dal comune dante causa dei condividenti, NE SA, da quest'ultimo posseduto ininterrottamente e pacificamente e, dopo la sua morte, dai suoi eredi, da ultimo NE RT. Chiedeva dunque il rilascio del fondo detenuto sine titulo dal Comune di Patù ovvero, in subordine, nel caso di irreversibile trasformazione in opera pubblica, il risarcimento dei danni per l'illegittima occupazione del fondo dal giorno dell'occupazione al giorno della trasformazione irreversibile.
Il Tribunale, all'udienza del 04.04.2001, provvedeva a riunire i due giudizi per connessione oggettiva.
Nel corso del giudizio, NE RT chiedeva l'estromissione dal processo di MI NE per difetto di legittimazione attiva, come confermato successivamente da due sentenze del Tribunale di
Lecce-sez dist. di Tricase n. 61/2005 e n. 42/2005, entrambe passate in giudicato. Chiedeva quindi dichiararsi cessata la materia del contendere nei suoi confronti.
Di contro, il Comune di Patù chiedeva la declaratoria di improcedibilità del giudizio, quale naturale conseguenza della adozione, da parte dell'ente, della deliberazione n. 22 del 30 settembre 2010, con la quale il Consiglio Comunale di Patù aveva disposto, ai sensi dell'art. 43 D.P.R. n. 327/2001, l'acquisizione del terreno oggetto di causa al proprio patrimonio indisponibile degli immobili illegittimamente ablati, riconoscendo contestualmente agli eredi del defunto NE RT, NE MA e NE SA, un risarcimento del danno pari ad € 7.739,42, di cui € 3.366,99 per sorte capitale ed € 4.372,43 per gli interessi moratori. L'amministrazione riteneva che l'adozione di tale provvedimento, intervenuto prima della declaratoria di incostituzionalità dell'art. 43 del citato decreto, spiegasse comunque i suoi effetti, per cui chiedeva che fosse dichiarata cessata la materia del contendere ovvero l'improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse. Secondo il Comune il quantum debeatur, a titolo di risarcimento del danno, in virtù del provvedimento emanato in data 30/09/2010 dal Consiglio Comunale, doveva essere quantificato dal TAR, ed era pertanto necessaria la sospensione del giudizio in sede civile ex art. 295 c.p.c.
Gli eredi NE contestavano la sussistenza dei presupposti per accedersi alla pronuncia di improcedibilità perché l'acquisizione del bene di proprietà degli attori in realtà non era mai avvenuta.
Sottolineavano infatti la natura programmatoria della deliberazione adottata dal Consiglio Comunale, rilevando, ai fini della effettiva esecutività di quella deliberazione, l'adozione del definitivo provvedimento di acquisizione, ossia il decreto dirigenziale n. 497 del 29.10.10, intervenuto però all'indomani della declaratoria di incostituzionalità dell'art. 43, con l'effetto che anche l'acquisizione era stata travolta dagli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale.
Successivamente il Comune di Patù emetteva il decreto n. 1 del 26.03.2013, a sensi dell' art. 42 bis D.lgs.
327/2001, ed il relativo decreto di rettifica n. 2 del 07.06.2013, con cui le aree de quibus erano state acquisite al patrimonio indisponibile del Comune.
Concludeva per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere o comunque di improcedibilità del giudizio.
Il provvedimento di acquisizione sanante adottato dal Comune veniva ritualmente impugnato da NE
SA e NE MA innanzi al TAR Puglia sez. dist. di Lecce.
Quindi all'esito dell'istruttoria, espletata mediante CTU ( affidata all' ing. A. De Vitis), il Tribunale, con sentenza parziale n. 1918/2016, pubblicata il 15.04.2016, rigettava la domanda proposta con atto di citazione dell'11.08.1997 da NE MI nei confronti del Comune di Patù ed accertava, quindi, la titolarità delle aree occupare in capo agli eredi legittimi di NE RT;
con separata ordinanza disponeva la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. sino alla pronuncia del TAR Puglia sul ricorso proposto da NE MA e NE SA, eredi di NE RT avverso il decreto di acquisizione sanante n. 1 del 26.03.2013, emesso dal Comune convenuto ai sensi dell'art. 42 bis d.lgs. 327/2001, ritenendo l'esito del giudizio amministrativo sulla legittimità di tale atto pregiudiziale rispetto alle domande oggetto di giudizio – rilascio del fondo illegittimamente occupato dal Comune di Patù e pagamento del relativo indennizzo-.
Definito il giudizio amministrativo con sentenza TAR n. 518/2021, il giudizio de quo veniva riassunto in data 05.11.2021 da NE MA e NE SA, eredi di NE RT, i quali davano atto che il
Tar aveva rigettato il ricorso, dichiarando legittimo il provvedimento di acquisizione sanante impugnato, senza però pronunciarsi sul risarcimento del danno, ma riconoscendo, sul punto, la giurisdizione del giudice ordinario. Concludevano quindi chiedendo, a modifica della originaria domanda, il risarcimento del danno per l'illegittima occupazione del fondo dal giorno dell'occupazione al giorno della trasformazione irreversibile.
Nel giudizio riassunto si costituiva
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