Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/04/2018, n. 09913

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/04/2018, n. 09913
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09913
Data del deposito : 20 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

ronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 27276-2016 proposto da:

RYANAIR

Ltd, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CUBONI

12, presso lo studio dell'avvocato G MI - STUDIO MACCHI DI CELLERE GANGEMI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati M C e FRANCESCO PIRON;

- ricorrente -

contro

ALITALIA - SOCIETA' AEREA ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SAN

NICOLA DA TOLENTINO

67, presso lo STUDIO LEGANCE - AVVOCATI ASSOCIATI, rappresentata e difesa dagli avvocati S PRE, S C e F P;
- con troricorrente - e

contro

AEROPORTO VALERIO CATULLO DI VERONA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DI SPAGNA

15, presso lo studio dell'avvocato A Z, che la rappresenta e difende;
- controricorrente e ricorrente incidentale - e

contro

ASSAEROPORTI - ASSOCIAZIONE ITALIANA GESTORI AEROPORTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VITTORIA COLONNA

32, presso lo studio dell'avvocato G L P, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F C;
- con troricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza n. 4373/2016 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 20/10/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2017 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per l'inammissibilità di entrambi i ricorsi;
Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -2- uditi gli Avvocati Giannalberto Mazzei, per parte ricorrente, Pierluigi Milite (con delega dell'avvocato Andrea Zoppini), Giuseppe Lo Pinto, Stefano Parlatore e Filippo Pacciani, per parti controricorrenti.

RITENUTO IN FATTO

La ALITALIA - Società Aerea Italiana s.p.a. proponeva ricorso dinanzi al T.a.r. Veneto esponendo di avere appreso da fonti giornalistiche che la Aeroporto Valerio Catullo di Verona s.p.a. aveva concluso alcuni contratti con

RYANAIR

Limited ovvero con società ad essa collegate, tra cui AIRPORT MATKETING SERVICES LIMITED (AMS), aventi ad oggetto lo svolgimento di attività promozionali sul sito RYANAIR a fronte del pagamento di ingenti somme di denaro e di sconti sul servizio di handling e che detti contratti sarebbero stati assegnati senza il previo esperimento di alcuna selezione e, quindi, in affidamento diretto;
ritenendosi gravemente pregiudicata da detta condotta, con istanza ritualmente depositata, aveva chiesto di prendere visione ed estrarre copia di ogni contratto sottoscritto con AMS e/o RYANAIR a partire dal 2006, avente ad oggetto l'erogazione dei servizi aeroportuali e/o la prestazione di servizi di qualsiasi tipo, della corrispondenza, anche elettronica, scambiata con RYANAIR e/o AMS in relazione alla conclusione ed esecuzione di qualsiasi contratto, di ogni documento, provvedimento o comunicazione tra e con RYANAIR e/o AMS relativo ai contratti in discussione, istanza in ordine alla quale la AdV rispondeva opponendo un diniego all'accesso basato, tra l'altro, su asserito difetto di legittimazione ai sensi della legge n. 241 del 1990, nonché sulla mancanza di collegamento tra interesse specifico della istante ed il documento richiesto;
l'ALITALIA chiedeva, perciò, dichiararsi l'illegittimità del diniego, prospettando violazione di legge ed eccesso di potere. Pronunciandosi nell'instaurato contraddittorio con la AdV e la RYANAIR, che nel costituirsi eccepivano, tra l'altro, l'inammissibilità Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -3- del ricorso per genericità dell'istanza di accesso e l'inconsistenza della situazione giuridica che l'aveva determinata, l'adito T.a.r., respinte le eccezioni preliminari, con sentenza n. 1306 del 2015, accoglieva parzialmente il ricorso, disponendo l'ostensione dei documenti richiesti, ad eccezione della corrispondenza, anche elettronica, scambiata tra l'Ente Gestore e RYANAIR e/o AMS relativa alla conclusione o esecuzione dei contratti e comunque attinente alla fase di negoziazione, per carenza di interesse, per essere l'interesse della ricorrente limitato al contenuto dei contratti sottoscritti e agli eventuali atti ad essi connessi o consequenziali. Appellavano la sentenza - con distinti ricorsi - la AdV e la RYANAIR, riproponendo le questioni rappresentate avanti al primo giudice, intervenuta ad adiuvandum la ASSAEROPORTI, il Consiglio di Stato, nella resistenza della ALITALIA s.p.a., riuntiti i ricorsi proposti avverso la medesima pronuncia, con sentenza n. 4373 del 2016, respingeva l'appello, affermando che nella specie - premessa l'ammissibilità della richiesta di accesso - la domanda andava accolta per essere l'appellata fornita di interesse anche solo in vista di proporre una possibile azione per concorrenza sleale, ritenuta, altresì, la legittimazione passiva della società gestore dello scalo aeroportuale stante il sicuro rilievo pubblicistico dell'attività da questa espletata ai sensi delle leggi n. 265 del 1999 e n. 15 del 2005, nel merito, si trattava di documentazione che atteneva ad attività espressione di pubblico interesse e non vi erano esigenze di riservatezza da tutelare. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la

