Cass. pen., sez. VI, sentenza 25/01/2023, n. 03318
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: R R, nato a Torino il 23/08/1963 avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Torino il 15/04/2022 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, P S;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. T E, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni degli avv.ti F A R e F S, che hanno chiesto l'annullamento senza rinvio della impugnata ordinanza;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Torino ha confermato il decreto con cui è stato disposto il sequestro probatorio di documenti e "beni elettronici" (così l'ordinanza) nei riguardi di R R in relazione ai reati di concorso in corruzione e accesso abusivo a sistema informatici. 2. È stato proposto ricorso per cassazione dall'indagato e sono stati articolati quattro motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale;
il tema attiene alla tardività della decisone impugnata e della sopravvenuta inefficacia del decreto di perquisizione e sequestro. Si assume che: a) la richiesta di riesame era stata presentata 1'11.12.2021;
b) l'unica trasmissione degli atti da parte del Pubblico Ministero sarebbe avvenuta 1'1.3.2022;
c) la successiva nota del 6.4.2022 della Procura avrebbe una funzione di mero richiamo del precedente deposito cumulativo ed unico degli atti del precedente 1.3.2022;
d) dunque il decorso del termine di dieci giorni per la decisione avrebbe dovuto essere computato dal 1 marzo, in cui erano state peraltro trasmesse anche le cartelline individuali dei soggetti interessati;
e) la decisione impugnata del 17 maggio 2022 sarebbe tardiva con conseguente perdita di efficacia del sequestro. In tal senso si rivisita in senso critico l'ordinanza del Tribunale e si evidenza come la giurisprudenza richiamata non sarebbe pertinente al caso di specie.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del fumus dei reati ipotizzati;
Il tema attiene innanzitutto a due ipotesi corruttive. Quanto alla prima - "questione Lingotto" - il Tribunale si sarebbe limitato a fare riferimento ai rapporti esistenti tra alcuni indagati (B, M, L R, R) finalizzati, secondo la prospettazione accusatoria, ad agevolare le società Crew di L R nell'ottenimento di appalti di servizi e vigilanza presso il Lingotto, gestito da Massimo De Luca, a discapito di altri operatori di settore. Non diversamente, quanto alit& secondo fatto corruttivo, relativo alla O.G.R. L'ipotesi corruttiva avrebbe ad oggetto il concorso tra Riccardo R e Maurizio Trentadue, entrambi carabinieri, che, in cambio di favori, avrebbe svolto ispezioni "anomale" al fine di favorire la Crew, nei riguardi di una società (la Fiamma investigazioni di Geraci) che gestiva l'appalto per i servizi di vigilanza presso la OCR R si sarebbe attivato per facilitare le condizioni di accesso agli appalti in favore della Crew e di tutte le ditte subappaltatrici. Quanto alla prima ipotesi, l'assunto difensivo è che il Tribunale si sarebbe limitato ad una mera elencazione di rapporti intercorrenti tra persone legate tra loro da relazioni personali da anni e da rapporti di lavoro mai negati, senza tuttavia far emergere un profilo in grado di avallare la tesi accusatoria e di indicare quali sarebbero stati i vantaggi anticoncorrenziali conseguiti mediante le condotte corruttive Sarebbe stato lo stesso Tribunale ad invitare il Pubblico Ministero a ricostruire nel dettaglio l'assetto gestorio della Crew e dei rapporti tra questa e i sub appaltatori Si fa in particolare riferimento all'annotazione di polizia giudiziaria del 6.11.2018, poi recepita in quella conclusiva del 7.2.2020, e, in particolare, al capitolo relativo ai rapporti tra B Davide e Toni C nel periodo tra dicembre 2015 e marzo 2016;