RYANAIR

Ltd. con un unico complessivo ed articolato motivo, cui hanno replicato con distinti controricorsi la ALITALIA s.p.a., la AdV s.p.a. e la ASSEAROPORTI;
le ultime due società propongono anche ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. In prossimità della pubblica udienza tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa, ad esclusione dell'ALITALIA. Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -4-

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l'unico motivo la ricorrente principale deduce la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario ai sensi degli artt. 360 n. 1 e 362 c.p.c., dell'art. 111 Cost., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e ss. Legge n. 241 del 1990. Assume la ricorrente che affinchè vi sia giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non è sufficiente che via sia un'impugnazione di un diniego di accesso ad atti o documenti, ma che destinataria della richiesta dia una p.a., che gli atti di cui si vuole l'accesso siano relativi all'attività amministrativa della p.a. e che l'istanza di accesso sia finalizzata a vagliare e scrutinare l'attività amministrativa a tutela di un interesse specifico del ricorrente. Aggiunge che nella specie pur essendo la ADP s.p.a. assimilata a una pubblica amministrazione in quanto concessionaria del servizio di gestione dell'aeroporto di Bari, tuttavia l'attività relativa agli atti di cui si chiede l'accesso non rappresenta attività amministrativa, né attività di pubblico interesse, bensì mera attività commerciale a carattere imprenditoriale con natura essenzialmente privatistica. Il ricorso principale è inammissibile per essersi formato il giudicato interno sulla statuizione della sentenza di primo grado che, nell'accogliere parzialmente nel merito l'istanza di ostensione, ha implicitamente affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, affermazione non impugnata dalla

RYANAIR

Ltd. Il dato da cui partire è proprio l'art. 9 c.p.a., rubricato "Difetto di giurisdizione", secondo cui lo stesso "è rilevabile in primo grado anche d'ufficio", mentre "nei giudizi di impugnazione è rilevato solo se dedotto con specifico motivo, avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, abbia statuito sulla giurisdizione". L'art. 9 del codice del processo amministrativo (entrato in vigore alla data del 16.09.2010) stabilisce la rilevabilità del difetto Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -5- di giurisdizione d'ufficio in primo grado, nonchè in grado di appello ma a condizione che non vi sia stata acquiescenza sul capo della sentenza che esplicitamente o implicitamente abbia pronunciato sulla giurisdizione. La norma che in precedenza disciplinava il rilievo d'ufficio del difetto di giurisdizione era quella di cui all'art. 30 della Legge Tar che prevedeva la possibilità del rilievo officioso in ogni stato e grado del processo. In ogni caso, la giurisprudenza amministrativa aveva già da tempo limitato l'ambito della previsione della Legge Tar consentendo una pronuncia officiosa sulla giurisdizione da parte del giudice d'appello solo laddove la pronuncia gravata non contenesse un capo esplicito relativo alla giurisdizione e tale capo della sentenza non fosse stato oggetto d'impugnativa. Le Sezioni Unite di questa Suprema Corte sono andate oltre, affermando l'irrilevabilità d'ufficio del difetto di giurisdizione anche nei casi in cui vi sia stata un'implicita pronuncia sulla giurisdizione desumibile dalla pronuncia sul merito;
in tale prospettiva, in difetto d'impugnativa, il rilievo officioso del difetto di giurisdizione era ritenuto ammissibile solo ove la sentenza gravata non contenesse, neppure implicitamente, un capo relativo alla giurisdizione come, ad esempio, nel caso in cui l'unico tema dibattuto fosse stato quello relativo all'ammissibilità della domanda (cfr Cass. Sez. Un. 9 ottobre 2008 n. 24883). In altri termini, è stato statuito che la decisione sul merito presuppone implicitamente una decisione (di segno positivo) sulla giurisdizione, che non deve necessariamente essere resa esplicita. Tale principio trova fondamento nel combinato disposto degli artt. 329, comma 2, e 324 c.p.c.. E l'art. 9 del codice del processo amministrativo sembra aver corretto il tiro rispetto alla norma della Legge Tar in aderenza con gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte. Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -6- Peraltro, come già precisato da queste Sezioni Unite (Cass. Sez. Un.n. 2067 del 2011), la sentenza n. 24883 del 2008 cit. non ha rappresentato una svolta inopinata e repentina rispetto ad un diritto vivente fermo e consolidato, ma ha solo portato a completamento un processo di rilettura dell'art. 37 c.p.c., da anni in itinere e fortemente auspicato dal pensiero giuridico: la rilettura restrittiva si è infatti collocata sul terreno della nuova considerazione unitaria della giurisdizione, sulla scia della nota sentenza 4109 del 2007 di questa Corte e della immediatamente successiva sentenza n. 77 del 2007 della Corte Costituzionale ed in vista della primaria esigenza di ricondurre la disposizione del codice di rito ad una applicazione compatibile con il primario, e prevalente, criterio della ragionevole durata del processo (che non può tollerare la deduzione di questioni secundum eventum litis). E' stato detto che diversamente argomentando ci si porrebbe in contratto col canone fondamentale della buona fede oggettiva, nonché del principio di autoresponsabilità di cui al brocardo "venire contra factum proprium" (Cass. Sez. Un. n. 23726 del 2007 con la quale ha fatto ingresso nel processo civile l'abuso del processo). Allorché, pertanto, il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto;
diversamente, l'esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione (Cass. Sez. Un. 28 gennaio 2011 n. 2067 cit.;
nello stesso senso di recente anche Cass. Sez. Un. 20 ottobre 2016 n. 21260 che ha regolato il caso del ricorrente-appellante risultato soccombente nel merito). Naturalmente tali conclusioni non esimono dalla necessità di verificare in ogni caso se - ed eventualmente in quale misura - le parti abbiano Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -7- il potere di eccepire il difetto di giurisdizione nei vari stati e gradi di giudizio, accertamento che compete al giudice. Nella specie, non è contestato che la decisione del T.a.r. (n. 1306 del 2015) non è stata fatta oggetto di apposito motivo di appello sulla quaestio iurisdictionis, che, conseguentemente, risulta proposta per la prima volta con il ricorso (per cassazione) per motivi di giurisdizione, il quale, come è noto, costituisce un rimedio impugnatorio (successivo) a carattere endoprocedimentale. La mancata proposizione di apposito motivo di appello da parte della società resistente, risultata soccombente, ha determinato la formazione del giudicato interno sulla statuizione implicita del giudice di primo grado affermativa della sussistenza della giurisdizione, dal che l'inammissibilità del ricorso. Passando all'esame del ricorso incidentale della ADV e di quello proposto dalla ASSAEROPORTI, premessa la sostanziale sovrapponibilità delle censure, con detti unici motivi le ricorrenti incidentali denunciano la violazione dell'art. 133, comma 1, lett. a), n. 6 d.lgs n. 140 del 2010, nonché degli artt. 22 e ss della legge n. 241 del 1990 in relazione agli artt. 360 n. 2 e 362 c.p.c., assumendo che il giudice amministrativo nell'autorizzare ostensione avrebbe del tutto omesso di applicare il criterio di verifica imperniato sulla strumentalità del documento, nel senso che la richiesta di accesso deve essere riferibile ad un'attività strumentale a