da dette conversazioni emergerebbe l'interessamento di C alla situazione del Lingotto e non di R. In tale contesto si valorizzano anche le dichiarazioni rese dal direttore generale del Lingotto, M D l, che avrebbe riferito di non conoscere la società Crew, R, L R, M ed altri e di conoscere invece B e C, quest'ultimo titolare di una società (TCI investigazioni) alla quale era stato dato un appalto. Quanto alla vicenda OGR, sarebbe stato lo stesso Tribunale a pag. 22 della ordinanza ad escludere il fumus del reato ipotizzato. La tesi accusatoria è che il patto corruttivo sarebbe stato consumato il 26.9.2017 in occasione dell'incontro avvenuto a Roma presso i servizi segreti, ma detto incontro sarebbe precedente di circa un anno e mezzo rispetto all'intervento, che, secondo la prospettazione d'accusa, Trentadue avrebbe compiuto e che costituirebbe la prova della corruzione Né il Tribunale avrebbe preso in considerazione la ricostruzione difensiva degli eventi che la difesa aveva portato alla sua cognizione e in tal senso si valorizzano le dichiarazioni di G M, manager di OGR, secondo cui la revoca dell'appalto a Fiamma sarebbe avvenuta esclusivamente per i disservizi di questa. Sotto ulteriore profilo si rileva la violazione dell'art. 103 cod. proc. pen. in relazione ad una serie di documenti riservati.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione;
il tema attiene al nesso di pertinenza tra le cose sequestrate e i reati per cui si procede ed ai principi di adeguatezza e proporzionalità. Si assume che era stato fatto un elenco di documenti riservati relativi ad incarichi professionali ricevuti dal ricorrente e che non avevano alcuna attinenza con i fatti di causa. Sul tema l'ordinanza sarebbe viziata.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione del principio di proporzionalità e nullità del decreto per omesso avviso all'interessato nel momento dell'acquisizione dei dati digitali e della loro selezione (59 pen drive, due telefoni e pc.) A distanza di quasi sei mesi non sarebbe stato fatto conoscere alcunchè in ordine allo stato della procedura di selezione dei dati.
3. Sono state trasmesse memorie e motivi nuovi, riproduttivi degli argomenti già oggetto del ricorso, che richiamano i precedenti della sezione favorevoli alla tesi difensiva
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato quanto al terzo ed al quarto motivo di ricorso, che hanno valenza assorbente.Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno in più occasioni chiarito come il decreto di sequestro probatorio, anche se abbia ad oggetto cose costituenti corpo del reato, debba contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti (cfr., Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, B, Rv. 273548). Si è precisato come "la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità - anche sotto il profilo procedimentale - e di concreta idoneità in ordine all'an e alla sua durata, in particolare per l'aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l'accertamento del fatto di reato". Detti principi valgono anche per il sequestro delle cose pertinenti al reato, atteso che la stessa qualificazione della "cosa" come pertinente al reato, presuppone la indicazione del perimetro investigativo, della ipotesi di reato per cui si procede, della finalità probatoria perseguita con il sequestro. Intanto, cioè, una cosa può essere considerata "cosa pertinente al reato" in quanto esista una descrizione concreta del reato per cui si procede e della finalità probatoria perseguita. E' noto come la formula "cose pertinenti al reato" abbia un significato scarsamente delimitativo e come il legislatore, a differenza di quanto fatto in relazione alla nozione di "corpo del reato", non abbia definito quella di "cose pertinenti", affidando questo compito alla interpretazione giurisprudenziale. Si è chiarito in giurisprudenza come la nozione di "cosa pertinente al reato" abbia una portata più ampia di quella impiegata nell' art. 253 cod. proc. pen., comprendendo non solo il corpo del reato ma anche qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, anche quelle cose legate indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, D, Rv. 259850;
Sez. 2, n. 34986 del 19/06/2013, P, Rv. 256100;
Sez. 2, n. 17372 del 22/01/2009, R e altri, Rv. 244342). In tal senso, la strumentalità del bene rispetto alla condotta criminosa ed alla finalità probatoria del sequestro è uno dei canoni di valutazione della pertinenza ed assolve ad una funzione selettiva;