quella di interesse pubblico svolta in via principale dal soggetto privato. Con la conseguenza che per poter imporre gli obblighi di gara e la selezione procedimentale non è sufficiente operare nei settori speciali, ma che quelle specifiche attività da sottoporre alle disposizioni del codice dei contratti siano rientranti nelle più ampie filiere industriali dei settori speciali. Nel caso del gestore aeroportuale tali attività, dall'art. 213 d.lgs n. 163 del 2006, ora dall'art. 119 d.lgs n. 50 del 2016, corrispondono alle 'attività relative allo sfruttamento di un'area Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -8- geografica, ai fini della messa a disposizione di aeroporti...e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei'. Prosegue la ricorrente incidentale che l'area geografica finalizzata alla messa a disposizione della struttura aeroportuale ai vettori riguarda sostanzialmente la zona air-side dell'aeroporto e le attività cui si riferisce l'art. 213 cit. sono pertanto le aviation, con la conseguenza che sono strumentali solo gli appalti funzionali all'attività di aviation, con esclusione dei servizi di natura commerciale. Conclude che il contratto di promozione turistica dello scalo non deve essere compreso nel novero delle attività aviation, né può dirsi strumentale alle stesse. Anche i ricorsi incidentali sono inammissibili. Giova ricordare che le impugnazioni in esame devono intendersi proposte ai sensi dell'art. 362 c.p.c., comma 1, norma prevedente l'ipotesi di ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione proposto avverso le decisioni - in grado d'appello o in unico grado - di un giudice speciale. Il quadro di riferimento da considerare per verificare l'ammissibilità dell'unico motivo dedotto con entrambi i ricorsi incidentali è costituito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. L'art. 22, comma 1, (nel testo modificato dalla legge 3 agosto 1999 n. 265, art. 4, e poi sostituito dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, art. 15, comma 1 e applicabile alla fattispecie ratione temporis) dispone che "ai fini del presente capo si intende: a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;
b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;
c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -9- riservatezza;
d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
e) per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.". In base all'art. 23 (come modificato dall'art. 4, comma 2, della legge n. 265 del 1999 cit.), il diritto di accesso "si esercita nei confronti delle amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24.". L'art. 25, comma 5, dispone, poi, che contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso (...) è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale (...). La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di stato, il quale decide con le stesse modalità e negli stessi termini. L'evoluzione dell'istituto "generale" dell'accesso è stata completata con la legge 14 maggio 2005, n. 80, con la quale il legislatore ha espressamente devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi. Questo essendo l'assetto normativo che regola il diritto di accesso, il motivo di impugnazione incidentale, prospettato come difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito, è effettivamente inammissibile, in quanto con esso si deduce, nella sostanza, una Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -10- questione di merito: l'inapplicabilità alla fattispecie della normativa di cui si discute sull'assunto che il giudice amministrativo avrebbe del tutto omesso di verificare, al fine di autorizzare l'ostensione, la strumentalità della documentazione in questione rispetto all'attività di interesse pubblico svolta in via principale da soggetto privato al quale la richiesta di accesso. Come già più volte affermato da questa Corte (cfr Cass. Sez. Un. 16 febbraio 2006 n. 3367), occorre considerare che la normativa sull'accesso è riferibile sia all'attività amministrativa che si estrinseca in pubbliche funzioni e poteri amministrativi, sia all'attività che persegue (nei limiti consentiti dall'ordinamento) finalità istituzionali in forme privatistiche, senza che rilevi la disciplina sostanziale (pubblicistica o privatistica) dei relativi atti. Sicché, in tale contesto, il porre in discussione l'esistenza del diritto di accesso del soggetto che assume violato il suo diritto a vedere indetta una procedura di gara non configura una questione di giurisdizione in senso tecnico (Cass. Sez. Un. 21 maggio 2003 n. 7948). Non può che essere ribadito quanto già affermato da questa Corte (Cass., Sez. un., 14 settembre 2012 n. 15428) secondo cui, quanto al sindacato delle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato per motivi inerenti alla giurisdizione (ex art. 362 c.p.c., comma 1), è configurabile l'eccesso di potere giurisdizionale con riferimento alle regole del processo amministrativo solo nel caso di radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia, e non già nel caso, quale quello in esame, di mero dissenso del ricorrente nell'interpretazione della legge. I ricorsi incidentali, alla stregua delle considerazioni svolte, sono, dunque, da ritenere inammissibili. Infine va esaminata la domanda di condanna della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali ai sensi dell'art. 96, comma terzo, c.p.c., avanzata dalla controricorrente Alitalia, norma che è Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -11- applicabile ratione temporis alla fattispecie per essere stato il giudizio iniziato avanti al T.a.r. nel maggio 2015 e, quindi, in epoca successiva alla entrata in vigore della legge 18 giugno 2009 n. 69 (fissata al 4 luglio 2009), per avere l'art. 