il tema della strumentalità si pone, innanzitutto, per la indiscussa utilità euristica delle informazioni
udita la relazione svolta dal Consigliere, P S;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. T E, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni degli avv.ti F A R e F S, che hanno chiesto l'annullamento senza rinvio della impugnata ordinanza;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Torino ha confermato il decreto con cui è stato disposto il sequestro probatorio di documenti e "beni elettronici" (così l'ordinanza) nei riguardi di R R in relazione ai reati di concorso in corruzione e accesso abusivo a sistema informatici. 2. È stato proposto ricorso per cassazione dall'indagato e sono stati articolati quattro motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale;
il tema attiene alla tardività della decisone impugnata e della sopravvenuta inefficacia del decreto di perquisizione e sequestro. Si assume che: a) la richiesta di riesame era stata presentata 1'11.12.2021;
b) l'unica trasmissione degli atti da parte del Pubblico Ministero sarebbe avvenuta 1'1.3.2022;
c) la successiva nota del 6.4.2022 della Procura avrebbe una funzione di mero richiamo del precedente deposito cumulativo ed unico degli atti del precedente 1.3.2022;
d) dunque il decorso del termine di dieci giorni per la decisione avrebbe dovuto essere computato dal 1 marzo, in cui erano state peraltro trasmesse anche le cartelline individuali dei soggetti interessati;
e) la decisione impugnata del 17 maggio 2022 sarebbe tardiva con conseguente perdita di efficacia del sequestro. In tal senso si rivisita in senso critico l'ordinanza del Tribunale e si evidenza come la giurisprudenza richiamata non sarebbe pertinente al caso di specie.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del fumus dei reati ipotizzati;
Il tema attiene innanzitutto a due ipotesi corruttive. Quanto alla prima - "questione Lingotto" - il Tribunale si sarebbe limitato a fare riferimento ai rapporti esistenti tra alcuni indagati (B, M, L R, R) finalizzati, secondo la prospettazione accusatoria, ad agevolare le società Crew di L R nell'ottenimento di appalti di servizi e vigilanza presso il Lingotto, gestito da Massimo De Luca, a discapito di altri operatori di settore. Non diversamente, quanto alit& secondo fatto corruttivo, relativo alla O.G.R. L'ipotesi corruttiva avrebbe ad oggetto il concorso tra Riccardo R e Maurizio Trentadue, entrambi carabinieri, che, in cambio di favori, avrebbe svolto ispezioni "anomale" al fine di favorire la Crew, nei riguardi di una società (la Fiamma investigazioni di Geraci) che gestiva l'appalto per i servizi di vigilanza presso la OCR R si sarebbe attivato per facilitare le condizioni di accesso agli appalti in favore della Crew e di tutte le ditte subappaltatrici. Quanto alla prima ipotesi, l'assunto difensivo è che il Tribunale si sarebbe limitato ad una mera elencazione di rapporti intercorrenti tra persone legate tra loro da relazioni personali da anni e da rapporti di lavoro mai negati, senza tuttavia far emergere un profilo in grado di avallare la tesi accusatoria e di indicare quali sarebbero stati i vantaggi anticoncorrenziali conseguiti mediante le condotte corruttive Sarebbe stato lo stesso Tribunale ad invitare il Pubblico Ministero a ricostruire nel dettaglio l'assetto gestorio della Crew e dei rapporti tra questa e i sub appaltatori Si fa in particolare riferimento all'annotazione di polizia giudiziaria del 6.11.2018, poi recepita in quella conclusiva del 7.2.2020, e, in particolare, al capitolo relativo ai rapporti tra B Davide e Toni C nel periodo tra dicembre 2015 e marzo 2016;