46, comma 20, della predetta legge abrogato l'art. 385, comma quarto, c.p.c. (introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 e reso, per espressa previsione dell'art. 27, comma 2, del medesimo decreto, applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreto medesimo, avvenuta il 2 marzo 2006), con disposizione che si applica - ai sensi dell'art. 58 di tale ultima legge - appunto ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore (avutasi, come detto, il 4.7.09). Tuttavia occorre prendere le mosse dall'art. 385, comma quarto, c.p.c., che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, è stato trasfuso, se non altro quanto ai giudizi di legittimità, nel disposto - di ben più ampia e generale portata - dell'art. 96, terzo comma, c.p.c., come introdotto dall'art. 45, comma 12, della richiamata legge n. 69 del 2009 (tra le altre: Cass. 22 febbraio 2016 n. 3376) A prescindere dall'interrogativo circa la natura dell'istituto previsto dall'art. 96 c.p.c., comma 3, che ha suscitato ampio - e tuttora mantiene vivo - dibattito tra gli interpreti (Cass. Sez. Un. 22 luglio 2014 n. 16628;
Cass. 30 marzo 2015 n. 6402 e Cass. 21 luglio 2016 n. 15017), deve comunque escludersi dalla previsione normativa la necessità dell'adduzione e della prova del danno, elementi invece indispensabili per la condanna ai sensi dei primi due commi dell'art.96 c.p.c., tant'è che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c. è stata ritenuta connotata da natura sanzionatoria e officiosa, sicché essa presuppone l'accertamento della mala fede o colpa grave della parte soccombente (Cass. 11 febbraio 2014 n. 3003), non solo Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -12- perché la relativa previsione è inserita nella disciplina della responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di per sè sola rimproverabile (Cass. 30 novembre 2012 n. 21570). Ed anche ai suoi fini si è ritenuto necessario applicare (Cass. 18 novembre 2014 n. 24546) i principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di sussistenza ed apprezzamento della colpa grave della parte soccombente per la configurabilità della lite temeraria: ribadendosi che questa può essere in concrete circostanze ravvisata nella coscienza dell'infondatezza della domanda (mala fede) o nella carenza della ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta coscienza (colpa grave). In altri termini, la responsabilità aggravata ai sensi del terzo comma dell'art. 96 c.p.c., che a differenza di quella comminabile ai sensi del primo comma della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, esige pur sempre, sul piano soggettivo, la malafede o la colpa grave della parte soccombente, la quale ultima sussiste nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate (Cass. Sez. Un. 11 dicembre 2007 n. 25831;
Cass. 18 gennaio 2010 n. 654). Questa Corte ha anzi precisato che i presupposti della mala fede o della colpa grave pur sempre indispensabili per l'applicabilità dell'art. 96, comma terzo, c.p.c. (Cass. 30 novembre 2012 n. 21570), devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, al fine di contemperare le esigenze di deflazione del contenzioso pretestuoso con la tutela del diritto di azione (Cass. 19 aprile 2016 n. 7726);
ed ha ritenuto Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -13- integrare tale mala fede la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria, per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata (Cass.22 febbraio 2016 n. 3376), ovvero la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame (Cass. 18 novembre 2014 n. 24546), oppure la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (Cass. 26 marzo 2013 n. 7620). Ebbene, la violazione del grado minimo di diligenza è certamente riscontrabile allorché, come nel caso di specie, con il ricorso principale e con quello incidentale per cassazione vengano formulate censure le quali, non solo sono manifestamente inammissibili, ma appaiono basate su di un errore macroscopico nell'interpretazione di norme sostanziali e/o processuali in spregio al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità quanto ai criteri di riparto della giurisdizione, integrando, con tutta evidenza, un'ipotesi di impiego pretestuoso e strumentale del diritto di impugnazione, secondo la prospettazione della controricorrente Alitalia, volto a procrastinare la pendenza del giudizio volto ad ottenere l'ostensione di atti, con indebito aggravamento delle ragioni di quest'ultima, nonostante la lampante evidenza della sussistenza ab origine del credito azionato. Sussistono quindi i presupposti per condannare la ricorrente principale e quelle incidentali ad un'ulteriore somma ai sensi della richiamata norma, la quale va determinata in via equitativa avuto riguardo all'importo liquidato per le spese, da assumersi quale parametro di riferimento (Cass. 14 ottobre 2016 n.20732). In conclusione, vanno dichiarati inammissibili sia il ricorso principale sia quelli incidentali. A siffatta pronuncia consegue la condanna delle soccombenti ricorrenti, principale ed incidentali, al pagamento, in favore della controricorrente Alitalia, delle spese del presente giudizio di legittimità e dell'ulteriore somma ai sensi dell'art. 96, comma terzo, c.p.c., che si stima equa in ragione di € 5.000,00 a carico di ciascuna. Ric. 2016 n. 27276 sez. SU - ud. 10-10-2017 -14- Trova infine applicazione - in difetto di discrezionalità al riguardo (Cass. 14 marzo 2014 n. 5955) - l'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice , dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti , (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da essa proposta, a norma del comma 1-bis del detto art. 13.
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