da dette conversazioni emergerebbe l'interessamento di C alla situazione del Lingotto e non di R. In tale contesto si valorizzano anche le dichiarazioni rese dal direttore generale del Lingotto, M D l, che avrebbe riferito di non conoscere la società Crew, R, L R, M ed altri e di conoscere invece B e C, quest'ultimo titolare di una società (TCI investigazioni) alla quale era stato dato un appalto. Quanto alla vicenda OGR, sarebbe stato lo stesso Tribunale a pag. 22 della ordinanza ad escludere il fumus del reato ipotizzato. La tesi accusatoria è che il patto corruttivo sarebbe stato consumato il 26.9.2017 in occasione dell'incontro avvenuto a Roma presso i servizi segreti, ma detto incontro sarebbe precedente di circa un anno e mezzo rispetto all'intervento, che, secondo la prospettazione d'accusa, Trentadue avrebbe compiuto e che costituirebbe la prova della corruzione Né il Tribunale avrebbe preso in considerazione la ricostruzione difensiva degli eventi che la difesa aveva portato alla sua cognizione e in tal senso si valorizzano le dichiarazioni di G M, manager di OGR, secondo cui la revoca dell'appalto a Fiamma sarebbe avvenuta esclusivamente per i disservizi di questa. Sotto ulteriore profilo si rileva la violazione dell'art. 103 cod. proc. pen. in relazione ad una serie di documenti riservati.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione;
il tema attiene al nesso di pertinenza tra le cose sequestrate e i reati per cui si procede ed ai principi di adeguatezza e proporzionalità. Si assume che era stato fatto un elenco di documenti riservati relativi ad incarichi professionali ricevuti dal ricorrente e che non avevano alcuna attinenza con i fatti di causa. Sul tema l'ordinanza sarebbe viziata.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione del principio di proporzionalità e nullità del decreto per omesso avviso all'interessato nel momento dell'acquisizione dei dati digitali e della loro selezione (59 pen drive, due telefoni e pc.) A distanza di quasi sei mesi non sarebbe stato fatto conoscere alcunchè in ordine allo stato della procedura di selezione dei dati.
3. Sono state trasmesse memorie e motivi nuovi, riproduttivi degli argomenti già oggetto del ricorso, che richiamano i precedenti della sezione favorevoli alla tesi difensiva
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato quanto al terzo ed al quarto motivo di ricorso, che hanno valenza assorbente.Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno in più occasioni chiarito come il decreto di sequestro probatorio, anche se abbia ad oggetto cose costituenti corpo del reato, debba contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti (cfr., Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, B, Rv. 273548). Si è precisato come "la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità - anche sotto il profilo procedimentale - e di concreta idoneità in ordine all'an e alla sua durata, in particolare per l'aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l'accertamento del fatto di reato". Detti principi valgono anche per il sequestro delle cose pertinenti al reato, atteso che la stessa qualificazione della "cosa" come pertinente al reato, presuppone la indicazione del perimetro investigativo, della ipotesi di reato per cui si procede, della finalità probatoria perseguita con il sequestro. Intanto, cioè, una cosa può essere considerata "cosa pertinente al reato" in quanto esista una descrizione concreta del reato per cui si procede e della finalità probatoria perseguita. E' noto come la formula "cose pertinenti al reato" abbia un significato scarsamente delimitativo e come il legislatore, a differenza di quanto fatto in relazione alla nozione di "corpo del reato", non abbia definito quella di "cose pertinenti", affidando questo compito alla interpretazione giurisprudenziale. Si è chiarito in giurisprudenza come la nozione di "cosa pertinente al reato" abbia una portata più ampia di quella impiegata nell' art. 253 cod. proc. pen., comprendendo non solo il corpo del reato ma anche qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, anche quelle cose legate indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, D, Rv. 259850;
Sez. 2, n. 34986 del 19/06/2013, P, Rv. 256100;
Sez. 2, n. 17372 del 22/01/2009, R e altri, Rv. 244342). In tal senso, la strumentalità del bene rispetto alla condotta criminosa ed alla finalità probatoria del sequestro è uno dei canoni di valutazione della pertinenza ed assolve ad una funzione selettiva;
il tema della strumentalità si pone, innanzitutto, per la indiscussa utilità euristica delle informazioni
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi